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Giurisprudenza Civile

Distrazione spese di lite: l’errore si corregge
Un avvocato ottiene dalla Corte di Cassazione la correzione di un'ordinanza che aveva omesso la distrazione spese di lite a suo favore. La Corte ribadisce che la richiesta, se presente negli atti, obbliga alla correzione dell'errore materiale, e che tale procedura non richiede la notifica al proprio assistito.
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Sospensione dell’esecuzione: onere di notifica e danni
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14536/2024, chiarisce che nessuna responsabilità per danni può sorgere a carico del creditore procedente se la vendita dei beni pignorati avviene prima della notifica del provvedimento di sospensione dell'esecuzione. L'onere di comunicare tempestivamente l'ordine del giudice ricade sul debitore opponente, non potendosi pretendere che il creditore verifichi autonomamente la presenza di tali provvedimenti nel fascicolo telematico.
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Arricchimento imposto: no a pagamenti extra budget
Una struttura sanitaria privata ha richiesto il pagamento per prestazioni fornite oltre il budget concordato con l'Ente Sanitario Pubblico, a seguito del trasferimento urgente di pazienti da un'altra struttura. La Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta, qualificando la situazione come 'arricchimento imposto'. Poiché l'ente pubblico aveva manifestato la sua contrarietà a spese superiori al limite pattuito, non è tenuto a corrispondere alcun indennizzo per le prestazioni extra budget, anche se effettivamente ricevute.
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Leasing traslativo: le regole prima del fallimento
Un caso di leasing traslativo di un'auto di lusso, risolto prima del fallimento dell'utilizzatore. La società finanziaria ha chiesto l'ammissione al passivo per i canoni non pagati, basandosi sulla legge fallimentare. La Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che per i contratti già risolti si applica l'art. 1526 c.c., che prevede un equo compenso e non il pagamento dei canoni. La domanda basata su tale norma è stata però ritenuta tardiva e quindi inammissibile.
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Equa riparazione: no alla compensazione spese totale
Una cittadina chiedeva un'equa riparazione per l'eccessiva durata di un processo. La Corte d'Appello, pur riconoscendo un indennizzo, aveva compensato integralmente le spese legali. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che in caso di accoglimento anche solo parziale della domanda, la compensazione delle spese non può essere totale. Il principio rafforza la tutela del cittadino che subisce i ritardi della giustizia.
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Doppio contributo unificato: no se c’è rinuncia
Una società di leasing, dopo aver presentato ricorso in Cassazione contro un decreto del Tribunale, ha successivamente rinunciato all'impugnazione. La Corte Suprema ha dichiarato estinto il giudizio, chiarendo che la rinuncia non comporta l'obbligo di pagare il doppio contributo unificato. Questa sanzione si applica solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, non potendo essere estesa per analogia.
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Affrancazione prezzo massimo: estingue il rimborso?
La Corte di Cassazione ha stabilito che il completamento della procedura di affrancazione del prezzo massimo di cessione, anche se avvenuto durante il processo, estingue il diritto dell'acquirente di ottenere il rimborso della somma pagata in eccesso. La Corte ha dichiarato la cessazione della materia del contendere a causa di questo fatto sopravvenuto, ma ha condannato i venditori a pagare le spese legali basandosi sul principio della soccombenza virtuale, poiché l'acquirente avrebbe vinto la causa in assenza dell'affrancazione.
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Fallimento per inadempimento del concordato: si può?
Una società con un piano di concordato preventivo omologato non ha adempiuto agli obblighi assunti. Un creditore ne ha chiesto il fallimento. La Corte d'Appello aveva respinto la richiesta, ritenendo necessaria la previa risoluzione del concordato. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha ribaltato tale decisione. Ha stabilito che il fallimento per inadempimento può essere dichiarato direttamente, senza la necessità di risolvere prima l'accordo, qualora l'incapacità di adempiere manifesti un nuovo stato di insolvenza.
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Riserva appalti pubblici: onere della prova e termini
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 14522/2024, ha rigettato il ricorso di un'impresa edile, stabilendo principi chiari sulla riserva appalti pubblici. La Corte ha confermato che la riserva per maggiori oneri deve essere iscritta non appena il fatto lesivo è percepibile con l'ordinaria diligenza, e non alla fine del processo dannoso. Inoltre, per la compensazione dei prezzi dei materiali, non basta una semplice istanza, ma l'appaltatore ha l'onere di provare gli effettivi maggiori costi sostenuti.
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Onere della prova creditore: decreto ingiuntivo revocato
Un debitore si oppone a un decreto ingiuntivo per un presunto debito derivante da un finanziamento. La società creditrice, nel corso della causa, fornisce documenti contraddittori e non riesce a identificare con certezza il contratto su cui si fonda la pretesa. Il Tribunale accoglie l'opposizione e revoca il decreto ingiuntivo, sottolineando che l'onere della prova creditore non è stato soddisfatto, rendendo il credito incerto e illiquido.
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Cessazione materia del contendere: chi paga le spese?
