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Diritto Fallimentare

Termine impugnazione concordato: 30 giorni, non 60
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro un decreto di omologa di concordato preventivo, poiché proposto oltre il termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento. La decisione ribadisce che il termine impugnazione concordato è quello breve previsto dalla legge fallimentare (art. 18), e non quello ordinario di 60 giorni, per garantire uniformità e celerità processuale.
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Proposta concorrente: quando è inammissibile il ricorso
Una holding ha presentato una proposta concorrente in una procedura di concordato preventivo, respinta in primo e secondo grado. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, stabilendo che il provvedimento di rigetto di una proposta concorrente non è definitivo, ma un atto endoprocedimentale. Eventuali vizi possono essere fatti valere solo in sede di opposizione all'omologazione della proposta principale.
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Inammissibilità del ricorso: Cassazione chiarisce
Una società committente impugna in Cassazione la decisione del Tribunale che aveva solo parzialmente ammesso il suo credito nel fallimento dell'impresa appaltatrice. La Suprema Corte dichiara l'inammissibilità del ricorso, ribadendo che il giudizio di legittimità non può riesaminare il merito dei fatti e sottolineando l'importanza del principio di autosufficienza, secondo cui il ricorso deve contenere tutti gli elementi per essere deciso senza rinvii ad altri atti.
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Risoluzione concordato preventivo: quando è possibile?
La Corte di Cassazione conferma la risoluzione di un concordato preventivo di una società. La decisione si basa sulla constatazione che i beni liquidati erano insufficienti a soddisfare integralmente i creditori privilegiati e, a maggior ragione, quelli chirografari. Secondo la Corte, la risoluzione del concordato preventivo è legittima quando viene meno la sua funzione essenziale, ovvero garantire una sia pur minima soddisfazione ai creditori, integrando un grave inadempimento.
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Revoca del fallimento: improcedibile l’opposizione
Un Ente Pubblico si opponeva allo stato passivo di una società fallita per un credito da risarcimento danni. La Corte di Cassazione, rilevando che la sentenza di fallimento era stata revocata con decisione passata in giudicato, ha dichiarato l'improcedibilità del giudizio di opposizione. La revoca del fallimento, infatti, fa venir meno il presupposto stesso del procedimento di accertamento del passivo, che ha efficacia solo all'interno della procedura concorsuale.
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Prova del credito: onere e poteri del giudice
Una società di servizi si è vista rigettare la domanda di ammissione di un credito nei confronti di un'impresa in amministrazione straordinaria. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ribadendo che la prova del credito, ossia la dimostrazione della completa esecuzione della prestazione, spetta interamente al creditore. La Corte ha inoltre chiarito che il giudice fallimentare ha il potere-dovere di verificare d'ufficio la fondatezza del credito, anche in assenza di una specifica contestazione da parte degli organi della procedura.
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Compenso professionista fallimento: quando è negato
Un professionista ha richiesto il pagamento per aver assistito una società nella preparazione di un concordato preventivo. Tuttavia, la proposta è stata giudicata inammissibile per gravi carenze, portando al fallimento della società. La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto della richiesta di pagamento, stabilendo che il grave inadempimento del professionista, che ha reso la sua prestazione del tutto inutile, giustifica il mancato compenso. La decisione si fonda sull'eccezione di inadempimento, che il curatore può sollevare quando la prestazione è priva di qualsiasi utilità per il cliente. Il caso chiarisce i limiti del diritto al compenso del professionista nel fallimento.
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Compenso professionale: quando spetta se il lavoro è negligente?
La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto della richiesta di compenso professionale avanzata da un'associazione di professionisti per l'attività di attestazione di un concordato preventivo. La decisione si fonda sulla grave negligenza e sull'inadeguatezza della prestazione, che ha reso la proposta di concordato irrealizzabile e inutile per la società cliente, poi fallita. Secondo la Corte, un inadempimento così significativo giustifica il rifiuto del pagamento da parte del curatore fallimentare.
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Crediti prededucibili: il termine per l’insinuazione
Un Comune ha presentato con 11 mesi di ritardo una domanda di insinuazione per crediti prededucibili (sanzioni e interessi IMU) verso una società in amministrazione straordinaria. La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto della domanda, stabilendo che, sebbene non esista un termine fisso, il creditore deve agire in un tempo ragionevole. Un ritardo ingiustificato viene considerato 'colpevole' e comporta l'inammissibilità della richiesta, la cui valutazione spetta al giudice di merito.
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Domanda tardiva: termini e onere della prova
La Corte di Cassazione ha confermato l'inammissibilità di una domanda tardiva di ammissione al passivo di una banca in liquidazione coatta. Nonostante i creditori avessero ottenuto una sentenza favorevole, la loro richiesta è stata presentata oltre il termine di decadenza previsto dalla legge. La Corte ha ribadito che il creditore ha l'onere di dimostrare che il ritardo è dipeso da una causa a lui non imputabile, e che un lungo lasso di tempo trascorso dopo il passaggio in giudicato della sentenza, senza agire, costituisce un ritardo colpevole. La sentenza sottolinea la rigidità dei termini procedurali e l'inderogabilità della procedura di accertamento del passivo.
