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Giurisprudenza Civile

Clausola risolutiva espressa: prevale sul recesso?
La Corte di Cassazione ha stabilito che un curatore fallimentare, pur avendo esercitato il recesso da un contratto di affitto d'azienda, può legittimamente eccepire l'inadempimento della controparte avvalendosi di una clausola risolutiva espressa. Tale eccezione, se fondata, prevale sul recesso e fa venir meno il diritto all'indennizzo della controparte. La Corte ha cassato la decisione del tribunale che aveva erroneamente escluso questa possibilità, non tenendo conto che l'eccezione di risoluzione era stata sollevata nel corso del giudizio di merito. L'uso della clausola risolutiva espressa non richiede un atto stragiudiziale preventivo e può essere manifestato anche in via di difesa processuale.
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Restituzione contributi INPS: quando scatta la prescrizione
Un lavoratore ha richiesto la riliquidazione della pensione e la restituzione dei contributi INPS versati ma non utilizzati. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. È stato stabilito che il diritto alla restituzione dei contributi si prescrive in dieci anni. Il termine non decorre dalla data di liquidazione della pensione, ma dal momento in cui il lavoratore ha avuto conoscenza dell'inutilizzabilità dei versamenti, in questo caso a seguito di una comunicazione dell'ente previdenziale.
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Fondo Garanzia INPS: liquidazione non basta
Un ex dipendente di una società cooperativa posta in liquidazione ha richiesto il pagamento delle ultime tre mensilità al Fondo di Garanzia INPS. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, stabilendo che la procedura di scioglimento e liquidazione di una cooperativa per cause diverse dall'insolvenza (come previsto dall'art. 2545-septiesdecies c.c.) non è equiparabile a una procedura concorsuale. Pertanto, non sussiste il presupposto dello stato di insolvenza necessario per l'intervento del Fondo Garanzia INPS.
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Estinzione del giudizio: niente doppio contributo
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del giudizio a seguito di una rinuncia al ricorso accettata dalla controparte. La decisione chiarisce un punto fondamentale: in caso di estinzione del giudizio, non è dovuto il versamento del doppio contributo unificato, poiché tale sanzione ha natura eccezionale e si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione, non potendo essere estesa ad altre ipotesi.
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Contratto sanità accreditata: no a pagamenti extra
Una struttura sanitaria ha richiesto un pagamento extra a un'azienda sanitaria locale, basato su "economie di macroarea". La Corte di Appello ha respinto la richiesta, chiarendo un punto fondamentale: sebbene un contratto sanità accreditata possa essere firmato retroattivamente, qualsiasi pagamento aggiuntivo deve essere esplicitamente previsto nel testo scritto del contratto. In assenza di tale clausola, la pretesa è infondata.
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Giurisdizione contributi consortili: decide il G.O.
Un ente governativo per le risorse idriche ha contestato una cartella di pagamento emessa da un consorzio di bonifica per quote consortili. La Corte di Cassazione, dirimendo la questione sulla giurisdizione per i contributi consortili, ha stabilito la competenza del giudice ordinario e non di quello tributario. La decisione si fonda sulla natura contrattuale delle somme dovute, derivanti da una specifica convenzione per l'utilizzo delle infrastrutture consortili, escludendone quindi la natura di tributo imposto unilateralmente.
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Eccesso di potere giurisdizionale: limiti del giudice
Una società contesta la decisione del giudice amministrativo di aggiudicare direttamente un appalto pubblico a un concorrente, denunciando un eccesso di potere giurisdizionale. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, specificando che il giudice ha agito entro i propri poteri applicando una norma processuale specifica, dato che non residuava alcuna discrezionalità amministrativa.
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Giurisdizione magistrati onorari: decide il T.A.R.
Una ex magistrata onoraria ha chiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato, con parità di trattamento economico rispetto ai magistrati di carriera. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16839/2024, ha stabilito che la competenza in materia di giurisdizione magistrati onorari, quando le richieste mirano all'assimilazione con i magistrati togati, spetta in via esclusiva al giudice amministrativo e non a quello ordinario.
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Eccesso di potere giurisdizionale: limiti e sanzioni
Due amministratori locali, sanzionati dalla Corte dei Conti per il dissesto finanziario del loro ente, hanno presentato ricorso in Cassazione per eccesso di potere giurisdizionale. Sostenevano che la procedura sanzionatoria utilizzata non fosse idonea ad accertare la loro responsabilità. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che gli errori di procedura o di interpretazione della legge non costituiscono un eccesso di potere giurisdizionale, ma rientrano nell'ambito del giudizio interno della giurisdizione speciale e non sono sindacabili in quella sede.
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Regolamento di giurisdizione: inammissibile se cessa la lite
Una società ha richiesto un regolamento di giurisdizione alla Corte di Cassazione, sostenendo che una controversia su un appalto non rientrasse nella competenza del giudice amministrativo. Tuttavia, poiché la causa principale è stata abbandonata, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, stabilendo che il procedimento incidentale non può sopravvivere all'estinzione del giudizio principale.
