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Giurisprudenza Civile

Addebito separazione per abbandono del tetto coniugale
Un marito richiede l'addebito della separazione alla moglie per aver abbandonato la casa. La Cassazione rigetta il ricorso, stabilendo che se l'abbandono è conseguenza di una preesistente e provata intollerabilità della convivenza, non costituisce colpa. La volontà di separarsi, comunicata in precedenza, e la successiva stipula di accordi tra le parti sono state considerate prove decisive.
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Adozione e legami familiari: la Cassazione decide
La Cassazione, con la sentenza n. 11138/2024, ha chiarito i principi sull'adozione e legami familiari. Anche in caso di dichiarazione di adottabilità, i rapporti affettivi con la famiglia d'origine (madre e nonna) possono essere mantenuti se ciò risponde al superiore interesse del minore. La decisione si fonda sulla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 183/2023, che valorizza le relazioni positive preesistenti, rigettando il ricorso del Procuratore Generale che ne chiedeva la recisione.
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Distrazione delle spese: la correzione dell’errore
La Corte di Cassazione ha corretto un proprio decreto di estinzione del giudizio per un errore materiale. L'errore consisteva nella mancata previsione della distrazione delle spese legali a favore dei difensori dei contribuenti, i quali si erano dichiarati antistatari. La Corte ha riconosciuto che l'omissione era una mera svista e ha disposto la modifica del dispositivo per includere la liquidazione diretta delle spese agli avvocati, sottolineando l'importanza di tale istituto a tutela del professionista.
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Onere della prova nel leasing: sentenza commentata
Il Tribunale di Brescia ha revocato un decreto ingiuntivo emesso a seguito di un contratto di leasing finanziario. La decisione si fonda sulla mancata dimostrazione, da parte della società concedente, dell'esatto ammontare del proprio credito. La società non ha fornito la prova del quantum debeatur, presentando allegazioni contraddittorie sul prezzo di ricollocazione dell'immobile, fallendo così nel suo onere della prova.
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Remunerazione medici specializzandi: no a ricalcoli
Un gruppo di medici, specializzatisi tra il 1991 e il 2006, ha richiesto un adeguamento della loro remunerazione, sostenendo una non corretta applicazione delle direttive europee. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che la normativa italiana dell'epoca (D.Lgs. 257/1991) era conforme al diritto UE. La Corte ha stabilito che le normative successive, più favorevoli, non sono retroattive e che i meccanismi di adeguamento economico erano stati legittimamente sospesi dal legislatore per ragioni di finanza pubblica.
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Qualificazione rapporto di lavoro: limiti alla prova
Un lavoratore ha ottenuto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato full-time, anziché part-time come formalizzato. La società datrice di lavoro ha impugnato la decisione in Cassazione, contestando la valutazione delle prove testimoniali. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione dei fatti e delle prove spetta esclusivamente al giudice di merito. La sentenza è cruciale per comprendere i limiti del giudizio di legittimità sulla qualificazione rapporto di lavoro.
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Clausola penale: quando la consegna è davvero tale?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 10014/2024, ha chiarito i limiti di applicazione di una clausola penale per ritardata consegna di un immobile. Il caso riguardava una coppia che aveva citato in giudizio una società costruttrice per il mancato completamento di lavori sulle parti comuni, chiedendo il pagamento di una penale giornaliera. La Corte ha stabilito che se la clausola penale è legata contrattualmente solo alla "consegna" dell'immobile, non può essere estesa al ritardo nell'esecuzione di altre opere. La sentenza è stata cassata con rinvio, sottolineando anche il dovere del giudice di valutare la riduzione di una penale manifestamente eccessiva.
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Mutuo usurarietà: la Cassazione chiarisce i motivi
Una società in liquidazione contesta un debito derivante da un mutuo, sostenendo la tesi della mutuo usurarietà e la nullità dell'intero contratto per l'indeterminatezza di una clausola assicurativa. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarando inammissibile il motivo sull'usura per un cambio di linea difensiva e infondato quello sulla nullità, poiché la viziosità di una singola clausola non invalida automaticamente l'intero accordo.
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Rinuncia al ricorso: conseguenze sulle spese legali
Una società di gestione idrica ha presentato ricorso in Cassazione contro una consumatrice, ma ha poi effettuato una rinuncia al ricorso. Sebbene la controparte non abbia accettato la rinuncia, la Corte ha dichiarato l'estinzione del giudizio, condannando la società rinunciante al pagamento delle spese legali sostenute dalla consumatrice che si era difesa in giudizio.
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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali
Una società di servizi idrici propone ricorso per cassazione contro una sentenza. Successivamente, deposita un atto di rinuncia al ricorso, dichiarando di non avere più interesse. La Corte Suprema, pur in assenza di accettazione della controparte, dichiara l'estinzione del giudizio e condanna la società rinunciante al pagamento delle spese legali sostenute dalla parte avversa.
