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Giurisprudenza Civile

Rinuncia al ricorso: come si decidono le spese?
Un istituto bancario, dopo aver proposto ricorso in Cassazione contro due garanti di un credito, ha presentato una rinuncia al ricorso. La Corte Suprema ha dichiarato estinto il giudizio e, applicando il principio della soccombenza virtuale, ha condannato l'istituto bancario al pagamento delle spese legali. La decisione si fonda sull'analisi dei motivi del ricorso, che la Corte ha ritenuto sarebbero stati comunque respinti per inammissibilità e infondatezza.
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Rinuncia al ricorso: quando si estingue il processo
Un'azienda in liquidazione e il suo legale rappresentante hanno presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d'Appello. Prima dell'udienza, hanno deciso di effettuare una rinuncia al ricorso, che è stata accettata dalla controparte. La Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del giudizio, specificando che la rinuncia è un atto valido che prevale anche su una precedente proposta di definizione anticipata. Di conseguenza, non sono state applicate sanzioni per lite temeraria né il raddoppio del contributo unificato, dato che le parti avevano anche concordato la compensazione delle spese legali.
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Quietanza di pagamento: quando non basta a provare?
In un caso di cessione di quote societarie, il venditore ha contestato il pagamento nonostante una quietanza di pagamento scritta. L'acquirente ha ammesso in giudizio di aver consegnato un assegno, mai incassato, ma non è riuscito a provarne l'effettiva consegna. La Corte di Cassazione ha confermato la risoluzione del contratto per grave inadempimento, stabilendo che la confessione del debitore può superare il valore probatorio della quietanza e che l'onere di provare la consegna del titolo di pagamento grava sul debitore stesso. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
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Danno da rovina di edificio: il caso fortuito esclude
Un proprietario ha citato in giudizio il vicino per i danni subiti a seguito del crollo dell'edificio di quest'ultimo. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione d'appello che escludeva la responsabilità del vicino. Le motivazioni si basano su due pilastri: la mancata prova del nesso causale diretto e, soprattutto, la configurazione del caso fortuito. Il crollo dell'edificio del convenuto è stato infatti innescato dal precedente crollo di un terzo immobile adiacente, un evento che interrompe la catena di responsabilità per il danno da rovina di edificio.
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Mutuo solutorio: valido anche per debiti pregressi
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 29790/2025, ha stabilito la piena validità del cosiddetto 'mutuo solutorio', ovvero un finanziamento concesso da una banca e utilizzato dal cliente per estinguere una precedente esposizione debitoria non garantita verso la stessa banca. I ricorrenti sostenevano la nullità del contratto per mancanza di causa e per violazione del principio della parità di trattamento dei creditori. La Corte, allineandosi a una precedente pronuncia delle Sezioni Unite, ha respinto il ricorso, chiarendo che il contratto di mutuo si perfeziona con la messa a disposizione giuridica della somma, indipendentemente dal suo successivo impiego. La tutela degli altri creditori, eventualmente lesi, non va cercata nella nullità del contratto, ma in altri strumenti giuridici come l'azione revocatoria.
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Estinzione del giudizio: la rinuncia in Cassazione
In una causa per il pagamento di compensi professionali, un avvocato aveva proposto ricorso in Cassazione. A seguito della rinuncia al ricorso, accettata dagli eredi della controparte, la Corte Suprema ha dichiarato l'estinzione del giudizio. La decisione chiarisce che, in questo caso, non vi è condanna alle spese e non è dovuto il raddoppio del contributo unificato.
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Improcedibilità del ricorso: l’onere del deposito
Una società costruttrice ha presentato ricorso in Cassazione dopo aver perso nei primi due gradi di giudizio in una controversia immobiliare. La Suprema Corte ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso non per il merito della questione, ma per un vizio procedurale: la mancata produzione della copia notificata della sentenza d'appello entro i termini di legge. Questa decisione sottolinea il rigore delle norme processuali e il principio di autoresponsabilità del ricorrente nel fornire la prova della tempestività dell'impugnazione.
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Giudicato interno: i limiti dell’appello parziale
La Corte di Cassazione chiarisce i limiti dell'appello, affermando che la mancata impugnazione di uno specifico punto della sentenza di primo grado determina la formazione di un giudicato interno. Nel caso di specie, un istituto di credito aveva appellato una decisione di revocatoria fallimentare contestando solo l'elemento soggettivo (la conoscenza dello stato di insolvenza), ma non quello oggettivo (la natura dei pagamenti). La Suprema Corte ha stabilito che il punto non contestato era divenuto definitivo, precludendo al giudice d'appello la possibilità di riesaminarlo.
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Contributi omessi: CIG fittizia e onere della prova
Una società ha utilizzato la Cassa Integrazione (CIG) per dipendenti che in realtà continuavano a lavorare, generando un contenzioso sui contributi omessi. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'azienda, confermando le sentenze dei gradi inferiori. La Corte ha precisato che il verbale dell'INPS ha valore di prova legale solo per i fatti attestati direttamente dall'ispettore, mentre le altre valutazioni sono liberamente apprezzabili dal giudice, il cui giudizio, se ben motivato, non è sindacabile in sede di legittimità.
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Incumulabilità dei benefici: no a pensione e amianto
La Corte di Cassazione ha confermato il principio di incumulabilità dei benefici previdenziali, rigettando la richiesta di un lavoratore che, avendo già ottenuto il prepensionamento, chiedeva anche la rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto. La Corte ha chiarito che la scelta per un beneficio preclude la possibilità di richiederne un altro, e che tale questione può essere sollevata d'ufficio dal giudice in quanto fatto impeditivo del diritto stesso.
