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Giurisprudenza Civile

Prescrizione e Amministrazione Straordinaria: la Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16166/2024, ha stabilito che la domanda di ammissione al passivo in amministrazione straordinaria non interrompe la prescrizione. L'effetto interruttivo permanente si produce solo con il deposito dell'elenco dei crediti da parte dei commissari. Nel caso di specie, un credito vantato da un Ministero verso una società, poi fallita, è stato dichiarato prescritto poiché erano decorsi oltre dieci anni dall'ultimo atto interruttivo, senza che i commissari avessero mai depositato l'elenco dei crediti ammessi. La successiva conversione in fallimento non ha sanato la prescrizione già maturata.
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Cessione crediti banche: chi risponde dei debiti?
Una società fa causa a una banca per oneri illegittimi. La banca viene posta in liquidazione e cede le sue attività a un altro istituto. La Corte d'Appello stabilisce che la banca acquirente non è responsabile per il debito, in quanto escluso dal contratto di cessione. La Cassazione, vista la complessità del tema della cessione crediti banche e la presenza di casi simili, rinvia la decisione per una trattazione congiunta, senza risolvere la questione nel merito.
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Avviso al debitore: l’obbligo del fideiussore
Un fideiussore paga il debito di una società senza averla prima informata. La società aveva però stipulato una transazione con il creditore che rendeva il debito non ancora esigibile. La Cassazione, applicando l'art. 1952 c.c., stabilisce che il momento decisivo per valutare le eccezioni opponibili dal debitore è quello del pagamento. Poiché al momento del pagamento la transazione era valida, il fideiussore, a causa del mancato avviso al debitore, ha perso il suo diritto di regresso, indipendentemente dai successivi inadempimenti del debitore.
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Liquidazione quota socio: il rinvio in Cassazione
La Corte di Cassazione ha emesso un'ordinanza interlocutoria rinviando la decisione su un caso di liquidazione quota socio in una società di fatto. La controversia vede il socio superstite agire in regresso contro gli eredi del socio defunto per il recupero di debiti societari. La Corte ha ritenuto opportuno unire il procedimento a un'altra causa pendente, avente ad oggetto la revocazione della stessa sentenza d'appello, per garantirne la trattazione congiunta.
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Difetto di giurisdizione: quando il Fisco sbaglia giudice
Un contribuente si oppone a un pignoramento per debiti di varia natura: tasse, multe stradali e contributi. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16161/2024, ha stabilito un importante principio sul difetto di giurisdizione. Ha chiarito che il giudice tributario non può decidere su controversie relative a multe e contributi previdenziali, che spettano rispettivamente al Giudice di Pace e al Giudice del Lavoro. La Corte ha inoltre confermato la validità delle notifiche degli atti fiscali effettuate da operatori postali privati.
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Prova del credito ceduto: valutazione delle fatture
Una società si opponeva a un decreto ingiuntivo relativo a un debito ceduto, contestandone l'esistenza. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito che avevano ritenuto raggiunta la prova del credito ceduto basandosi su un complesso di elementi, tra cui le fatture, la mancata contestazione da parte del debitore nel tempo e la notifica della cessione. La Suprema Corte ha ribadito che la valutazione delle prove è un giudizio di fatto non sindacabile in sede di legittimità.
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Determinazione tasso interesse: il ricorso inammissibile
Una società ha citato in giudizio un istituto di credito contestando l'indeterminatezza del tasso di interesse applicato al suo conto corrente. Dopo una sentenza d'appello sfavorevole, che aveva accertato l'esistenza di un accordo scritto sul tasso, la società ha proposto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che la valutazione sulla chiarezza della clausola contrattuale costituisce un accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità. La società è stata inoltre condannata per abuso del processo, con pesanti sanzioni economiche, per aver proseguito il giudizio nonostante una proposta di definizione.
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Mansioni superiori: la Cassazione e il rito trifasico
La Corte di Cassazione conferma la condanna di un ente pubblico al pagamento di differenze retributive a una dipendente per lo svolgimento di mansioni superiori. La sentenza ribadisce l'importanza del corretto procedimento logico-giuridico trifasico per l'accertamento di tale diritto, respingendo le eccezioni procedurali sollevate dall'ente. Il caso sottolinea come la valutazione del giudice debba basarsi su un'analisi concreta delle attività svolte, l'individuazione delle qualifiche contrattuali e il loro confronto, senza potersi limitare a un richiamo acritico delle declaratorie contrattuali.
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Contratti a termine agricoltura: i limiti per gli enti
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16155/2024, ha stabilito che le deroghe sui contratti a termine agricoltura, previste per gli imprenditori privati, non si applicano agli enti pubblici non economici. La Corte ha chiarito che il concetto di 'stagionalità' deve essere interpretato in modo rigoroso, escludendo attività continuative. La sentenza ha annullato la decisione della Corte d'Appello, che aveva erroneamente giustificato la reiterazione di contratti a un lavoratore, affermando che spetta al datore di lavoro provare la natura esclusivamente stagionale delle mansioni.
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Azione revocatoria: ricorso inammissibile in Cassazione
Una società creditrice ha ottenuto la declaratoria di inefficacia di una compravendita immobiliare tra padre e figlia tramite un'azione revocatoria. I debitori hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione, ma è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha rilevato che i motivi del ricorso erano formalmente scorretti, non autosufficienti e miravano a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La decisione riafferma che l'azione revocatoria può essere promossa anche per crediti ancora oggetto di contestazione.
