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Procedura Penale

Sequestro preventivo non convalidato: Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero contro l'ordinanza di non convalida di un sequestro preventivo d'urgenza. La decisione si fonda sul principio di tassatività dei mezzi di impugnazione: il provvedimento di non convalida non rientra tra quelli per cui la legge prevede espressamente la possibilità di appello o ricorso, anche se il giudice ha contestualmente emesso un nuovo sequestro.
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Retrodatazione misura cautelare: quando si applica?
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato che chiedeva la retrodatazione di una misura cautelare per associazione a delinquere. La richiesta mirava a far coincidere la decorrenza della seconda misura con quella di una precedente, emessa per spaccio di stupefacenti. La Corte ha stabilito che la retrodatazione misura cautelare è ammissibile solo se gli elementi del secondo reato erano già desumibili dagli atti del primo procedimento al momento dell'emissione della prima ordinanza, condizione non soddisfatta nel caso di specie.
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Effetto estensivo impugnazione e sequestro preventivo
La Corte di Cassazione chiarisce l'applicazione del principio dell'effetto estensivo dell'impugnazione in materia di misure cautelari reali. Una dichiarazione di incompetenza territoriale, ottenuta da alcuni coindagati, ha determinato l'inefficacia del sequestro preventivo anche nei confronti di un'altra indagata che non aveva proposto ricorso, poiché il giudice competente non ha rinnovato la misura entro i termini di legge. La sentenza annulla quindi l'ordinanza che aveva respinto la richiesta di revoca del sequestro.
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Elezione di domicilio appello: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30668 del 2024, ha confermato l'inammissibilità di un ricorso per la mancata elezione di domicilio appello. La Corte ha stabilito che, ai sensi dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., la dichiarazione o elezione di domicilio deve essere depositata contestualmente all'atto di impugnazione, anche per l'imputato non giudicato in assenza. Questa formalità è ritenuta essenziale per garantire la certezza delle notificazioni nel giudizio di secondo grado.
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Periculum in mora: quando il sequestro è legittimo
La Corte di Cassazione conferma un sequestro preventivo per reati fiscali, chiarendo i criteri per valutare il periculum in mora. La decisione si basa sul comportamento fraudolento reiterato dell'indagato e sulla natura dei beni, ritenendo irrilevante la mancata dispersione degli stessi dopo l'inizio delle indagini.
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Rinuncia ricorso cassazione: niente spese processuali
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un appello contro un sequestro preventivo a seguito della rinuncia al ricorso da parte dell'indagato. La rinuncia è stata motivata da un dissequestro parziale, che ha fatto venir meno l'interesse a proseguire. La Corte ha stabilito che, in questi casi di rinuncia al ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, il ricorrente non deve essere condannato al pagamento delle spese processuali né di sanzioni pecuniarie.
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Importazione stupefacenti: quando è reato consumato?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30657/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga. Il caso riguardava un'ingente importazione stupefacenti dal Sudamerica, occultati in moto d'acqua. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il reato di importazione si considera consumato nel momento in cui viene raggiunto l'accordo tra le parti sulla sostanza (quantità, qualità e prezzo), a prescindere dalla successiva consegna fisica della merce, che era stata sequestrata all'estero prima di arrivare in Italia.
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Esigenze cautelari: fuga e pericolosità sociale
La Corte di Cassazione ha confermato la custodia cautelare in carcere per un individuo accusato di traffico di stupefacenti, ritenendo ancora valide le esigenze cautelari. La decisione si fonda sul persistente pericolo di fuga e di recidiva, aggravato dal fatto che l'indagato si era reso irreperibile all'estero, impedendo l'esecuzione della misura. Il tempo trascorso non è stato considerato un fattore attenuante in assenza di detenzione effettiva.
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Connivenza non punibile: coabitazione e droga
La Corte di Cassazione annulla una condanna per detenzione di stupefacenti, chiarendo la differenza tra concorso di persone nel reato e la mera connivenza non punibile. La sentenza sottolinea che la semplice coabitazione e la conoscenza dell'attività illecita di un familiare non sono sufficienti per affermare una responsabilità penale, essendo necessario un contributo causale, anche minimo, alla commissione del reato. Il caso riguardava una donna condannata perché la sorella, ospite da pochi giorni, aveva gettato droga e un bilancino dal terrazzo dell'appartamento.
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Connivenza non punibile: coabitare non è reato
La Corte di Cassazione annulla una condanna per detenzione di stupefacenti, stabilendo che la semplice coabitazione con chi detiene droga non basta a configurare il concorso nel reato. È necessaria una condotta attiva che agevoli il crimine, distinguendo la complicità dalla connivenza non punibile.
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Fatto di lieve entità: quando non si applica
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per spaccio, negando l'applicazione del fatto di lieve entità. La decisione si basa su una valutazione complessiva che include la notevole quantità e varietà di droghe sequestrate e la persistenza della condotta illecita, anche durante la detenzione domiciliare. La Corte ha inoltre chiarito che l'omessa valutazione delle conclusioni difensive scritte non invalida la sentenza se queste non presentano argomenti nuovi rispetto all'appello.
