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Diritto Commerciale

Ricorso inammissibile: limiti del giudizio in Cassazione
Una controversia su un contratto di affitto d'azienda è giunta fino alla Corte di Cassazione, che ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione chiarisce che la Suprema Corte non può riesaminare i fatti o le prove già valutate nei gradi di merito. L'ordinanza sottolinea i rigorosi requisiti procedurali necessari per l'ammissibilità di un ricorso, come la corretta formulazione delle eccezioni processuali e la riproposizione delle istanze istruttorie in appello.
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Sospensione fornitura: illegittima per debiti passati
Una società fornitrice di energia ha tentato una sospensione fornitura nei confronti di un'azienda cliente, in concordato preventivo, a causa di debiti derivanti da un contratto precedente e già scaduto. La Corte di Cassazione ha dichiarato illegittima tale azione, specificando che il rimedio della sospensione della prestazione (ex art. 1460 c.c.) non può essere utilizzato per inadempimenti relativi a rapporti contrattuali distinti e autonomi. La Corte ha inoltre negato la qualifica di 'creditore strategico' al fornitore, poiché il bene fornito era reperibile sul mercato, respingendo così la sua richiesta di risarcimento danni.
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Liquidazione equitativa del danno: la Cassazione
Una società fornitrice di distributori automatici ha citato in giudizio un'azienda cliente per la violazione di una clausola di esclusiva. Dopo una riforma in appello, l'azienda cliente è stata condannata al risarcimento. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, validando il ricorso alla liquidazione equitativa del danno data l'impossibilità di calcolare con precisione il lucro cessante. La Corte ha inoltre chiarito i criteri per interpretare le sentenze di primo grado quando motivazione e dispositivo appaiono in conflitto.
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Prescrizione contratto trasporto: la fattura non basta
Una società di trasporti ha perso il diritto al risarcimento danni per ritardi perché ha agito legalmente dopo la scadenza del termine annuale. La Corte di Cassazione ha chiarito che, nella prescrizione del contratto di trasporto, il termine decorre dalla consegna della merce e non può essere posticipato o interrotto dalla semplice emissione di una fattura, anche se questa indica una data di pagamento futura.
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Interruzione prescrizione e parte civile: la guida
Un gruppo di risparmiatori ha citato in giudizio l'autorità di vigilanza sui mercati finanziari per i danni subiti a causa del fallimento di una società di intermediazione. L'autorità sosteneva che il diritto al risarcimento fosse prescritto. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21049/2024, ha stabilito che la costituzione di parte civile degli investitori in un precedente processo penale ha prodotto un'interruzione prescrizione con effetto permanente, valido per tutta la durata del procedimento penale. Tale effetto si estende anche all'autorità di vigilanza, in qualità di coobbligata solidale, annullando di fatto la prescrizione.
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Polizze unit-linked: quando sono contratti finanziari
Una società finanziaria ha impugnato una sentenza che qualificava le sue polizze unit-linked come contratti di investimento finanziario, dichiarandole nulle. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che se il rischio demografico a carico dell'assicuratore è irrisorio (nella fattispecie una maggiorazione dell'1% in caso di morte) e il rischio finanziario grava interamente sul cliente, il contratto non è una polizza vita ma un prodotto finanziario. Tale qualificazione impone il rispetto delle norme del Testo Unico della Finanza, la cui violazione comporta la nullità del contratto.
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Cessione del credito a scopo di garanzia: la Cassazione
Una società cede un credito verso un ente pubblico a una banca come garanzia per un finanziamento. La banca incassa un importo superiore al finanziamento stesso prima della scadenza. La Corte di Cassazione chiarisce che la cessione del credito a scopo di garanzia non estingue immediatamente il debito, ma funge da sicurezza attivabile solo in caso di inadempimento. La decisione del giudice di merito, che aveva attribuito al contratto una duplice funzione solutoria e di garanzia, viene annullata per errata interpretazione.
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Beni confiscati: lo Stato paga i debiti d’impresa?
