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Diritto Fallimentare

Prova legale cancelleria: il valore dello storico fascicolo
La Cassazione ha stabilito che l'annotazione del deposito di un atto nello 'storico fascicolo' informatico della cancelleria costituisce prova legale. Una Corte d'appello aveva revocato una dichiarazione di fallimento ritenendo incerta la data di deposito di un atto interruttivo della prescrizione. La Suprema Corte ha cassato la decisione, affermando il valore probatorio delle registrazioni della cancelleria, che non possono essere superate da dichiarazioni contenute in altri documenti con minore forza probatoria. La prova legale della cancelleria prevale.
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Deposito telematico: errore e oneri del difensore
Un'ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le responsabilità dell'avvocato in caso di fallimento del deposito telematico di un atto. Se il sistema genera un messaggio di errore, la semplice ricezione della prima ricevuta di consegna non è sufficiente a considerare l'atto depositato. Il difensore ha l'onere di attivarsi immediatamente per risolvere il problema, non potendo invocare la rimessione in termini dopo anni di inerzia. La tardività dell'azione rende il ricorso inammissibile.
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Termine breve impugnazione: la PEC del cancelliere basta
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una socia di un'impresa fallita, chiarendo un punto cruciale sulla decorrenza del termine breve per l'impugnazione. La Corte ha stabilito che, nelle procedure fallimentari, la comunicazione della sentenza da parte della cancelleria via PEC è sufficiente a far decorrere il termine per impugnare, rendendo tardivo il ricorso presentato oltre tale scadenza, a nulla valendo una successiva notifica ad opera della controparte.
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Compensazione legale: quando è valida in fallimento?
Una società in liquidazione coatta amministrativa ha agito contro un istituto di credito per la revoca di alcuni addebiti in conto corrente. La banca ha eccepito la compensazione legale. La Corte di Cassazione, riformando la decisione di appello, ha stabilito che per l'operatività della compensazione legale tra i saldi di diversi rapporti è sufficiente la mera esigibilità dei crediti reciproci, essendo del tutto irrilevante la circostanza che il conto corrente non sia stato formalmente chiuso.
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Pegno irregolare e cauzione: Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha stabilito che il deposito cauzionale versato in un contratto di locazione costituisce un pegno irregolare. Di conseguenza, il locatore acquisisce la proprietà della somma e la sua successiva ritenzione a compensazione di canoni non pagati non è un pagamento anomalo revocabile in caso di fallimento del conduttore. La Corte ha quindi rigettato il ricorso del fallimento, confermando la decisione della Corte d'Appello e consolidando un principio fondamentale in materia di garanzie locatizie.
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Consegna contratto bancario: non è causa di nullità
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 30760/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di contrattualistica bancaria. La mancata consegna del contratto bancario al cliente non comporta la nullità del contratto stesso. Il requisito della forma scritta 'ad substantiam' è soddisfatto dalla redazione del documento, mentre la consegna attiene a un momento successivo. La Corte ha inoltre cassato la sentenza d'appello per violazione del giudicato interno formatosi sulla natura di 'garanzia autonoma' delle fideiussioni, che non era stata contestata in appello dai garanti.
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Restituzione frutti revocatoria: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha chiarito importanti aspetti legati all'azione revocatoria fallimentare. In particolare, ha stabilito che l'acquirente di un immobile, il cui atto di acquisto sia stato dichiarato inefficace, ha l'obbligo di procedere alla restituzione frutti revocatoria, ovvero dei canoni di locazione percepiti, a decorrere dalla data della domanda giudiziale. La Corte ha inoltre precisato che il termine di prescrizione decennale per tale azione restitutoria decorre non dalla domanda, ma dal momento in cui la sentenza di revoca passa in giudicato. Rigettate anche le eccezioni di compensazione e di deduzione delle spese per mancanza di prova.
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Cessione crediti: la banca acquirente risponde
Un'ordinanza della Cassazione chiarisce che nella cessione crediti in blocco secondo l'art. 58 TUB, la banca cessionaria è tenuta a rispondere delle richieste di restituzione del debitore per somme indebitamente pagate alla banca originaria. Dopo tre mesi dalla pubblicazione della cessione, la responsabilità diventa esclusiva della cessionaria, a differenza di quanto avviene nelle operazioni di cartolarizzazione.
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Interruzione processo: quando decorre il termine?
Due società avevano citato in giudizio un istituto di credito, il quale è stato poi posto in liquidazione coatta amministrativa. Le società hanno richiesto l'estinzione del giudizio sostenendo che l'interruzione del processo, causata dalla liquidazione, non era stata seguita da una tempestiva riassunzione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, specificando che, sebbene l'evento interruttivo sia automatico, il termine per la riassunzione decorre solo dalla data in cui il giudice emette un provvedimento formale di interruzione e lo comunica alle parti. In assenza di tale provvedimento, il termine non inizia a decorrere e il processo non può essere dichiarato estinto.
