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Giurisprudenza Civile

Scientia decoctionis: prova e oneri della curatela
Una curatela fallimentare ha agito contro un istituto di credito per la revoca di alcune rimesse bancarie, sostenendo che la banca fosse a conoscenza dello stato di insolvenza dell'impresa (la cosiddetta scientia decoctionis). La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei gradi precedenti, ha respinto le pretese della curatela. Ha stabilito che gli elementi portati a sostegno della domanda (dati di bilancio, segnalazioni in Centrale Rischi e una successiva domanda di concordato) non costituivano una prova sufficiente e concorde della conoscenza effettiva dell'insolvenza da parte della banca. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile in quanto mirava a un riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità.
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Pegno irregolare: quando è revocabile in fallimento?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una banca contro la revoca di pagamenti ricevuti da una società poi fallita. I pagamenti, eseguiti tramite un libretto di deposito in pegno, sono stati ritenuti inefficaci. Il punto centrale era la qualificazione del pegno: la Corte ha confermato che non si trattava di un pegno irregolare, poiché la facoltà della banca di disporre delle somme era condizionata all'inadempimento del debitore. Essendo un pegno regolare e data la provata conoscenza dello stato di insolvenza da parte della banca, l'azione revocatoria è stata accolta.
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Scientia decoctionis: prova e indizi bancari
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione d'appello che riteneva un istituto di credito a conoscenza dello stato di insolvenza (scientia decoctionis) di una società cooperativa. La prova è stata raggiunta tramite una serie di indizi, tra cui le segnalazioni in Centrale Rischi, l'andamento anomalo dei conti correnti e il mancato incasso di effetti. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della banca, ribadendo che la valutazione di tali elementi indiziari costituisce un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se logicamente motivato. Di conseguenza, è stata confermata la revoca dei pagamenti effettuati dalla società a favore della banca per oltre un milione di euro.
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Diritto di regresso TARI: la Cassazione decide
Un soggetto che paga l'intera TARI per un immobile co-occupato ha diritto di chiedere il rimborso della quota all'altro occupante. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 30167/2025, ha confermato il diritto di regresso TARI, respingendo il ricorso di un co-obbligato che contestava la propria legittimazione passiva. La Corte ha stabilito che la detenzione di fatto dell'immobile è sufficiente a creare l'obbligazione solidale, legittimando l'azione di regresso di chi ha saldato l'intero debito tributario.
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Revocatoria pagamenti terzo: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una procedura fallimentare che chiedeva la revocatoria di alcuni pagamenti eseguiti in favore di una banca. Il punto centrale della decisione riguarda la natura di tali versamenti: non provenivano dalla società fallita, ma da terzi debitori in virtù di una precedente cessione di credito. La Corte ha stabilito che, in questi casi, l'atto potenzialmente revocabile è la cessione del credito stessa, non i singoli pagamenti successivi. Poiché il ricorso non ha contestato la 'ratio decidendi' della sentenza d'appello su questo specifico punto, è stato giudicato inammissibile per carenza di critica specifica.
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Rimesse solutorie: la revoca su conti collegati
La Corte di Cassazione ha stabilito che i versamenti effettuati su un 'conto anticipi' tecnico, funzionalmente collegato a un conto corrente ordinario, costituiscono rimesse solutorie revocabili ai sensi della legge fallimentare. La Corte ha chiarito che, ai fini della revocatoria, non rileva la forma contabile ma l'effetto sostanziale di riduzione dell'esposizione debitoria complessiva dell'impresa nei confronti della banca. L'analisi deve considerare i rapporti bancari in modo aggregato, riconoscendo il nesso inscindibile tra i conti.
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Impugnazione estratto di ruolo: limiti e condizioni
Un contribuente ha impugnato un estratto di ruolo per contributi previdenziali prescritti. La Corte di Cassazione, applicando una nuova normativa (art. 12, comma 4-bis, d.P.R. 602/1973), ha respinto il ricorso. La Corte ha stabilito che l'impugnazione dell'estratto di ruolo è inammissibile se il ricorrente non dimostra un pregiudizio specifico e attuale, come previsto tassativamente dalla legge, confermando un orientamento restrittivo.
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Valore probatorio verbale INPS: Cassazione chiarisce
Una società contesta un accertamento per contributi non versati. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, chiarendo il valore probatorio del verbale INPS. Si afferma che il verbale ha fede privilegiata solo per i fatti attestati in presenza del funzionario, mentre le altre circostanze sono liberamente valutabili dal giudice insieme alle altre prove. La Corte sottolinea anche l'importanza del principio di autosufficienza del ricorso, che deve essere specifico e non generico.
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Verbale ispettivo: valore probatorio e limiti
Una società logistica contesta una richiesta di contributi basata su un verbale ispettivo. La Cassazione respinge il ricorso, specificando il valore probatorio del verbale ispettivo: esso costituisce piena prova solo per i fatti attestati direttamente dall'ispettore, mentre le altre informazioni sono liberamente valutabili dal giudice insieme a tutte le altre prove. La decisione della Corte d'Appello è stata confermata perché fondata su una pluralità di elementi convergenti.
