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Diritto Bancario

Azione revocatoria notifica: la Cassazione decide
Una banca agisce con azione revocatoria contro una donazione immobiliare tra madre (garante) e figlio, per tutelare il proprio credito. I debitori contestano la validità della notifica dell'atto introduttivo e, in appello, la nullità della fideiussione. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito. Viene stabilito che ai fini della validità dell'azione revocatoria notifica, prevale la dimora effettiva sulla residenza anagrafica e che l'eccezione di nullità della fideiussione, sollevata tardivamente, è inammissibile.
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Obblighi informativi: quando il ricorso è inammissibile
Una società investitrice ha ottenuto in appello la risoluzione dei contratti di investimento per la violazione degli obblighi informativi da parte di un intermediario finanziario. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso della banca per difetti procedurali, tra cui la genericità dei motivi e l'errata contestazione della base giuridica della condanna (risoluzione contrattuale e non risarcimento del danno).
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Verificazione della sottoscrizione: l’onere del creditore
Un garante disconosceva la firma su una fideiussione. La Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo che in caso di disconoscimento, il creditore ha l'onere di produrre l'originale del documento entro i termini di legge per procedere alla verificazione della sottoscrizione. La produzione tardiva rende la verifica inammissibile. La Corte ha anche ribadito che grava sul creditore l'onere di provare di aver ottenuto l'autorizzazione del fideiussore prima di concedere nuovo credito a un debitore in difficoltà.
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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società immobiliare contro una società di gestione crediti. Il ricorso, basato su presunte violazioni dell'ordine pubblico e degli Accordi di Basilea in un contratto di finanziamento, è stato respinto perché i motivi addotti erano eccessivamente generici, fattuali e non adeguatamente argomentati in diritto. La sentenza sottolinea la necessità di formulare censure specifiche e pertinenti per un ricorso inammissibile non si verifichi.
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Assegno non trasferibile: colpa e concorso del mittente
Un'assicurazione spedisce un assegno non trasferibile tramite posta ordinaria, che viene poi incassato da un soggetto non legittimato. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 8253/2024, ha stabilito che, sebbene l'intermediario sia responsabile per non aver verificato con adeguata diligenza l'identità del presentatore, anche il mittente è corresponsabile del danno per aver scelto una modalità di spedizione non sicura. Si configura quindi un concorso di colpa che riduce il risarcimento dovuto dall'intermediario.
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Data certa: come provarla nel fallimento del debitore
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un istituto di credito che cercava di far ammettere un proprio credito al passivo di un fallimento. La controversia verteva sulla prova della 'data certa' del contratto di conto corrente, fondamentale per la sua opponibilità ai terzi. La banca aveva prodotto una lettera raccomandata, ma il Tribunale aveva ritenuto la prova insufficiente poiché il timbro postale era apposto su un foglio separato e non formava un 'corpo unico' con il documento contrattuale. La Cassazione ha confermato che la valutazione di tale prova è di competenza esclusiva del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, ribadendo il principio secondo cui la certezza della data richiede che la scrittura e il foglio con il timbro costituiscano un unico documento.
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Giudicato interno: quando blocca l’appello
Una garante si è opposta a un decreto ingiuntivo, eccependo la nullità di alcune clausole fideiussorie. La Corte d'Appello ha respinto il gravame ritenendo formato un giudicato interno sulla qualificazione del contratto. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando il ricorso inammissibile poiché i motivi non contestavano adeguatamente la formazione del suddetto giudicato interno, precludendo di fatto ogni ulteriore esame nel merito.
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Notifica cessione del credito: la Cassazione decide
Una società di factoring si è vista negare il pagamento di un credito ceduto da una fondazione sanitaria, poiché l'ente pubblico debitore aveva pagato il creditore originario. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione di merito che aveva ritenuto il pagamento liberatorio, sottolineando come i giudici avessero ignorato la prova documentale della avvenuta notifica cessione del credito prima del pagamento. La Suprema Corte ha ribadito che la notifica è sufficiente a rendere efficace la cessione, senza necessità di accettazione da parte del debitore.
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Manleva assicurativa: prova dell’attivazione polizza
La Corte d'Appello ha riformato una sentenza di primo grado, stabilendo che la prova dell'attivazione di una polizza assicurativa per la perdita del lavoro può essere fornita anche tramite presunzioni e prove circostanziali. Nel caso specifico, la stretta sequenza temporale tra il licenziamento, la richiesta di moduli all'assicurazione e l'invio di una lettera raccomandata è stata ritenuta sufficiente per provare la denuncia del sinistro, ordinando la manleva assicurativa a favore dei mutuatari e invertendo l'onere della prova a carico della compagnia.
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Dichiarazione del terzo: opposizione senza rettifica
La Corte di Cassazione ha chiarito che se la dichiarazione del terzo in un pignoramento è chiara e negativa, ma viene erroneamente interpretata dal giudice, il terzo può proporre opposizione agli atti esecutivi senza dover prima rettificare la dichiarazione. Il caso riguardava una società di gestione del risparmio che aveva specificato che dei fondi appartenevano a un soggetto diverso dal debitore. Il giudice aveva comunque ordinato la vendita, ma la sua ordinanza è stata legittimamente revocata in seguito all'opposizione.
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Fondo patrimoniale: inefficace se lede il creditore
La Cassazione conferma l'inefficacia di un fondo patrimoniale costituito in danno dei creditori. Rigettate le eccezioni sulla successione nel credito, sull'abuso del processo e sulla nullità della fideiussione per clausole ABI. L'azione revocatoria è uno strumento valido per tutelare la garanzia patrimoniale del creditore.