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Responsabilità del custode: la caduta del pedone
Una cittadina ha citato in giudizio un Comune per i danni subiti a seguito di una caduta su strisce pedonali sconnesse. La Corte di Appello ha respinto la richiesta, escludendo la responsabilità del custode (art. 2051 c.c.) a causa della condotta imprudente della danneggiata. La sentenza sottolinea come un difetto stradale visibile ed evitabile con l'ordinaria diligenza interrompa il nesso causale, attribuendo la colpa dell'evento esclusivamente al pedone.
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Contratto PA: senza forma scritta nessun pagamento
Una società che aveva acquistato un credito per servizi di pulizia resi a un ente pubblico si è vista negare il pagamento. La Corte d'Appello ha confermato la decisione, ribadendo che un contratto PA è valido solo se stipulato in forma scritta. Anche la richiesta subordinata per ingiustificato arricchimento è stata respinta per mancata prova dell'effettivo impoverimento, dimostrando la rigidità dei requisiti formali nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.
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Fondo di Garanzia TFR: quando non interviene
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16832/2024, ha stabilito che il Fondo di Garanzia TFR non è tenuto a intervenire se, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è un'azienda cessionaria in bonis (solvente). Questo principio vale anche se un accordo sindacale aveva lasciato il TFR maturato a carico dell'azienda cedente, successivamente divenuta insolvente. La Corte ha sottolineato l'autonomia del rapporto previdenziale rispetto a quello civilistico, affermando che gli accordi tra le parti private non sono opponibili all'ente previdenziale.
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Responsabilità Ente: la condotta imprudente è caso fortuito
Un cittadino ha citato in giudizio un Comune per i danni subiti a seguito di una caduta su una scalinata pubblica, sostenendo che fosse pericolosamente scivolosa. La Corte d'Appello ha confermato la decisione di primo grado, respingendo la richiesta. I giudici hanno stabilito che la pendenza della scalinata era evidente e che la condotta imprudente del danneggiato, il quale non ha prestato la dovuta attenzione, ha interrotto il nesso di causalità. Tale comportamento è stato qualificato come caso fortuito, escludendo così la responsabilità dell'ente.
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Liberazione fideiussore: no se il credito è solido
Un creditore ha agito in revocatoria contro gli atti di disposizione del patrimonio di un fideiussore. Quest'ultimo ha eccepito la propria liberazione per il fatto che il creditore non si era insinuato nel fallimento della società debitrice principale. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che in caso di fideiussione solidale, il creditore ha la facoltà di scegliere se agire contro il debitore principale o il garante. La mera inerzia del creditore (mancata insinuazione al passivo) non costituisce un fatto pregiudizievole che giustifichi la liberazione del fideiussore ai sensi dell'art. 1955 c.c.
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Nullità contratto mutuo: Cassazione e TAN mancante
La Corte di Cassazione esamina un caso di presunta nullità contratto mutuo per mancata indicazione del Tasso Annuo Nominale (TAN). Un garante si era opposto a un decreto ingiuntivo, sostenendo che l'omissione del TAN rendesse nullo il contratto di finanziamento sottostante, nonostante la presenza dell'Indicatore Sintetico di Costo (ISC). La Corte d'Appello aveva dato torto al garante. La Cassazione, riconoscendo la complessità e l'importanza della questione sulla determinazione delle condizioni economiche, ha emesso un'ordinanza interlocutoria, rinviando la causa a un'altra Sezione per una decisione approfondita.
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Fideiussione omnibus: il socio non è sempre informato
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16822/2024, ha esaminato il caso di una fideiussione omnibus prestata da un socio per i debiti della propria società. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del garante, stabilendo che la sua qualità di socio, anche di minoranza, gli conferiva la possibilità concreta di conoscere la situazione economica della società debitrice. Di conseguenza, la banca non ha violato i doveri di correttezza e buona fede nel concedere ulteriore credito senza un'autorizzazione specifica, non operando così la liberazione del fideiussore prevista dall'art. 1956 c.c.
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Ricorso per cassazione: inammissibile se critica i fatti
Una consumatrice ha impugnato in Cassazione la sentenza che la condannava a pagare un finanziamento per un arredo difettoso, sostenendo che il giudice non avesse valutato correttamente le prove (presunzioni) sulla tempestività della sua denuncia. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che non è possibile utilizzare questo strumento per ottenere un nuovo esame dei fatti, ma solo per denunciare specifiche violazioni di legge.
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Carenza d’interesse: ricorso inammissibile
Una cittadina ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d'Appello. Tuttavia, prima dell'udienza, le parti hanno raggiunto un accordo, manifestando una sopravvenuta carenza d'interesse a proseguire il giudizio. La Corte Suprema ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile, compensando le spese legali tra le parti come da loro richiesto.
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Azione revocatoria: il credito litigioso e la prova
Una società immobiliare, dopo una sentenza d'appello sfavorevole che la condannava a restituire una cospicua somma, vendeva un intero complesso edilizio. La società creditrice agiva con azione revocatoria per rendere inefficace la vendita. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione di merito che accoglieva la domanda, rilevando un difetto di motivazione. I giudici d'appello non avevano adeguatamente valutato il momento in cui era sorto il credito e la conseguente consapevolezza del debitore di arrecare un danno (scientia damni), elementi essenziali per l'azione revocatoria.
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