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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali
Una società di servizi ha proposto ricorso in Cassazione contro una sentenza, ma ha poi presentato atto di rinuncia. La Suprema Corte, nonostante la mancata adesione della controparte, ha dichiarato l'estinzione del giudizio per rinuncia al ricorso, condannando la società ricorrente al pagamento delle spese legali in favore dei resistenti.
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Appalto illecito: Cassazione conferma illecito
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 10012/2024, ha confermato la decisione dei giudici di merito che qualificava come appalto illecito il rapporto tra una società committente del settore cosmetico e una cooperativa. È stato accertato che la cooperativa si limitava a fornire manodopera, la quale veniva interamente organizzata e diretta dalla committente, integrata nel suo ciclo produttivo. Di conseguenza, è stato riconosciuto un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le lavoratrici e la società committente.
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Cessione ramo d’azienda: i debiti non registrati
Una società che acquista un ramo d'azienda viene citata in giudizio per un debito sorto da un inadempimento della società venditrice, avvenuto prima della vendita. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei gradi precedenti, ha chiarito che nella cessione ramo d'azienda, la responsabilità dell'acquirente per i debiti anteriori è subordinata alla loro iscrizione nei libri contabili obbligatori. Poiché tale prova mancava, il ricorso del creditore è stato dichiarato inammissibile.
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Segnalazione a sofferenza: i criteri della Cassazione
Una società, a seguito di una segnalazione a sofferenza da parte di un istituto di credito, ha richiesto il risarcimento dei danni, ritenendola illegittima. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che per una legittima segnalazione a sofferenza non è sufficiente un mero inadempimento, ma è necessaria una valutazione complessiva della situazione finanziaria del debitore, che nel caso di specie era stata correttamente effettuata dal tribunale di merito.
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Indennità ferie non godute: a chi spetta la prova?
Un dipendente comunale ha citato in giudizio l'ente per ottenere l'indennità per ferie non godute accumulate in oltre un decennio. La Corte d'Appello aveva respinto la domanda, sostenendo che il lavoratore non avesse provato di aver richiesto le ferie e che gli fossero state negate. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando un principio fondamentale: l'onere della prova grava sul datore di lavoro. Spetta a quest'ultimo dimostrare di aver messo il dipendente in condizione di fruire delle ferie, invitandolo formalmente e avvisandolo del rischio di perderle. In assenza di tale prova, l'indennità ferie non godute è dovuta.
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Impugnazione ordinanza vendita: il regolamento è inammissibile
Una società immobiliare ha contestato un'ordinanza di vendita in un pignoramento tramite regolamento di competenza, sostenendo che il giudice dell'esecuzione non fosse competente a causa di irregolarità nel contratto di mutuo sottostante. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che lo strumento corretto per l'impugnazione dell'ordinanza di vendita è l'opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), non un ricorso diretto per la competenza.
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Compensazione spese legali: appello inammissibile
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 9987/2024, ha stabilito che l'inammissibilità di un appello non costituisce di per sé una 'grave ed eccezionale ragione' per giustificare la compensazione spese legali tra le parti. In assenza di motivazioni specifiche e qualificate, deve applicarsi il principio generale della soccombenza, secondo cui la parte perdente paga le spese della parte vittoriosa. La Corte ha quindi cassato la decisione di merito, condannando la parte appellante al pagamento delle spese di tutti i gradi di giudizio.
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Composizione organo giudicante: CCEPS decisione nulla
Un medico, radiato dall'albo per aver diffuso informazioni contro le vaccinazioni, ha presentato ricorso in Cassazione. La Corte ha annullato la decisione disciplinare non entrando nel merito della questione, ma per un vizio di procedura: l'errata composizione dell'organo giudicante. La commissione aveva deliberato con soli quattro membri, mentre la legge ne richiede un minimo di cinque. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame da parte di un collegio correttamente costituito.
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Appalto illecito: guida alla sentenza della Cassazione
Una lavoratrice, formalmente assunta da una cooperativa ma di fatto impiegata presso un'azienda committente, ha ottenuto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato con quest'ultima. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, qualificando il rapporto come appalto illecito. La sentenza chiarisce i criteri per distinguere un appalto genuino da una somministrazione irregolare di manodopera, specialmente nei contratti 'labour intensive', e stabilisce che l'indennità risarcitoria prevista non è riducibile per eventuali guadagni percepiti dal lavoratore ('aliunde perceptum') nel frattempo.
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Indennità ferie non godute: il ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ente regionale contro la condanna al pagamento dell'indennità ferie non godute a un suo dipendente. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso miravano a una inammissibile rivalutazione dei fatti già accertati nei gradi di merito e violavano il principio del giudicato, confermando così il diritto del lavoratore a ricevere la somma di oltre 43.000 euro per ferie e riposi non fruiti tra il 1998 e il 2005.
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