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Giurisprudenza Civile

Licenziamento disciplinare: la nota spese falsa basta
Una dipendente pubblica veniva licenziata per aver presentato note spese falsificate al fine di ottenere rimborsi non dovuti. La lavoratrice ha impugnato il licenziamento lamentando vizi procedurali e sproporzione della sanzione. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare, stabilendo che una condotta fraudolenta di questo tipo rompe in modo irreparabile il vincolo di fiducia con il datore di lavoro, giustificando la massima sanzione.
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Credito ipotecario: quando opporsi al piano del debitore
Una società finanziaria ha impugnato l'approvazione di un piano di composizione della crisi perché il suo credito, garantito da ipoteca, era stato classificato come non privilegiato. Il tribunale aveva respinto il reclamo ritenendolo tardivo. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che il diritto derivante da un credito ipotecario può essere fatto valere anche in fase di reclamo e che il giudice deve sempre valutare la convenienza del piano per i creditori dissenzienti rispetto all'alternativa della liquidazione.
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Ricorso straordinario inammissibile: il caso pratico
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso straordinario proposto da un debitore contro il decreto che aveva giudicato inammissibile la sua proposta di accordo per sovraindebitamento. La Corte ha chiarito che tale provvedimento, limitandosi a una valutazione preliminare senza decidere sui diritti in modo definitivo, non possiede il carattere 'decisorio' necessario per l'impugnazione straordinaria, a differenza dei decreti che si pronunciano sull'omologazione del piano.
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Assenza ingiustificata: licenziamento legittimo
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento di una dirigente medico per un'assenza ingiustificata di oltre 185 ore. La lavoratrice aveva giustificato le assenze, dovute a presunta partecipazione a corsi formativi, con una semplice autocertificazione, ritenuta insufficiente. La Corte ha stabilito che una prassi aziendale non può derogare alle previsioni del contratto collettivo che richiedono idonea documentazione, respingendo tutti i motivi di ricorso, inclusi quelli procedurali e sulla proporzionalità della sanzione.
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Composizione della crisi: la condotta del debitore conta
La Cassazione stabilisce che nella procedura di composizione della crisi, la valutazione della condotta passata del debitore e delle cause dell'indebitamento è un elemento imprescindibile. Non basta la mera convenienza economica del piano rispetto alla liquidazione; il giudice deve valutare la fattibilità e l'affidabilità della proposta, annullando la decisione del tribunale che aveva ignorato tali aspetti.
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Esecuzione esattoriale: Cassazione rinvia in udienza
Una società ha contestato una procedura di esecuzione esattoriale subita, chiedendo la restituzione di immobili o il risarcimento. Dopo la sconfitta nei primi due gradi di giudizio, la Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso. Riconoscendo l'elevata importanza giuridica delle questioni sollevate, relative all'applicabilità di norme transitorie e ai rimedi esperibili contro gli atti dell'esecuzione, la Corte ha disposto il rinvio della causa a una pubblica udienza per una trattazione approfondita, senza ancora decidere nel merito.
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Licenziamento disciplinare postumo: è legittimo?
La Corte di Cassazione ha stabilito la legittimità di un licenziamento disciplinare postumo, irrogato a una docente per false dichiarazioni sul titolo di studio, anche se il rapporto di lavoro era già stato risolto per carenza del medesimo titolo. La Corte ha chiarito che la prima risoluzione non aveva natura disciplinare, escludendo quindi la violazione del principio del 'ne bis in idem'. L'interesse dell'amministrazione a sanzionare la condotta illecita, per le sue conseguenze future, giustifica l'avvio del procedimento anche dopo la cessazione del rapporto.
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Sgravi contributivi: no se gli assetti sono fittizi
La Corte di Cassazione ha confermato il diniego degli sgravi contributivi a un'azienda che aveva assunto lavoratori provenienti da un'altra società con cui condivideva assetti proprietari sostanzialmente coincidenti. Secondo la Corte, il beneficio è escluso quando l'operazione non crea nuova occupazione ma si limita a trasferire personale tra entità collegate, vanificando lo scopo della norma agevolativa.
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Acquisizione sanante: 10 anni per l’impugnazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 30533/2024, ha stabilito che il termine per contestare l'indennità derivante da un'acquisizione sanante ex art. 42-bis TUE è quello ordinario di prescrizione di dieci anni, e non il termine perentorio di trenta giorni previsto per le espropriazioni ordinarie. La Suprema Corte ha chiarito che la natura speciale del provvedimento di acquisizione sanante e l'assenza di un'espressa previsione normativa impediscono l'applicazione analogica di termini di decadenza brevi, i quali decorrono comunque solo dalla notifica formale dell'atto e non dalla mera conoscenza di fatto.
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Licenziamento ente pubblico economico: potere disciplinare
La Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare di un dirigente da parte del commissario liquidatore di un ente pubblico economico. La Corte ha chiarito che il rapporto di lavoro in tali enti è di natura privatistica, escludendo l'applicazione delle norme sul pubblico impiego. Di conseguenza, il liquidatore detiene il potere disciplinare necessario a tutelare il patrimonio dell'ente, senza necessità di autorizzazioni specifiche. Questo principio è cruciale nei casi di licenziamento ente pubblico economico.