Un cittadino contesta una richiesta di restituzione di somme da parte di un ente. Durante la causa, l'ente annulla il debito, soddisfacendo la richiesta del cittadino. Il Tribunale dichiara la cessazione della materia del contendere ma condanna l'ente a pagare le spese legali, applicando il principio di causalità: chi ha dato origine alla lite con una pretesa infondata deve sostenerne i costi.
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Tempestività dell’impugnazione e onere della prova
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società, confermando la decisione di inammissibilità dell'appello per tardività. La sentenza chiarisce che la tempestività dell'impugnazione deve essere provata dalla parte che impugna, specialmente quando vi è discordanza tra la data di deposito e quella di pubblicazione della sentenza. La Corte ha stabilito che la conoscibilità legale della sentenza coincide con il suo inserimento nell'elenco cronologico della cancelleria, momento dal quale decorrono i termini per appellare.
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Nesso causale e denuncia: quando il Comune non paga
Una cittadina ha citato in giudizio un Comune per ottenere un risarcimento danni, sostenendo che un procedimento penale per presunto abuso edilizio, dal quale è stata assolta, fosse scaturito dalla mancata attivazione di un procedimento amministrativo preliminare da parte dell'ente. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Il punto centrale della decisione è la mancanza di prova del nesso causale tra l'omissione del Comune e il danno lamentato, poiché l'azione penale è stata un'iniziativa autonoma del Pubblico Ministero, atto che interrompe la catena di causalità.
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Estinzione del giudizio: la rinuncia in Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del giudizio in una controversia tra un condominio e una società di telecomunicazioni riguardo un contratto di locazione per l'installazione di antenne. La decisione non entra nel merito della validità del contratto, ma si fonda sulla rinuncia formale ai rispettivi ricorsi, principale e incidentale, presentata dalle parti. Di conseguenza, il processo si è concluso con la compensazione delle spese legali tra tutti i soggetti coinvolti.
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Rilascio immobile: rigetto del ricorso per urgenza
Un proprietario ha richiesto il rilascio immobile in via d'urgenza da parte di un'occupante senza titolo. Il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso, non ravvisando la sussistenza di un pregiudizio imminente e irreparabile (periculum in mora), poiché il danno lamentato, di natura prettamente economica, è risarcibile e non è stato provato un rischio concreto di deterioramento del bene.
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Errore materiale condanna spese: correzione Cassazione
La Corte di Cassazione ha corretto una propria ordinanza che conteneva un errore materiale condanna spese. Inizialmente, la Corte aveva erroneamente condannato la parte vittoriosa (alcuni risparmiatori) a pagare le spese legali alla parte soccombente (un istituto finanziario). Riconoscendo l'evidente refuso, la Corte ha emendato la decisione, ponendo correttamente a carico dell'istituto finanziario soccombente tutte le spese di lite, in applicazione del principio della soccombenza.
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Litispendenza: quando due cause sono identiche?
Una società propone ricorso in Cassazione contro la decisione di un Tribunale che aveva dichiarato la litispendenza tra la sua causa e un'altra pendente in Appello. La società sosteneva che le domande non fossero identiche. La Corte di Cassazione, rilevando la pendenza di un altro ricorso connesso tra le stesse parti, ha emesso un'ordinanza interlocutoria di rinvio a nuovo ruolo per valutare la riunione dei due procedimenti, senza decidere nel merito la questione della litispendenza.
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Inefficacia sublocazione: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14505/2024, ha stabilito che l'inefficacia del contratto di sublocazione deriva direttamente dall'inopponibilità del contratto di locazione principale al nuovo proprietario, subentrato a seguito di pignoramento. Se la locazione principale, trascritta dopo il pignoramento, non è valida nei confronti del nuovo acquirente, anche il contratto di sublocazione perde ogni efficacia, obbligando il sublocatore alla restituzione del deposito cauzionale.
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Prescrizione Vittime del Dovere: la Cassazione decide
Un beneficiario, riconosciuto come 'vittima del dovere', ha richiesto l'adeguamento del suo assegno vitalizio. Il Ministero competente si è opposto, eccependo la prescrizione quinquennale del diritto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero, stabilendo che la richiesta di adeguamento e rivalutazione delle somme dovute alle vittime del dovere è soggetta alla prescrizione ordinaria decennale, e non a quella breve di cinque anni. La Corte ha chiarito che il termine più lungo si applica in quanto si tratta di crediti di natura assistenziale non ancora 'liquidati', cioè non resi pienamente disponibili al creditore dall'amministrazione.
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Cessione azienda bancaria: chi paga i debiti?
Una società ha citato in giudizio il proprio istituto di credito per la restituzione di somme indebitamente percepite su un conto corrente, poi estinto. Successivamente, la banca è stata posta in liquidazione e un'altra banca ha acquisito un suo ramo d'azienda. La Corte d'Appello ha negato la responsabilità della banca acquirente, sostenendo che il rapporto, essendo già estinto al momento della cessione azienda bancaria, non rientrava nel perimetro delle passività trasferite. La Corte di Cassazione, con questa ordinanza, ha rinviato la decisione per trattare la questione insieme ad altri casi analoghi, data la sua rilevanza.
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