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Giurisprudenza Tributaria

Saldo di cassa negativo: prova di ricavi in nero
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 25750/2024, ha stabilito che un saldo di cassa negativo costituisce una presunzione legale di ricavi non contabilizzati. Di conseguenza, l'onere di provare che le somme utilizzate per coprire le spese non derivano da attività imponibili si sposta sul contribuente. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva erroneamente attribuito all'Agenzia delle Entrate l'onere di fornire ulteriori prove oltre alla conclamata anomalia contabile.
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Tassazione previdenza integrativa: la riliquidazione
Un contribuente ha richiesto il rimborso dell'Irpef versata su una prestazione di previdenza integrativa, contestando la riliquidazione dell'imposta da parte dell'Agenzia delle Entrate. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che per i cosiddetti "vecchi iscritti" a fondi pensione, la cui posizione è cessata prima del 1° gennaio 2007, si applica il regime di tassazione della previdenza integrativa vigente al momento della maturazione dei montanti (ante 2007) e non le normative successive. La riliquidazione è stata quindi ritenuta un atto legittimo.
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Accertamento induttivo: quando è legittimo?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 25744/2024, ha confermato la legittimità di un accertamento induttivo a carico di una società la cui contabilità è stata ritenuta gravemente inattendibile. La Corte ha chiarito che l'assenza di liste inventariali e altre anomalie documentali giustificano il ricorso a presunzioni per la ricostruzione dei ricavi. Tuttavia, ha accolto il motivo relativo alle sanzioni, stabilendo l'applicazione retroattiva della normativa più favorevole (principio del favor rei) sopravvenuta in corso di causa.
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Rinuncia al ricorso: niente doppio contributo unificato
Una contribuente, dopo aver ricevuto un avviso di accertamento per somme percepite dall'ex-coniuge, ha impugnato la decisione fino in Cassazione. Successivamente, ha presentato una rinuncia al ricorso. La Corte ha dichiarato estinto il giudizio, compensando le spese e chiarendo che in caso di rinuncia al ricorso non è dovuto il raddoppio del contributo unificato, in quanto misura sanzionatoria non applicabile estensivamente.
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Onere della prova titolarità: chi deve dimostrarlo?
Una società concessionaria autostradale ha impugnato degli avvisi di accertamento per il pagamento di un canone di occupazione di suolo pubblico (COSAP) relativo a un sovrappasso. In corso di causa, la società ha contestato la proprietà della strada da parte del Comune. La Corte di Cassazione, ribaltando le decisioni dei gradi inferiori, ha stabilito che l'onere della prova titolarità del bene spetta all'ente impositore (il Comune) e che la contestazione di tale titolarità costituisce una mera difesa, non soggetta a preclusioni temporali, in quanto attiene al merito della pretesa.
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Raddoppio dei termini: quando si applica al socio?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 25726/2024, ha stabilito che il raddoppio dei termini per l'accertamento fiscale si applica anche al socio di una società di persone quando emergono fatti che comportano l'obbligo di denuncia penale a carico della società, indipendentemente dall'effettiva presentazione della denuncia. La Corte ha inoltre precisato che non sussiste litisconsorzio necessario quando il socio solleva eccezioni di carattere personale, come la decadenza dei termini.
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Definizione agevolata: come estingue il processo
La Corte di Cassazione dichiara estinto un processo tributario a seguito della richiesta di definizione agevolata da parte di un contribuente. Il caso riguardava un accertamento per maggiori utili extracontabili di una S.r.l. imputati al socio. L'adesione alla procedura e il pagamento della prima rata hanno comportato la cessazione della materia del contendere, chiudendo definitivamente la lite con il Fisco.
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Saldo di cassa negativo: la Cassazione fa chiarezza
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 25676/2024, ha stabilito che la presenza di un saldo di cassa negativo in contabilità costituisce una presunzione di ricavi non dichiarati. Tale anomalia inverte l'onere della prova, ponendo a carico del contribuente il compito di dimostrare la provenienza delle somme utilizzate per coprire le spese eccedenti gli introiti registrati. La Corte ha inoltre annullato la sentenza di merito per motivazione apparente riguardo la deducibilità di alcuni costi.
