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Giurisprudenza Civile

Deposito ricorso Cassazione: termine perentorio
La Corte di Cassazione dichiara improcedibile un ricorso in materia di sanzioni amministrative a causa del tardivo deposito ricorso Cassazione. L'ordinanza sottolinea che il termine di 20 giorni dalla notifica è perentorio e la sua violazione, rilevabile d'ufficio, non è sanata dalla costituzione della controparte. La parte ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese legali e al versamento di un ulteriore contributo unificato.
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Obbligazione propter rem: no del Comune a soci
Un Comune ha citato in giudizio gli assegnatari di alloggi di una cooperativa edilizia per ottenere il pagamento di un conguaglio sul costo dei suoli. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del Comune, chiarendo che tale debito non costituisce un'obbligazione propter rem. In assenza di un'esplicita clausola nella convenzione originaria o di un accollo del debito da parte degli acquirenti, l'unico soggetto tenuto al pagamento resta la cooperativa che ha stipulato l'accordo con l'ente locale.
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Ripetizione di indebito: la PA può agire sul dipendente
Un ex dirigente di un ente locale si è opposto alla richiesta di restituzione di emolumenti percepiti e ritenuti non dovuti. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17324/2024, ha respinto il ricorso, confermando che la Pubblica Amministrazione può agire con l'azione di ripetizione di indebito per recuperare somme erogate senza una valida base normativa o contrattuale, anche se il lavoro è stato svolto.
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Ripetizione indebito pubblico impiego: la Cassazione
Un Comune ha ottenuto la condanna di un suo ex dirigente alla restituzione di ingenti somme percepite a titolo di retribuzione di posizione e di risultato, ma ritenute non dovute. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso del dirigente, confermando la piena legittimità dell'azione di ripetizione indebito nel pubblico impiego quando le erogazioni sono prive di copertura contrattuale e finanziaria. La Corte ha chiarito che le normative sopravvenute non precludono l'azione diretta di recupero verso il dipendente.
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Ripetizione dell’indebito: PA può agire sul dipendente
Un ente locale ha agito per la ripetizione dell'indebito contro un suo ex dirigente per recuperare retribuzioni non dovute. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità dell'azione diretta, rigettando il ricorso del lavoratore. La Corte ha chiarito che le normative speciali sul recupero crediti della PA non escludono l'applicazione della norma generale del Codice Civile (art. 2033 c.c.), che consente di chiedere la restituzione direttamente a chi ha ricevuto il pagamento non dovuto.
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Rinuncia al ricorso: l’estinzione del giudizio
Un caso giudiziario riguardante danni da infiltrazioni immobiliari si conclude in Cassazione non con una decisione nel merito, ma con una declaratoria di estinzione del giudizio. L'ordinanza analizza gli effetti della rinuncia al ricorso presentata dall'appellante e accettata dalla controparte, con conseguente compensazione integrale delle spese legali. La Corte chiarisce che la rinuncia comporta l'esenzione dal pagamento del cosiddetto 'doppio contributo unificato'.
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Ripetizione indebito pubblico impiego: quando è dovuta
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17317/2024, ha confermato l'obbligo di due ex dirigenti pubblici di restituire le retribuzioni di posizione e di risultato percepite indebitamente. La sentenza chiarisce che la ripetizione indebito nel pubblico impiego è legittima quando tali emolumenti non sono previsti dalla contrattazione collettiva e sono privi di copertura finanziaria, respingendo le difese dei lavoratori basate su vizi procedurali e sul principio di giusta retribuzione.
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Danno comunitario: sì al risarcimento per precariato
Un'azienda sanitaria è stata condannata a versare il cosiddetto danno comunitario a un ex dipendente a termine. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell'azienda, chiarendo che la successiva assunzione a tempo indeterminato del lavoratore, avvenuta tramite concorso, non annulla il suo diritto a essere risarcito per il precedente abuso di contratti a termine. È stato inoltre precisato che la retribuzione percepita durante il periodo precario non può essere detratta dal risarcimento, in quanto costituisce il corrispettivo per il lavoro svolto.
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Carenza di interesse: ricorso inammissibile
Un'azienda sanitaria impugnava una sentenza che la condannava al risarcimento per illegittima apposizione di termini a un contratto di lavoro. In Cassazione, le parti hanno raggiunto un accordo, portando la Corte a dichiarare il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse e a compensare le spese legali.
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Danno comunitario: onere della prova e quantificazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un'azienda sanitaria pubblica, confermando la condanna al risarcimento del danno comunitario a una lavoratrice per l'illegittima reiterazione di contratti a termine. La Corte ha chiarito che spetta al lavoratore dimostrare solo l'esistenza del rapporto di lavoro, mentre è onere del datore di lavoro pubblico provare la legittimità dei contratti. È stata inoltre confermata la correttezza dei criteri usati per quantificare il risarcimento, basati sulla durata complessiva del rapporto illegittimo.
