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Giurisprudenza Civile

TAN determinabile: quando il contratto di mutuo è valido
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13556/2024, ha stabilito che un contratto di finanziamento è valido anche se non indica esplicitamente il Tasso Annuo Nominale (TAN), a condizione che questo sia chiaramente ricavabile. Se il contratto e il piano di ammortamento allegato contengono tutti gli elementi necessari per calcolare il tasso, come l'indice di riferimento per i tassi variabili, il requisito di determinabilità è soddisfatto, rendendo il TAN determinabile e il contratto legittimo.
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Fallimento e concordato: ricorso improcedibile
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13503/2024, ha stabilito che il ricorso contro l'annullamento di un concordato preventivo diventa improcedibile se, nelle more del giudizio, interviene la dichiarazione di fallimento della società. Questo principio si basa sulla necessità di coordinamento tra le procedure: la controversia sulla crisi d'impresa viene interamente assorbita dal procedimento di reclamo contro la sentenza di fallimento, sede in cui dovranno essere riproposte le censure relative all'annullamento del concordato. La decisione chiarisce il rapporto di interdipendenza tra fallimento e concordato preventivo.
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Prescrizione presuntiva: il curatore non può ignorare
Una lavoratrice si oppone al rigetto della sua richiesta di ammissione al passivo fallimentare per retribuzioni non pagate. La Corte di Cassazione, riformando la decisione del Tribunale, chiarisce un punto cruciale sulla prescrizione presuntiva: se il curatore fallimentare, a cui è stato deferito giuramento decisorio, dichiara di non sapere se il pagamento sia avvenuto, tale dichiarazione equivale a un mancato giuramento e va a vantaggio del creditore, superando la presunzione di avvenuto pagamento.
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Improcedibilità del ricorso: l’onere del deposito
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso di un istituto di credito a causa del mancato deposito della copia della sentenza impugnata munita della relata di notifica. La Corte ha sottolineato che la dichiarazione, contenuta nel ricorso stesso, di aver ricevuto la notifica, fa scattare l'onere per il ricorrente di produrre tale documentazione, pena l'inammissibilità dell'impugnazione, senza possibilità di sanatoria successiva.
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Aumento figurativo pensione: la Cassazione decide
Un ex militare aveva richiesto il riconoscimento di un aumento figurativo dei contributi per il periodo di servizio a bordo di navi. I tribunali di primo e secondo grado avevano accolto la sua richiesta. L'ente previdenziale ha però fatto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha ribaltato le decisioni precedenti, stabilendo che l'aumento figurativo non spetta se il lavoratore ha cessato il servizio senza aver già maturato il diritto alla pensione, in quanto tale beneficio è un trattamento di favore legato alla particolarità del servizio prestato e non un elemento automatico della posizione assicurativa.
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Successione tra enti pubblici: chi paga i debiti?
La Cassazione chiarisce la responsabilità nella successione tra enti pubblici. In caso di riorganizzazione sanitaria con gestione liquidatoria, la nuova Azienda Sanitaria non risponde dei rapporti di lavoro pregressi. La Corte ha rigettato il ricorso di una lavoratrice, confermando il difetto di legittimazione passiva del nuovo ente.
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Nullità precetto: quando la mancata notifica è fatale
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13497/2024, ha confermato la nullità di un precetto non preceduto dalla notifica del titolo esecutivo. La Corte ha stabilito che tale omissione costituisce un vizio sostanziale che lede il diritto di difesa del debitore, impedendogli di adempiere spontaneamente. L'opposizione del debitore, in questo caso, non sana il difetto ma, al contrario, evidenzia il pregiudizio subito. Viene quindi rigettato il ricorso del creditore, che non ha fornito prova della preventiva notifica del titolo.
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Sciopero surrettizio: la responsabilità del sindacato
Un'organizzazione sindacale era stata sanzionata dalla Commissione di Garanzia per un'assenza di massa di agenti di polizia municipale durante la notte di Capodanno, ritenuta uno "sciopero surrettizio". La Corte d'Appello aveva annullato la sanzione, ma la Corte di Cassazione ha ribaltato tale decisione. La Suprema Corte ha stabilito che un sindacato che promuove uno stato di agitazione ha il dovere di prevenire e dissociarsi attivamente da forme di protesta illegittime, come le assenze di massa per malattia, anche se lo sciopero formale è stato revocato. L'omissione del sindacato è quindi sanzionabile e la sanzione originaria è stata confermata.
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Tardività del ricorso: appello inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un'Azienda Sanitaria Locale contro un suo dirigente medico a causa della tardività del ricorso. L'appello, presentato oltre il termine semestrale dalla pubblicazione della sentenza di secondo grado, non è stato esaminato nel merito, confermando la condanna dell'Azienda al risarcimento del danno per mancata corresponsione di una parte dell'indennità di posizione.
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Responsabilità precontrattuale e nomina del terzo
Una società immobiliare ha citato in giudizio una persona fisica per responsabilità precontrattuale a seguito dell'interruzione delle trattative per una locazione. L'individuo aveva agito 'per persona da nominare', designando successivamente una società terza. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che la responsabilità per la rottura delle trattative non ricade sullo stipulante originario, ma sulla società nominata, la quale subentra retroattivamente in tutti i rapporti, inclusi quelli della fase negoziale.
