Un individuo, condannato per detenzione e successivamente per porto della medesima arma da fuoco con due sentenze distinte, ha richiesto l'applicazione del principio del ne bis in idem o, in subordine, del reato continuato. La Corte di Cassazione ha respinto la prima richiesta, distinguendo i due reati, ma ha accolto la seconda. La Corte ha stabilito che il giudice dell'esecuzione non può negare il reato continuato con una motivazione superficiale, ma deve condurre un'analisi approfondita di tutti gli indici (contesto, tempo, luogo) che possono rivelare un unico disegno criminoso, annullando la decisione e rinviando per un nuovo esame.
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