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Giurisprudenza Civile

Rinuncia ex lege ricorso: estinzione per mancata istanza
La Cassazione chiarisce che la mancata presentazione dell'istanza di decisione, a seguito della proposta di definizione anticipata, configura una rinuncia ex lege ricorso. In un caso tra un professionista e una provincia, entrambi i ricorsi sono stati dichiarati estinti perché nessuna delle parti ha chiesto di procedere, rendendo inammissibili anche le questioni di costituzionalità sollevate.
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Litisconsorzio necessario: terzi pignorati sempre parti
Una sentenza della Cassazione stabilisce il principio del litisconsorzio necessario nei giudizi di opposizione a pignoramento. Se i terzi pignorati non vengono citati in giudizio, si verifica una nullità insanabile. La Corte ha cassato la sentenza d'appello per mancata integrità del contraddittorio, rimandando la causa al primo giudice.
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Errore di fatto revocatorio: quando non si applica?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 14974/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione, stabilendo un principio chiave: un errore del giudice nella valutazione di una questione processuale, come la tardività di un atto, non costituisce un errore di fatto revocatorio. Quest'ultimo si configura solo come un errore di percezione su un fatto decisivo, non come un errore di giudizio. La decisione sottolinea la distinzione tra errore percettivo e vizio di motivazione, condannando il ricorrente alle spese e al pagamento del doppio contributo unificato.
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Azione di rivalsa: ok alla condanna condizionata
Una società di leasing, citata in giudizio per vizi di un immobile venduto, ha intrapreso un'azione di rivalsa contro il venditore originario. La Corte di Cassazione ha stabilito la legittimità della condanna condizionata del venditore a tenere indenne la società, anche prima della conclusione del giudizio principale. Questa pronuncia chiarisce che l'azione di rivalsa autonoma è ammissibile, richiedendo al giudice un accertamento incidentale della responsabilità nel rapporto principale, senza dover attendere il giudicato.
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Cessazione materia del contendere: l’accordo che estingue
Una società e il suo legale rappresentante hanno citato in giudizio un istituto di credito per la presunta nullità di clausole su interessi e commissioni. Dopo aver perso in primo e secondo grado per mancata produzione dei contratti, le parti hanno raggiunto un accordo durante il ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, rendendo inefficace la sentenza d'appello e stabilendo che, in questi casi, non si applica il raddoppio del contributo unificato.
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Estinzione del giudizio: rinuncia in Cassazione
Un complesso contenzioso bancario, giunto fino alla Corte di Cassazione, si è concluso con una declaratoria di estinzione del giudizio. I ricorrenti hanno presentato un atto di rinuncia al ricorso, che è stato accettato dalla banca controricorrente. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato il processo estinto, compensando le spese legali tra le parti e rendendo definitiva la sentenza della Corte d'Appello.
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Consolidamento ricorsi: la decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha disposto il consolidamento di due ricorsi identici, presentati a poche ore di distanza l'uno dall'altro dalle stesse parti e contro la medesima ordinanza. La Corte ha ritenuto che la duplicazione fosse dovuta a un disguido e, in applicazione del principio di economia processuale, ha ordinato che i due procedimenti venissero riuniti in uno solo. Questa ordinanza evidenzia la gestione di errori procedurali attraverso il consolidamento ricorsi.
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Cessione contratto di locazione: la Cassazione decide
Una società cede un ramo d'azienda senza formalizzare la cessione del contratto di locazione. Il locatore stipula un nuovo contratto con l'acquirente, estinguendo di fatto il precedente. La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso della società cedente, confermando che la stipula di un nuovo accordo locativo, accettato dalle parti, prevale e sostituisce il contratto originario.
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Remunerazione medici specializzandi: sì anche pre-1982
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14941/2024, ha stabilito che la remunerazione medici specializzandi spetta anche a chi ha iniziato il corso prima del 1982, per il periodo successivo al 1° gennaio 1983, in linea con il diritto UE. Ha inoltre chiarito che una precedente sentenza su una specializzazione non costituisce giudicato per una seconda e distinta specializzazione, respingendo l'appello dello Stato.
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Inquadramento superiore: quando non spetta la qualifica
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un dipendente bancario che chiedeva un inquadramento superiore e il risarcimento per mobbing. La decisione si fonda sulla mancata prova da parte del lavoratore che le mansioni di livello più alto fossero svolte in maniera prevalente, come richiesto dal contratto collettivo. Inoltre, la Corte ha confermato l'assenza di prove sufficienti a dimostrare le condotte di mobbing da parte del datore di lavoro.
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Subentro nell’appalto: l’obbligo di assunzione
Nel caso di subentro nell'appalto di servizi, la Corte di Cassazione chiarisce l'obbligo di assunzione per la nuova impresa. Un ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava la 'ratio decidendi' basata sulla clausola sociale, ma solo quella sull'art. 2112 c.c. La Corte sottolinea l'importanza di impugnare tutti i fondamenti alternativi della decisione di merito per evitare l'inammissibilità.
