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Diritto Fallimentare

Clausola penale: risarcimento senza risoluzione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26915/2024, ha stabilito che il diritto al risarcimento del danno previsto da una clausola penale è autonomo e non richiede la preventiva risoluzione del contratto. Il caso riguardava una società che, avendo violato un accordo transattivo omettendo di assumere dei lavoratori, è stata condannata a pagare la penale pattuita, a prescindere dalla continuazione del rapporto contrattuale. La Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso della società, confermando la validità della richiesta di risarcimento basata sulla sola clausola penale.
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Notifica cartella fallimento: legittima per la Cassazione
La Corte di Cassazione ha stabilito la legittimità della notifica di una cartella di pagamento a una società già dichiarata fallita. L'ordinanza chiarisce che tale atto non costituisce un'azione esecutiva vietata, ma un atto prodromico di accertamento del credito tributario, la cui cognizione spetta al giudice tributario. La Corte ha inoltre cassato la sentenza di secondo grado per 'motivazione apparente', in quanto si era limitata a richiamare la decisione di primo grado senza analizzare criticamente i motivi d'appello. La corretta procedura prevede quindi la notifica cartella fallimento per accertare il debito, seguita dall'insinuazione al passivo.
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Notifica cartella fallimento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha stabilito che la notifica di una cartella di pagamento a una società già dichiarata fallita è legittima. Tale atto non costituisce un'azione esecutiva vietata, ma è necessario per accertare il credito tributario prima di poterlo insinuare al passivo fallimentare. La Corte ha inoltre annullato la sentenza di secondo grado per 'motivazione apparente', poiché si era limitata a richiamare la decisione precedente senza argomentare nel merito delle censure sollevate.
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Notifica cartella fallimento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha stabilito la piena legittimità della notifica di una cartella di pagamento a una società dopo la dichiarazione di fallimento. La Corte chiarisce che tale atto non costituisce un'azione esecutiva, vietata dalla legge fallimentare, ma un atto di accertamento prodromico e necessario per la successiva insinuazione del credito nel passivo fallimentare. La sentenza impugnata è stata inoltre cassata per 'motivazione apparente', poiché si era limitata a richiamare la decisione di primo grado senza argomentare.
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Giurisdizione giudice amministrativo: il giudicato prevale
Un ex dipendente pubblico chiede di essere ammesso al passivo di un ente in liquidazione per un credito da retribuzione. La Cassazione respinge il ricorso, confermando che la giurisdizione del giudice amministrativo, una volta consolidata da un giudicato, prevale sulla procedura concorsuale. Il Tribunale fallimentare non può riesaminare un diritto già negato in via definitiva dall'organo giurisdizionale competente.
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Responsabilità amministratore: Cassazione e ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un'ex amministratrice contro la sentenza che ne affermava la responsabilità per mala gestio di una società fallita. L'ordinanza sottolinea che la carica formale comporta l'assunzione di responsabilità e che i motivi di ricorso devono essere specifici e non meramente ripetitivi delle difese dei gradi precedenti. La Corte ha respinto le eccezioni sulla prescrizione e sulla presunta estraneità ai fatti, confermando l'onere dell'amministratore di provare la correttezza del proprio operato.
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Impugnazione stato passivo: limiti e inammissibilità
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni creditori postergati contro l'ammissione di un credito ipotecario allo stato passivo di un fallimento. L'ordinanza sottolinea l'importanza dei requisiti procedurali, come l'autosufficienza del ricorso e il divieto di sollevare nuove questioni in sede di legittimità. La decisione ribadisce che l'impugnazione dello stato passivo deve essere fondata su motivi specifici, completi e tempestivamente dedotti nei gradi di merito, pena la sua reiezione per vizi formali.
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Iscrizione ipotecaria fallimento: la data che conta
Una società finanziaria si oppone alla decisione di un tribunale di declassare il suo credito da ipotecario a chirografario nel contesto di un fallimento. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: l'efficacia ventennale dell'iscrizione ipotecaria nel fallimento si valuta alla data di deposito della domanda di ammissione al passivo. Tale momento 'cristallizza' la garanzia, rendendola efficace per tutta la durata della procedura, indipendentemente dalla successiva scadenza del ventennio.
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Valore del bene evitto: come si calcola nella permuta
Una società, a seguito di evizione da un immobile ricevuto tramite permuta, ha richiesto l'ammissione al passivo fallimentare della controparte per il valore indicato nel contratto. La Cassazione ha stabilito che, in caso di permuta, il credito per il valore del bene evitto si calcola in base al suo valore di mercato effettivo al momento della stipula, e non secondo il prezzo consensualmente pattuito, confermando la decisione del tribunale di merito.
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Credito garantito da terzo: no al passivo fallimentare
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26557/2024, ha stabilito che il titolare di un credito garantito da terzo tramite ipoteca su un bene poi confluito in un fallimento, non può utilizzare la procedura di verificazione del passivo. La Corte ha chiarito che tale creditore non è un diretto creditore del fallito e deve, invece, intervenire nella fase di ripartizione del ricavato dalla vendita del bene per far valere la propria garanzia reale.
