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Diritto di Famiglia

Rapporto di lavoro familiare: onere della prova

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di una figlia contro la madre, confermando che spetta al lavoratore dimostrare la natura subordinata del rapporto di lavoro familiare. La ricorrente non è riuscita a provare né la subordinazione né l’onerosità della prestazione, soprattutto a fronte della sua pacifica facoltà di prelevare liberamente denaro dalla cassa aziendale. La Corte ribadisce che il giudizio di legittimità non può riesaminare nel merito le prove.

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Competenza reclamo successioni: decide la Corte d'Appello

In una causa ereditaria, un erede ha reclamato un provvedimento del Giudice delle Successioni. Il Tribunale, prima di entrare nel merito, ha affrontato la questione della competenza reclamo successioni. Stabilendo, in linea con la Cassazione, che il reclamo contro i decreti emessi in camera di consiglio dal Tribunale, anche monocratico, spetta alla Corte d’Appello, ha dichiarato la propria incompetenza, applicando il principio della translatio iudicii per la prosecuzione del giudizio.

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Danno endofamiliare: risarcimento per abbandono

Un genitore assente viene condannato per danno endofamiliare dal Tribunale di Firenze. La sentenza riconosce un cospicuo risarcimento alla figlia per il grave danno psicologico (disturbo borderline) causato dall’abbandono materno e un risarcimento al padre per la violazione del dovere di cooperazione genitoriale. Viene invece respinta la richiesta del padre per perdita di chance professionale per mancanza di prove concrete.

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Patto fiduciario quote: prova e onere del fiduciante

Un marito cita in giudizio la moglie per essere dichiarato proprietario effettivo delle quote di una società intestate a lei, sostenendo l’esistenza di un patto fiduciario. La moglie si oppone, dimostrando di aver costituito e finanziato la società con capitali propri. Il Tribunale di Milano ha respinto la domanda dell’uomo per insufficienza di prove, sottolineando che gli indizi a sostegno di un patto fiduciario devono essere gravi, precisi e concordanti, onere non soddisfatto in questo caso.

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Azione di riduzione: onere della prova del legittimario

Un erede ha promosso un’azione di riduzione sostenendo che una compravendita stipulata dalla defunta fosse in realtà una donazione dissimulata a favore di un altro erede. La Corte d’Appello ha respinto la domanda, confermando la decisione di primo grado. Il motivo centrale del rigetto risiede nell’inadempimento dell’onere della prova da parte dell’attore. La Corte ha stabilito che chi agisce in riduzione non può limitarsi a una generica allegazione, ma deve fornire una precisa rappresentazione patrimoniale, indicando il valore della massa ereditaria, della sua quota e la misura esatta della lesione subita.

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Fondo patrimoniale: quando è impignorabile? Analisi

La Corte di Cassazione esamina il caso di un creditore, ex dipendente, che tenta di pignorare un immobile inserito nel fondo patrimoniale del suo ex datore di lavoro. La Corte rigetta il ricorso, stabilendo che i beni del fondo sono impignorabili se il debito è stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia, come in questo caso un debito di natura professionale. La sentenza chiarisce che la conoscenza di tale estraneità da parte del creditore può essere provata anche tramite presunzioni, basate sulla natura stessa del rapporto da cui è scaturito il credito.

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Compartecipazione spesa: escluse pensioni disabilità

La Corte d’Appello di Bologna ha confermato la decisione del Tribunale, stabilendo che la pensione di invalidità e l’indennità di accompagnamento non possono essere considerate reddito ai fini della compartecipazione alla spesa per i servizi socio-sanitari. La Corte ha ritenuto illegittima la delibera comunale che includeva tali emolumenti nel calcolo, disapplicandola. La decisione si fonda sul principio che tali somme hanno natura compensativa e non reddituale, un orientamento consolidato dalla giurisprudenza amministrativa e poi recepito dal legislatore.

