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Diritto Fallimentare

Giurisdizione italiana: la Cassazione alle Sezioni Unite
La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha rimesso alle Sezioni Unite la decisione sulla giurisdizione italiana in una complessa controversia internazionale. Il caso riguarda la richiesta di pagamento avanzata dall'assuntore del concordato di una società fallita contro una banca iraniana, basata su titoli cambiari emessi in virtù di un accordo di ristrutturazione del debito. Tale accordo, però, conteneva una clausola che devolveva la giurisdizione ai giudici inglesi. La Corte d'Appello aveva negato la giurisdizione italiana, ma la Cassazione ha ritenuto la questione meritevole di un approfondimento da parte del suo massimo consesso, in particolare per valutare l'eventuale accettazione tacita della giurisdizione e l'impatto di precedenti decisioni su cause connesse.
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Improcedibilità ricorso cassazione: l’onere del deposito
La Cassazione dichiara l'improcedibilità del ricorso per cassazione a causa del mancato deposito della copia autentica della sentenza impugnata e della relativa notifica. Il caso riguardava un'azione revocatoria contro l'amministratrice di una società fallita. La Corte ha sottolineato che la tardiva produzione documentale non può sanare il vizio procedurale iniziale.
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Notifica riassunzione fallimento: a chi notificare?
Un acquirente riassume un processo d'appello dopo il fallimento della società produttrice. Effettua la notifica riassunzione fallimento ai difensori originari anziché al curatore. La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, confermando che l'atto andava notificato al nuovo organo della procedura concorsuale, pena l'estinzione del giudizio.
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Motivazione Apparente: quando la sentenza è nulla
Una società immobiliare si oppone alla decisione del Tribunale in merito ai crediti vantati verso un fallimento per canoni di locazione. La Corte di Cassazione ha annullato il decreto del Tribunale perché la sua giustificazione era incomprensibile, configurando un vizio di motivazione apparente. La Suprema Corte ha chiarito che un provvedimento è nullo quando non permette di comprendere l'iter logico-giuridico seguito dal giudice, violando il diritto a una decisione motivata.
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Interposizione fittizia: prova e ruolo del terzo
La Corte di Cassazione chiarisce i requisiti per la prova dell'interposizione fittizia in una compravendita immobiliare. La curatela di un fallimento aveva agito per far dichiarare simulato l'acquisto di un immobile, intestato alla moglie del socio fallito. La Corte ha rigettato il ricorso, sottolineando che, per provare la simulazione soggettiva, è indispensabile dimostrare la partecipazione consapevole del terzo venditore all'accordo simulatorio, prova che nel caso di specie mancava completamente.
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Liquidazione Giudiziale: quando si apre la procedura?
Il Tribunale di Venezia ha dichiarato l'apertura della liquidazione giudiziale per una società, su ricorso di un creditore. La decisione si fonda sulla verifica di uno stato di insolvenza irreversibile, provato da un ammontare di debiti scaduti e non pagati, sia verso privati che verso enti previdenziali e fiscali, superiore alla soglia di 30.000 euro, e sulla conseguente incapacità dell'impresa di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni.
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Errore revocatorio: quando non è un valido motivo
Un imprenditore ha presentato ricorso per revocazione contro una decisione della Cassazione, sostenendo un errore revocatorio riguardo la sede effettiva della sua impresa e la sua qualifica professionale. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che le lamentele del ricorrente non costituivano un errore di fatto, bensì un tentativo di ridiscutere la valutazione delle prove, attività non consentita in sede di revocazione.
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Procura avvocato: estensione e limiti nel fallimento
La Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro la vendita di un'azienda in fallimento. La tardività del reclamo è stata confermata, basandosi sull'interpretazione della procura avvocato e sulla sua estensione alla fase esecutiva. La Corte ha stabilito che la valutazione del mandato è di competenza del giudice di merito.
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Improcedibilità del ricorso: termini perentori e limiti
La Corte di Cassazione dichiara l'improcedibilità del ricorso di un'azienda sanitaria contro il fallimento di una società di servizi a causa del tardivo deposito dell'atto. La Corte chiarisce che il mancato rispetto dei termini perentori è un vizio insanabile e ribadisce che i crediti verso un fallimento devono essere accertati esclusivamente nella sede fallimentare, rendendo inammissibili le domande riconvenzionali in sede ordinaria.
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Equo indennizzo: quando il credito è pagato in tempo
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 27036/2024, ha negato il diritto all'equo indennizzo a una creditrice il cui credito, ammesso in una procedura fallimentare durata oltre 20 anni, era stato integralmente saldato entro il termine ragionevole di sei anni. La Corte ha stabilito che il termine per valutare la durata del processo, per il singolo creditore, cessa con il pieno soddisfacimento del suo credito, non con la chiusura formale della procedura. Inoltre, ha confermato la condanna della ricorrente per lite temeraria, ritenendo che la sua azione legale costituisse un abuso del processo.
