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Giurisprudenza Civile

Licenziamento ritorsivo: quando l’appello è inammissibile
Un lavoratore con ruolo dirigenziale è stato licenziato per giustificato motivo oggettivo a seguito della separazione dalla moglie, socia di minoranza dell'azienda. Il lavoratore ha impugnato il licenziamento sostenendo la sua natura ritorsiva. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, non per il merito della questione, ma per un errore procedurale fondamentale: il ricorrente ha impropriamente mescolato la denuncia di violazione di legge con una richiesta di riesame dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità. La Corte ha inoltre evidenziato l'applicazione della regola della "doppia conforme", che impedisce la rivalutazione dei fatti quando due corti di merito hanno già deciso in modo analogo.
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Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso
Una società di servizi aveva presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza sfavorevole. Tuttavia, durante il processo, la stessa società ha presentato una memoria con cui dichiarava di rinunciare al ricorso. La Corte di Cassazione, prendendo atto della rinuncia, ha dichiarato l'estinzione del giudizio. Inoltre, la Corte ha stabilito che non era necessario provvedere sulle spese di lite, poiché le controparti non avevano svolto attività difensiva nel giudizio di cassazione. Il caso evidenzia come la rinuncia sia uno strumento che porta alla chiusura definitiva del contenzioso.
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Pensione di reversibilità: quota e decesso dell’ex
La Corte di Cassazione ha stabilito che il decesso dell'ex coniuge, avvenuto durante il giudizio, costituisce un fatto sopravvenuto che modifica il diritto alla pensione di reversibilità del coniuge superstite. Anche se i motivi iniziali del ricorso sono stati respinti, la Corte ha cassato la precedente sentenza, disponendo il ricalcolo della pensione senza il concorso dell'ex coniuge a partire dalla data del suo decesso.
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Indennità aggiuntiva: spetta per servizio in ETI
La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di un ex dipendente pubblico a ricevere l'indennità aggiuntiva di fine servizio anche per il periodo in cui ha lavorato presso un altro ente, l'Ente Tabacchi Italiani (ETI). La Corte ha stabilito che, non essendoci stato un trasferimento definitivo ma solo un'assegnazione temporanea, il rapporto di lavoro con l'amministrazione originaria e l'iscrizione al relativo fondo di previdenza non si sono mai interrotti. Di conseguenza, quel periodo di servizio deve essere computato ai fini del calcolo dell'indennità.
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Indennità aggiuntiva: sì a ex AAMS assegnati a ETI
La Corte di Cassazione ha confermato il diritto all'indennità aggiuntiva di fine servizio per un ex dipendente dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) che era stato temporaneamente assegnato all'Ente Tabacchi Italiani (ETI) senza mai essere trasferito in via definitiva. La Corte ha chiarito che, a differenza dei colleghi transitati stabilmente in ETI, il lavoratore rimasto nel ruolo provvisorio del Ministero ha diritto al computo di tale periodo per il calcolo del beneficio, poiché il rapporto di lavoro con l'amministrazione di origine non si è mai interrotto.
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Indennità aggiuntiva: spetta al dipendente distaccato
Un ex dipendente statale, assegnato temporaneamente a un ente poi privatizzato senza un trasferimento definitivo, ha diritto a vedersi riconosciuta l'indennità aggiuntiva di fine servizio per quel periodo. La Cassazione ha rigettato il ricorso del Fondo di Previdenza, confermando che il rapporto di lavoro resta in capo all'amministrazione di origine, rendendo computabile ai fini del beneficio anche il servizio prestato presso l'altro ente.
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Indennità aggiuntiva: spetta al dipendente ex AAMS
La Corte di Cassazione ha stabilito che un'ex dipendente di un'amministrazione autonoma statale, assegnata temporaneamente a un nuovo ente senza mai essere trasferita in via definitiva, ha diritto a percepire l'indennità aggiuntiva di fine servizio anche per il periodo lavorato presso il nuovo ente. La Corte ha chiarito che, non essendoci stato un trasferimento definitivo, il rapporto di lavoro originario con l'amministrazione di appartenenza e il relativo fondo di previdenza non si è mai interrotto, rendendo valido quel periodo ai fini del calcolo dell'indennità.
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Indennità aggiuntiva: spetta al dipendente distaccato?
La Corte di Cassazione ha stabilito che un ex dipendente di un'amministrazione statale, temporaneamente assegnato a un altro ente senza un trasferimento definitivo, ha diritto a percepire l'indennità aggiuntiva di fine servizio. Il servizio prestato presso l'ente di destinazione deve essere computato, poiché il rapporto di lavoro originario non si è mai interrotto. La Corte ha rigettato il ricorso del Fondo di Previdenza, che sosteneva il contrario, chiarendo la distinzione cruciale tra assegnazione provvisoria e trasferimento definitivo.
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Trasferimento illegittimo: l’accordo aziendale vince
Una dipendente pubblica impugna il suo trasferimento, ritenendolo illegittimo. La Corte di Cassazione conferma le decisioni dei giudici di merito, stabilendo che la violazione dell'accordo aziendale sulla mobilità rende il trasferimento illegittimo, anche se su breve distanza. L'interpretazione dell'accordo spetta al giudice di merito e non può essere ridiscussa in Cassazione.
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Mansioni superiori pubblico impiego: quando spetta?
