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Giurisprudenza Civile

Onere della prova pagamento: chi deve dimostrare?
Un fornitore ottiene un decreto ingiuntivo per fatture non pagate. Il cliente si oppone, sostenendo di aver pagato con due assegni. La Corte d'Appello chiarisce che, in un rapporto commerciale continuativo, non basta provare di aver pagato; l'onere della prova pagamento ricade sul debitore, che deve dimostrare il nesso specifico tra il pagamento e il debito contestato. La Corte ha quindi riformato la sentenza di primo grado, condannando il debitore al pagamento.
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Contratto preliminare inadempimento: chi paga?
La Corte d'Appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado in un caso di contratto preliminare inadempimento. La promittente venditrice è stata ritenuta la parte inadempiente per non aver cancellato un'ipoteca, fornito i certificati necessari e saldato i debiti condominiali. Di conseguenza, è stata rigettata la sua richiesta di risoluzione del contratto ed è stata confermata l'esecuzione in forma specifica a favore del promissario acquirente, che aveva designato un terzo per l'acquisto.
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Competenza giudice ordinario su terreni ex demaniali
Una società ha ricevuto un terreno da un comune, poi scoperto essere un ex alveo fluviale appartenente al demanio. La Corte di Cassazione ha risolto un conflitto di giurisdizione, affermando la competenza del giudice ordinario. La decisione si basa sul fatto che la disputa riguarda la proprietà di un terreno che ha perso la sua natura demaniale, non richiedendo quindi le indagini tecniche specialistiche del Tribunale delle Acque Pubbliche.
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Errore revocatorio: l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione basato su un presunto errore revocatorio. Il caso riguardava una società fallita che accusava la Corte di aver erroneamente percepito l'assenza di contestazioni su una clausola di compensazione. La Suprema Corte ha chiarito che la sua precedente decisione si basava su un'interpretazione giuridica degli atti processuali, non su una svista fattuale, ribadendo la netta distinzione tra errore di giudizio ed errore di fatto, l'unico che può giustificare la revocazione.
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Appalto fittizio: obblighi fiscali dell’utilizzatore
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22233/2024, ha stabilito un principio cruciale in materia di appalto fittizio. Se un contratto di appalto di servizi maschera una somministrazione illecita di manodopera, l'azienda utilizzatrice è considerata l'effettivo datore di lavoro. Di conseguenza, essa è tenuta a versare le ritenute fiscali per i lavoratori, indipendentemente da un'azione legale da parte di questi ultimi. Inoltre, i costi fatturati e l'IVA relativa a tale contratto non sono deducibili né detraibili, poiché l'operazione è considerata inesistente.
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Giudizio di rinvio: limiti del giudice e onere prova
La Corte di Cassazione chiarisce i poteri del giudice nel giudizio di rinvio. In un caso di contratto a termine, la Corte ha stabilito che il giudice di rinvio, incaricato di rivalutare la sussistenza del mutuo consenso alla risoluzione del rapporto, ha agito correttamente considerando nuove circostanze, come la mancata iscrizione della lavoratrice in graduatorie per future assunzioni, per dedurre un suo disinteresse alla prosecuzione del rapporto. L'ordinanza conferma che il giudice del rinvio non è vincolato alla sola analisi dei punti specifici indicati, ma può compiere una nuova e complessiva valutazione dei fatti.
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Riassunzione tardiva: processo estinto e somme dovute
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione di un intero processo a causa della riassunzione tardiva del giudizio di rinvio da parte di un lavoratore. A seguito di questa decisione, tutte le sentenze precedenti sono state annullate e il lavoratore è stato condannato a restituire le somme precedentemente ricevute a titolo di risarcimento del danno dalla società datrice di lavoro. La Corte ha sottolineato come il mancato rispetto del termine per la riassunzione manifesti un disinteresse alla prosecuzione della causa, giustificando la conseguenza drastica dell'estinzione.
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Trattenute sindacali: il rifiuto del datore è illegittimo
La Corte di Cassazione ha confermato che il rifiuto di un'azienda di effettuare le trattenute sindacali richieste da un lavoratore costituisce condotta antisindacale. La richiesta del lavoratore è stata qualificata come una cessione di credito a favore del sindacato. L'azienda, per legittimare il proprio rifiuto, avrebbe dovuto dimostrare un aggravamento insostenibile della propria posizione, cosa che non ha fatto. La Corte ha stabilito che, anche dopo il referendum del 1995 che ha abrogato l'obbligo di trattenuta, i lavoratori possono liberamente disporre del proprio credito retributivo tramite la cessione, e il rifiuto ingiustificato del datore di lavoro lede sia i diritti individuali del lavoratore sia quelli del sindacato.
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Interpretazione accordi sindacali: il ruolo del merito
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di una società di trasporti in materia di inquadramento professionale dei dipendenti a seguito di una fusione. La Corte ribadisce che l'interpretazione degli accordi sindacali è un'indagine di fatto riservata al giudice di merito. L'azienda sosteneva che dovesse valere l'anzianità totale, mentre i giudici di merito, con decisione confermata, hanno ritenuto corretto basarsi sull'anzianità maturata nella mansione specifica, come previsto dalla corretta interpretazione degli accordi sindacali applicabili.