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Usucapione immobile familiare: prova rigorosa richiesta

Un padre rivendica l’usucapione di un immobile intestato alla figlia, sostenendo di averlo sempre gestito come proprietario. La Corte d’Appello respinge la richiesta, confermando la decisione di primo grado. Il tribunale stabilisce che, nel contesto di un usucapione immobile familiare, atti come il pagamento delle spese non sono sufficienti. A causa del legame familiare, si presume che tali azioni derivino dalla tolleranza del proprietario e non da un possesso finalizzato all’acquisizione della proprietà.

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Preliminare bene in comunione: coniuge litisconsorte

La Corte di Cassazione ha stabilito che in un’azione per l’esecuzione specifica di un contratto preliminare di vendita di un immobile in comunione legale, è necessaria la partecipazione al giudizio di entrambi i coniugi, anche di quello che non ha firmato l’accordo. La mancata citazione in giudizio del coniuge non firmatario costituisce un difetto di contraddittorio che comporta la nullità dell’intero procedimento. La Corte ha quindi annullato le sentenze di merito e rinviato la causa al primo grado per la corretta instaurazione del processo, ribadendo il principio del litisconsorzio necessario in questa materia.

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Assegnazione casa coniugale: quando decade il diritto

Una società acquista un immobile all’asta, gravato da un provvedimento di assegnazione della casa coniugale a favore della precedente proprietaria e del figlio. Il Tribunale, pur riconoscendo l’opponibilità iniziale del provvedimento, ha stabilito la cessazione del diritto. La decisione si fonda sul principio di autoresponsabilità del figlio, ormai maggiorenne da anni e con un percorso di studi concluso, ritenendo che il suo interesse a permanere nell’immobile sia recessivo rispetto al diritto di proprietà del terzo acquirente, che ha subito il vincolo per quasi sedici anni.

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Sentenza straniera non notificata: no al riconoscimento

La Corte d’Appello di Torino ha respinto la richiesta di riconoscimento di una sentenza di divorzio francese del 1999. La decisione si fonda sul fatto che la sentenza straniera non notificata alla controparte entro il termine di sei mesi previsto dalla legge francese, non è mai diventata definitiva (‘passata in giudicato’). Tale vizio insanabile impedisce che la decisione possa avere efficacia nel nostro ordinamento, rendendo irrilevante la successiva notifica avvenuta a 25 anni di distanza.

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Spese straordinarie figlio: no rimborso per auto costosa

Una madre richiedeva al padre il rimborso del 50% del costo di un’auto acquistata per il figlio maggiorenne, ma non ancora autosufficiente, qualificando la spesa come straordinaria. La Corte d’Appello ha respinto la richiesta. La decisione si fonda sul fatto che l’acquisto, avvenuto senza il consenso del padre, era sproporzionato rispetto alle reali esigenze del ragazzo (un’auto da oltre 22.000 euro per un breve tragitto casa-lavoro) e la necessità è sorta mesi dopo l’acquisto. La Corte ha quindi riqualificato l’operazione non come una spesa straordinaria necessaria, ma come una ‘donazione di fatto’ della madre verso il figlio, escludendo l’obbligo di rimborso per l’altro genitore.

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Compenso avvocato: come si calcola senza accordo

Un avvocato cita in giudizio l’ex cliente per il mancato pagamento del compenso professionale in una causa di separazione. Il Tribunale riconosce il diritto al compenso avvocato, liquidandolo secondo i parametri forensi per le cause di valore indeterminabile, anche se in misura leggermente inferiore a quanto richiesto.

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Esclusione Associazione: Diritti Immagine e Regole

Il Tribunale ha rigettato il ricorso di genitori che contestavano l’Esclusione Associazione delle loro figlie minori. L’esclusione, confermata in sede assembleare, era motivata dal mancato consenso all’uso delle immagini delle minori per eventi pubblici, in contrasto con il regolamento associativo. Il Giudice ha ritenuto legittima la delibera, escludendo vizi di motivazione o violazioni statutarie, e non ha riconosciuto alcun danno.

