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Giurisprudenza Civile

Responsabilità collegio sindacale: doveri e oneri
La Corte di Cassazione conferma la sanzione irrogata dall'Organo di Vigilanza a un membro del collegio sindacale di un istituto di credito. La decisione sottolinea la gravità dell'omessa vigilanza attiva, anche su problematiche preesistenti, e ribadisce che la responsabilità del collegio sindacale non è esclusa dalla non vincolatività dei pareri di una banca tutor. L'ordinanza chiarisce che spetta al sindaco sanzionato provare di aver agito senza colpa.
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Termine decadenziale contributi: la Cassazione decide
Una professionista si è opposta a una richiesta di pagamento di contributi previdenziali. La sua domanda per un versamento ridotto era stata respinta per superamento del termine decadenziale. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione precedente, stabilendo che il termine decadenziale imposto dall'ente previdenziale era illegittimo perché rendeva eccessivamente difficile l'esercizio del diritto della contribuente, violando l'articolo 2965 del Codice Civile. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Cancellazione albo: decorrenza e diritto alla pensione
La Corte di Cassazione ha stabilito che la decorrenza della cancellazione dall'albo professionale dipende dalla volontà dell'iscritto. Un ente previdenziale non può contestare la data se l'ordine professionale l'ha confermata, anche a distanza di anni, e se i contributi relativi al periodo contestato sono stati regolarmente accettati. La decisione conferma il diritto alla pensione di una professionista.
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Conguaglio espropriazione: quando non è dovuto
La richiesta di un Comune per un conguaglio espropriazione verso i membri di cooperative edilizie è stata respinta. La Cassazione ha confermato che la pretesa è infondata se l'ente non ha mai effettivamente pagato tale somma al proprietario originario dei terreni. La decisione si basa sul principio del pareggio economico e sull'inammissibilità di un ricorso che non contesta tutte le ragioni autonome della sentenza impugnata.
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Ricongiunzione contributi: l’accordo è vincolante
Un lavoratore ha contestato il costo della sua ricongiunzione contributi dopo aver accettato la proposta dell'ente previdenziale. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che l'accettazione genera un accordo di natura pubblicistica vincolante e irrevocabile, che impedisce qualsiasi successiva contestazione dell'onere economico calcolato.
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Domanda di ricongiunzione: la rinuncia è irrevocabile?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14857/2024, ha stabilito che una volta presentata e accettata dall'ente previdenziale una domanda di ricongiunzione dei contributi, il procedimento si considera perfezionato. Una successiva rinuncia da parte del lavoratore è irrilevante e non consente di presentare una nuova domanda al di fuori delle specifiche e restrittive condizioni di legge. La Corte ha quindi cassato la sentenza d'appello che aveva accolto la seconda istanza della lavoratrice, rigettando la sua domanda originaria.
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Conguaglio espropriazione: quando il comune non può chiederlo
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Comune che richiedeva un conguaglio espropriazione ai proprietari di immobili. La decisione si fonda su due principi: primo, il Comune non aveva mai sostenuto il costo iniziale che intendeva recuperare; secondo, l'obbligazione si era estinta per confusione. La Corte ha ribadito che, per essere ammissibile, un ricorso deve contestare tutte le ragioni autonome della sentenza impugnata.
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Vincolo espropriativo: appello inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Comune contro la decisione che lo condannava a pagare un'indennità per l'acquisizione di un terreno privato. La Corte ha stabilito che il vincolo urbanistico imposto per la realizzazione di una strada pubblica aveva natura di vincolo espropriativo. Il ricorso del Comune è stato respinto per motivi procedurali, in quanto generico, non specifico e volto a una non consentita rivalutazione dei fatti.
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Cessione crediti in blocco: prova e legittimazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14852/2024, si è pronunciata su un caso di azione revocatoria in cui era contestata la legittimazione del creditore, subentrato a seguito di una cessione crediti in blocco. La Corte ha stabilito che la sola pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non è sufficiente a provare la titolarità del singolo credito se questa viene contestata. Tuttavia, ha ritenuto ammissibile la produzione del contratto di cessione in appello per fornire tale prova e ha confermato che la consapevolezza del danno da parte del terzo può essere provata anche tramite presunzioni basate su elementi come i rapporti di parentela.
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Azione revocatoria: ipoteca su beni del garante
Un istituto di credito ha intentato un'azione revocatoria contro due fideiussori che avevano concesso un'ipoteca sui propri beni a favore di una terza società, sostenendo che tale atto pregiudicasse il recupero del credito. La Corte di Cassazione ha confermato l'inefficacia dell'ipoteca, ribadendo i principi fondamentali dell'azione revocatoria, come la nozione di danno al creditore (eventus damni) e la consapevolezza del debitore (scientia damni). Tuttavia, ha parzialmente accolto il ricorso dei garanti sulla questione delle spese legali, stabilendo che la banca deve rimborsare le spese sostenute dalla garante risultata estranea al rapporto debitorio principale.
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Conferimento socio cooperativa: diritto al prezzo?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14850/2024, ha stabilito che il diritto del socio di una cooperativa agricola a ricevere un compenso per il conferimento dei propri prodotti non è automatico, ma dipende dalle specifiche previsioni dello statuto e del regolamento interno. Nel caso esaminato, un socio produttore di latte si è visto negare il pagamento a causa delle perdite registrate dalla cooperativa nell'anno di riferimento. La Corte ha chiarito che, sebbene esista un rapporto di scambio distinto dal contratto sociale, le sue modalità, inclusa la remunerazione, sono disciplinate dalle regole della cooperativa. Poiché il regolamento legava il valore definitivo del conferimento socio cooperativa ai risultati di bilancio, la perdita d'esercizio ha legittimamente escluso il diritto del socio al pagamento.
