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Giurisprudenza Penale

Ricorso tardivo mandato arresto europeo: inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una decisione su un mandato di arresto europeo. La causa dell'inammissibilità è stata la presentazione tardiva dell'atto, avvenuta oltre il termine perentorio di cinque giorni stabilito dalla legge. Il caso riguarda un cittadino straniero condannato nel suo paese d'origine, per cui la Corte d'Appello italiana aveva disposto l'esecuzione della pena in Italia. Il ricorso tardivo mandato arresto europeo ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
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Ne bis in idem: Cassazione su spaccio e debiti pregressi
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un indagato per spaccio. Si esclude la violazione del principio del ne bis in idem, distinguendo un debito per una cessione di droga pregressa da una nuova tentata vendita che aveva portato a una condanna. La Corte ha confermato la misura cautelare basandosi su intercettazioni che provavano l'esistenza di due distinti episodi di spaccio, superando le obiezioni della difesa.
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Pericolosità sociale: quando studio e lavoro non bastano
Un soggetto sottoposto a sorveglianza speciale per presunti legami mafiosi ha contestato la sua attuale pericolosità sociale, evidenziando il suo percorso di studi e reinserimento. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che tali elementi positivi non bastano a superare solidi indizi di un ruolo centrale ancora attivo in un'organizzazione criminale. La valutazione della pericolosità sociale deve essere complessiva e l'attualità del pericolo è stata ritenuta correttamente motivata dai giudici di merito.
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Sequestro conservativo: nullità senza notifica civile
La Corte di Cassazione ha annullato un'ordinanza che revocava un sequestro conservativo, poiché la parte civile, che aveva richiesto la misura, non era stata avvisata dell'udienza di riesame. Tale omissione costituisce una grave violazione del principio del contraddittorio, rendendo nullo il provvedimento. Il caso è stato rinviato al Tribunale per una nuova udienza nel rispetto dei diritti di tutte le parti.
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Sequestro preventivo: no al sequestro totale sproporzionato
La Corte di Cassazione ha annullato un sequestro preventivo totale a carico di due ditte di autonoleggio. Il provvedimento è stato ritenuto sproporzionato e illegittimo perché basato sull'uso occasionale di un veicolo per due episodi di spaccio, in assenza di un reato associativo e di un legame strutturale tra le aziende e l'attività criminale.
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Diritto al contraddittorio: confisca annullata
La Corte di Cassazione ha annullato la confisca di prevenzione di un immobile, originariamente ritenuto di proprietà di una società riconducibile a un proposto e successivamente intestato alla moglie. La decisione si fonda sulla violazione del diritto al contraddittorio della donna, la quale, pur essendo intervenuta nel procedimento per altri beni, non era stata posta in condizione di difendersi specificamente riguardo alla proprietà di quell'immobile. L'estensione della confisca nei suoi confronti, avvenuta tramite una procedura di correzione, è stata ritenuta illegittima perché ha leso il suo fondamentale diritto di difesa.
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Peculato per contratto nullo: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l'assoluzione di alcuni amministratori accusati di peculato per contratto nullo. Il caso riguardava pagamenti effettuati da una società a controllo pubblico a un'altra società partecipata per servizi di gestione calore, in base a un contratto poi dichiarato nullo in sede civile. La Suprema Corte ha confermato che, avendo la società ricevente effettivamente eseguito le prestazioni, seppur in modo parziale, il pagamento aveva una causa giustificativa e non configurava un'appropriazione illecita di fondi pubblici. La mera irregolarità del contratto non è sufficiente a integrare il reato di peculato.
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Ricorso 599-bis inammissibile: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (il cosiddetto ricorso 599-bis), ha tentato di impugnare la decisione contestando la determinazione della pena stessa. La Corte ha chiarito che l'adesione all'accordo comporta la rinuncia a tali motivi, rendendo l'impugnazione possibile solo in casi eccezionali, come vizi della volontà o illegalità della sanzione, non riscontrati nel caso di specie.
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Ricorso per cassazione: il ruolo del difensore
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso per cassazione presentato personalmente dall'imputato. La decisione si fonda sulla regola procedurale che impone la sottoscrizione dell'atto da parte di un difensore abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori. L'inammissibilità comporta la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
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Ricorso plea bargain: i limiti della Cassazione
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso plea bargain per estorsione. La Corte chiarisce che, a seguito delle recenti riforme, l'impugnazione di una sentenza di patteggiamento è possibile solo per specifici e tassativi motivi, quali vizi del consenso o erronea qualificazione giuridica, escludendo contestazioni sulla determinazione della pena o sulla valutazione di cause di proscioglimento.