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Equa riparazione: durata processo e incapienza
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26530/2024, ha stabilito che i creditori hanno diritto all'equa riparazione per l'irragionevole durata di una procedura fallimentare anche quando il curatore dichiara l'incapienza dell'attivo. Tale dichiarazione, infatti, non conclude il procedimento né elimina il pregiudizio derivante dal ritardo, pertanto il tempo ai fini del calcolo dell'indennizzo continua a decorrere fino alla chiusura formale della procedura.
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Clausola penale leasing: quando è valida e non eccessiva
Una società di leasing ha terminato un contratto di leasing immobiliare per inadempimento. La curatela fallimentare della società utilizzatrice ha citato in giudizio la concedente per ottenere la riduzione della clausola penale. La Corte di Cassazione ha confermato la validità della clausola penale leasing, ritenendola non manifestamente eccessiva in quanto bilanciava il diritto della concedente al risarcimento con il diritto dell'utilizzatore a ricevere il valore del bene restituito.
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Interruzione processo: quando inizia a decorrere?
Un Ministero impugnava una decisione che aveva dato ragione a una società. Durante l'appello, la società falliva. La Corte d'Appello dichiarava estinto il processo per tardiva riassunzione, facendo decorrere il termine dal semplice deposito di un documento. La Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che in caso di interruzione processo per fallimento, il termine per la riassunzione decorre solo dalla conoscenza legale della dichiarazione giudiziale di interruzione, non dal semplice deposito di atti o dalla conoscenza di terzi.
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Divieto di patto commissorio: nullo il lease back
La Corte di Cassazione ha confermato la nullità di un'operazione di 'sale and lease back' per violazione del divieto di patto commissorio. Il caso riguardava la vendita di un immobile da una società a un'impresa di leasing, che lo ha poi concesso in locazione finanziaria a una società collegata alla venditrice e in grave difficoltà economica. La Corte ha ritenuto che l'intera operazione fosse un meccanismo per garantire un finanziamento in frode alla legge, identificando diversi elementi sintomatici come la crisi finanziaria dell'utilizzatore e le condizioni contrattuali anomale.
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Sale and lease back: quando è nullo per patto commissorio
La Corte di Cassazione conferma la nullità di un'operazione di sale and lease back. La decisione si basa sulla presenza di indici sintomatici, come una preesistente situazione debitoria e la sproporzione tra valore del bene e prezzo, che rivelavano una violazione del divieto di patto commissorio, mascherando una funzione di garanzia anziché una vera compravendita.
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Esdebitazione: quando il 4% è sufficiente
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26303/2024, ha concesso il beneficio dell'esdebitazione a un imprenditore fallito. La Corte ha stabilito che un soddisfacimento dei creditori pari al 4,09% non può essere considerato 'affatto irrisorio' e, pertanto, non osta alla liberazione dai debiti residui. La decisione ribalta i precedenti giudizi di merito che avevano negato il beneficio, chiarendo che l'esdebitazione va concessa a meno che i creditori non siano rimasti totalmente insoddisfatti.
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Sospensione esecuzione: no automatismo con sovraindebito
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha stabilito che l'avvio di una procedura di sovraindebitamento non comporta la sospensione esecuzione automatica delle azioni esecutive individuali. Un debitore, che aveva ricevuto un precetto per oneri condominiali, si era opposto chiedendo la sospensione in virtù della pendenza della procedura di composizione della crisi. La Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo che solo il giudice delegato alla procedura di sovraindebitamento può disporre il divieto di iniziare o proseguire le esecuzioni, e non il giudice dell'esecuzione di sua iniziativa. La semplice presentazione della domanda di sovraindebitamento non ha, quindi, alcun effetto sospensivo.
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Contratto di trasporto: quando si applica la prescrizione
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società ferroviaria contro l'esclusione di un suo credito dal passivo fallimentare di un'azienda cliente. Il caso verteva sulla corretta qualificazione di un accordo per la fornitura di biglietti: la Corte ha confermato la decisione di merito che lo ha inquadrato non come un generico accordo di fornitura, ma come un contratto quadro che dava origine a singoli contratti di trasporto. Di conseguenza, si applica la prescrizione breve di un anno prevista dall'art. 2951 c.c., con la conseguente estinzione del credito, poiché non reclamato in tempo utile.
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Onere della prova prescrizione: la Cassazione decide
Un professionista richiede il pagamento di un credito a una società fallita, ma il curatore eccepisce la prescrizione. La Corte di Cassazione conferma che l'onere della prova prescrizione grava sul creditore per quanto riguarda i fatti interruttivi. Il debitore deve solo allegare l'inerzia del titolare del diritto. Poiché il professionista non ha provato una data successiva di conclusione della prestazione che interrompesse i termini, il suo ricorso è stato respinto.
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Clausola penale leasing: la Cassazione fa chiarezza
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26258/2024, si è pronunciata sulla validità della clausola penale leasing in un contratto risolto per inadempimento prima dell'entrata in vigore della Legge 124/2017. Il caso riguardava la richiesta di una curatela fallimentare di ridurre la penale. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che se il contratto prevede un meccanismo di 'patto di deduzione', che sconta dal credito del concedente il valore del bene recuperato, non si verifica un ingiustificato arricchimento. Di conseguenza, la clausola è valida e non necessita di riduzione giudiziale, poiché già riequilibra le posizioni delle parti.
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