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Narcotest sufficiente per la condanna per spaccio
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per spaccio di sostanze stupefacenti nei confronti di un soggetto trovato in possesso di 94,4 grammi di hashish. La Corte ha stabilito che, ai fini della condanna, il narcotest è una prova sufficiente per accertare la natura della sostanza, non essendo necessaria una perizia tossicologica per determinare il principio attivo quando altri elementi, come la quantità, le modalità di occultamento e il comportamento dell'imputato, indicano chiaramente la destinazione allo spaccio.
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Carenza di interesse: istanza inammissibile
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un'istanza di modifica di una misura cautelare per sopravvenuta carenza di interesse. La decisione scaturisce dal fatto che, nel frattempo, un'altra sentenza ha annullato le condizioni per l'estradizione del richiedente e ha revocato integralmente la misura cautelare stessa, rendendo di fatto inutile una pronuncia sulla richiesta di modifica.
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Inutilizzabilità atti d’indagine: Cassazione annulla
La Corte di Cassazione ha annullato un'ordinanza di sequestro preventivo, stabilendo un principio fondamentale sull'inutilizzabilità degli atti d'indagine. La Corte ha chiarito che l'eccezione di inutilizzabilità di atti acquisiti oltre i termini di legge può essere sollevata in ogni nuovo e autonomo procedimento cautelare, anche se non era stata sollevata in un precedente procedimento, poi annullato. La decisione sottolinea che ogni provvedimento cautelare apre una nuova fase in cui le difese possono essere pienamente esercitate.
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Revocazione della confisca: competenza e legittimità
La Corte di Cassazione esamina un caso di revocazione della confisca. Vengono dichiarati inammissibili i ricorsi del soggetto principale (deceduto) e della moglie (per difetto di procura speciale). Viene invece accolto il ricorso della figlia, annullando la decisione precedente per un errore sulla competenza del giudice, e rinviando gli atti al Tribunale corretto. La sentenza chiarisce le regole procedurali e di competenza applicabili ai procedimenti iniziati prima del Codice Antimafia.
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Imputato detenuto appello: no elezione domicilio
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30636/2024, ha stabilito che l'obbligo di depositare la dichiarazione o elezione di domicilio al momento dell'impugnazione non si applica all'imputato detenuto. La Corte ha annullato l'ordinanza di inammissibilità di una Corte d'Appello, affermando che per un imputato detenuto, anche per altra causa, le notifiche devono essere eseguite personalmente nel luogo di detenzione. Pertanto, l'elezione di domicilio è un adempimento superfluo che viola il diritto di accesso alla giustizia.
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Appello imputato detenuto: domicilio non richiesto
Un imputato, detenuto per altre ragioni, ha visto il suo appello dichiarato inammissibile per non aver eletto domicilio. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che per un appello di un imputato detenuto, la notifica deve avvenire in carcere. Pertanto, l'elezione di domicilio diventa una formalità superflua che viola il diritto alla giustizia.
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Imputato detenuto: appello valido senza elezione domicilio
Con la sentenza n. 30634/2024, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale per l'imputato detenuto. Un appello non può essere dichiarato inammissibile se l'imputato, detenuto anche per altra causa, non deposita la dichiarazione o elezione di domicilio. La Corte ha chiarito che tale onere, previsto dall'art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen., non si applica ai detenuti, poiché questi sono domiciliati per legge presso l'istituto di pena, dove devono ricevere tutte le notifiche. La decisione annulla l'ordinanza della Corte di Appello di Milano, riaffermando il diritto a un effettivo accesso alla giustizia.
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Confisca allargata: annullato sequestro per motivazione
La Corte di Cassazione ha annullato un'ordinanza di sequestro preventivo finalizzato alla confisca allargata, disposto sui beni della moglie di un indagato. La Suprema Corte ha ritenuto la motivazione del provvedimento meramente apparente e viziata da un'inversione dell'onere della prova. È stato ribadito che spetta all'accusa dimostrare, con elementi concreti, l'intestazione fittizia dei beni a terzi e non è sufficiente basarsi sulla sproporzione reddituale del terzo o sul rapporto di parentela con l'indagato. Inoltre, mancava una motivazione adeguata sulla proporzionalità della misura e sul periculum in mora, ovvero il rischio concreto di dispersione dei beni.
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Divieto uso cellulare: annullata misura di prevenzione
La Corte di Cassazione ha analizzato il caso di un individuo sottoposto a sorveglianza speciale, a cui era stato imposto anche il divieto di usare cellulari e smartphone. Pur confermando la pericolosità sociale del soggetto, la Corte ha annullato il divieto uso cellulare, giudicandolo una misura sproporzionata e non adeguatamente motivata in relazione alla natura dei reati contestati. La sentenza sottolinea che tale divieto comprime la libertà di comunicazione e deve essere giustificato da specifiche esigenze, non da generici richiami ad altre tipologie di reato.
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