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Credito prededucibile e consecuzione tra procedure
La Corte di Cassazione ha stabilito che il compenso di un professionista, per l'attività svolta in un concordato preventivo poi non omologato, può essere considerato un credito prededucibile nel successivo fallimento. Ciò è possibile se esiste una 'consecuzione' tra le procedure, ossia se entrambe originano dal medesimo stato di insolvenza, a prescindere da intervalli di tempo o da più tentativi di concordato falliti. La valutazione sulla funzionalità della prestazione va fatta 'ex ante'.
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Bancarotta fraudolenta per distrazione: la Cassazione
Un imprenditore viene condannato per bancarotta fraudolenta per distrazione dopo aver affittato l'unico ramo d'azienda della sua società in crisi a una nuova entità da lui stesso controllata. La Corte di Cassazione, con la sentenza 38138/2024, ha rigettato il ricorso, confermando che tale operazione, priva di un'effettiva contropartita economica e volta a sottrarre i beni alla garanzia dei creditori, costituisce reato, anche se mossa da un presunto intento di salvataggio aziendale.
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Bancarotta semplice colpa grave: la Cassazione annulla
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per bancarotta semplice, evidenziando la necessità di una motivazione rigorosa per dimostrare la colpa grave dell'amministratore che ritarda la richiesta di fallimento. La Corte ha sottolineato che il giudice di merito deve spiegare chiaramente perché la condotta rientri nella fattispecie che richiede la colpa grave (art. 217 l. fall.) anziché in quella basata sull'inosservanza di obblighi di legge (art. 224 l. fall.), non potendo la colpa grave essere desunta dal solo ritardo.
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Clausola penale: risarcimento senza risoluzione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26915/2024, ha stabilito che il diritto al risarcimento del danno previsto da una clausola penale è autonomo e non richiede la preventiva risoluzione del contratto. Il caso riguardava una società che, avendo violato un accordo transattivo omettendo di assumere dei lavoratori, è stata condannata a pagare la penale pattuita, a prescindere dalla continuazione del rapporto contrattuale. La Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso della società, confermando la validità della richiesta di risarcimento basata sulla sola clausola penale.
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Notifica cartella fallimento: legittima per la Cassazione
La Corte di Cassazione ha stabilito la legittimità della notifica di una cartella di pagamento a una società già dichiarata fallita. L'ordinanza chiarisce che tale atto non costituisce un'azione esecutiva vietata, ma un atto prodromico di accertamento del credito tributario, la cui cognizione spetta al giudice tributario. La Corte ha inoltre cassato la sentenza di secondo grado per 'motivazione apparente', in quanto si era limitata a richiamare la decisione di primo grado senza analizzare criticamente i motivi d'appello. La corretta procedura prevede quindi la notifica cartella fallimento per accertare il debito, seguita dall'insinuazione al passivo.
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Notifica cartella fallimento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha stabilito che la notifica di una cartella di pagamento a una società già dichiarata fallita è legittima. Tale atto non costituisce un'azione esecutiva vietata, ma è necessario per accertare il credito tributario prima di poterlo insinuare al passivo fallimentare. La Corte ha inoltre annullato la sentenza di secondo grado per 'motivazione apparente', poiché si era limitata a richiamare la decisione precedente senza argomentare nel merito delle censure sollevate.
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Notifica cartella fallimento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha stabilito la piena legittimità della notifica di una cartella di pagamento a una società dopo la dichiarazione di fallimento. La Corte chiarisce che tale atto non costituisce un'azione esecutiva, vietata dalla legge fallimentare, ma un atto di accertamento prodromico e necessario per la successiva insinuazione del credito nel passivo fallimentare. La sentenza impugnata è stata inoltre cassata per 'motivazione apparente', poiché si era limitata a richiamare la decisione di primo grado senza argomentare.
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Giurisdizione giudice amministrativo: il giudicato prevale
Un ex dipendente pubblico chiede di essere ammesso al passivo di un ente in liquidazione per un credito da retribuzione. La Cassazione respinge il ricorso, confermando che la giurisdizione del giudice amministrativo, una volta consolidata da un giudicato, prevale sulla procedura concorsuale. Il Tribunale fallimentare non può riesaminare un diritto già negato in via definitiva dall'organo giurisdizionale competente.
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Responsabilità amministratore: Cassazione e ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un'ex amministratrice contro la sentenza che ne affermava la responsabilità per mala gestio di una società fallita. L'ordinanza sottolinea che la carica formale comporta l'assunzione di responsabilità e che i motivi di ricorso devono essere specifici e non meramente ripetitivi delle difese dei gradi precedenti. La Corte ha respinto le eccezioni sulla prescrizione e sulla presunta estraneità ai fatti, confermando l'onere dell'amministratore di provare la correttezza del proprio operato.
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Impugnazione stato passivo: limiti e inammissibilità
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni creditori postergati contro l'ammissione di un credito ipotecario allo stato passivo di un fallimento. L'ordinanza sottolinea l'importanza dei requisiti procedurali, come l'autosufficienza del ricorso e il divieto di sollevare nuove questioni in sede di legittimità. La decisione ribadisce che l'impugnazione dello stato passivo deve essere fondata su motivi specifici, completi e tempestivamente dedotti nei gradi di merito, pena la sua reiezione per vizi formali.
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