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Giudicato interno: appello e limiti del riesame
Una struttura sanitaria ha citato in giudizio un'Azienda Sanitaria Locale per il mancato pagamento di prestazioni sanitarie, contestando l'applicazione di uno sconto tariffario. Il Tribunale ha accolto la domanda, accertando l'esistenza di un valido rapporto di accreditamento e di contratti. L'ASL ha appellato la sentenza solo sulla legittimità dello sconto, ma la Corte d'Appello ha rigettato la domanda della struttura riesaminando d'ufficio e negando l'esistenza dell'accreditamento. La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d'appello, stabilendo che sull'esistenza dell'accreditamento e dei contratti si era formato un giudicato interno, poiché tali punti non erano stati oggetto di specifico motivo d'appello, limitando così il potere di riesame del giudice di secondo grado.
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Preliminare bene in comunione: la firma di uno solo
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21756/2024, ha stabilito che un contratto preliminare di vendita di un immobile in comproprietà, sottoscritto da uno solo dei titolari, è valido. Tale accordo si qualifica come promessa di vendita di cosa parzialmente altrui. Il firmatario è obbligato a procurare il consenso degli altri comproprietari e, in caso di inadempimento, è tenuto al risarcimento dei danni. La Corte ha respinto la tesi della nullità del contratto, confermando la condanna della promittente venditrice.
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Ricorso straordinario: quando è inammissibile?
Un debitore ha presentato un ricorso straordinario alla Corte di Cassazione contro la decisione del Tribunale che aveva dichiarato inammissibile la sua proposta di accordo per sovraindebitamento. La Corte ha dichiarato il ricorso a sua volta inammissibile, spiegando che solo i provvedimenti che decidono nel merito dell'omologazione del piano hanno carattere decisorio e sono impugnabili. I provvedimenti di mera inammissibilità della proposta, invece, non lo sono.
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Risarcimento danno precarizzazione: no se c’è assunzione
Un gruppo di lavoratori del settore pubblico, dopo aver subito la revoca della stabilizzazione e essere stati successivamente assunti a tempo indeterminato, ha richiesto un indennizzo. La Corte di Cassazione ha negato il diritto al risarcimento danno precarizzazione, stabilendo che l'assunzione definitiva, se non specificamente contestata, costituisce una misura satisfattiva che sana l'abuso pregresso dei contratti a termine, precludendo ulteriori richieste economiche.
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Interdizione perpetua: licenziamento automatico?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30527/2024, ha stabilito che il licenziamento di un dipendente pubblico è una conseguenza automatica e inevitabile in caso di condanna penale definitiva che includa la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici. In tale scenario, l'amministrazione non deve riattivare alcun procedimento disciplinare, poiché il rapporto di lavoro cessa per la perdita di un requisito soggettivo essenziale e non per una sanzione disciplinare discrezionale.
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Prescrizione contributi: Emens interrompe i termini
La Cassazione, con l'ordinanza 30526/2024, chiarisce che l'invio tardivo dei flussi Emens interrompe la prescrizione contributi. Accogliendo il ricorso dell'ente previdenziale su questo punto, la Corte ha stabilito che tale comunicazione equivale a un riconoscimento del debito, rendendo irrilevante il ritardo ai fini della decorrenza del termine. La causa è stata rinviata in Appello per una nuova valutazione alla luce di questo principio.
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Rinuncia al ricorso: chi paga le spese legali?
Un imprenditore, dopo aver impugnato una sentenza sfavorevole per un debito commerciale, effettua una rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, pur dichiarando estinto il giudizio, lo condanna a pagare le spese legali alla controparte, poiché la rinuncia non era stata accettata. Si chiarisce inoltre che la rinuncia al ricorso esclude l'obbligo di versare il doppio del contributo unificato.
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Indennità di produttività: sì con riposo compensativo
Un agente di polizia municipale ha citato in giudizio il proprio Comune per ottenere il pagamento dell'indennità di produttività anche per i periodi fruiti come riposo compensativo. La Corte d'Appello, equiparando il riposo compensativo alle ferie, ha dato ragione al dipendente. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso del Comune per vizi procedurali. La sentenza consolida il principio per cui il riposo compensativo non deve pregiudicare il diritto all'indennità di produttività.
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Convocazione assemblea: condomino contro cui si agisce
La Corte di Cassazione stabilisce che un condomino, contro cui l'assemblea delibera di intraprendere un'azione legale, non ha la legittimazione per impugnare la delibera per omessa o tardiva convocazione. In questo scenario, la compagine condominiale si scinde in due parti contrapposte e il condomino interessato non rientra tra gli aventi diritto a partecipare alla decisione. La mancata convocazione assembleare condominiale, in questo caso, non è un vizio che può essere fatto valere.
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Giudicato interno: quando una questione è decisa
Una struttura sanitaria ha citato in giudizio un'azienda sanitaria locale per il mancato pagamento di alcune prestazioni, a causa di uno sconto tariffario ritenuto ingiustificato. Il tribunale ha dato ragione alla struttura. In appello, l'azienda sanitaria ha contestato solo l'applicabilità dello sconto, senza mettere in discussione l'accreditamento della struttura, che era il presupposto del diritto al pagamento. La Corte d'Appello ha però respinto la domanda della struttura proprio per una presunta carenza di prova sull'accreditamento. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che sull'accreditamento si era formato un giudicato interno, poiché non era stato oggetto di specifico motivo d'appello, e quindi la questione non poteva essere riesaminata.
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