La Corte di Cassazione ha stabilito che, in una situazione di vuoto normativo, il compenso dell'amministratore giudiziario deve essere determinato tramite una valutazione equitativa concreta e non applicando meccanicamente tariffe professionali abrogate. Il caso riguardava la liquidazione dei compensi per due professionisti che avevano gestito un ingente patrimonio sequestrato. Il Tribunale, pur riconoscendo la necessità di una valutazione equitativa, aveva di fatto utilizzato una tariffa non più in vigore. La Suprema Corte ha annullato questa decisione, ribadendo che il giudice deve basare la sua valutazione su elementi specifici come la complessità dell'incarico, i risultati ottenuti e la natura pubblicistica dell'attività, fornendo una motivazione dettagliata.
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