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Giurisprudenza Penale

Prescrizione reato: annullamento per omessa motivazione
La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per evasione. Sebbene il ricorso fosse fondato per la mancata motivazione sulle attenuanti generiche, la Corte ha dichiarato l'estinzione del reato per prescrizione, intervenuta dopo la sentenza di secondo grado. Di conseguenza, la sentenza è stata annullata senza rinvio agli effetti penali, poiché non emergevano elementi per un'assoluzione nel merito.
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Falso giuramento: la motivazione rafforzata in appello
La Corte di Cassazione ha annullato, ai soli fini civili, una sentenza di assoluzione per il reato di falso giuramento. La Corte ha ritenuto che il giudice d'appello avesse fornito una motivazione insufficiente, ignorando prove convergenti e non rispettando l'obbligo di 'motivazione rafforzata' necessario per ribaltare una condanna di primo grado.
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Pene accessorie fisse: la Cassazione e l’art. 317-bis
La Corte di Cassazione si pronuncia su un caso di corruzione, affrontando la questione delle pene accessorie fisse. Un ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la sollevata questione di incostituzionalità della pena accessoria perpetua è stata ritenuta irrilevante nel caso specifico. Per un altro imputato, la Corte ha annullato la condanna per intervenuta prescrizione. La sentenza chiarisce i requisiti di ammissibilità per contestare la costituzionalità delle sanzioni.
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Particolare tenuità del fatto: no se il reato è abituale
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30021/2024, ha stabilito che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere applicata ai reati caratterizzati da condotte reiterate o abituali. Nel caso specifico, l'esercizio abusivo della professione infermieristica per dieci mesi è stato ritenuto un comportamento abituale, strutturalmente incompatibile con il beneficio previsto dall'art. 131-bis c.p., portando all'annullamento con rinvio della sentenza di assoluzione.
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Omessa notifica difensore: Cassazione annulla condanna
Un imputato, condannato per evasione, ha ottenuto l'annullamento della sentenza d'appello. La Cassazione ha accolto il suo ricorso basato sulla omessa notifica difensore di fiducia del decreto di citazione a giudizio. L'errore ha determinato una nullità insanabile del procedimento, portando alla necessità di celebrare un nuovo processo d'appello nel rispetto delle garanzie difensive.
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Concordato in appello: si può revocare il consenso?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in secondo grado, aveva tentato di revocarlo. La decisione si fonda sulla genericità del ricorso, che non ha permesso alla Corte di valutare la rilevanza della questione di costituzionalità sollevata riguardo al concordato in appello. La sentenza evidenzia un contrasto giurisprudenziale sul tema della revocabilità del consenso.
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Perdita di chance e estorsione: la Cassazione decide
Le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione stabiliscono due principi fondamentali: la perdita di una seria e consistente possibilità di ottenere un bene (perdita di chance) costituisce danno patrimoniale ai fini del reato di estorsione. Inoltre, la condotta di chi allontana con minacce un offerente da un'asta pubblica può integrare sia il reato di turbativa d'asta (art. 353 c.p.) sia quello di estorsione (art. 629 c.p.) in concorso formale, qualora sia provato il danno patrimoniale e l'ingiusto profitto. La decisione scaturisce da un caso di interferenza di stampo mafioso in un'asta immobiliare.
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Ricorso personale in Cassazione: la regola del difensore
La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi presentati personalmente da due imputati avverso una sentenza della Corte d'Appello. La decisione si fonda sulla violazione dell'art. 613 c.p.p., che, a seguito della riforma del 2017, impone l'obbligatoria assistenza di un difensore iscritto all'albo speciale per il ricorso personale in Cassazione. Gli imputati sono stati condannati al pagamento delle spese e di un'ammenda.
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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di patteggiamento per rapina aggravata. L'ordinanza chiarisce che il ricorso patteggiamento è consentito solo in casi tassativamente previsti dalla legge, come un errore manifesto nella qualificazione giuridica del reato, e non per una generica contestazione sulla valutazione delle prove o sulla mancata applicazione di cause di proscioglimento. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
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Esigenze cautelari: il tempo trascorso va valutato
La Corte di Cassazione ha annullato un'ordinanza che confermava la custodia cautelare in carcere per un indagato. Il motivo è che il Tribunale del riesame non aveva adeguatamente valutato l'affievolimento delle esigenze cautelari dovuto al notevole tempo trascorso sia dai fatti contestati (risalenti al 2018) sia dall'inizio della detenzione (dal 2022). La Corte ha stabilito che il giudice deve sempre motivare sulla persistenza attuale di tali esigenze, non potendo ignorare il fattore tempo.
