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Giurisprudenza Civile

Falsa attestazione presenza: licenziamento legittimo
La Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa di due dipendenti pubblici per falsa attestazione della presenza. La Corte ha ritenuto provato che un collega timbrasse il badge per loro, configurando una grave violazione del rapporto di fiducia che giustifica la massima sanzione espulsiva, respingendo le censure sulla ripartizione dell'onere della prova e sulla proporzionalità della sanzione.
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Motivazione apparente: sentenza annullata dalla Cassazione
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna a carico di una società di intermediazione mobiliare per le appropriazioni illecite di un suo promotore. La decisione è stata cassata per vizio di motivazione apparente, poiché i giudici di merito avevano fondato la loro pronuncia su un non meglio specificato 'fatto di cronaca particolarmente rilevante', rendendo impossibile comprendere il percorso logico-giuridico seguito.
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Pausa retribuita: quando spetta dopo un accordo?
Una società di corriere espresso aveva sospeso la retribuzione per la pausa giornaliera in base ad accordi sindacali temporanei, giustificati da una crisi economica. Alla scadenza di tali accordi, l'azienda non ha ripristinato il pagamento. La Corte di Cassazione ha confermato il diritto dei lavoratori alla pausa retribuita, stabilendo che gli accordi erano solo una deroga temporanea. La Corte ha chiarito che il pagamento della pausa prima degli accordi era prova sufficiente a dimostrare che il diritto era fondato sul contratto collettivo nazionale, e che tale diritto è tornato in vigore automaticamente alla scadenza degli accordi stessi.
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Contratti a termine agricoli: limiti e stagionalità
Un lavoratore ha citato in giudizio un ente pubblico agricolo per l'abuso nella reiterazione di contratti a tempo determinato. La Corte di Cassazione ha stabilito che la deroga che consente la successione di contratti a termine agricoli si applica unicamente alle attività genuinamente stagionali. Ha precisato che gli enti pubblici non sono classificabili come imprenditori agricoli e che mansioni continuative, come la manutenzione, richiedono un contratto a tempo indeterminato. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Contratti a termine in agricoltura: i limiti alla deroga
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16612/2024, ha stabilito che un ente pubblico non può essere equiparato a un imprenditore agricolo e non può abusare della reiterazione di contratti a termine in agricoltura. La deroga che permette di superare i limiti di durata è valida solo per attività genuinamente stagionali e non per mansioni continuative come la manutenzione. L'onere di provare la natura stagionale del rapporto spetta sempre al datore di lavoro.
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Ripetibilità dell’indebito: la Cassazione decide
Un pensionato, dopo aver ricevuto somme dall'ente previdenziale in esecuzione di una sentenza di primo grado, si è visto riformare tale decisione in appello. L'ente ha quindi avviato il recupero delle somme, ritenuto legittimo dalla Corte di Cassazione. L'ordinanza chiarisce che la sentenza di riforma costituisce titolo per la restituzione, legittimando la ripetibilità dell'indebito anche tramite trattenute sulla pensione.
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Vittima del dovere: la vigilanza in infermeria
La Corte di Cassazione ha stabilito che un agente di polizia penitenziaria che contrae un'infermità durante la sorveglianza di detenuti in infermeria non rientra nella categoria di 'vittima del dovere' per vigilanza a infrastrutture. La Corte ha chiarito che il beneficio si applica solo alla vigilanza diretta dell'infrastruttura stessa, considerata intrinsecamente rischiosa, e non alle generiche attività svolte al suo interno.
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Contratti a termine agricoltura: no abusi stagionali
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16609/2024, ha stabilito che la deroga alla disciplina sui contratti a termine in agricoltura è applicabile solo per attività strettamente stagionali. Un ente pubblico non economico non può essere qualificato come imprenditore agricolo e non può abusare di contratti a termine per mansioni continuative come la manutenzione di macchinari. L'onere di provare la natura esclusivamente stagionale del rapporto di lavoro grava sul datore di lavoro. La sentenza di merito che aveva rigettato la domanda del lavoratore è stata cassata con rinvio.
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Cancellazione società credito: non è rinuncia tacita
Una società, dopo aver vinto in primo grado contro una banca per la restituzione di somme indebite, si è cancellata dal registro delle imprese. La Corte d'Appello ha interpretato la cancellazione come rinuncia al credito. La Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che la cancellazione società credito non è sufficiente a provare una volontà di rinuncia, che deve essere inequivocabile. Il credito si trasferisce ai soci.
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Qualificazione rapporto di lavoro: gli indici decisivi
Un'associazione sportiva dilettantistica è stata sanzionata per aver omesso le comunicazioni obbligatorie per tre collaboratori. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, che avevano riqualificato il rapporto come lavoro subordinato. La sentenza ribadisce l'importanza degli indici fattuali, come l'orario fisso e l'inserimento stabile nell'organizzazione, per la corretta qualificazione del rapporto di lavoro, a prescindere dal nomen iuris dato dalle parti.