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Tassazione rifiuti speciali: la Cassazione decide
Una società operante nel settore del commercio all'ingrosso ha contestato gli avvisi di accertamento per la tassa rifiuti (TARES e TARI) emessi da un Comune, sostenendo il proprio diritto all'esenzione per le aree in cui vengono prodotti e gestiti autonomamente rifiuti speciali, in particolare imballaggi terziari. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della società, ha stabilito che la commissione tributaria regionale aveva errato nel non distinguere adeguatamente la natura dei rifiuti. La Suprema Corte ha chiarito che per le superfici dove si producono in via prevalente e continuativa rifiuti speciali, come gli imballaggi terziari non assimilabili agli urbani, l'azienda ha diritto all'esclusione dalla componente variabile della tassa, a condizione di provare l'avvio a recupero o smaltimento autonomo. La sentenza è stata cassata con rinvio per una nuova valutazione basata sui corretti principi in materia di tassazione rifiuti speciali.
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Rendita catastale retroattiva: no per l’ICI 2010
La Corte di Cassazione ha stabilito che per il calcolo dell'ICI di un anno d'imposta non si può utilizzare una rendita catastale attribuita e notificata solo in anni successivi. In assenza di una rendita iscritta in catasto, per gli immobili di categoria D posseduti da imprese, si deve applicare il criterio del valore contabile. La Corte ha rigettato il ricorso di un Comune che pretendeva una rendita catastale retroattiva per un'area demaniale in concessione, la cui registrazione catastale era avvenuta anni dopo il periodo d'imposta contestato.
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Tassazione redditi IPAB: la Cassazione conferma
Un'istituzione pubblica di assistenza e beneficenza (IPAB) ha contestato la tassazione dei redditi derivanti dai suoi immobili. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che la tassazione redditi IPAB provenienti da immobili non strettamente strumentali all'attività caritatevole è legittima, anche se i proventi sono interamente destinati a scopi benefici. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato, distinguendo tra l'attività istituzionale esente e la produzione di reddito fondiario, che rimane soggetto a imposta.
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Nullità notifica atto: quando è sanata dal ricorso?
Una contribuente contesta un avviso di accertamento per plusvalenza immobiliare, eccependo la nullità della notifica. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: se il destinatario impugna l'atto nel merito, qualsiasi vizio di notifica si considera sanato per raggiungimento dello scopo. La Corte ha chiarito che tale vizio non integra una "inesistenza" giuridica, ma una mera "nullità", superabile dimostrando di aver potuto esercitare il proprio diritto di difesa. Respinte anche le censure su una presunta motivazione apparente e sulla richiesta di riesame dei fatti, preclusa in sede di legittimità.
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Credito d’imposta inesistente: la Cassazione decide
Una società si è vista contestare un credito d'imposta per R&S, maturato nel 2007 e utilizzato nel 2009. L'Amministrazione Finanziaria lo ha qualificato come credito d'imposta inesistente a causa di una normativa successiva (del 2008) che introduceva un'autorizzazione preventiva. La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso dell'azienda, cassando la sentenza precedente per omessa pronuncia sulla motivazione dell'atto e sull'applicazione delle sanzioni. Pur confermando la legittimità della legge retroattiva, la Corte ha sottolineato la necessità di distinguere correttamente tra credito inesistente e credito non spettante ai fini sanzionatori, rinviando il caso a un nuovo esame.
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Robin Hood Tax: no rimborsi per il passato. Cassazione
Una società operante nel settore energetico ha richiesto il rimborso della cosiddetta Robin Hood Tax versata per gli anni 2009 e 2010, a seguito della dichiarazione di incostituzionalità del tributo. La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. La Corte ha stabilito che la dichiarazione di incostituzionalità della norma (sentenza Corte Cost. n. 10/2015) produce effetti solo per il futuro, ovvero dal giorno successivo alla sua pubblicazione. Di conseguenza, non è possibile ottenere il rimborso per i periodi d'imposta antecedenti al 12 febbraio 2015, poiché l'obbligazione tributaria sorta in quegli anni resta valida. La decisione si fonda sulla scelta della Corte Costituzionale di bilanciare i principi in gioco, tutelando l'equilibrio del bilancio statale.
