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Diritto Bancario

Assegno circolare prescritto: chi ha diritto al rimborso?
Un creditore riceve due assegni circolari da un istituto bancario a seguito di un pignoramento. Gli assegni vengono smarriti e ritrovati solo dopo la scadenza del termine di prescrizione triennale. Il creditore fa causa alla banca per ottenere il pagamento, ma la Corte di Cassazione respinge la domanda. La sentenza chiarisce che con un assegno circolare prescritto, il beneficiario perde ogni diritto cartolare verso la banca emittente e non ha più interesse ad agire per il pagamento, essendo l'obbligazione della banca adempiuta con la prima emissione dei titoli.
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Disconoscimento scrittura privata: guida al processo
Un imprenditore ha contestato un'intimazione di pagamento basata su una presunta fideiussione personale, effettuando il disconoscimento della scrittura privata apposta sul documento. Poiché il creditore non ha avviato la procedura di verificazione per provare l'autenticità della firma, il Tribunale ha considerato il documento di garanzia come legalmente inesistente. Di conseguenza, ha annullato l'intimazione di pagamento e la relativa cartella, liberando l'imprenditore dal debito per mancanza di prova dell'obbligazione.
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Affidamento di fatto: prova e prescrizione in Cassazione
Una correntista ha citato in giudizio il proprio istituto di credito per addebiti illegittimi sul conto. La Corte d'Appello aveva dichiarato prescritta gran parte della pretesa, negando l'esistenza di un affidamento. La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza, sottolineando che la Corte d'Appello ha errato nel non considerare un contratto di affidamento scritto per il periodo 1996-2000 e ha ribadito i principi sulla prova dell'affidamento di fatto per il periodo antecedente, ai fini del calcolo della prescrizione.
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Concorso di colpa assegno: spedizione e responsabilità
Una società assicurativa ha spedito un assegno non trasferibile tramite posta ordinaria. L'assegno è stato sottratto e incassato fraudolentemente presso un ente postale. I giudici di merito hanno stabilito un concorso di colpa al 50% tra la società, per aver scelto un metodo di spedizione non sicuro, e l'ente postale, per l'errata identificazione del prenditore. La società ha presentato ricorso in Cassazione ma ha successivamente rinunciato, portando la Suprema Corte a dichiarare l'estinzione del giudizio. La decisione conferma l'importanza della scelta di metodi di spedizione sicuri per i titoli di credito.
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Spedizione assegno: il concorso di colpa del mittente
Una società assicurativa spedisce un assegno non trasferibile con posta ordinaria. Il titolo viene sottratto e incassato fraudolentemente. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15062/2024, stabilisce il principio del concorso di colpa del mittente per aver scelto una modalità di spedizione insicura. La Corte chiarisce inoltre che la diligenza della banca negoziatrice si considera assolta con il controllo di un unico documento d'identità valido, purché privo di palesi segni di falsificazione.
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Recesso conto corrente: clausola di pagamento valida?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15061/2024, ha stabilito la legittimità di una clausola contrattuale che condiziona l'efficacia del recesso dal conto corrente al pagamento del debito esistente. La Corte ha chiarito che tale pattuizione non viola le norme imperative, in particolare l'art. 120-bis del Testo Unico Bancario, poiché non impone una penale per il recesso, ma si limita a differirne gli effetti fino all'adempimento di un'obbligazione preesistente, rientrando nell'ambito dell'autonomia contrattuale delle parti.
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Conflitto di interessi: annullata la fideiussione
La Corte di Cassazione ha confermato l'annullamento di una fideiussione prestata da una società a favore di un'altra, entrambe gestite dallo stesso amministratore. La decisione si fonda sulla sussistenza di un concreto conflitto di interessi, riconoscibile dalla banca creditrice. La Corte ha stabilito che l'assenza di un vantaggio economico per la società garante, unita alla sproporzione della garanzia rispetto al suo capitale e alla diversità degli oggetti sociali, costituiscono elementi chiave per l'annullabilità del contratto ai sensi dell'art. 1394 c.c.
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Giudicato esterno: limiti e applicazione nei giudizi
Una società correntista ha citato in giudizio il proprio istituto di credito per ottenere la restituzione di somme indebitamente pagate. La banca si è difesa sostenendo che una precedente sentenza avesse già definito la questione, creando un 'giudicato esterno'. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15032/2024, ha respinto il ricorso della società, chiarendo che il giudicato esterno non si forma se il primo giudizio aveva un oggetto diverso e non includeva una specifica domanda di restituzione (ripetizione di indebito), permettendo così la proposizione di una nuova azione per le questioni non trattate in precedenza.
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Preclusioni processuali: limiti in appello
Un debitore e il suo garante ricorrono in Cassazione dopo la condanna al pagamento di un debito. La Corte Suprema rigetta il ricorso, sottolineando l'importanza delle preclusioni processuali. Le nuove domande, eccezioni e prove presentate per la prima volta in appello o nelle memorie finali sono state dichiarate inammissibili, poiché le parti devono formulare tutte le loro difese fin dal primo grado del giudizio. La sentenza ribadisce che l'appello non può essere utilizzato per rimediare a precedenti omissioni difensive.
