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Giurisprudenza Civile

Durata ragionevole processo: il tempo per pagare escluso
La Corte di Cassazione ha stabilito che nel calcolo della durata ragionevole del processo per equa riparazione (c.d. 'Pinto su Pinto'), non deve essere computato il periodo di sei mesi concesso allo Stato per adempiere al pagamento dell'indennizzo. Questo tempo non è considerato 'tempo del processo', ma un termine per l'adempimento. La Corte ha quindi cassato la decisione della Corte di Appello che aveva erroneamente incluso tale periodo, rinviando per una nuova valutazione.
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Ammissibilità appello: i requisiti secondo la Cassazione
Un condominio si opponeva a un decreto ingiuntivo per la consegna di documenti a una società edile. Dopo una condanna parziale in primo grado, la Corte d'Appello dichiarava l'impugnazione inammissibile per genericità. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, ribadendo che per l'ammissibilità appello è sufficiente una chiara e specifica individuazione delle critiche alla sentenza di primo grado, senza la necessità di formule sacramentali o di un progetto di sentenza alternativo.
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Credito PA: quando è certo, liquido ed esigibile?
Un Comune ha emesso un'ingiunzione di pagamento contro un altro per le spese di custodia di cani randagi. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando la decisione di merito che negava la sussistenza di un credito PA certo, liquido ed esigibile in assenza di una pronuncia del giudice penale e a fronte di prove documentali ritenute non decisive.
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Procura speciale non richiesta per equa riparazione
La Corte di Cassazione ha stabilito che, a seguito delle modifiche legislative, non è più richiesta la procura speciale per presentare una domanda di equa riparazione per l'eccessiva durata di un processo (Legge Pinto). La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva dichiarato inammissibile un ricorso per un presunto difetto della procura, chiarendo che le norme attuali non impongono più tale requisito formale, semplificando così l'accesso alla giustizia per i cittadini.
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Decreto di esproprio tardivo: la Cassazione esamina
La Corte di Cassazione, con un'ordinanza interlocutoria, ha rinviato a pubblica udienza un complesso caso riguardante un decreto di esproprio. La controversia vede contrapposti gli eredi di un terreno e un Comune. I punti centrali del dibattito sono la validità di un decreto di esproprio emesso tardivamente e a nome di una persona defunta, le conseguenze procedurali di una sua tardiva produzione in giudizio e la questione della legittimazione attiva degli eredi che non hanno provato l'accettazione dell'eredità. Riconoscendo la rilevanza nomofilattica delle questioni, la Corte ha ritenuto necessario un approfondimento in pubblica udienza prima di emettere una decisione finale.
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Licenziamento giusta causa: inammissibile il ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un dipendente bancario contro il licenziamento per giusta causa. Il licenziamento era stato motivato da accessi informatici non autorizzati e dal ritrovamento di una cospicua somma di denaro nella sua cassetta di sicurezza. La Corte ha ritenuto il ricorso proceduralmente viziato perché mescolava in modo confuso diverse tipologie di censure e mirava a un riesame dei fatti, precluso in sede di legittimità, soprattutto in presenza di una "doppia conforme" (decisioni identiche dei primi due gradi di giudizio).
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Usucapione parcheggio: Cassazione rinvia a udienza
In un caso riguardante l'usucapione parcheggio, la Corte di Cassazione ha emesso un'ordinanza interlocutoria. Riconoscendo la particolare complessità e l'importanza nomofilattica della questione, relativa all'acquisto per usucapione del diritto di proprietà o di servitù su aree di parcheggio, la Corte ha deciso di non definire il giudizio in camera di consiglio. Ha invece disposto il rinvio della causa a pubblica udienza per un esame più approfondito, dopo che i giudici di primo e secondo grado avevano rigettato le domande dei ricorrenti.
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Licenziamento per giusta causa: quando è legittimo?
La Corte di Cassazione conferma il licenziamento per giusta causa di un autista di una ditta di servizi ambientali che si era rifiutato di scaricare i rifiuti, tornando in azienda con il camion carico. La Corte ha qualificato la condotta non come semplice insubordinazione, ma come un comportamento ostruzionistico talmente grave da ledere irrimediabilmente il vincolo di fiducia, legittimando il recesso. La sentenza ha inoltre accolto il ricorso dell'azienda sulla compensazione delle spese legali, stabilendo che la parte totalmente vittoriosa non deve sostenerle.
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Premio di risultato: spetta anche se licenziati?
Una società negava il premio di risultato a lavoratori licenziati prima della data di riferimento prevista da un accordo aziendale. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che la clausola di esclusione si applicava solo alle risoluzioni volontarie del rapporto (dimissioni) e non ai licenziamenti. Di conseguenza, i lavoratori hanno diritto a ricevere il premio di risultato maturato, poiché la cessazione del rapporto non è dipesa dalla loro volontà.
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Conflitto di interessi: quando la vendita è annullabile
Una vendita immobiliare è stata annullata a causa di un conflitto di interessi, poiché il rappresentante del venditore ha ceduto l'immobile a una società gestita dalla propria moglie a un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, respingendo il ricorso della società acquirente. L'ordinanza chiarisce che il rapporto di coniugio, unito ad altri elementi come il prezzo vile e la mancata ricerca di altri acquirenti, integra un palese conflitto di interessi. Inoltre, si afferma il principio per cui l'erede che prosegue un giudizio accetta tacitamente l'eredità, e spetta alla controparte provare l'esistenza di altri coeredi.