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Assegno mantenimento figlia maggiorenne: quando si riduce

La Corte d’Appello di Roma ha parzialmente riformato un decreto di primo grado, confermando la revoca dell’assegno divorzile per l’ex moglie, data la sua comprovata capacità lavorativa, ma modificando la decisione sull’assegno di mantenimento per la figlia maggiorenne. Pur lavorando, la figlia venticinquenne con un contratto part-time e precario non è stata ritenuta economicamente autonoma. Di conseguenza, la Corte ha disposto una riduzione dell’assegno paterno a 250,00 euro mensili, anziché la sua totale revoca, sottolineando che un’autonomia parziale o ‘in divenire’ non estingue l’obbligo di mantenimento.

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Assegno divorzile: quando la figlia diventa autonoma?

In un caso di modifica delle condizioni di divorzio, un ex marito chiedeva la revoca dell’assegno divorzile alla ex moglie e del mantenimento per la figlia ormai adulta e lavoratrice. Il Tribunale aveva ridotto l’assegno divorzile. La Corte d’Appello, tuttavia, ha riformato la decisione: pur confermando la revoca del mantenimento per la figlia economicamente autonoma, ha ripristinato l’importo originario dell’assegno divorzile per la ex moglie. La Corte ha sottolineato la funzione compensativa dell’assegno, dovuto per i sacrifici professionali fatti dalla donna durante il matrimonio a vantaggio della famiglia e della carriera del marito, ritenendo che l’autonomia della figlia non giustificasse una diminuzione del supporto all’ex coniuge.

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Donazione indiretta: quando il prestito è un regalo

Un padre ha citato in giudizio la figlia e l’ex genero per la restituzione di ingenti somme di denaro, sostenendo si trattasse di prestiti. L’ex genero si è difeso affermando che i versamenti costituissero una donazione indiretta, spinta da spirito di liberalità. La Corte d’Appello di Trieste ha confermato la decisione di primo grado, rigettando la richiesta del padre nei confronti dell’ex genero. La sentenza ha stabilito che, in assenza di prove concrete di un contratto di mutuo, le somme versate per sostenere la famiglia della figlia vanno considerate donazioni, soprattutto alla luce del lungo tempo trascorso senza richieste di restituzione e della coincidenza della richiesta con la separazione della coppia.

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Diritto di abitazione e divisione: la guida completa

In una causa di divisione ereditaria tra due fratelli e la loro matrigna, la Corte d’Appello ha stabilito principi cruciali. Il valore dell’immobile da dividere deve includere non solo il diritto di superficie ma anche il connesso diritto di riscatto per la piena proprietà. Viene confermato che il valore del diritto di abitazione del coniuge superstite va detratto dall’asse ereditario prima della divisione. Infine, l’immobile è stato assegnato alla vedova, derogando al criterio della quota maggioritaria per tutelare la sua esigenza abitativa.

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Gestione patrimonio minore: obblighi del genitore

La Corte d’Appello conferma la condanna di un padre a restituire alle figlie le somme di un risarcimento assicurativo, incassate quando erano minorenni. La sentenza sottolinea che la gestione del patrimonio del minore richiede l’autorizzazione del giudice tutelare, come previsto dall’art. 320 c.c. Il padre, non avendo fornito prove delle spese sostenute per le figlie e avendo agito senza autorizzazione, è tenuto alla restituzione integrale dei capitali.

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Contratto di accoglienza: quando è valido e va pagato

Un figlio si opponeva al pagamento delle rette per la degenza della madre in una struttura, sostenendo la nullità del contratto di accoglienza. Il Tribunale di Verona ha respinto l’opposizione, chiarendo che i contratti per prestazioni puramente assistenziali, non a carico del Servizio Sanitario Nazionale, sono pienamente validi. Di conseguenza, ha confermato l’obbligo del figlio di saldare il debito.

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