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Pagamento assegni conto scoperto: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di una banca che aveva pagato degli assegni di una società dopo la sua dichiarazione di fallimento, nonostante il conto corrente fosse scoperto. I giudici di merito avevano ritenuto che la banca, tollerando lo scoperto, avesse di fatto concesso una linea di credito, rendendo le somme disponibili per la società fallita e quindi ripetibili dalla curatela. La Cassazione ha ribaltato questa decisione, stabilendo che il pagamento assegni conto scoperto non prova l'esistenza di un contratto di apertura di credito, che richiede la forma scritta. Inoltre, la dichiarazione di fallimento scioglie automaticamente il contratto di conto corrente, impedendo qualsiasi operazione successiva con fondi del fallito. I pagamenti sono stati quindi effettuati con mezzi propri della banca e non possono essere chiesti in restituzione dalla curatela fallimentare.
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Ricorso in Cassazione: inammissibile se oscuro
Una società di trasporti ha intentato causa contro un istituto di credito per presunte irregolarità su conti correnti. Dopo una parziale riforma in appello, la società ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile a causa della sua esposizione confusa e disorganica, che impediva di comprendere le censure mosse alla sentenza impugnata. Questa decisione sottolinea l'importanza cruciale della chiarezza e della sinteticità nella redazione di un ricorso in Cassazione.
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Principio di non contestazione: limiti e applicazione
Un istituto di credito si opponeva alla parziale ammissione del proprio credito nello stato passivo di una società fallita. Il Tribunale rigettava l'opposizione, ritenendo generiche le contestazioni della banca. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, chiarendo che il principio di non contestazione si applica solo ai fatti storici e non alle questioni giuridiche o alle valutazioni tecniche, che il giudice ha sempre il dovere di esaminare nel merito.
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Data certa fallimento: obbligo di contraddittorio
Una società finanziaria si opponeva all'esclusione di un credito dallo stato passivo di un fallimento. Il Tribunale rigettava la domanda rilevando d'ufficio la mancanza di data certa dei documenti prodotti. La Corte di Cassazione ha stabilito che, sebbene il giudice possa sollevare d'ufficio la questione della data certa nel fallimento, ha l'obbligo di sottoporla preventivamente alle parti per garantire il diritto di difesa. Di conseguenza, ha annullato la decisione e rinviato il caso per un nuovo esame.
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Decadenza beneficio termine: la rinuncia della banca
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni debitori che sostenevano l'estinzione del loro debito per prescrizione. I debitori ritenevano che il termine di prescrizione fosse iniziato a decorrere da una diffida del 2000 con cui la banca chiedeva il pagamento dell'intero importo residuo, invocando la decadenza dal beneficio del termine. Tuttavia, i giudici di merito prima, e la Cassazione poi, hanno stabilito che il comportamento successivo della banca (accettazione di pagamenti, riavvio del piano di ammortamento) costituiva una rinuncia implicita a tale decadenza. La valutazione di questo comportamento è una questione di fatto non sindacabile in sede di legittimità.
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Clausola penale leasing: il ricorso è inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società utilizzatrice in un caso di leasing immobiliare. La controversia verteva sull'applicabilità dell'art. 1526 c.c. e sulla validità di una clausola penale leasing. La Suprema Corte ha rigettato i motivi del ricorso per vizi procedurali, tra cui la genericità delle censure e il difetto di autosufficienza, poiché i ricorrenti non avevano riprodotto i passaggi chiave degli atti di appello né il testo della clausola contestata.
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Pegno su strumenti finanziari: la garanzia prosegue?
Un cliente ha contestato l'utilizzo da parte di una banca dei proventi derivanti da strumenti finanziari dati in pegno per coprire il debito di una società terza. Il cliente sosteneva che le somme fossero state accreditate su un suo conto personale e quindi non più soggette a vincolo. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi precedenti. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso si basavano su una ricostruzione dei fatti diversa da quella accertata in giudizio, secondo cui le somme non erano mai entrate nella piena disponibilità del cliente. È stata quindi ribadita l'inammissibilità di un ricorso che contesta l'accertamento fattuale del giudice di merito.
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Fideiussione in bianco: la firma non basta, è nulla
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 7891/2024, ha stabilito l'invalidità di una fideiussione in bianco, ossia firmata senza l'indicazione dell'importo massimo garantito. Il caso riguardava due garanti che avevano firmato un modulo per una banca, credendo di garantire un importo limitato, mentre l'istituto di credito lo aveva poi compilato per una somma molto superiore. La Corte ha cassato la sentenza d'appello, affermando che la mancanza dell'importo massimo al momento della firma viola l'art. 1938 c.c. e che il comportamento della banca è contrario al principio di buona fede, non potendo un accordo verbale sanare tale nullità.
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Leasing traslativo: no a domande nuove in appello
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 7893/2024, ha confermato la decisione di merito che applicava l'art. 1526 c.c. a un contratto di leasing traslativo risolto per inadempimento. La Corte ha stabilito che la società concedente non può introdurre per la prima volta in appello una domanda di risarcimento del danno o un'eccezione basata su una clausola penale, se in primo grado si era limitata a chiedere la restituzione del bene, riservandosi di agire per i danni in separata sede. Tali richieste costituiscono domande ed eccezioni nuove, inammissibili ai sensi dell'art. 345 c.p.c.
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