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Giudicato interno: l’appello riapre tutta la questione
Un lavoratore ricorre in Cassazione sostenendo la violazione del giudicato interno, poiché la Corte d'Appello aveva riesaminato un credito non specificamente contestato. La Suprema Corte rigetta il ricorso, affermando che l'appello su un singolo elemento di una statuizione riapre la cognizione sull'intera questione, superando i limiti del giudicato interno.
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Errore di fatto: quando non si può revocare un’ordinanza
Una lavoratrice chiede la revocazione di un'ordinanza della Cassazione, lamentando un errore di fatto nella valutazione del suo rapporto di lavoro. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, specificando che la cattiva valutazione delle prove costituisce un errore di giudizio, non un errore di fatto idoneo a fondare la revocazione.
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Rapporto di lavoro subordinato: quando si applica
La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito, riqualificando un contratto di subagenzia in un rapporto di lavoro subordinato. La Corte ha stabilito che, nonostante il nome del contratto, la reale natura del rapporto era di subordinazione, data l'assenza di rischio d'impresa, la mancanza di organizzazione autonoma da parte del lavoratore e la sua completa inserzione nell'organizzazione aziendale (eterorganizzazione). Il lavoratore, infatti, svolgeva principalmente attività di sostituzione di colleghi e consegna merci, senza una propria clientela o zona, e con ferie e permessi da concordare con l'azienda. La Cassazione ha ritenuto inammissibili i motivi di ricorso dell'azienda, in quanto miravano a una rivalutazione dei fatti già accertati in sede di merito.
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Estinzione del giudizio per rinuncia: un caso risolto
Una società sportiva ha citato in giudizio un ente comunale per una controversia relativa all'installazione di insegne su uno stadio. Dopo una sentenza di appello che dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, la società ha presentato ricorso in Cassazione. Successivamente, la stessa società ha rinunciato al ricorso, con l'accettazione della controparte. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del giudizio, chiudendo definitivamente la procedura di legittimità.
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Compensazione spese legali: quando è illegittima?
Una società ha impugnato la decisione di un Tribunale che, pur accogliendo pienamente la sua domanda di annullamento di un'intimazione di pagamento per contributi prescritti, aveva disposto la compensazione delle spese legali. La Corte di Appello ha riformato la sentenza, stabilendo che in caso di accoglimento totale della domanda e in assenza di 'gravi ed eccezionali ragioni', la compensazione spese legali è illegittima e la parte soccombente deve essere condannata al pagamento.
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Indennità di occupazione: calcolo e motivazione
Una società proprietaria di un immobile si opponeva alla decisione del Tribunale che aveva ridotto l'indennità di occupazione dovuta da una curatela fallimentare. La riduzione era basata sulla temporanea assenza di elettricità. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che la motivazione del Tribunale era illogica e il criterio di calcolo dell'indennità arbitrario. La Suprema Corte ha riaffermato che l'indennità di occupazione va commisurata al valore di mercato e ogni scostamento deve essere solidamente giustificato.
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Responsabilità del vettore: non serve la proprietà
Una società aveva affidato due escavatori a un'azienda di trasporti, che li ha smarriti per poi fallire. La richiesta di risarcimento era stata inizialmente respinta per mancata prova della proprietà dei macchinari. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che per la responsabilità del vettore è sufficiente il contratto di trasporto. La pretesa di risarcimento nasce dall'inadempimento contrattuale, non dal diritto di proprietà sulla merce. La Corte ha anche censurato il giudice di merito per non aver considerato i dati disponibili per una stima del valore dei beni.
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Credito studio associato: legittimazione e fallimento
La Corte di Cassazione esamina il caso del credito di uno studio associato escluso dal passivo di un fallimento. La questione verte sulla titolarità del credito, originariamente conferito a un singolo professionista, e su una complessa problematica procedurale legata a una precedente sentenza di rigetto divenuta definitiva. Con ordinanza interlocutoria, la Corte ha rinviato la decisione a una pubblica udienza per approfondire le implicazioni della normativa fallimentare vigente sulla gestione di crediti oggetto di sentenze non definitive al momento della dichiarazione di fallimento.
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Termine riassunzione processo: decorrenza e novità
Una società aveva ripreso una causa dopo la messa in liquidazione della banca convenuta. La Corte d'Appello aveva dichiarato il processo estinto, ritenendo superato il termine per la riassunzione. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, specificando che il termine riassunzione processo decorre non dalla conoscenza dell'evento, ma dalla dichiarazione formale di interruzione da parte del giudice, in linea con un principio di certezza del diritto stabilito dalle Sezioni Unite.
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Estinzione del giudizio: la rinuncia chiude il caso
Una controversia relativa all'indennità per una servitù di passaggio, giunta fino alla Corte di Cassazione dopo una sentenza di Appello, si conclude in via definitiva. A seguito della rinuncia al ricorso da parte degli appellanti, accettata dalla controparte, la Suprema Corte dichiara l'estinzione del giudizio senza pronunciarsi nel merito della questione né sulle spese legali.
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