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Giurisprudenza Penale

Estorsione aggravata: quando si supera il reato?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi contro una misura cautelare per estorsione aggravata. La sentenza chiarisce che richiedere il doppio di un debito con violenza integra l'estorsione e non l'esercizio arbitrario di un diritto. L'aggravante del metodo mafioso è stata confermata sulla base del contesto intimidatorio e dei legami con un clan. Un'identificazione fotografica è stata ritenuta sufficiente come grave indizio di colpevolezza.
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Morte del reo: la Cassazione annulla la sua decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inesistente una propria precedente ordinanza che aveva reso definitiva una condanna. La ragione risiede nella morte del reo, avvenuta prima della pronuncia di tale ordinanza. Di conseguenza, la Corte ha annullato la condanna d'appello, dichiarando l'estinzione del reato per questo motivo.
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Associazione mafiosa: il controllo su attività illecite
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30009/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un'ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa. La Corte ha stabilito che la natura di un'associazione mafiosa sussiste anche quando il gruppo esercita un potere intimidatorio non verso cittadini onesti, ma verso altri soggetti che svolgono attività illecite (come lo spaccio), costringendoli a versare una parte dei profitti per poter operare. Questo controllo del territorio e la prevaricazione, anche nel mondo criminale, sono elementi caratteristici del reato previsto dall'art. 416-bis c.p.
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Associazione mafiosa: quando gli indizi bastano?
Un imprenditore del settore catering viene accusato di associazione mafiosa e altri reati. La Cassazione conferma la misura cautelare, stabilendo che la partecipazione a un clan può essere provata da indizi come la gestione della 'colletta' per i detenuti e patti elettorali, anche senza collaboratori di giustizia. La Corte ha ritenuto logica la motivazione del Tribunale del riesame, che ha valorizzato le intercettazioni come prova dell'intraneità dell'imprenditore al sodalizio criminale.
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Partecipazione ad associazione mafiosa: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato, confermando la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa. La Corte ha stabilito che anche un contributo minimo, ma costante, come fare da autista al capo cosca e partecipare a incontri, è sufficiente a dimostrare un inserimento stabile nel sodalizio criminale. È stato inoltre ribadito che il solo trascorrere del tempo non basta a superare la presunzione di pericolosità sociale legata a questo tipo di reato.
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Partecipazione associazione mafiosa: prova e indizi
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro l'ordinanza di custodia cautelare per partecipazione ad associazione mafiosa. La Corte ha ribadito che la prova della partecipazione può basarsi su intercettazioni e condotte violente volte al controllo del territorio, che dimostrano un inserimento stabile nel sodalizio. La valutazione di tali elementi spetta al giudice di merito e non può essere ridiscussa in sede di legittimità, se non per manifesta illogicità.
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Associazione mafiosa: quando è un fatto notorio
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un'ordinanza di custodia cautelare per partecipazione ad una associazione mafiosa. La Corte ha stabilito che l'esistenza di una nota organizzazione criminale è un fatto notorio, già accertato da sentenze passate, e che quindi il giudizio doveva concentrarsi solo sulla prova della partecipazione dell'individuo, desunta dai suoi rapporti e dalle sue azioni intimidatorie.
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Misura cautelare: Cassazione su onere della prova
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato contro un'ordinanza di misura cautelare in carcere per traffico di stupefacenti. La Corte ha confermato la validità degli indizi basati su un'intercettazione e ha chiarito che la mancata trasmissione degli atti relativi alle captazioni non invalida automaticamente il provvedimento. È onere della difesa, infatti, sollevare specifiche e tempestive richieste per contestare la legittimità delle intercettazioni. La sentenza ribadisce che la valutazione sulla gravità indiziaria e sull'adeguatezza della misura cautelare è di competenza esclusiva dei giudici di merito, se adeguatamente motivata.
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Confisca allargata: annullato sequestro per vizio
Un soggetto ricorre in Cassazione contro il sequestro preventivo di un'autovettura, finalizzato alla confisca allargata. L'auto era stata acquistata anni prima dei reati contestati (traffico di stupefacenti). La Corte Suprema, pur ritenendo legittimo il sequestro sotto il profilo della sproporzione patrimoniale, lo annulla per un vizio insanabile: la totale assenza di motivazione, nel provvedimento originario, sul 'periculum in mora', ovvero il rischio di dispersione del bene. Un difetto che il Tribunale del riesame non può sanare.