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Rinuncia motivi appello: inammissibilità del ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentata estorsione. La decisione si fonda sulla precedente rinuncia ai motivi di appello da parte dell'imputato, che aveva limitato l'impugnazione solo alla determinazione della pena. Poiché il motivo sollevato in Cassazione, relativo a una circostanza attenuante, rientrava tra quelli rinunciati, il ricorso è stato respinto con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
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Retrodatazione custodia cautelare: quando si applica?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva la retrodatazione della custodia cautelare. La richiesta è stata ritenuta generica, in quanto non dimostrava la 'connessione qualificata' tra il reato attuale di estorsione aggravata e uno precedente, requisito fondamentale per l'applicazione della norma sulla cosiddetta 'contestazione a catena'.
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Ricorso inammissibile misure cautelari: la guida
Un imputato ricorre in Cassazione contro il diniego di sostituzione della custodia in carcere. Il ricorso inammissibile per misure cautelari è stato rigettato perché generico: riproponeva doglianze già respinte senza confrontarsi con la motivazione della corte, che aveva valorizzato la pericolosità sociale dell'individuo basata sul suo curriculum criminale.
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Esigenze cautelari: quando il ricorso è inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un professionista in custodia cautelare per concorso esterno in associazione mafiosa. L'appello contestava la persistenza delle esigenze cautelari, ma è stato ritenuto generico e non specifico, in quanto si limitava a riproporre argomentazioni già respinte in sede di riesame, senza confrontarsi con la motivazione del giudice che evidenziava un concreto pericolo di recidiva.
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Pericolosità sociale: quando il ricorso è inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di un soggetto la cui pericolosità sociale era stata confermata dalla Corte d'Appello. La Suprema Corte ha ribadito che, in materia di misure di prevenzione, il ricorso per cassazione è consentito solo per violazione di legge e non per contestare la logicità della motivazione, a meno che questa non sia totalmente assente o meramente apparente. Nel caso specifico, la motivazione del giudice di merito è stata ritenuta adeguata, in quanto basata sulla mancata dissociazione dal passato criminale e sul ritorno nel territorio di influenza dell'organizzazione di appartenenza.
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Inammissibilità appello: quando i motivi sono generici
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21634/2024, ha confermato la dichiarazione di inammissibilità dell'appello presentato da tre imputati condannati per ricettazione. Il motivo risiede nella genericità e aspecificità delle censure mosse alla sentenza di primo grado. La Corte ha ribadito che, ai sensi dell'art. 581, comma 1-bis, c.p.p., l'impugnazione deve contenere una critica puntuale e argomentata delle motivazioni del giudice, non potendosi limitare a una mera riproposizione delle tesi difensive. La mancanza di un confronto diretto con le prove e le valutazioni del primo giudice rende l'atto di appello inidoneo a superare il vaglio di ammissibilità.
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Appello patteggiamento: limiti e inammissibilità
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un appello patteggiamento per riciclaggio e falso. La decisione si fonda sui limiti tassativi imposti dall'art. 448, comma 2-bis, c.p.p., che impedisce di contestare la mancata verifica di cause di proscioglimento. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
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Ricorso inammissibile: i limiti del concordato
Un soggetto, condannato per tentata rapina, ha raggiunto un accordo sulla pena in appello. Successivamente, ha presentato ricorso in Cassazione contestando i criteri di calcolo della sanzione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che la pena concordata non è impugnabile per vizi di calcolo, ma solo per specifiche irregolarità procedurali o se la pena finale risulta illegale, ovvero esterna ai limiti fissati dalla legge.
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Ricorso per cassazione: quando l’imputato non può farlo
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso presentato personalmente da tre imputati. La decisione si fonda sull'art. 613 del codice di procedura penale, che impone, a pena di inammissibilità, che il ricorso per cassazione sia sottoscritto da un difensore abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. La Corte ribadisce che questa regola non viola il diritto di difesa, data l'elevata tecnicità del giudizio di legittimità. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria.
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Pericolosità criminale: no arresti domiciliari
La Corte di Cassazione ha confermato la detenzione in carcere per un uomo accusato di tentata rapina a un portavalori, negando la richiesta di arresti domiciliari. La decisione si basa sull'elevata pericolosità criminale del soggetto, desunta dai suoi numerosi precedenti specifici, che rendono la misura carceraria l'unica idonea a prevenire la reiterazione del reato, nonostante il tempo già trascorso in custodia cautelare.
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