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Cessione del credito: prova e oneri in Cassazione
Una società che interviene in un processo affermando di essere subentrata in un credito deve fornire la prova del suo titolo. Secondo la Suprema Corte, in caso di contestazione da parte del debitore, la sola pubblicazione dell'avviso di cessione del credito in Gazzetta Ufficiale non è sufficiente. È necessario depositare il contratto di cessione per dimostrare l'effettiva titolarità del diritto. La Corte ha dichiarato inammissibile l'intervento della società cessionaria per carenza di prova, rigettando poi nel merito il ricorso dei debitori su altre questioni procedurali, tra cui l'abuso del processo.
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Abuso del processo: appello inammissibile e condanna
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società contro una banca in un caso di presunta usura e anatocismo su un mutuo. La Corte ha ritenuto che i motivi del ricorso fossero un tentativo di riesaminare i fatti, già valutati nei gradi precedenti, configurando un abuso del processo. Di conseguenza, ha confermato la condanna della società al risarcimento dei danni per lite temeraria, aggiungendo un'ulteriore sanzione economica.
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Leasing traslativo e fallimento: le regole
La Cassazione chiarisce la disciplina applicabile al leasing traslativo risolto prima del fallimento dell'utilizzatore. Con l'ordinanza n. 15009/2024, si conferma che in questi casi non si applica la normativa speciale fallimentare (art. 72-quater l.fall.), bensì l'art. 1526 c.c. sulla vendita con riserva di proprietà. La società di leasing non ha diritto ai canoni residui, ma a un equo compenso. Per ottenerlo, deve però fornire al giudice gli elementi per calcolarlo, come il valore del bene recuperato.
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Leasing traslativo: la clausola penale è valida?
La Cassazione, con l'ordinanza 15000/2024, chiarisce la validità della clausola penale nel leasing traslativo, ma subordina l'ammissione al passivo fallimentare all'onere del creditore di provare il valore del bene restituito per permettere al giudice di valutarne l'equità e ridurla se eccessiva. L'omissione di tale prova rende la domanda inammissibile.
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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali
La Corte di Cassazione dichiara l'estinzione di un giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte di un ex amministratore di una banca sanzionato da un'autorità di vigilanza. L'ordinanza chiarisce che la rinuncia comporta la condanna del rinunciante al pagamento delle spese legali, anche in assenza di accettazione da parte della controparte. Questo caso sottolinea le conseguenze procedurali ed economiche della rinuncia al ricorso.
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Rinuncia al ricorso: spese legali e contributo unificato
Un ex amministratore di una banca cooperativa, sanzionato dall'Autorità di Vigilanza, ha proposto ricorso in Cassazione. Successivamente, ha presentato un atto di rinuncia al ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato estinto il giudizio, condannando il ricorrente al pagamento delle spese legali ma escludendo l'obbligo di versare un ulteriore contributo unificato, chiarendo le conseguenze procedurali di tale atto.
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Onere della prova: chi deve provare le clausole nulle?
Un consorzio ha citato in giudizio la propria banca per l'applicazione di interessi ultralegali, anatocismo e commissioni non pattuite. Dopo decisioni contrastanti nei primi due gradi di giudizio, la Corte di Cassazione ha chiarito il principio dell'onere della prova: spetta al cliente che agisce in giudizio dimostrare la nullità delle clausole per interessi e commissioni, producendo il contratto. Fa eccezione l'anatocismo, la cui illegittima applicazione può essere provata anche solo tramite gli estratti conto. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Limite di fondiarietà: il contratto è valido?
Un garante si oppone a un decreto ingiuntivo, sostenendo la nullità del contratto di credito fondiario per superamento del limite di finanziabilità e la decadenza della garanzia. Il Tribunale, aderendo a un consolidato orientamento della Cassazione, rigetta l'eccezione di nullità, affermando che il superamento del limite di fondiarietà non invalida il contratto. Dopo aver analizzato la legittimazione attiva dei creditori a seguito di cessioni e accertato dei pagamenti parziali, il giudice revoca il decreto ingiuntivo ma condanna il garante al pagamento del debito residuo.
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Leasing traslativo e fallimento: le regole applicabili
Una società di leasing ha richiesto l'ammissione al passivo del fallimento di un'azienda sua cliente per canoni non pagati, relativi a un contratto di leasing traslativo risolto prima della dichiarazione di fallimento. Il tribunale aveva respinto la domanda, applicando la disciplina della vendita con riserva di proprietà (art. 1526 c.c.). La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso della società di leasing, confermando che per i contratti risolti prima dell'entrata in vigore della L. 124/2017, si applica l'art. 1526 c.c. e non la nuova normativa, che non è retroattiva. La Corte ha inoltre precisato l'onere della prova a carico del concedente che intende far valere una clausola penale.
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Litisconsorzio necessario: terzi pignorati sempre parti
Una sentenza della Cassazione stabilisce il principio del litisconsorzio necessario nei giudizi di opposizione a pignoramento. Se i terzi pignorati non vengono citati in giudizio, si verifica una nullità insanabile. La Corte ha cassato la sentenza d'appello per mancata integrità del contraddittorio, rimandando la causa al primo giudice.
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Cessazione materia del contendere: l’accordo che estingue
Una società e il suo legale rappresentante hanno citato in giudizio un istituto di credito per la presunta nullità di clausole su interessi e commissioni. Dopo aver perso in primo e secondo grado per mancata produzione dei contratti, le parti hanno raggiunto un accordo durante il ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, rendendo inefficace la sentenza d'appello e stabilendo che, in questi casi, non si applica il raddoppio del contributo unificato.
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