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Associazione mafiosa: la Cassazione sui gravi indizi
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato contro l'ordinanza di custodia cautelare per partecipazione ad un'associazione mafiosa. La difesa contestava la sufficienza degli indizi, basati sulle dichiarazioni di un collaboratore e su intercettazioni. La Corte ha ritenuto gli elementi probatori, inclusa la riscossione di una quota dei profitti illeciti ('punto'), sufficienti a configurare i gravi indizi di colpevolezza richiesti per la misura. È stata inoltre confermata l'operatività della presunzione di adeguatezza della custodia in carcere per il reato di associazione mafiosa.
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Esigenze Cautelari: quando il carcere è necessario
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un indagato contro la custodia cautelare in carcere per traffico di droga. La decisione si fonda sulla valutazione delle esigenze cautelari, ritenendo concreto il pericolo di recidiva alla luce dei precedenti specifici, delle modalità del reato e dell'inaffidabilità del soggetto, rendendo inadeguata qualsiasi misura meno afflittiva del carcere.
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Partecipazione associativa spaccio: i criteri
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto in custodia cautelare per reati di droga. La sentenza chiarisce i confini della partecipazione associativa spaccio, stabilendo che un rapporto continuativo e sinergico tra fornitore e acquirente, con vantaggi reciproci e disponibilità a sostenere economicamente il gruppo, integra il reato associativo, anche in presenza di vincoli familiari.
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Concordato in appello: limiti del ricorso in Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 29999/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di 'concordato in appello'. La Corte ha ribadito che l'impugnazione di tali sentenze è possibile solo per vizi procedurali specifici e non per contestare la valutazione della responsabilità o la determinazione della pena, consolidando la natura definitiva dell'accordo tra le parti.
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Inammissibilità appello: i limiti del giudice penale
La Corte di Cassazione ha annullato un'ordinanza di inammissibilità di un appello, stabilendo un principio fondamentale: il giudice d'appello non può dichiarare un ricorso inammissibile valutandone la manifesta infondatezza. Nel caso specifico, un appello contro una condanna per rapina, che mirava a una riqualificazione del reato in furto, era stato erroneamente ritenuto 'generico'. La Suprema Corte ha chiarito che l'impugnazione era sufficientemente specifica, in quanto chiedeva una nuova valutazione dei fatti. La decisione sull'inammissibilità dell'appello non deve invadere il giudizio di merito, che spetta alla fase successiva del processo.
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Ricorso personale cassazione: quando è inammissibile
La Corte di Cassazione dichiara l'inammissibilità di un ricorso personale cassazione presentato dall'imputato. Dopo la riforma del 2017, solo un avvocato specializzato può firmare l'atto, pena l'inammissibilità per difetto di legittimazione.
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Ricorso in Cassazione 599-bis: quando è inammissibile
Due imputati, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (art. 599-bis c.p.p.), hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione lamentando l'entità della sanzione. La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, chiarendo che il ricorso in Cassazione 599-bis è consentito solo per vizi relativi alla formazione dell'accordo o al consenso, e non per contestare nel merito la determinazione della pena, che costituisce un motivo di appello a cui si è rinunciato.
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Sottoscrizione ricorso cassazione: quando è nullo
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso poiché la sottoscrizione del ricorso cassazione è stata effettuata personalmente dall'imputato e non dal suo difensore iscritto all'albo speciale. La Corte ha ribadito che la mera autenticazione della firma del ricorrente da parte del legale non sana il vizio, comportando la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
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Rinuncia sospensione condizionale: la volontà vale
La Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una sentenza di patteggiamento. L'imputato, dopo un primo accordo, aveva manifestato la sua volontà di rinuncia sospensione condizionale della pena. La Corte ha stabilito che la volontà finale dell'imputato, espressa in udienza, prevale e la rinuncia non è soggetta a termini di decadenza.
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Concordato in appello: limiti al ricorso per cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver accettato un concordato in appello per reati di spaccio ed estorsione, aveva impugnato la sentenza chiedendo l'assoluzione. La Corte ha stabilito che l'adesione al concordato implica la rinuncia ai motivi relativi alla responsabilità, rendendo il ricorso non consentito e confermando la solidità del principio del patteggiamento in secondo grado.
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Ricorso in Cassazione personale: è inammissibile
Un imputato propone personalmente ricorso avverso una sentenza della Corte d'Appello. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che, a seguito della riforma del 2017, per il ricorso in Cassazione è obbligatoria la sottoscrizione da parte di un difensore iscritto all'apposito albo speciale. La Corte ha ritenuto la norma costituzionalmente legittima e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria per la manifesta infondatezza del ricorso.
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