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Diritto Fallimentare

Esdebitazione e riabilitazione: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale in tema di esdebitazione e riabilitazione. Se un imprenditore fallito ottiene la riabilitazione penale per reati come la bancarotta, la sua condotta non può essere nuovamente valutata per negargli il beneficio della liberazione dai debiti. Secondo la Corte, le cause ostative previste dalla legge fallimentare sono alternative: una volta superato l'ostacolo penale tramite la riabilitazione, il giudice non può riconsiderare gli stessi fatti sotto un'altra luce per negare l'esdebitazione, garantendo così il diritto a una 'seconda possibilità'.
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Translatio iudicii: la Cassazione chiarisce il caso
La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di trasferimento di un procedimento per incompetenza territoriale (translatio iudicii), la domanda di concordato preventivo già presentata si trasferisce con l'intero fascicolo. Il tribunale dichiarato competente non può quindi dichiarare immediatamente il fallimento, ma deve prima esaminare la domanda di concordato pendente, poiché questa preclude temporaneamente la dichiarazione di fallimento. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio.
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Compensazione crediti: quando è inefficace?
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di azione revocatoria su una cessione di credito. Una società debitrice si opponeva sostenendo l'estinzione del debito per compensazione crediti. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso principale, confermando la decisione di merito che riteneva l'accordo di compensazione inopponibile alla procedura fallimentare per mancanza di data certa, rendendo quindi il credito esistente al momento della cessione e, di conseguenza, l'azione revocatoria ammissibile.
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Esdebitazione: quando il pagamento parziale è sufficiente
La Corte di Cassazione ha stabilito che per concedere il beneficio dell'esdebitazione non è decisiva la percentuale di soddisfacimento dei creditori. Un socio di una società fallita si era visto negare la liberazione dai debiti perché aveva pagato solo il 5,1% dei creditori privilegiati. La Suprema Corte ha annullato la decisione, affermando che l'esdebitazione può essere negata solo se il pagamento è 'affatto irrisorio', cioè del tutto insignificante, e non basandosi su una mera valutazione matematica. La decisione si fonda sul principio del 'favor debitoris', volto a garantire al fallito una 'seconda chance'.
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Esdebitazione: non basta la bassa percentuale
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27565/2024, ha stabilito che la concessione dell'esdebitazione a un imprenditore fallito non può essere negata basandosi unicamente su una percentuale di soddisfacimento dei creditori ritenuta 'irrisoria' (nella specie, inferiore all'1%). La valutazione del giudice deve essere complessiva e non meramente matematica, tenendo conto di tutte le circostanze del caso e del principio del 'favor debitoris'. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva respinto l'istanza di una socia fallita, poiché non aveva considerato correttamente né la sua quota di proprietà dei beni venduti prima del fallimento, né la natura e l'entità dei pagamenti effettivamente eseguiti.
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Esdebitazione: via libera anche con pagamento minimo
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'esdebitazione, ovvero la liberazione dai debiti residui, può essere concessa a un socio fallito anche a fronte di un soddisfacimento minimo dei creditori. La Suprema Corte ha annullato la decisione della Corte d'Appello che aveva negato il beneficio basandosi sulla percentuale irrisoria (circa il 2%) dei debiti pagati. Secondo la Cassazione, il requisito soggettivo della 'meritevolezza' del debitore prevale su una valutazione puramente matematica. Se il debitore ha agito correttamente e tutti i creditori hanno ricevuto un pagamento, seppur esiguo e non meramente simbolico, l'esdebitazione deve essere concessa, in linea con il principio del 'favor debitoris' e del diritto europeo che mira a garantire una seconda opportunità.
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Esdebitazione: via libera anche con pagamento minimo
Un socio di una società fallita si è visto negare il beneficio dell'esdebitazione perché i creditori erano stati soddisfatti solo in minima parte (circa l'1%). La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che la valutazione non può essere puramente matematica. Se il debitore è considerato 'meritevole' e il pagamento non è meramente simbolico, l'esdebitazione deve essere concessa, in linea con il principio del 'fresh start' per l'imprenditore.
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Segnalazione insolvenza: quando è legittima?
Una società veniva dichiarata fallita su iniziativa del Pubblico Ministero, a seguito di una segnalazione di insolvenza proveniente da un giudice relatore in un precedente procedimento, conclusosi per desistenza del creditore. La società ha impugnato la decisione, sostenendo l'illegittimità della segnalazione. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 27560/2024, ha rigettato il ricorso, stabilendo che la segnalazione di insolvenza al P.M. è un atto legittimo e neutro, che non viola il principio di terzietà del giudice e può essere effettuato anche dopo la conclusione del procedimento originario.
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Offerta non formale: la Cassazione chiarisce i requisiti
Una società creditrice si opponeva a un fallimento per il mancato riconoscimento di un'indennità di occupazione di un immobile. La questione centrale era la validità di una offerta non formale di restituzione del bene da parte del curatore. La Corte di Cassazione ha cassato la decisione del tribunale, ritenendo la sua motivazione sulla validità dell'offerta 'meramente apparente' e quindi nulla, rinviando il caso per un nuovo esame.
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Rapporto di lavoro subordinato: prova e oneri del giudice
Una lavoratrice ha contestato il rigetto della sua richiesta di ammissione al passivo fallimentare per crediti da lavoro, sostenendo che i suoi contratti a progetto mascherassero un rapporto di lavoro subordinato. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, annullando la decisione precedente. Ha stabilito che il giudice deve valutare la domanda anche con prove parziali e che spetta al datore di lavoro, non al lavoratore, provare l'avvenuto pagamento delle retribuzioni. Inoltre, il giudice ha il potere di determinare la giusta retribuzione anche se viene indicato un contratto collettivo errato.