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Frazionamento del credito: la Cassazione alle Sezioni Unite
Una società cooperativa ha contestato la pratica di un professionista di suddividere il proprio credito per compensi in più azioni legali, denunciando un abusivo frazionamento del credito. La Corte di Cassazione, rilevando un contrasto giurisprudenziale sulle conseguenze di tale pratica (improponibilità della domanda o solo sanzioni sulle spese processuali), ha sospeso la decisione e ha rimesso la questione alle Sezioni Unite per ottenere un principio di diritto definitivo.
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Contratti a termine agricoltura: i limiti per enti
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14924/2024, ha stabilito che un ente pubblico non economico non può essere qualificato come imprenditore agricolo. Di conseguenza, non può beneficiare delle deroghe previste per i contratti a termine agricoltura. La Corte ha ribadito che il concetto di 'stagionalità' deve essere interpretato in senso restrittivo, escludendo le attività continuative. La sentenza di secondo grado, che aveva giustificato la reiterazione di contratti a termine, è stata cassata con rinvio.
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Mutatio libelli: quando non c’è domanda nuova
Una dirigente veterinaria ha citato in giudizio l'azienda sanitaria per cui lavorava, chiedendo un risarcimento per essere stata esclusa da un'attività lavorativa retribuita. La Corte d'Appello aveva dichiarato inammissibile il suo appello, ritenendo che avesse modificato la sua domanda originale (c.d. mutatio libelli). La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, chiarendo che specificare la natura giuridica di un'attività senza alterare i fatti principali non costituisce una domanda nuova. Il caso è stato quindi rinviato alla Corte d'Appello per una decisione nel merito.
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Contratti a termine agricoltura: Limiti e Stagionalità
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14922/2024, interviene sulla questione dei contratti a termine in agricoltura stipulati da un ente pubblico. La Corte ha stabilito che le deroghe alla durata massima dei contratti a termine nel settore agricolo si applicano solo per attività genuinamente stagionali e non per mansioni continuative. Ha chiarito che un ente pubblico agricolo non è un 'imprenditore agricolo' e che l'onere di provare la natura stagionale del rapporto grava sul datore di lavoro. La sentenza della Corte d'Appello è stata quindi cassata con rinvio.
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Contratti a termine agricoltura: i limiti per l’ente
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14921/2024, ha stabilito che un ente pubblico non economico operante nel settore agricolo non può essere qualificato come 'imprenditore agricolo'. Di conseguenza, non può avvalersi delle deroghe più ampie previste per i contratti a termine agricoltura. La Corte ha chiarito che la reiterazione di tali contratti è illegittima se mira a coprire esigenze lavorative stabili e non genuinamente stagionali, anche nel settore agricolo. L'onere di provare la natura stagionale delle mansioni ricade sul datore di lavoro. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Scorrimento graduatorie: stop con una nuova legge
La Corte di Cassazione ha stabilito che lo scorrimento graduatorie non è un diritto acquisito. Se una nuova legge (ius superveniens) modifica le regole per le progressioni di carriera, questa si applica anche a procedure concorsuali bandite in precedenza, bloccando di fatto lo scorrimento se non più conforme alla nuova disciplina. Il caso riguardava dipendenti pubblici che, pur idonei in una graduatoria per una progressione verticale, si sono visti negare l'assunzione a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 150/2009, che ha imposto nuove e più restrittive modalità per le progressioni interne.
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Scorrimento graduatorie: no al diritto soggettivo
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14917/2024, ha stabilito che lo scorrimento delle graduatorie nel pubblico impiego non costituisce un diritto soggettivo per i candidati idonei. Il caso riguardava due dipendenti pubblici risultati idonei in una procedura di progressione verticale, i quali chiedevano l'assunzione tramite scorrimento. La Corte ha accolto il ricorso dell'Amministrazione, affermando che la sopravvenuta normativa (D.Lgs. 150/2009), che impone il concorso pubblico per tali progressioni, prevale e impedisce l'utilizzo di graduatorie derivanti da procedure interamente interne, anche se bandite in precedenza.
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Equiparazione retributiva: no tra civili e militari
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni dipendenti civili del Ministero della Difesa che chiedevano l'equiparazione retributiva con il personale militare (marescialli). La Corte ha ribadito la netta distinzione tra il rapporto di lavoro del personale civile, regolato da contratti collettivi, e quello del personale militare, disciplinato dal diritto pubblico. Questa differenza impedisce un confronto diretto e una conseguente equiparazione dello stipendio. Il ricorso è stato inoltre respinto per motivi procedurali, inclusa la mancanza di specificità.
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Soccombenza: chi paga le spese legali? La Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14912/2024, ha chiarito un punto cruciale sul principio di soccombenza. Un ente previdenziale nazionale, pur avendo ottenuto una riduzione del debito verso una pensionata in sede di rinvio, è stato comunque condannato a pagare tutte le spese legali. La Corte ha stabilito che la soccombenza va valutata sull'esito globale dell'intero giudizio, e non sulle singole fasi. Poiché l'ente era risultato complessivamente la parte perdente, la condanna alle spese è stata confermata.
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