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Canone Telecomunicazioni Autostrade: Cassazione chiarisce
Una società di telecomunicazioni installava cavi in fibra ottica lungo la rete autostradale in base ad accordi che prevedevano un canone annuo. Con l'entrata in vigore del Codice delle Comunicazioni Elettroniche (CCE), la società interrompeva i pagamenti, sostenendo che la nuova legge avesse eliminato tale onere. La Corte di Cassazione ha stabilito che, nonostante il principio generale del CCE volto a rimuovere oneri per favorire la concorrenza, una norma specifica (Art. 94) per le autostrade conferma l'obbligo di pagare un'indennità. Di conseguenza, il canone telecomunicazioni autostrade resta dovuto. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Tempo tuta: quando va pagato? La Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14848/2024, ha stabilito che il tempo impiegato da un lavoratore tra la timbratura del cartellino all'ingresso e il login alla propria postazione, così come il percorso inverso a fine turno, deve essere considerato orario di lavoro effettivo e quindi retribuito. Il caso riguardava alcuni dipendenti di una società di telecomunicazioni. La Corte ha rigettato il ricorso dell'azienda, affermando che questo lasso di tempo, definito 'tempo tuta', rientra nell'orario di lavoro quando le attività preparatorie sono necessarie, obbligatorie e soggette al potere direttivo del datore di lavoro, che decide l'organizzazione della sede e le procedure da seguire.
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Istanza di fallimento: il rinvio non è rinuncia
La Cassazione ha stabilito che la richiesta di rinvio di un'udienza prefallimentare, avanzata dal creditore in attesa di un pagamento, non costituisce una rinuncia tacita all'istanza di fallimento. La rinuncia deve essere espressa. Di conseguenza, il tribunale può dichiarare il fallimento anche dopo tale richiesta. La Corte ha cassato la decisione d'appello che aveva revocato il fallimento, ritenendo erroneamente che il rinvio implicasse una desistenza.
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Orario di lavoro effettivo: il tempo per il login vale
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha stabilito che il tempo impiegato da un lavoratore tra la timbratura del cartellino all'ingresso e il login alla postazione di lavoro deve essere considerato orario di lavoro effettivo e, di conseguenza, retribuito. La Corte ha respinto il ricorso di una grande società di telecomunicazioni, la quale sosteneva che tale periodo non fosse sotto il suo diretto potere di controllo. Secondo i giudici, tutte le attività preparatorie, necessarie e obbligatorie per l'inizio della prestazione, rientrano a pieno titolo nell'orario di lavoro, poiché il dipendente è già a disposizione dell'azienda.
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Appello Giudice di Pace: quando è possibile?
Una cittadina contestava un contratto per un loculo cimiteriale con un Comune. Dopo una vittoria iniziale davanti al Giudice di Pace, il Comune ha proposto appello per difetto di giurisdizione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della cittadina, chiarendo che, dopo la riforma del 2006, un appello giudice di pace contro una sentenza di equità è ammissibile per violazione delle norme sul procedimento, categoria che include espressamente le questioni di giurisdizione.
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Orario di lavoro: il tempo per log-in è retribuito
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14843/2024, ha stabilito che il tempo impiegato dal lavoratore per spostarsi dall'ingresso aziendale alla postazione e per avviare i sistemi informatici rientra a pieno titolo nell'orario di lavoro e deve essere retribuito. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di una grande società di telecomunicazioni, confermando la nullità della clausola del contratto aziendale che escludeva tale periodo dal computo delle ore lavorate. Si tratta di attività preparatorie essenziali, svolte sotto la direzione del datore di lavoro, e quindi da considerarsi prestazione lavorativa effettiva.
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Credito da ristorni: quando spetta al socio consorziato?
Una società di supermercati ha visto respingere la sua richiesta di ammissione di un credito da ristorni al passivo di un consorzio di acquisto fallito. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, chiarendo che il diritto a tali somme non è automatico ma è subordinato alle condizioni previste dallo statuto e dal regolamento consortile, come la regolarità dei pagamenti del socio e la salute finanziaria del consorzio stesso, condizioni che in questo caso non erano state soddisfatte.
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Società consortile: responsabilità e ristorni ai soci
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un socio contro il fallimento di una società consortile. Il socio chiedeva l'ammissione di un credito per "ristorni". La Corte ha confermato la decisione di merito, che negava il diritto al credito poiché il socio non era in regola con i pagamenti e la società era insolvente, condizioni ostative previste dal regolamento interno. La Cassazione ha ribadito che l'interpretazione del contratto è riservata al giudice di merito.
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Cessione del ramo d’azienda: i requisiti essenziali
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 14840/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società tecnologica contro la sentenza che aveva giudicato inefficace la cessione del ramo d'azienda ad un'altra impresa. Al centro della decisione vi è il principio secondo cui, per una valida cessione del ramo d'azienda ai sensi dell'art. 2112 c.c., il ramo trasferito deve possedere i requisiti di autonomia funzionale e preesistenza al momento della cessione, senza i quali è necessario il consenso del lavoratore.
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