Un'ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema della responsabilità dello Stato per i debiti di un'impresa oggetto di beni confiscati. A seguito del sequestro e della confisca di una società, l'amministratore giudiziario ha contratto un debito con un fornitore. La Corte d'Appello aveva ritenuto lo Stato responsabile, ma la Cassazione, data la rilevanza della questione, ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite per chiarire se l'obbligo dello Stato di anticipare le spese si estenda anche ai debiti operativi dell'azienda.
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Compenso amministratore: no a tariffe abrogate
La Corte di Cassazione ha stabilito che, in una situazione di vuoto normativo, il compenso dell'amministratore giudiziario deve essere determinato tramite una valutazione equitativa concreta e non applicando meccanicamente tariffe professionali abrogate. Il caso riguardava la liquidazione dei compensi per due professionisti che avevano gestito un ingente patrimonio sequestrato. Il Tribunale, pur riconoscendo la necessità di una valutazione equitativa, aveva di fatto utilizzato una tariffa non più in vigore. La Suprema Corte ha annullato questa decisione, ribadendo che il giudice deve basare la sua valutazione su elementi specifici come la complessità dell'incarico, i risultati ottenuti e la natura pubblicistica dell'attività, fornendo una motivazione dettagliata.
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Sanzioni short selling: la Cassazione e la lex mitior
Una società di investimento ha impugnato una sanzione di 550.000 euro per violazione delle normative europee sullo short selling. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la multa. La Corte ha stabilito l'inammissibilità delle censure non sollevate nel giudizio di primo grado e ha precisato che, sebbene il principio della lex mitior sia applicabile alle sanzioni amministrative punitive, spetta al ricorrente dimostrare che la nuova normativa avrebbe comportato un trattamento più favorevole. La decisione rafforza l'onere di diligenza per gli operatori professionali e i limiti procedurali dell'appello.
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Coassicurazione e accise: limiti del risarcimento
Una distilleria subisce un furto di alcol e, dopo aver ricevuto l'indennizzo base, si trova a dover pagare le accise sulla merce sottratta. La società cita in giudizio le compagnie di coassicurazione per ottenere il rimborso di tali imposte, comprensive di interessi e sanzioni. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20935/2024, stabilisce che la polizza di coassicurazione copre il solo importo dell'accisa, escludendo sanzioni e interessi di mora. Viene inoltre riaffermato il principio della responsabilità parziaria dei coassicuratori, che rispondono ciascuno solo per la propria quota.
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Evocazione DOP: la Cassazione sul marchio ‘Sardo’
Un'azienda casearia è stata sanzionata per aver usato il termine 'sardo' sull'etichetta di un formaggio, creando una illecita evocazione DOP del 'Pecorino Sardo'. La Cassazione ha confermato la sanzione, stabilendo che l'associazione concettuale con il prodotto protetto è sufficiente per configurare l'illecito, a prescindere dall'origine degli ingredienti.
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Obbligazione di risultato: la Cassazione fa chiarezza
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società di consulenza che richiedeva il pagamento per servizi finalizzati all'ottenimento di finanziamenti. Il contratto è stato qualificato come un'obbligazione di risultato, non adempiuta in quanto il finanziamento non è stato ottenuto. La Corte ha confermato le decisioni dei gradi precedenti, chiarendo i limiti del sindacato di legittimità sull'interpretazione del contratto e sulla liquidazione delle spese legali.
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Pagamento debito altrui: quando è un atto oneroso?
La Corte di Cassazione ha stabilito che il pagamento del debito della società capogruppo da parte di una controllata non è un atto a titolo gratuito, e quindi non è inefficace in caso di fallimento, se la società controllata che effettua il pagamento (solvens) era a sua volta debitrice nei confronti della capogruppo. In questo scenario, si realizza un vantaggio economico concreto per la solvens attraverso la compensazione legale, che estingue il suo debito verso la capogruppo. La mera appartenenza a un gruppo societario non è sufficiente a provare l'onerosità, ma l'esistenza di un rapporto di debito-credito tra le società del gruppo è un elemento decisivo. La Corte ha quindi cassato la sentenza d'appello che aveva dichiarato l'inefficacia del pagamento.