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Sopravvenuta carenza di interesse: stop al processo
Un'azienda sanitaria regionale aveva impugnato una decisione che riconosceva un risarcimento a una lavoratrice per l'illegittimità di contratti a termine. Durante il giudizio in Cassazione, le parti hanno raggiunto un accordo. La Corte ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, compensando le spese legali e chiarendo che in questi casi non si applicano sanzioni per liti temerarie.
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Contratto a termine nullo: no alla conversione automatica
La Cassazione chiarisce che un contratto a termine nullo con un'Azienda Pubblica di Servizi alla Persona non può essere convertito in un rapporto a tempo indeterminato. L'obbligo di procedure selettive pubbliche per le assunzioni prevale. Inoltre, in caso di vizio formale di un unico contratto, il lavoratore deve provare il danno subito, non potendo beneficiare di indennità forfettarie.
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Responsabilità banca negoziatrice: quando è diligente?
Una compagnia assicurativa ha citato in giudizio una banca per aver pagato assegni non trasferibili, smarriti e alterati, a un soggetto non legittimato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della compagnia, confermando la decisione di merito che aveva escluso la responsabilità della banca negoziatrice. La Corte ha ritenuto che il giudice d'appello avesse correttamente valutato la diligenza dell'istituto di credito nell'identificazione del presentatore, e ha dichiarato inammissibili i motivi di ricorso che miravano a una nuova valutazione dei fatti, compito precluso in sede di legittimità.
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Natura giuridica IPAB: giurisdizione e onere prova
Dei lavoratori hanno citato in giudizio un'IPAB per il pagamento di straordinari. La Corte d'Appello ha negato la propria giurisdizione, ritenendo l'ente pubblico. La Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando la competenza del giudice ordinario. Il punto cruciale è la natura giuridica IPAB nel periodo in cui è sorto il diritto. La Corte ha stabilito che l'onere di provare la natura pubblica spetta all'ente e ha definito i criteri per accertarne la natura privata, basati su origine, amministrazione e finanziamento.
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Danno da animali: la responsabilità del caseificio
Un cliente, morso da un cane presso un esercizio commerciale, ha citato in giudizio sia il proprietario dell'animale sia il negozio. La Cassazione ha escluso la responsabilità del negozio, chiarendo che il giudice non può applicare d'ufficio una norma sulla responsabilità (in questo caso, per cose in custodia ex art. 2051 c.c.) se l'attore non l'ha specificamente invocata. La decisione sottolinea l'importanza di una corretta impostazione della domanda giudiziale in caso di danno da animali, definendo i limiti del principio 'jura novit curia'.
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Notifica tardiva: l’errore sull’indirizzo è fatale
Una società di servizi finanziari ha impugnato una condanna per il pagamento negligente di un assegno. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile a causa di una notifica tardiva. La Corte ha chiarito che è onere della parte notificante verificare l'indirizzo aggiornato del legale avversario, specialmente se iscritto nello stesso foro, rendendo l'errore di notifica non scusabile e il ricorso improcedibile.
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Interesse ad agire: quando un ricorso è inammissibile
Un gruppo bancario ha presentato ricorso per la revocazione di un'ordinanza della Cassazione relativa all'imposta di registro. Durante il procedimento, una sentenza di merito favorevole ha soddisfatto le pretese del gruppo. La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile per la sopravvenuta carenza di interesse ad agire, poiché l'obiettivo del ricorrente era stato raggiunto per altra via.
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Inammissibilità ricorso fallimento: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso di una S.r.l. contro la propria dichiarazione di fallimento. Il ricorso è stato respinto perché riproponeva le stesse questioni già esaminate e decise dalla Corte d'Appello, trasformando il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito. La Corte ha confermato che lo stato di insolvenza era preesistente alla pandemia, aggravato da falsificazione di bilanci e atti di dissipazione patrimoniale, rendendo l'inammissibilità del ricorso fallimento una conseguenza inevitabile.
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Fallimento su istanza del PM: legittimità e limiti
Una società in liquidazione ha impugnato la propria dichiarazione di fallimento, richiesta dal Pubblico Ministero (PM) in assenza di procedimenti penali. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la piena legittimità del fallimento su istanza del PM, che può agire ogni qualvolta apprenda una notizia di insolvenza nell'esercizio delle sue funzioni. La Corte ha inoltre ribadito i criteri per l'accertamento della cosiddetta "insolvenza statica" per le società in liquidazione, confermando che la valutazione si basa sulla capacità del patrimonio residuo di soddisfare integralmente tutti i creditori.
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Documento indispensabile: quando si può in appello
Un correntista cita in giudizio un istituto di credito per la restituzione di somme indebitamente pagate su conti correnti. Il tribunale e la corte d'appello negano la responsabilità della banca per alcuni rapporti, originariamente intrattenuti con un altro ente, per difetto di legittimazione passiva. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso del cliente, stabilendo che la corte d'appello ha errato a non valutare un atto notarile, prodotto per la prima volta in secondo grado, in quanto potenziale documento indispensabile per provare la successione della banca nei rapporti controversi. La sentenza viene cassata con rinvio.
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