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Revocatoria fallimentare: la prova del fido bancario
Un istituto di credito ha contestato la revocabilità di pagamenti ricevuti da una società, poi fallita, sostenendo che fossero coperti da un fido. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso della banca inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. La Corte ha stabilito che la banca non ha fornito una prova certa dell'esistenza del fido, elemento cruciale in un'azione di revocatoria fallimentare. Le prove presentate sono state ritenute troppo generiche e insufficienti a superare la presunzione di conoscenza dello stato di insolvenza della società da parte della banca.
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Restituzione accise energia: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società energetica, confermando il diritto di un cliente alla restituzione delle accise sull'energia versate in base a una norma poi dichiarata incostituzionale. La decisione chiarisce che il consumatore finale può agire direttamente contro il fornitore per la ripetizione dell'indebito, poiché la dichiarazione di incostituzionalità elimina retroattivamente la causa del pagamento, senza necessità di disapplicare la norma interna per contrasto con direttive UE.
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Transazione novativa: contributi non pagati e accordo
La Corte di Cassazione ha stabilito che una transazione novativa tra lavoratore e datore di lavoro sostituisce integralmente le obbligazioni precedenti. Una lavoratrice, dopo aver firmato un accordo che prevedeva la sua riassunzione in cambio della restituzione di una somma, ha contestato tale restituzione sostenendo che l'importo corrispondesse a contributi mai versati dall'azienda. La Corte ha rigettato il ricorso, affermando che la natura novativa dell'accordo rende irrilevante l'origine della somma, che diventa un importo predeterminato e non più scindibile in quote retributive o contributive.
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Restituzione indebito: interessi e oneri fiscali
Una società di telecomunicazioni ha ottenuto la restituzione di indebito da una società energetica per accise non dovute. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società energetica, confermando che il cliente finale ha diritto al rimborso diretto dal fornitore quando una norma fiscale viene dichiarata illegittima. La Corte ha inoltre stabilito l'applicazione del tasso di interesse maggiorato previsto dall'art. 1284 c.c. a partire dalla data della domanda giudiziale.
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Indennizzi Covid-19: no al cumulo per agricoli
La Cassazione ha negato a una lavoratrice agricola il cumulo degli indennizzi Covid-19 specifici per il suo settore con quelli previsti per gli altri lavoratori stagionali, affermando che il legislatore ha creato due regimi di tutela distinti e non sovrapponibili.
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Cancellazione elenchi agricoli: decadenza e conseguenze
La Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale in materia di indennità di disoccupazione agricola. Una lavoratrice, dopo essere stata cancellata dagli elenchi dei lavoratori agricoli, si era opposta alla richiesta di restituzione delle indennità percepite. La Corte ha chiarito che la mancata impugnazione del provvedimento di cancellazione entro il termine di decadenza rende definitiva la cancellazione stessa. Di conseguenza, non è più possibile contestare la richiesta di restituzione, poiché l'iscrizione negli elenchi è un presupposto essenziale per il diritto alla prestazione. L'illegittimità della cancellazione non può essere accertata in via incidentale nel giudizio di opposizione alla restituzione.
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Responsabilità solidale: appello inammissibile
A seguito di una frana, un Comune e una Provincia venivano condannati in solido al risarcimento dei danni. La Provincia impugnava la sentenza in Cassazione, cercando di escludere la propria responsabilità ma citando in giudizio solo il Comune e non i cittadini danneggiati. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che in un'impugnazione che contesta l'esistenza stessa della responsabilità solidale, i creditori danneggiati sono litisconsorti necessari. L'esclusione rende l'appello privo di effetti pratici e quindi inammissibile.
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Fondo garanzia INPS: TFR e concordato preventivo
Una lavoratrice ha richiesto al Fondo di Garanzia INPS il pagamento del suo TFR dopo che la sua azienda è entrata in concordato preventivo. La lavoratrice aveva accettato una riduzione dell'importo e la degradazione del credito a chirografario. La Corte di Cassazione ha stabilito che, sebbene l'accettazione non elimini il diritto alla prestazione, il Fondo garanzia INPS è tenuto a pagare solo l'importo del TFR come definito e quantificato nel decreto di omologa del concordato, anche se decurtato, e non l'intero ammontare originario.
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Qualifica di consumatore: no al socio garante
La Corte di Cassazione nega la qualifica di consumatore al socio che presta garanzie personali per la propria azienda. La sentenza chiarisce che la presenza di un 'collegamento funzionale', come una quota societaria rilevante o un ruolo amministrativo, esclude l'accesso alle procedure di sovraindebitamento riservate ai consumatori, poiché il debito è legato all'attività imprenditoriale.
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Indennità sostitutiva: quando spetta al lavoratore?
Un lavoratore, dopo aver ottenuto una sentenza che ordinava la sua reintegrazione, ha optato per l'indennità sostitutiva della reintegrazione. Di fronte al mancato pagamento da parte dell'azienda, ha avviato una nuova causa. La Corte di Cassazione ha confermato il suo diritto, respingendo le eccezioni dell'azienda relative all'abusivo frazionamento del credito e alla carenza di interesse ad agire. La Corte ha chiarito che il diritto all'indennità sorge solo dopo la prima sentenza ed è distinto dal risarcimento iniziale, legittimando un'azione giudiziaria separata per ottenerla.
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