Una professionista legale impiegata presso un'azienda sanitaria pubblica ha svolto di fatto mansioni dirigenziali senza un incarico formale. La Corte di Cassazione ha confermato il suo diritto a ricevere le differenze retributive, stabilendo un principio chiave per le mansioni superiori pubblico impiego: è decisivo che la posizione esista nella pianta organica dell'ente e che le mansioni siano state effettivamente svolte, a prescindere dalla formalità dell'assegnazione.
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Indebito previdenziale: quando restituire le somme?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 14292/2024, ha stabilito un principio chiave in materia di indebito previdenziale. Anche in assenza di dolo da parte del pensionato, le somme percepite in eccesso devono essere restituite se l'ente previdenziale agisce per il recupero entro i termini di legge, a seguito della comunicazione dei dati reddituali da parte dell'interessato. La tempestività della verifica da parte dell'ente prevale sulla buona fede del percipiente.
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Estinzione del giudizio: la Cassazione chiude il caso
Un contenzioso relativo a un contratto di leasing nautico, giunto in Cassazione dopo il rigetto delle domande di risoluzione e ripetizione dell'indebito, si è concluso con una declaratoria di estinzione del giudizio. La decisione è scaturita dalla presentazione di un atto di rinuncia al ricorso, accettato dalla controparte, che ha reso superflua una pronuncia nel merito e sulle spese legali.
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Trasferimento d’azienda: quando non basta la continuità
Una lavoratrice del settore ristorazione ha agito in giudizio sostenendo l'esistenza di un trasferimento d'azienda tra il suo datore di lavoro originario e una nuova società. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che per configurare un trasferimento d'azienda non è sufficiente la mera continuità del personale e dei locali. È indispensabile dimostrare che l'entità economica organizzata abbia conservato la propria identità nel passaggio, prova che nel caso di specie non è stata fornita.
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Obbligo assunzione appalto: il ricorso inammissibile
Un'azienda subentrante in un appalto di servizi di trasporto pubblico è stata condannata ad assumere un lavoratore della precedente gestione. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'azienda perché non ha contestato una delle motivazioni alternative della Corte d'Appello, fondata sull'obbligo assunzione appalto previsto dalla clausola sociale del CCNL e del capitolato.
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Pensione di reversibilità: non si eredita due volte
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14287/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di pensione di reversibilità: questo diritto non può essere trasmesso ulteriormente agli eredi del beneficiario. Il caso riguardava la richiesta di una figlia di ottenere la pensione di reversibilità della madre, la quale era a sua volta titolare di una pensione di reversibilità per la morte del marito. La Corte ha accolto il ricorso dell'ente previdenziale, chiarendo che il diritto sorge solo in favore dei superstiti del titolare di una pensione diretta, e non può essere oggetto di un'ulteriore successione.
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Uso aziendale: quando la prassi diventa obbligo
Un'azienda ha interrotto dopo quattro anni il pagamento di un'indennità a un gruppo di dipendenti. La Corte di Cassazione ha confermato che tale comportamento prolungato e generalizzato ha creato un 'uso aziendale', trasformando la prassi in un diritto acquisito per i lavoratori. L'indennità, quindi, non poteva essere unilateralmente revocata e deve essere considerata parte integrante della retribuzione.
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Impugnazione estratto di ruolo: quando si può agire?
Un professionista ha impugnato un estratto di ruolo per contributi previdenziali non versati. La Corte di Cassazione, applicando una nuova normativa (ius superveniens), ha dichiarato l'azione inammissibile. La Corte ha stabilito che l'impugnazione estratto di ruolo è consentita solo se il contribuente dimostra un pregiudizio concreto e specifico, come l'impossibilità di partecipare a gare d'appalto o la perdita di benefici. In assenza di tale prova, manca l'interesse ad agire, condizione essenziale per l'azione legale. La sentenza d'appello è stata quindi annullata senza rinvio.
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Società di fatto: quando la confessione non basta
In un caso tra due fratelli imprenditori, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'ammissione di una gestione aziendale congiunta non è sufficiente a provare l'esistenza di una società di fatto. Per intentare un'azione basata su un rapporto sociale, è indispensabile dimostrare anche un accordo sulla ripartizione degli utili, in assenza del quale resta esperibile l'azione per ingiustificato arricchimento.
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Interpretazione transazione: la Cassazione decide
Un ex dipendente ha richiesto il pagamento del TFR, sostenendo che non fosse incluso in un precedente accordo. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l'interpretazione transazione spetta al giudice di merito, soprattutto in presenza di una 'doppia conforme', ovvero quando due sentenze di grado inferiore giungono alla stessa conclusione sui fatti. La Corte ha stabilito che la somma 'onnicomprensiva' pattuita nell'accordo includeva anche il TFR, confermando la decisione dei giudici di merito.
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Obbligazione retributiva e cessione di ramo d’azienda
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14265/2024, ha stabilito che le somme dovute al lavoratore a seguito di una cessione di ramo d'azienda dichiarata illegittima hanno natura di obbligazione retributiva e non risarcitoria. La Corte ha chiarito che una precedente sentenza tra le stesse parti, che qualificava diversamente le somme per periodi anteriori, non costituisce un giudicato esterno sulla qualificazione giuridica della pretesa per periodi successivi. Di conseguenza, il datore di lavoro cedente è tenuto a corrispondere le retribuzioni anche se non ha ricevuto la prestazione lavorativa, purché questa sia stata offerta dal dipendente.
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