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Fallimento e opposizione: la Cassazione chiarisce
Una società ha proposto opposizione a un decreto ingiuntivo ma è stata dichiarata fallita nel corso del giudizio. La Corte di Cassazione ha confermato che l'opposizione diventa improcedibile. Qualsiasi pretesa creditoria, dopo la dichiarazione di fallimento, deve essere fatta valere esclusivamente tramite l'ammissione allo stato passivo. La Corte ha inoltre chiarito che la nullità iniziale della notifica dell'opposizione è stata sanata dalla costituzione in giudizio del creditore. Il punto focale è il rapporto tra fallimento e opposizione a decreto ingiuntivo.
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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio
La Corte di Cassazione dichiara l'estinzione del giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte sia del ricorrente principale che di quello incidentale. Data la mancata costituzione della parte intimata, la Corte non ha pronunciato condanna alle spese, applicando l'articolo 391 del codice di procedura civile.
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Legittimazione suppletiva del fallito: quando agire?
Una società fallita ha proseguito un'azione legale dopo che il proprio curatore fallimentare, pur essendo stato notificato, ha scelto di non costituirsi in giudizio. I tribunali hanno ritenuto l'azione inammissibile. La Corte di Cassazione ha confermato che la legittimazione suppletiva del fallito non sussiste quando l'inazione del curatore è frutto di una scelta consapevole (inerzia qualificata) e non di un totale disinteresse. La contumacia del curatore è stata interpretata come una decisione ponderata, precludendo così l'intervento della società fallita.
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Regolamento di competenza e vizi processuali
La Corte di Cassazione chiarisce che una sentenza che decide esclusivamente sulla competenza territoriale deve essere impugnata solo con il regolamento di competenza, anche qualora il giudice abbia implicitamente rigettato altre questioni pregiudiziali di rito, come la richiesta di interruzione del processo a seguito dell'ammissione di una parte all'amministrazione straordinaria. L'uso dell'appello, in questi casi, è inammissibile.
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Compenso curatore fallimentare: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un curatore fallimentare per la liquidazione del proprio compenso. La decisione si fonda sul fatto che il professionista non ha impugnato tempestivamente il precedente decreto di revoca della liquidazione, rendendolo definitivo e precludendo ogni successiva azione. Il caso sottolinea l'importanza dei termini processuali per la tutela del diritto al compenso curatore fallimentare.
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Credito prededucibile: la Cassazione chiarisce i limiti
Una società fornitrice ha richiesto il riconoscimento di un credito prededucibile nei confronti di una grande impresa in amministrazione straordinaria. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la natura prededucibile del credito deve essere provata con documentazione rigorosa e non con una semplice autocertificazione. La Corte ha inoltre precisato che un presunto errore di fatto del giudice di merito, come l'omessa valutazione di un documento, deve essere contestato attraverso il rimedio della revocazione e non con un ricorso per cassazione.
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Responsabilità liquidatore: subaffitto svantaggioso
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per responsabilità del liquidatore di una società fallita. Il liquidatore aveva subaffittato un ramo d'azienda a una new-co da lui stesso amministrata a un prezzo notevolmente inferiore rispetto a quello del contratto di affitto principale, causando un danno alla società. La Corte ha ritenuto che la differenza tra i due canoni fosse un criterio valido per la quantificazione del danno, respingendo il ricorso del liquidatore.
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Opposizione stato passivo: nuove prove e termini
In una procedura di opposizione stato passivo, un curatore fallimentare contesta per la prima volta la titolarità del credito di un creditore solo nella comparsa di costituzione. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, non decide nel merito ma ritiene la questione meritevole di approfondimento e rinvia la causa a una pubblica udienza per valutare se il creditore abbia diritto a un nuovo termine per presentare prove a sostegno della propria titolarità.
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Azione revocatoria: effetti sulla cessione d’azienda
Un ente sanitario locale ha erroneamente richiesto la restituzione di un pagamento indebito al fallimento di una società, dopo che la cessione d'azienda a un terzo era stata colpita da azione revocatoria. La Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che l'azione revocatoria non comporta la 'retrocessione' del bene e che il diritto alla restituzione sorge verso chi ha materialmente ricevuto il pagamento.
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Credito concorsuale: nascita e termini per l’insinuazione
La Corte di Cassazione chiarisce la natura del credito concorsuale e i termini perentori per la sua insinuazione al passivo. Un'azienda sanitaria ha visto respingere la sua domanda tardiva di ammissione di un credito, poiché il momento genetico del debito risaliva a un'epoca ben anteriore al fallimento, rendendo irrilevante la successiva esigibilità. La Corte ha stabilito che né la cessione d'azienda né l'esito di un'azione revocatoria possono giustificare il superamento dei termini di decadenza previsti dalla legge fallimentare.
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Azione di accertamento e liquidazione: i limiti
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27796/2024, ha stabilito che l'azione di accertamento contro un ente in liquidazione coatta amministrativa è inammissibile se non sussiste uno specifico interesse non tutelabile tramite l'insinuazione al passivo. Nel caso esaminato, alcuni lavoratori chiedevano l'accertamento del diritto a mantenere il loro livello retributivo, ma la Corte ha ritenuto l'azione improponibile poiché, al momento della causa, non avevano più un rapporto di lavoro con l'ente convenuto e la loro pretesa aveva natura sostanzialmente creditoria, da far valere esclusivamente nella procedura concorsuale.
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