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Tassazione Enti Caritatevoli: redditi da immobili
Un'istituzione pubblica di assistenza e beneficenza (IPAB) ha ricevuto una cartella esattoriale per non aver dichiarato i redditi derivanti dai suoi immobili. L'ente sosteneva di essere esente da imposte data la sua finalità caritatevole. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la tassazione enti caritatevoli si applica ai redditi immobiliari non direttamente strumentali all'attività istituzionale. La Corte ha chiarito che la locazione di immobili costituisce un'attività che genera reddito fondiario imponibile, anche se i proventi vengono reinvestiti nella missione dell'ente.
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Robin Hood Tax: nessun rimborso per il passato
Una società del settore energetico ha richiesto il rimborso della cosiddetta Robin Hood Tax per gli anni 2011-2014, a seguito della dichiarazione di incostituzionalità della norma da parte della Corte Costituzionale. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che gli effetti della sentenza di incostituzionalità non sono retroattivi. La decisione mira a salvaguardare gli equilibri di bilancio dello Stato, stabilendo che la norma illegittima cessa di avere efficacia solo per i periodi d'imposta successivi al 12 febbraio 2015.
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Imposta di registro: ricalcolo e sanzioni in giudizio
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 25641/2024, ha stabilito un importante principio in materia di imposta di registro. Anche se l'importo richiesto dall'Agenzia delle Entrate viene ridotto in giudizio a seguito di una sentenza civile che modifica la base imponibile, l'atto impositivo originale non deve essere annullato. Il giudice tributario ha il potere di rideterminare la corretta imposta dovuta e le relative sanzioni sul nuovo importo. Nel caso specifico, l'imposta era stata ridotta da circa 76.000 euro a 44.000 euro, ma il ricorso del contribuente per l'annullamento totale è stato respinto.
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Impugnazione estratto di ruolo: quando è ammissibile?
Un contribuente avvia un'azione legale dopo aver scoperto un debito tramite un estratto di ruolo, sostenendo la prescrizione del credito per mancata notifica della cartella di pagamento. La Corte di Cassazione, applicando una nuova normativa (ius superveniens), dichiara l'azione inammissibile. La Corte stabilisce che la semplice conoscenza del debito tramite l'impugnazione estratto di ruolo non è sufficiente a fondare un interesse ad agire. È necessario un pregiudizio specifico e concreto per il contribuente, che giustifichi un'azione giudiziaria 'anticipata'. Di conseguenza, la Corte cassa le precedenti sentenze senza rinvio, chiudendo il caso.
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Rimborso Robin tax: la Cassazione nega la retroattività
Una società del settore energetico ha richiesto il rimborso della cosiddetta Robin tax per gli anni d'imposta dal 2011 al 2014, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale che l'aveva dichiarata illegittima. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25637/2024, ha respinto il ricorso, confermando che la dichiarazione di incostituzionalità ha efficacia solo per il futuro (dal 12 febbraio 2015 in poi). Di conseguenza, non è dovuto alcun rimborso Robin tax per i periodi d'imposta precedenti a tale data, in quanto le obbligazioni tributarie sorte in passato restano valide.
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Improcedibilità del ricorso: errore nel deposito
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso presentato da un istituto di credito contro l'Agenzia delle Entrate. La causa dell'improcedibilità è un errore materiale del ricorrente, che ha depositato una sentenza completamente diversa da quella oggetto di impugnazione. La Corte ha stabilito che il deposito della copia autentica della decisione impugnata è un requisito essenziale, la cui mancanza non può essere sanata tardivamente. Di conseguenza, il ricorrente è stato anche condannato per lite temeraria ai sensi dell'art. 96 c.p.c. per aver insistito nella trattazione nonostante la palese inammissibilità.
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