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Pensione di vecchiaia invalidità: adeguamenti età
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha stabilito che la pensione di vecchiaia invalidità è soggetta all'adeguamento dell'età pensionabile in base all'incremento della speranza di vita. La Corte ha cassato la precedente decisione della Corte d'Appello, la quale aveva escluso tale adeguamento, chiarendo che lo stato di invalidità costituisce solo una condizione per accedere anticipatamente al trattamento di vecchiaia, senza però alterarne la natura. Pertanto, si applicano le regole generali sull'aumento dell'età pensionabile.
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Contestazione disciplinare: limiti e reintegra
La Corte di Cassazione conferma l'annullamento di un licenziamento per assenza ingiustificata. Poiché la contestazione disciplinare iniziale non menzionava l'insubordinazione e il codice aziendale prevedeva una sanzione conservativa per il fatto provato (assenza di due ore), il licenziamento è stato ritenuto illegittimo, con conseguente ordine di reintegrazione della lavoratrice.
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Pensione invalidi: si applica la finestra mobile?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la cosiddetta "finestra mobile", ovvero il differimento di 12 mesi per l'accesso alla pensione, si applica anche alla pensione di vecchiaia anticipata per gli invalidi con una percentuale superiore all'80%. La Corte ha chiarito che la normativa del 2010 ha un'applicazione generale, non escludendo questa categoria di lavoratori. La successiva riforma Fornero, che ha abolito le finestre dal 2012, non ha effetto retroattivo sui diritti maturati in precedenza. Di conseguenza, l'Ente previdenziale ha legittimamente richiesto il rispetto del periodo di attesa prima di erogare la prestazione.
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Pensione anticipata invalidi: si applica la finestra?
Un lavoratore con invalidità all'80% si era visto riconoscere dalla Corte d'Appello il diritto alla pensione anticipata senza l'applicazione della cosiddetta 'finestra mobile' di 12 mesi. L'ente previdenziale ha impugnato la decisione. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che la finestra mobile si applica anche alla pensione anticipata invalidi, poiché la normativa che l'ha introdotta ha una portata generale e la successiva riforma Fornero non ha modificato questa specifica categoria. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello.
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Restituzione contributi: no se superi 40 anni
Un dipendente pubblico ha chiesto la restituzione dei contributi versati al suo ente datore di lavoro dopo aver raggiunto 40 anni di servizio, ritenendoli non più utili. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, dichiarando il ricorso inammissibile. La motivazione si fonda sul principio di solidarietà del sistema previdenziale, che non prevede un rapporto di scambio diretto tra contributi pagati e pensione ricevuta. Pertanto, non esiste un diritto automatico alla restituzione dei contributi, salvo che non sia espressamente previsto da una legge specifica.
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Querela di falso: onere della prova e atti interni
Un genitore ha presentato una querela di falso contro il decreto di nomina di un supplente, sostenendo fosse stato creato dopo lo scrutinio in cui suo figlio non era stato promosso. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che nella querela di falso l'onere della prova è a carico di chi accusa e che un atto amministrativo interno, come una nomina scolastica, non ha il valore di atto pubblico certificativo e non può essere contestato con tale strumento.
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Deposito telematico tardivo: ricorso inammissibile
La Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per cassazione a causa di un deposito telematico tardivo. I ricorrenti, dopo un tentativo di deposito fallito, hanno atteso oltre un mese prima di attivarsi, un ritardo ritenuto ingiustificato per concedere la rimessione in termini.
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Termine procedimento disciplinare: cosa succede se scade?
La Corte di Cassazione conferma che la violazione del termine per il procedimento disciplinare previsto da un contratto collettivo comporta l'illegittimità del licenziamento, ma con una sanzione indennitaria anziché la reintegrazione. Nel caso di specie, un'azienda di sicurezza ha licenziato un dipendente superando il termine di 30 giorni. La Corte ha stabilito che tale violazione, essendo di natura procedurale, rientra nella tutela prevista dall'art. 18, comma 6, dello Statuto dei Lavoratori, condannando la società a un'indennità pari a sei mensilità e rigettando sia il ricorso dell'azienda che quello del lavoratore che chiedeva una tutela maggiore.
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Termini impugnazione licenziamento: la Cassazione chiarisce
Un autista ha contestato il licenziamento, l'inquadramento e il mancato pagamento di straordinari. La Cassazione ha stabilito che i termini impugnazione licenziamento di 60 giorni decorrono dalla consegna dell'avviso di giacenza, non dal ritiro della raccomandata. Le richieste su inquadramento e straordinari sono state respinte per mancanza di prove. Tuttavia, la Corte ha annullato la sentenza per omessa pronuncia su altre voci retributive, rinviando il caso alla Corte d'Appello per una nuova valutazione su quel punto specifico.
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Licenziamento sproporzionato: Cassazione e indennità
Una società ha licenziato un dipendente per presunta slealtà. La Corte d'Appello ha ritenuto il licenziamento sproporzionato. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso dell'azienda. Ha ribadito che la valutazione della proporzionalità è di competenza del giudice di merito e che il calcolo dell'indennità deve seguire le norme del Jobs Act come interpretate dalla Corte Costituzionale.
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Licenziamento disciplinare: unità produttiva e sanzioni
La Cassazione conferma l'illegittimità di un licenziamento disciplinare. I giudici hanno stabilito che l'azienda non ha provato l'autonomia delle sue sedi come distinte 'unità produttive' e che le condotte del lavoratore non giustificavano il licenziamento, ma solo sanzioni conservative.
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