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Scientia decoctionis e prova per presunzioni
Un'impresa edile riceveva pagamenti da una grande cooperativa di costruzioni, la quale, poco dopo, veniva posta in amministrazione straordinaria. La procedura concorsuale agiva per revocare tali pagamenti, sostenendo che l'imprenditore fosse a conoscenza dello stato di insolvenza della cooperativa (scientia decoctionis). La Corte d'Appello accoglieva la domanda basandosi su indizi quali notizie di stampa sulla crisi della cooperativa, proteste dei dipendenti e modalità di pagamento anomale. L'imprenditore ricorreva in Cassazione, ma la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che la prova della scientia decoctionis può essere fornita tramite presunzioni e che la valutazione di tali indizi è di competenza del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se correttamente motivata.
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Liquidazione equitativa: onere della prova del danno
Una società di allestimenti luminosi, a seguito di un incendio che ha distrutto il proprio magazzino, ha citato in giudizio la propria compagnia assicurativa per ottenere il risarcimento. Le corti di merito hanno respinto la domanda per mancanza di prove sulla quantificazione del danno. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, specificando che la liquidazione equitativa del danno, prevista dall'art. 1226 c.c., non è ammissibile quando l'impossibilità di provare l'esatto ammontare del danno deriva da una negligenza del danneggiato, che non ha fornito la documentazione contabile e probatoria a sua disposizione.
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Danno non patrimoniale: prova e onere per le società
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20871/2024, ha chiarito i principi sull'onere della prova per il risarcimento del danno non patrimoniale e del lucro cessante richiesto da una società. Il caso riguardava l'opposizione allo stato passivo di un fallimento. La Corte ha stabilito che la prova del danno all'immagine non può essere rigettata solo per la mancata produzione dei bilanci, in quanto si tratta di un pregiudizio non patrimoniale da dimostrare anche con presunzioni. Ha inoltre confermato che il lucro cessante richiede una prova rigorosa della sua esistenza, non bastando mere ipotesi. Infine, ha ribadito il diritto al rimborso delle spese legali per il creditore vittorioso in sede di opposizione.
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Cessione del credito sanità: il no della Cassazione
Una società finanziaria, cessionaria di crediti vantati da una casa di cura verso un'Azienda Sanitaria Locale, ha visto respingere il proprio ricorso dalla Corte di Cassazione. Il caso riguardava la validità di una clausola contrattuale che subordinava l'efficacia della cessione del credito sanità all'accettazione da parte della Regione. La Suprema Corte ha confermato le decisioni dei giudici di merito, stabilendo che tale clausola è legittima e prevale sulla libera cedibilità del credito. I pagamenti parziali effettuati dall'ASL non sono stati ritenuti una forma di accettazione tacita, e le argomentazioni della ricorrente sono state giudicate inammissibili o infondate.
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Scientia decoctionis: prova e onere nella revocatoria
Un'ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione riesamina il concetto di scientia decoctionis in un caso di azione revocatoria fallimentare. La controversia nasce dall'opposizione di un istituto di credito all'esclusione di un suo credito milionario, derivante da contratti derivati, dal passivo di una grande società alimentare in amministrazione straordinaria. La Corte d'Appello aveva riformato la decisione di primo grado, negando la sussistenza della scientia decoctionis in capo alla banca. La Cassazione, tuttavia, ha ritenuto che la questione della prova per presunzioni della conoscenza dello stato di insolvenza meriti un approfondimento in pubblica udienza, rinviando la decisione finale.
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Riparto parziale: impugnabilità e giudice competente
La Cassazione stabilisce che un piano di riparto parziale nella liquidazione coatta di un'assicurazione è impugnabile, analogamente al riparto finale. La Corte ha cassato una decisione emessa da un giudice monocratico, chiarendo che la competenza spetta al collegio, la cui violazione causa la nullità del provvedimento.
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