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Contratto di agenzia: preavviso non prova stabilità
Un ente previdenziale ha richiesto il pagamento di contributi a un'azienda, sostenendo l'esistenza di un rapporto di agenzia. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'Appello, rigettando il ricorso. Il punto chiave è la distinzione tra contratto di agenzia e procacciamento d'affari: la Suprema Corte ha chiarito che la semplice previsione di un preavviso per il recesso non è sufficiente a dimostrare la 'stabilità' del rapporto, elemento essenziale per configurare un contratto di agenzia.
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Rinuncia agli atti: quando non si pagano le spese legali
La Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale in tema di rinuncia agli atti del giudizio. Con una recente ordinanza, ha chiarito che se la rinuncia avviene prima che la controparte si sia formalmente costituita in giudizio, il rinunciante non può essere condannato al pagamento delle spese legali. La Corte ha annullato la decisione di merito che aveva erroneamente addebitato i costi a una parte appellante, la cui rinuncia aveva di fatto estinto il processo prima che le controparti, prive di un reale interesse alla prosecuzione, formalizzassero la loro partecipazione.
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Prescrizione medici specializzandi: Cassazione conferma
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un gruppo di medici specializzandi che chiedevano un risarcimento per la mancata remunerazione durante i loro corsi di specializzazione anteriori al 1991. Il caso verteva sulla questione della prescrizione medici specializzandi. La Corte ha ribadito il suo consolidato orientamento secondo cui il termine di prescrizione decennale per agire in giudizio è iniziato a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore della L. n. 370/1999. Secondo i giudici, tale legge ha reso definitiva la consapevolezza dell'inadempimento dello Stato, cristallizzando il diritto al risarcimento e facendo partire il conteggio della prescrizione.
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Prescrizione medici specializzandi: la data decisiva
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un gruppo di medici specializzandi che chiedevano un risarcimento per la mancata retribuzione durante la loro formazione, a causa della tardiva attuazione di direttive europee. La Corte ha confermato il suo orientamento consolidato sulla prescrizione medici specializzandi, stabilendo che il termine decennale per agire in giudizio decorre irrevocabilmente dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore della Legge n. 370/1999. Questa legge, sanando solo parzialmente l'inadempimento dello Stato, ha reso certa e definitiva la lesione del diritto per tutti gli altri medici, facendo scattare il 'dies a quo' della prescrizione.
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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali
Un gruppo di medici specializzandi ha proposto ricorso in Cassazione dopo aver visto respinte le proprie richieste di risarcimento per la mancata attuazione di direttive europee. Prima della decisione, i medici hanno effettuato una rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, con ordinanza, ha dichiarato l'estinzione del giudizio. Ha inoltre disposto la compensazione parziale (per tre quarti) delle spese legali, condannando i ricorrenti al pagamento della parte residua, motivando la decisione con la tardività della rinuncia e l'infondatezza del ricorso originario.
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Prescrizione medici specializzandi: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un gruppo di medici, confermando la prescrizione del loro diritto al risarcimento per la mancata remunerazione durante la specializzazione. La Corte ha ribadito che il termine di prescrizione per i medici specializzandi decorre dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore della Legge n. 370/1999, momento in cui l'inadempimento dello Stato è divenuto definitivo.
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Risarcimento medici specializzandi: prescrizione e dies a quo
Un gruppo di medici ha richiesto il risarcimento per la mancata retribuzione durante la specializzazione, a causa della tardiva attuazione di direttive UE. La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando la consolidata giurisprudenza secondo cui il diritto al risarcimento medici specializzandi si prescrive in dieci anni a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore della L. 370/1999. La Corte ha ritenuto irrilevanti le incertezze giurisprudenziali addotte dai ricorrenti.
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Regolamento competenza: quando è inammissibile?
Un avvocato ha proposto un regolamento di competenza contro due ordinanze istruttorie di un tribunale. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, poiché le ordinanze non contenevano alcuna decisione sulla competenza. A causa del palese errore procedurale, considerato un abuso del processo, il ricorrente è stato condannato a pesanti sanzioni pecuniarie, inclusa una condanna per lite temeraria ai sensi dell'art. 96 c.p.c.
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Prescrizione medici specializzandi: la Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 30154/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un gruppo di medici. Il caso riguarda la richiesta di risarcimento per la mancata retribuzione durante la specializzazione, a causa della tardiva attuazione di direttive europee. La Corte ha ribadito il suo consolidato orientamento sulla prescrizione medici specializzandi, confermando che il termine decennale per agire in giudizio decorre dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore della legge n. 370/1999. Di conseguenza, le azioni intentate successivamente sono state considerate tardive e prescritte.
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Controcredito contestato: quando è inammissibile
Una società condannata a pagare canoni di locazione si opponeva eccependo un controcredito. La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, confermando che un controcredito contestato e già oggetto di un altro giudizio non può essere utilizzato in compensazione, data la sua incertezza. L'ordinanza sottolinea anche i rigorosi oneri processuali per denunciare l'omessa pronuncia del giudice d'appello.
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Rinuncia ricorso incidentale: niente sanzioni
Una società, dopo aver presentato un controricorso e un ricorso incidentale, vi rinuncia formalmente. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 30151/2025, dichiara estinto il giudizio. La decisione chiarisce che la rinuncia al ricorso incidentale non comporta il raddoppio del contributo unificato, poiché tale sanzione è prevista solo per i casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità e non può essere applicata per analogia.
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