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Recupero retributivo e mansioni superiori: la Cass.
La Corte di Cassazione ha stabilito che un'amministrazione pubblica ha il diritto di effettuare un recupero retributivo nei confronti di un dipendente per importi erogati a seguito di una progressione di carriera poi annullata. La Corte ha chiarito che, secondo il CCNL di riferimento, il passaggio a un livello economico superiore all'interno della stessa area professionale non implica automaticamente lo svolgimento di mansioni superiori. Di conseguenza, il lavoratore non ha diritto a mantenere la maggiore retribuzione se non prova l'effettivo svolgimento di compiti qualitativamente diversi e più complessi. La presunzione di svolgimento di tali mansioni da parte dei giudici di merito è stata ritenuta un errore giuridico, invertendo illegittimamente l'onere della prova.
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Legittimazione del fallito: quando può agire in giudizio?
La Cassazione chiarisce i limiti della legittimazione del fallito. Se il curatore fallimentare, dopo una precisa valutazione, ritiene non conveniente proseguire una causa, il soggetto fallito non può agire autonomamente. L'inerzia del curatore, che fonda la legittimazione del fallito, deve consistere in un totale disinteresse e non in una valutazione negativa di convenienza. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
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Contratto collettivo pubblico: la P.A. non sceglie
Un dipendente di un ente pubblico chiedeva differenze retributive per mansioni superiori basate su un contratto collettivo privato applicato di fatto. La Cassazione ha negato il diritto, stabilendo che nel pubblico impiego si applica inderogabilmente solo il contratto collettivo pubblico di comparto previsto per legge, e non quello scelto o applicato di fatto dall'amministrazione.
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Mansioni superiori CCNL: l’obbligo del giudice
Una dipendente di un ente pubblico ha richiesto differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione favorevole alla lavoratrice, stabilendo che i giudici di merito avevano errato nell'applicare un CCNL superato. La Corte ha ribadito che, in tema di mansioni superiori CCNL, il giudice ha l'obbligo di individuare e applicare d'ufficio il contratto collettivo vigente nel periodo di riferimento, anche se non indicato dalle parti, rinviando il caso alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Ricorso inammissibile: quando l’appello è un abuso
La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un imprenditore contro un istituto di credito. La decisione si basa sulla manifesta infondatezza dei motivi, che miravano a una nuova valutazione dei fatti già decisi nei gradi precedenti. Il ricorrente viene sanzionato per abuso del processo, poiché i suoi motivi erano generici e privi di fondamento, in particolare riguardo la richiesta di chiamata in causa di un terzo e la domanda di risarcimento danni non provata.
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Onere della prova: appello inammissibile senza prova
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due investitori che chiedevano la nullità di contratti di investimento e la restituzione di somme. La decisione si fonda sulla mancata dimostrazione del danno economico, confermando che l'onere della prova è un requisito fondamentale. La Corte ha inoltre sanzionato i ricorrenti per abuso del processo, condannandoli al pagamento di ulteriori somme per aver intrapreso un'azione legale palesemente infondata.
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Buoni postali: la Cassazione sui tassi e i timbri
Un risparmiatore ha citato in giudizio l'istituto postale per il mancato riconoscimento dei tassi di interesse originari sui suoi buoni postali per l'ultimo decennio di validità. Sul retro dei titoli era apposto un timbro che modificava i tassi solo per i primi venti anni. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo il suo orientamento consolidato: in caso di indicazioni incomplete o ambigue, non si applicano i tassi originari, ma si procede a un'integrazione del contratto sulla base dei decreti ministeriali vigenti per quella specifica serie di buoni. La Corte ha escluso la violazione del principio di buona fede e ha condannato il ricorrente per abuso del processo.
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Anzianità di servizio: parità per i docenti precari
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 16144/2024, ha accolto il ricorso di una docente, cassando la decisione della Corte d'Appello che negava la piena ricostruzione della carriera basata sull'anzianità di servizio maturata con contratti a termine. La Suprema Corte ha ribadito il principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato, imponendo la disapplicazione delle norme nazionali (art. 485 D.Lgs. 297/1994) e contrattuali (clausola di salvaguardia CCNL 2011) che creano disparità di trattamento, chiarendo l'errata interpretazione di una precedente sentenza della Corte di Giustizia UE.
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Buoni postali fruttiferi: tassi di interesse e legge
Un risparmiatore ha citato in giudizio l'ente emittente per aver ricevuto un importo inferiore alle aspettative al momento del rimborso dei suoi buoni postali fruttiferi. La differenza era dovuta a una modifica dei tassi di interesse stabilita da un decreto ministeriale successivo all'emissione dei titoli. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del risparmiatore, confermando che la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale è una condizione sufficiente per rendere efficaci i nuovi tassi, i quali si sostituiscono automaticamente alle condizioni originarie del contratto in virtù di una norma di legge.
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Mansioni dirigenziali: no a paga superiore se previste
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un ex funzionario di un ente previdenziale che rivendicava differenze retributive per lo svolgimento di presunte mansioni dirigenziali. La Corte ha stabilito che l'incarico di responsabile di un'area complessa rientrava nelle funzioni attribuibili alla sua qualifica apicale non dirigenziale, come previsto dalla legge e dalla contrattazione collettiva, la quale già riconosceva un trattamento economico aggiuntivo specifico, escludendo quindi il diritto a una retribuzione da dirigente.
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