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Diritto Commerciale

Patteggiamento esdebitazione: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato che una sentenza di patteggiamento per bancarotta fraudolenta è pienamente equiparabile a una sentenza di condanna ai fini della concessione dell’esdebitazione. Di conseguenza, tale sentenza impedisce al fallito di ottenere la liberazione dai debiti residui. La Corte ha inoltre chiarito che la recente “Riforma Cartabia”, che attenua gli effetti extra-penali del patteggiamento, non è retroattiva. La decisione sottolinea che la condanna penale, anche se patteggiata, costituisce un “fatto storico” che dimostra la mancanza di meritevolezza del debitore, bloccando l’accesso al beneficio.

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Cessione del Credito: eccezioni del debitore ceduto

Una società si oppone a un decreto ingiuntivo, sostenendo l’invalidità di una cessione del credito per una presunta doppia cessione e denunciando gravi inadempimenti del creditore originario. Il Tribunale di Venezia ha respinto l’opposizione, chiarendo che non vi era stata una doppia cessione, ma due cessioni distinte di quote diverse dello stesso credito. Ha inoltre stabilito che la firma del verbale di collaudo da parte del debitore, senza riserve, preclude la possibilità di contestare successivamente la conformità e il funzionamento del bene.

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Revocatoria pagamenti: quando la prassi salva i canoni

Una società in amministrazione straordinaria ha richiesto la revocatoria dei pagamenti dei canoni di locazione effettuati a favore della società locatrice nel cosiddetto ‘periodo sospetto’. Il Tribunale ha rigettato la domanda, stabilendo che i pagamenti, sebbene avvenuti con un leggero ritardo rispetto alle scadenze contrattuali, erano esenti da revocatoria. La decisione si basa sulla dimostrazione di una prassi consolidata e tollerata tra le parti, che ha reso tali pagamenti conformi ai ‘termini d’uso’ previsti dalla legge fallimentare, assorbendo la questione della conoscenza dello stato di insolvenza.

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Prescrizione concordato preventivo: la Cassazione chiarisce

Una società in liquidazione e in concordato preventivo ha agito in giudizio per far dichiarare la prescrizione dei crediti vantati nei suoi confronti. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la richiesta. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo un importante principio sulla prescrizione nel concordato preventivo. La Corte ha chiarito che, dopo l’omologazione del concordato, si verifica una sospensione della prescrizione per tutti i crediti anteriori. Questo perché l’omologazione rende i crediti temporaneamente inesigibili, in attesa che vengano rispettate le modalità e i tempi di pagamento previsti dal piano. Tale inesigibilità costituisce un impedimento giuridico all’esercizio del diritto che, ai sensi dell’art. 2935 c.c., sospende il decorso del termine di prescrizione fino alla scadenza dei termini di pagamento fissati nel piano concordatario.

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Risoluzione parziale del contratto: quando è dovuta?

Una società fornitrice di componenti industriali, poi fallita, si oppone alla risoluzione del contratto per inadempimento da parte di un’azienda di trasporti. La Corte di Cassazione, pur rigettando le critiche alla perizia tecnica, accoglie il ricorso su un punto cruciale: l’omessa pronuncia della Corte d’Appello sulla richiesta di risoluzione parziale del contratto. Viene stabilito che il giudice di merito deve valutare il diritto del fornitore a essere pagato per i beni già consegnati e utilizzati dalla committente, anche in caso di risoluzione. Il caso è rinviato per una nuova valutazione.

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Nullità contratto fornitura: bene non sicuro

La Corte di Cassazione stabilisce la nullità del contratto di fornitura per un macchinario industriale (robot) non conforme alle norme di sicurezza. La violazione di norme imperative rende l’oggetto del contratto illecito o impossibile, determinandone la nullità. Questa invalidità del contratto di fornitura sussiste a prescindere dal collegato contratto di leasing e da eventuali accordi transattivi tra l’utilizzatore e la società concedente.

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Vendita beni in amministrazione straordinaria: il caso

Una banca creditrice ha impugnato la vendita di un immobile da parte di una società in amministrazione straordinaria, sostenendo l’errata applicazione delle norme sulla cessione d’azienda. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che si trattava di una vendita beni in amministrazione straordinaria, non di un’azienda in esercizio, e che le censure del creditore erano fuori tema e basate su questioni di fatto.

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Cessione ramo d'azienda: debiti esclusi e limiti

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti del trasferimento di passività in una cessione di ramo d’azienda bancario. Un cliente aveva citato in giudizio un istituto di credito per somme indebitamente trattenute da una banca poi posta in liquidazione, il cui ramo d’azienda era stato acquisito dal nuovo istituto. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, stabilendo che i debiti relativi a rapporti estinti anni prima della cessione non si trasferiscono all’acquirente, anche se oggetto di una causa pendente. Il criterio decisivo non è la pendenza della lite, ma l’effettiva ‘inerenza e funzionalità’ del rapporto all’esercizio dell’impresa bancaria ceduta, requisito che un rapporto esaurito non può soddisfare.

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Stato di insolvenza: non basta la crisi Covid

Una società, dichiarata fallita, ha impugnato la decisione sostenendo che le sue difficoltà fossero temporanee e causate dalla pandemia. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che lo stato di insolvenza era una condizione strutturale e preesistente, come dimostrato da debiti accumulati prima del 2020, revoca di affidamenti bancari e procedure esecutive già in corso. La crisi sanitaria, pertanto, non poteva essere usata come scudo per un dissesto già consolidato.