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Inquadramento professionale: quando non spetta la qualifica
Un lavoratore ha richiesto un inquadramento professionale superiore e il risarcimento per demansionamento, ma la sua domanda è stata respinta sia in primo grado che in appello. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, rigettando il ricorso del lavoratore. La Suprema Corte ha stabilito che le mansioni svolte, di natura puramente esecutiva e prive di autonomia, non giustificavano la qualifica superiore. Inoltre, ha ribadito che non è possibile, in sede di legittimità, riesaminare le prove testimoniali già valutate dai giudici di merito, specialmente in caso di 'doppia conforme', ovvero due sentenze di merito con la stessa conclusione.
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Prescrizione rimesse solutorie: la Cassazione decide
Un istituto di credito ha impugnato una sentenza che lo condannava a rimborsare somme a una società fallita. La Corte di Cassazione ha parzialmente accolto il ricorso, focalizzandosi sul tema della prescrizione rimesse solutorie. È stato stabilito che per sollevare l'eccezione di prescrizione è sufficiente per la banca affermare l'inerzia del correntista, senza dover specificare quali singole rimesse abbiano natura solutoria. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per una nuova valutazione su questo punto e su questioni relative all'usura.
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Onere prova ferie: la Cassazione chiarisce i ruoli
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16603/2024, si è pronunciata su un caso riguardante la richiesta di un lavoratore per un inquadramento superiore e il pagamento dell'indennità per ferie non godute. Pur ribadendo il moderno principio secondo cui l'onere prova ferie spetta al datore di lavoro, che deve dimostrare di aver invitato il dipendente a usufruirne, la Corte ha respinto il ricorso. La decisione si fonda sull'accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, secondo cui il lavoratore non aveva inizialmente provato il mancato godimento delle ferie, condizione necessaria affinché l'onere si sposti sull'azienda.
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Domanda tardiva conto corrente: le regole processuali
La Corte di Cassazione affronta il caso di una domanda tardiva in una controversia su conto corrente bancario. Diverse società avevano citato in giudizio un istituto di credito per addebiti illegittimi. In un secondo momento, i loro garanti avevano avviato una causa separata, introducendo nuove contestazioni su operazioni di sconto e anticipo. La Corte ha stabilito che la domanda relativa a tali operazioni, essendo stata introdotta tardivamente nel primo giudizio, è inammissibile. La riunione dei due procedimenti non sana le preclusioni processuali già maturate, confermando il principio dell'autonomia dei giudizi riuniti e il rigore dei termini processuali.
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Cessione del credito: limiti e prova in Cassazione
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un debitore che contestava l'importo richiesto da una banca a seguito di una cessione del credito. Il debitore sosteneva che la cessione fosse solo a garanzia di un anticipo minore e non per l'intero valore della fattura. La Corte ha stabilito che tale distinzione richiederebbe un riesame dei fatti e dei documenti contrattuali, attività preclusa nel giudizio di legittimità.
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Principio di corrispondenza: la decisione del giudice
Una banca ha richiesto il pagamento di due prestiti distinti a un debitore e ai suoi garanti. Il tribunale, pur dichiarandosi incompetente per uno dei due prestiti, ha emesso una condanna errata. La Cassazione ha annullato la sentenza, riaffermando il principio di corrispondenza: un giudice non può decidere su una domanda per la quale non ha giurisdizione, sottolineando i limiti invalicabili della competenza giudiziaria.
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Anatocismo bancario: Cassazione rinvia la decisione
Una società correntista ha citato in giudizio un istituto di credito per la restituzione di somme indebitamente pagate a titolo di interessi anatocistici su un conto corrente ancora aperto. La Corte d'Appello ha ritenuto ammissibile la domanda di accertamento del credito. La banca ha proposto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, riscontrando un contrasto giurisprudenziale sulla legittimità dell'anatocismo bancario post delibera CICR del 2000, ha emesso un'ordinanza interlocutoria rinviando la causa a una pubblica udienza per risolvere la questione di diritto.
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Intervento adesivo: limiti al diritto di appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due garanti. Essendo intervenuti nel processo come 'intervento adesivo dipendente' a sostegno della società debitrice, non avevano il diritto di appellare autonomamente la sentenza dopo che la società (poi fallita) aveva deciso di non farlo. La qualifica del loro intervento, non contestata in appello, è diventata definitiva (giudicato implicito), precludendo ogni successiva impugnazione.
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Fermo amministrativo: quando il ricorso è inammissibile
Un cittadino ha impugnato in Cassazione un fermo amministrativo sul proprio veicolo, ritenendolo sproporzionato rispetto al debito. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che una decisione basata su una questione di diritto non può essere contestata per "vizio di motivazione". Inoltre, il ricorso è stato giudicato proceduralmente errato perché non indicava con precisione le norme di legge violate.
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Garanzia vizi immobile: quando è esclusa?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 16592/2024, ha confermato l'esclusione della garanzia vizi immobile per un ampliamento abusivo. Il ricorso dell'acquirente è stato respinto poiché, nonostante le dichiarazioni della venditrice, è stata provata la sua conoscenza effettiva del vizio al momento della compravendita. Tale conoscenza, desunta da discrepanze documentali e dall'evidenza del vizio, rende inoperante la garanzia ai sensi dell'art. 1491 del Codice Civile.
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