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Estorsione aggravata: quando si supera il reato?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi contro una misura cautelare per estorsione aggravata. La sentenza chiarisce che richiedere il doppio di un debito con violenza integra l'estorsione e non l'esercizio arbitrario di un diritto. L'aggravante del metodo mafioso è stata confermata sulla base del contesto intimidatorio e dei legami con un clan. Un'identificazione fotografica è stata ritenuta sufficiente come grave indizio di colpevolezza.
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Morte del reo: la Cassazione annulla la sua decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inesistente una propria precedente ordinanza che aveva reso definitiva una condanna. La ragione risiede nella morte del reo, avvenuta prima della pronuncia di tale ordinanza. Di conseguenza, la Corte ha annullato la condanna d'appello, dichiarando l'estinzione del reato per questo motivo.
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Associazione mafiosa: il controllo su attività illecite
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30009/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un'ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa. La Corte ha stabilito che la natura di un'associazione mafiosa sussiste anche quando il gruppo esercita un potere intimidatorio non verso cittadini onesti, ma verso altri soggetti che svolgono attività illecite (come lo spaccio), costringendoli a versare una parte dei profitti per poter operare. Questo controllo del territorio e la prevaricazione, anche nel mondo criminale, sono elementi caratteristici del reato previsto dall'art. 416-bis c.p.
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Associazione mafiosa: quando gli indizi bastano?
Un imprenditore del settore catering viene accusato di associazione mafiosa e altri reati. La Cassazione conferma la misura cautelare, stabilendo che la partecipazione a un clan può essere provata da indizi come la gestione della 'colletta' per i detenuti e patti elettorali, anche senza collaboratori di giustizia. La Corte ha ritenuto logica la motivazione del Tribunale del riesame, che ha valorizzato le intercettazioni come prova dell'intraneità dell'imprenditore al sodalizio criminale.
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Partecipazione ad associazione mafiosa: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato, confermando la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa. La Corte ha stabilito che anche un contributo minimo, ma costante, come fare da autista al capo cosca e partecipare a incontri, è sufficiente a dimostrare un inserimento stabile nel sodalizio criminale. È stato inoltre ribadito che il solo trascorrere del tempo non basta a superare la presunzione di pericolosità sociale legata a questo tipo di reato.
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Partecipazione associazione mafiosa: prova e indizi
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro l'ordinanza di custodia cautelare per partecipazione ad associazione mafiosa. La Corte ha ribadito che la prova della partecipazione può basarsi su intercettazioni e condotte violente volte al controllo del territorio, che dimostrano un inserimento stabile nel sodalizio. La valutazione di tali elementi spetta al giudice di merito e non può essere ridiscussa in sede di legittimità, se non per manifesta illogicità.
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Associazione mafiosa: quando è un fatto notorio
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un'ordinanza di custodia cautelare per partecipazione ad una associazione mafiosa. La Corte ha stabilito che l'esistenza di una nota organizzazione criminale è un fatto notorio, già accertato da sentenze passate, e che quindi il giudizio doveva concentrarsi solo sulla prova della partecipazione dell'individuo, desunta dai suoi rapporti e dalle sue azioni intimidatorie.
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Misura cautelare: Cassazione su onere della prova
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato contro un'ordinanza di misura cautelare in carcere per traffico di stupefacenti. La Corte ha confermato la validità degli indizi basati su un'intercettazione e ha chiarito che la mancata trasmissione degli atti relativi alle captazioni non invalida automaticamente il provvedimento. È onere della difesa, infatti, sollevare specifiche e tempestive richieste per contestare la legittimità delle intercettazioni. La sentenza ribadisce che la valutazione sulla gravità indiziaria e sull'adeguatezza della misura cautelare è di competenza esclusiva dei giudici di merito, se adeguatamente motivata.
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Confisca allargata: annullato sequestro per vizio
Un soggetto ricorre in Cassazione contro il sequestro preventivo di un'autovettura, finalizzato alla confisca allargata. L'auto era stata acquistata anni prima dei reati contestati (traffico di stupefacenti). La Corte Suprema, pur ritenendo legittimo il sequestro sotto il profilo della sproporzione patrimoniale, lo annulla per un vizio insanabile: la totale assenza di motivazione, nel provvedimento originario, sul 'periculum in mora', ovvero il rischio di dispersione del bene. Un difetto che il Tribunale del riesame non può sanare.
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Associazione mafiosa: la Cassazione sui gravi indizi
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato contro l'ordinanza di custodia cautelare per partecipazione ad un'associazione mafiosa. La difesa contestava la sufficienza degli indizi, basati sulle dichiarazioni di un collaboratore e su intercettazioni. La Corte ha ritenuto gli elementi probatori, inclusa la riscossione di una quota dei profitti illeciti ('punto'), sufficienti a configurare i gravi indizi di colpevolezza richiesti per la misura. È stata inoltre confermata l'operatività della presunzione di adeguatezza della custodia in carcere per il reato di associazione mafiosa.
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