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Marchio di fatto: la Cassazione sulla cessione d'azienda

La Corte di Cassazione ha rigettato un ricorso relativo a una disputa su un nome storico di un ristorante, utilizzato come marchio di fatto. La Corte ha confermato che, salvo prova contraria, il marchio di fatto si trasferisce insieme all’azienda. Le affermazioni del ricorrente riguardo a un presunto preuso del marchio sono state giudicate non provate dai tribunali di merito, una valutazione di fatto che non può essere riesaminata dalla Suprema Corte, la quale ha quindi respinto il ricorso.

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Estinzione del processo per rinuncia: il caso esaminato

Un soggetto privato aveva presentato ricorso contro una delibera di un’autorità di vigilanza. Prima della decisione, ha rinunciato al ricorso con l’accettazione della controparte, che ha anche concordato sulla non debenza delle spese. La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del processo, chiarendo che in questi casi non è dovuto il pagamento del doppio del contributo unificato.

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Successione nel processo: onere della prova e ricorso

Una società è intervenuta in un giudizio d’appello affermando di essere subentrata in un diritto controverso a seguito della cessione di un ramo d’azienda. Tuttavia, non ha fornito la prova documentale completa di tale successione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, ribadendo che l’onere di dimostrare la propria legittimazione processuale, in caso di successione nel processo, grava interamente sulla parte che interviene, e la sua verifica può essere effettuata d’ufficio dal giudice.

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Litisconsorzio necessario: appello nullo senza il cedente

Una società appella una sentenza relativa a un credito contestato, ma omette di notificare l’atto al proprio cedente, parte del giudizio di primo grado. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale omissione viola il principio del litisconsorzio necessario, rendendo invalido il procedimento d’appello. Di conseguenza, la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello per un nuovo esame, previa corretta integrazione del contraddittorio.

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Crediti prededucibili e tasso di interesse: la Cassazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha stabilito che gli interessi sui crediti prededucibili, sorti nell’ambito di una procedura di amministrazione straordinaria, maturano fino al completo pagamento e al tasso di interesse pattuito tra le parti (convenzionale), e non a quello legale. La controversia vedeva un istituto di credito opporsi a una società in amministrazione straordinaria. La Corte ha chiarito che, in assenza di una lacuna normativa, si applica la regola generale dell’art. 1284 c.c., respingendo l’applicazione analogica delle norme sui crediti privilegiati. Questa decisione rafforza la tutela dei crediti sorti per sostenere le procedure concorsuali.

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Accordo transattivo: il rinvio in Cassazione

Una compagnia assicurativa ricorre in Cassazione dopo il rigetto della sua domanda di ammissione al passivo fallimentare di una società. Durante il giudizio, le parti raggiungono un accordo transattivo. La Corte, preso atto della volontà delle parti di definire bonariamente la controversia, dispone il rinvio della causa a nuovo ruolo per consentire la formalizzazione dell’accordo e la rinuncia al ricorso.

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Successione nei contratti: l'accordo collettivo vale

Una società che acquista un ramo d’azienda nel settore carburanti è tenuta a rispettare gli accordi collettivi stipulati dalla precedente proprietà. La Corte di Cassazione ha confermato il principio della successione nei contratti, stabilendo che, in assenza di un nuovo accordo, quello esistente si trasferisce automaticamente al cessionario, obbligandolo a corrispondere i benefici economici previsti per i gestori.

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Fideiussione nulla: competenza del Tribunale delle Imprese

Un garante ha contestato un decreto ingiuntivo, sostenendo che la garanzia fosse una fideiussione nulla a causa di un’intesa restrittiva della concorrenza. A seguito di un conflitto di competenza, la Corte di Cassazione ha stabilito la giurisdizione esclusiva e inderogabile della Sezione Specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Napoli. La decisione chiarisce che le cause sulla nullità di un contratto derivante da violazioni antitrust devono essere trattate da questi tribunali specializzati, consolidando un importante principio procedurale.

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Cessione ramo d'azienda: i requisiti di autonomia

La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità di una cessione ramo d’azienda nel settore bancario. Il ramo, dedicato al recupero crediti, è stato ritenuto privo di autonomia funzionale e preesistenza, poiché dipendeva interamente dalla banca cedente per sistemi informatici e commesse, non potendo operare autonomamente sul mercato. La sentenza ribadisce che la semplice cessione di personale non integra una valida operazione.

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Cessione ramo d'azienda: il diritto del lavoratore

La Corte di Cassazione conferma il diritto di alcuni lavoratori, inizialmente esclusi, a passare alle dipendenze della società acquirente in una cessione ramo d’azienda. La sentenza stabilisce che il criterio decisivo è il nesso funzionale e inscindibile tra le mansioni svolte dal lavoratore e il ramo ceduto, a prescindere dalla loro inclusione formale nell’accordo di cessione. Viene respinto il ricorso dell’azienda, che non è riuscita a provare l’estraneità dei lavoratori al ramo trasferito.

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Azione revocatoria e fallimento estero: la Cassazione

Un ente creditore agisce in revocatoria per la vendita di un immobile tra società collegate. Nonostante il fallimento e la cancellazione della società debitrice in Svizzera, la Cassazione conferma la validità dell’azione revocatoria. La Corte stabilisce che, in assenza di automatico riconoscimento della sentenza straniera e data l’inerzia degli organi fallimentari, il creditore individuale mantiene l’interesse e la legittimazione a procedere per tutelare le proprie ragioni.

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