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Ammissione al passivo: guida alla cartella parziale
Un agente di riscossione si oppone al rigetto parziale di una domanda di ammissione al passivo fallimentare. La Cassazione chiarisce che l'annullamento parziale di una cartella non ne invalida la parte residua, che va ammessa con semplice detrazione. Accolta anche la richiesta per gli interessi privilegiati, ritenendo sufficiente la documentazione fornita per il calcolo.
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Interessi su crediti tributari: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27527/2024, ha stabilito che una domanda di ammissione al passivo fallimentare per interessi su crediti tributari non può essere respinta come indeterminata se il creditore ha fornito tutta la documentazione necessaria al loro calcolo. Anche senza l'esplicita indicazione del tasso, se gli atti permettono di determinare l'importo, la domanda è valida. La Corte ha cassato la decisione del tribunale, che aveva erroneamente negato il privilegio agli interessi richiesti da un agente della riscossione, chiarendo che eventuali dubbi sul calcolo possono essere risolti tramite una consulenza tecnica d'ufficio (CTU).
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Spese legali reclamo fallimentare: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27525/2024, ha chiarito un importante principio in materia di spese legali reclamo fallimentare. Se la Corte d'Appello accoglie il reclamo contro il rigetto di un'istanza di fallimento, non può condannare la società debitrice al pagamento delle spese legali. Il suo provvedimento ha natura interinale e deve limitarsi a rimettere gli atti al Tribunale per la declaratoria di fallimento, all'interno della quale verranno poi gestite tutte le spese.
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Revocatoria rimesse bancarie: il saldo di fine giornata
Una società in amministrazione straordinaria ha intentato un'azione di revocatoria rimesse bancarie contro un istituto di credito. Il fulcro della controversia era il metodo di calcolo degli importi da restituire (saldo di fine giornata contro saldo infra-giornaliero) e la prova della conoscenza dello stato di insolvenza da parte della banca. La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, stabilendo che, in assenza di una prova certa sulla cronologia delle operazioni giornaliere, il criterio corretto da applicare è quello del saldo di fine giornata. La Corte ha inoltre confermato la valutazione dei giudici di merito sulla consapevolezza della banca dello stato di crisi dell'impresa.
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Accertamento in fatto: i limiti del ricorso in Cassazione
Una società in liquidazione ha impugnato una sentenza che rigettava la sua azione revocatoria contro un istituto di credito. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l'accertamento in fatto, come la valutazione della data certa di un documento tramite timbro postale, è di competenza esclusiva del giudice di merito e non può essere oggetto di un nuovo esame in sede di legittimità. L'inammissibilità è stata confermata anche per il mancato attacco a tutte le 'rationes decidendi' della sentenza impugnata.
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Azione revocatoria bancaria: la capofila risponde
Una società in amministrazione straordinaria ha ottenuto la revoca dei pagamenti effettuati a un pool di banche prima della dichiarazione di insolvenza. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna della sola banca capofila a restituire l'intero importo, in quanto unico soggetto ricevente e rappresentante delle altre. La sentenza chiarisce anche i termini di prescrizione per l'azione revocatoria bancaria in procedure concorsuali avviate prima delle riforme del 2005-2006, confermando l'applicazione della legge precedente.
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Nullità citazione: errore nel nome non è decisivo
La Corte di Cassazione ha stabilito che un errore nella denominazione sociale all'interno di un atto di citazione non ne causa la nullità, a condizione che il soggetto convenuto sia comunque identificabile in modo univoco attraverso altri elementi, come la partita IVA e la sede legale. In questo caso, una società aveva eccepito la nullità citazione per un'inesattezza nel proprio nome, ma la Corte ha rigettato il ricorso, valorizzando la presenza di dati certi che escludevano ogni ambiguità sull'identità della parte processuale.
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Prescrizione azione vizi: vendita o appalto?
Una società committente si è vista rigettare la richiesta di ammissione al passivo fallimentare per un credito risarcitorio derivante da forniture difettose. Il rigetto era basato sulla prescrizione dell'azione. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, ravvisando una motivazione solo apparente nella qualificazione di un contratto come vendita e l'omessa valutazione di un atto interruttivo della prescrizione azione vizi per l'altro contratto, qualificabile come appalto. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.
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Abuso di dipendenza economica: quando il contratto è nullo
La Corte di Cassazione ha confermato la nullità dei contratti tra un grande gruppo della moda e una sua affiliata, a causa di un manifesto abuso di dipendenza economica. L'ordinanza chiarisce i criteri per identificare l'eccessivo squilibrio contrattuale, come la previsione di clausole vessatorie, l'imposizione delle condizioni di vendita e l'assenza di alternative di mercato per l'impresa più debole, portando al rigetto della richiesta di ammissione al passivo fallimentare da parte del gruppo dominante.
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Fallimento in estensione: identità d’impresa è cruciale
Il fallimento di un imprenditore individuale è stato esteso ai suoi presunti soci di fatto. Questi hanno presentato ricorso, sostenendo che l'attività dell'impresa individuale (costruzioni) fosse diversa da quella della società di fatto (holding). La Corte di Cassazione, con un'ordinanza interlocutoria, non ha deciso il caso ma, riconoscendo la crucialità del tema del fallimento in estensione, ha rimesso la questione a una pubblica udienza per definire se, ai fini dell'estensione, le attività dell'individuo e della società debbano essere identiche.
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