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Licenziamento periodo di prova: quando è legittimo?
Un lavoratore è stato licenziato per mancato superamento del periodo di prova. Ha contestato il licenziamento, sostenendo che la clausola di prova fosse nulla perché le mansioni non erano specificate nel contratto. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la legittimità del licenziamento periodo di prova. I giudici hanno stabilito che le mansioni potevano essere desunte da un accordo pre-assuntivo collegato e che il lavoratore non è riuscito a dimostrare che il licenziamento fosse ritorsivo o basato su motivi illeciti.
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Contratto part time verticale: Orario e Turni Certi
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13495/2024, ha stabilito che in un contratto part time verticale è illegittima l'assegnazione a turni non specificati nell'accordo iniziale. La mera previsione generica di lavoro su turni 'in caso di necessità' non soddisfa il requisito di legge di 'puntuale indicazione' della collocazione temporale dell'orario, poiché lascia al datore di lavoro un potere discrezionale che la normativa intende limitare per tutelare la programmabilità della vita del lavoratore.
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Contributi previdenziali: la rinuncia è nulla
La Corte di Cassazione ha stabilito che i contributi previdenziali derivanti da leggi per il prepensionamento sono un diritto indisponibile del lavoratore. Un accordo transattivo con cui il dipendente rinuncia a tali contributi è nullo. La Corte d'Appello aveva erroneamente qualificato la contribuzione come 'volontaria' e quindi 'disponibile'. La Cassazione, ribaltando la decisione, ha chiarito che la natura obbligatoria di tali versamenti, imposta dalla legge, impedisce qualsiasi forma di rinuncia, cassando la sentenza e rinviando il caso per un nuovo esame.
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Anzianità di servizio lettori: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13494/2024, interviene in una lunga controversia tra alcuni lettori universitari e un ateneo. Il caso riguarda il corretto inquadramento retributivo a seguito della trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La Suprema Corte ha stabilito un principio fondamentale: nel calcolare la retribuzione, l'anzianità di servizio dei lettori deve decorrere dalla data del primo contratto di lavoro, anche se stipulato decenni prima. La Corte ha invece respinto la richiesta dei lavoratori di essere pagati per un monte ore minimo non effettivamente lavorato, qualificandola come domanda nuova e inammissibile in quella fase del giudizio.
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Errore di fatto revocatorio: quando è inammissibile
Un'azienda ha chiesto la revocazione di un'ordinanza della Cassazione, sostenendo un errore di fatto revocatorio riguardo la decorrenza di un termine di decadenza in un caso di fusione societaria. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che non si trattava di un errore percettivo, ma di una valutazione giuridica dei fatti, non sindacabile tramite revocazione.
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Inquadramento lavorativo: prova delle mansioni svolte
Un lavoratore chiede un superiore inquadramento lavorativo dopo un trasferimento d'azienda. La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, affermando che la valutazione delle prove documentali (attestato di servizio vs verbale di trasferimento) per determinare le mansioni effettive spetta al giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità.
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Indennità di coordinamento nel TFR: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ente pubblico che si rifiutava di includere l'indennità di coordinamento nel trattamento di fine servizio di un suo legale dipendente. L'ordinanza sottolinea che, se la contrattazione collettiva la qualifica come parte strutturale della retribuzione, tale indennità deve essere computata. Il ricorso è stato respinto anche per vizi formali nella sua stesura.
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Procura alle liti: appello nullo se depositata tardi
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13482/2024, ha confermato la decisione della Corte d'Appello che dichiarava inammissibile un ricorso. La causa dell'inammissibilità era la presentazione di una procura alle liti valida solo per il primo grado di giudizio. La società ricorrente aveva depositato una nuova e corretta procura il giorno successivo al deposito dell'appello, ma i giudici hanno stabilito che tale deposito tardivo non può sanare il vizio di una procura originariamente inesistente, rendendo l'impugnazione giuridicamente nulla sin dall'inizio.
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Mutuo consenso: fine rapporto dopo 9 anni di silenzio
Una lavoratrice, formalmente impiegata da un'agenzia, agisce in giudizio contro l'azienda utilizzatrice nove anni dopo la cessazione del rapporto per ottenerne il riconoscimento. La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito, stabilendo che un ritardo così prolungato e ingiustificato, unito al reperimento di un'altra occupazione, configura un'ipotesi di risoluzione del rapporto per mutuo consenso, anche nel contesto di un contratto di somministrazione.
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Collaboratori linguistici: diritto alla retribuzione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13490/2024, ha affrontato il caso di due collaboratori linguistici contro un'università per il corretto inquadramento retributivo e previdenziale. La Corte ha rigettato il ricorso dell'ateneo, confermando la natura privatistica del rapporto di lavoro. Il punto cruciale della decisione è il riconoscimento del diritto alla retribuzione per un collaboratore anche per il periodo di lavoro svolto dopo una dichiarazione di decadenza per cumulo di impieghi, stabilendo che le norme sull'incompatibilità del pubblico impiego non si applicano a questa categoria.
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