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Credito prededucibile: quando è negato ai professionisti
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 18714/2024, ha negato il riconoscimento del credito prededucibile a due professionisti per l'attività svolta in una procedura di concordato preventivo mai aperta. La decisione si fonda sulla mancanza di continuità temporale tra il tentativo di concordato, dichiarato inammissibile, e il successivo fallimento della società, avvenuto quasi un anno dopo. Secondo la Corte, l'assenza di apertura della procedura e la discontinuità escludono la 'funzionalità' della prestazione professionale all'interesse dei creditori, requisito essenziale per la prededuzione.
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Estinzione del processo: rinuncia e accordo transattivo
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del processo a seguito di un accordo transattivo tra le parti. La società ricorrente ha rinunciato al ricorso, e la controparte ha accettato. La Corte ha stabilito che, in caso di estinzione del processo per rinuncia, la parte che ha impugnato non è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, poiché la declaratoria di estinzione non equivale a una soccombenza.
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Compenso professionale avvocato: quando è negato?
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di negare il compenso professionale a un avvocato per l'assistenza fornita nella redazione di un piano di concordato. La Corte ha ritenuto che la prestazione del legale fosse viziata da negligenza e imperizia, avendo violato norme fondamentali della legge fallimentare. Tale inadempimento ha reso la sua attività del tutto inidonea a raggiungere lo scopo prefissato, giustificando il mancato pagamento sulla base dell'eccezione di inadempimento sollevata dalla curatela fallimentare.
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Estinzione processo Cassazione: no doppio contributo
Una professionista legale aveva impugnato in Cassazione il rigetto della sua richiesta di ammissione di un credito professionale al passivo di un fallimento. Prima della decisione, la ricorrente ha rinunciato al ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato l'estinzione del processo Cassazione, chiarendo che in questo caso non si applica l'obbligo di versamento del cosiddetto 'doppio contributo unificato', previsto per le impugnazioni respinte o dichiarate inammissibili.
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Bancarotta documentale: il dolo specifico va provato
Un liquidatore di una S.r.l. era stato condannato per bancarotta fraudolenta documentale per aver sottratto le scritture contabili. La Corte di Cassazione ha annullato la condanna con rinvio, stabilendo che la corte di merito non aveva adeguatamente provato il dolo specifico, ovvero l'intenzione mirata di recare pregiudizio ai creditori. La sola sparizione dei documenti e l'ammontare del passivo non sono sufficienti a dimostrare l'intento fraudolento, distinguendo così il reato dalla meno grave ipotesi di bancarotta semplice.
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Compenso professionista: quando l’errore lo annulla
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di negare il compenso a una professionista incaricata di redigere la relazione per un concordato preventivo. A causa di gravi carenze, illogicità e incoerenze nel suo operato, la proposta di concordato è stata dichiarata inammissibile e la società è fallita. La Corte ha stabilito che il curatore fallimentare può legittimamente rifiutare il pagamento del compenso professionista sollevando l'eccezione di inadempimento, poiché la prestazione resa era del tutto inadeguata e inutile al raggiungimento dello scopo.
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Responsabilità avvocato concordato: compenso negato
Un professionista ha richiesto il pagamento per l'assistenza fornita a una società in una procedura di concordato preventivo. La sua richiesta è stata respinta a tutti i livelli di giudizio, inclusa la Corte di Cassazione. La Corte ha confermato la grave negligenza del legale, il quale aveva redatto un piano di concordato non conforme alla legge, omettendo il calcolo degli interessi sui crediti privilegiati. Tale errore ha reso la sua prestazione professionalmente inutile, legittimando il curatore fallimentare a rifiutare il pagamento tramite l'eccezione di inadempimento. Il caso sottolinea la profonda responsabilità dell'avvocato nel concordato.
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Interruzione del processo: da quando decorre il termine?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 18580/2024, ha stabilito un principio cruciale in tema di interruzione del processo. In caso di fallimento di una parte, il termine per riassumere la causa non inizia dalla semplice conoscenza dell'evento (es. via PEC), ma solo dalla data in cui l'interruzione viene formalmente dichiarata dal giudice e comunicata. La Corte ha quindi annullato la decisione di merito che aveva erroneamente dichiarato estinto un giudizio basandosi sulla conoscenza di fatto del fallimento.
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Revocatoria fallimentare: pagamento a rischio
Un professionista riceve un pagamento da una società poco prima che questa fallisca. Tale pagamento, avvenuto a saldo di un credito maggiore a seguito di una transazione, è stato oggetto di una azione di revocatoria fallimentare. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, dichiarando inefficace il pagamento e condannando il professionista alla restituzione della somma. La Corte ha ritenuto provata la conoscenza dello stato di insolvenza (scientia decoctionis) da parte del creditore, sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti, come la necessità di un decreto ingiuntivo e l'accettazione di una somma inferiore per liberare l'unico bene della società.
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Ricorso tardivo: quando è inammissibile in Cassazione
Una società finanziaria ha presentato un'istanza di ammissione al passivo fallimentare di un'azienda sua cliente, ma la richiesta è stata respinta. La società ha quindi impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione. Tuttavia, la Corte ha dichiarato l'appello inammissibile in quanto si trattava di un ricorso tardivo. È stato dimostrato che la comunicazione del precedente decreto era avvenuta regolarmente tramite Posta Elettronica Certificata (PEC), facendo così decorrere un termine per l'impugnazione che non è stato rispettato.
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