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Giurisprudenza Civile

Licenziamento illegittimo e reintegro: la Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 87/2024, ha stabilito un principio cruciale in materia di licenziamento illegittimo per giustificato motivo oggettivo. Il caso riguardava una socia lavoratrice di una cooperativa licenziata per una presunta riorganizzazione aziendale. I giudici di merito, pur riconoscendo l'insussistenza del motivo, avevano concesso solo una tutela risarcitoria. La Cassazione ha accolto il ricorso della lavoratrice, cassando la sentenza e rinviando il caso alla Corte d'Appello. Il punto chiave è che, a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale, la semplice insussistenza del fatto posto a base del licenziamento è sufficiente per ordinare il reintegro nel posto di lavoro, senza che tale insussistenza debba essere 'manifesta'.
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Riduzione fondi contrattuali: No al taglio del 30%
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 84/2024, ha stabilito l'illegittimità di un taglio forfettario del 30% sulla retribuzione accessoria di un dirigente medico. La Corte ha chiarito che la normativa sulla riduzione fondi contrattuali (D.L. 78/2010) impone sì un contenimento della spesa, ma attraverso una riduzione proporzionale alla diminuzione del personale in servizio e non mediante un taglio lineare e indifferenziato. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per ricalcolare correttamente le somme dovute.
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Risarcimento danno preliminare: la prova del danno
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 83/2024, si è pronunciata sul tema del risarcimento danno preliminare in caso di mancata consegna di un immobile. Il caso riguarda un promissario acquirente che, dopo aver versato una somma cospicua, non ha mai ricevuto gli immobili. La Corte ha confermato la decisione di merito che negava il risarcimento per il mancato godimento del bene per assenza di prove specifiche, ma riconosceva il danno derivante dall'immobilizzazione del capitale versato. Viene ribadito il principio fondamentale secondo cui la parte che richiede il risarcimento ha l'onere di provare l'esistenza e l'entità del danno, non potendo il giudice sopperire a tale carenza con una valutazione puramente equitativa.
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Acquisizione sanante: stop della Cassazione
In una controversia relativa all'indennità per un'acquisizione sanante, la Corte di Cassazione ha emesso un'ordinanza interlocutoria. La Corte ha sospeso la propria decisione in attesa dell'esito definitivo di un giudizio amministrativo parallelo. Quest'ultimo riguarda la legittimità dell'annullamento, da parte del Comune, del decreto di acquisizione stesso. La Cassazione ha ritenuto necessario attendere la certezza giuridica sull'atto presupposto prima di pronunciarsi sulle sue conseguenze economiche.
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Regolamento di competenza: Cassazione e cessazione
La Corte di Cassazione esamina un caso di regolamento di competenza sollevato da un cittadino contro una sentenza del Giudice di Pace. A seguito delle conclusioni del Procuratore Generale, viene valutata la cessazione della materia del contendere, una situazione che estingue il processo quando l'interesse a decidere viene meno.
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Indennizzo procedura fallimentare: no tagli per troppi
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 80/2024, ha stabilito un importante principio in materia di indennizzo per la durata irragionevole di una procedura fallimentare. La Corte ha rigettato il ricorso del Ministero della Giustizia sui termini di decadenza e ha accolto quello incidentale dei creditori, affermando che la riduzione dell'indennizzo prevista in caso di un elevato numero di parti (superiore a cinquanta) non si applica alle procedure concorsuali. Questa distinzione si basa sulla natura fisiologica della pluralità di creditori nel fallimento, a differenza di un processo ordinario.
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Ricorso inammissibile: motivi e valutazione prove
Un istituto di credito ha impugnato in Cassazione la sentenza d'appello che respingeva le sue domande di simulazione e revocatoria di una compravendita immobiliare. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per vizi procedurali. La decisione sottolinea che non è possibile chiedere alla Cassazione un riesame dei fatti o della valutazione delle prove, e che i motivi di ricorso devono essere formulati in modo specifico e autonomo, rispettando i rigorosi requisiti di legge.
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Prova rapporto di lavoro: onere a carico del lavoratore
Un lavoratore si oppone all'esclusione del suo credito da lavoro dallo stato passivo di una società fallita. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 78/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che l'onere della prova del rapporto di lavoro subordinato grava interamente sul lavoratore che intende far valere il proprio credito. La Corte ha chiarito che il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione delle prove già esaminate dal giudice di merito.
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Fallimento società cooperativa: quando è possibile?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società cooperativa contro la propria dichiarazione di fallimento. La Corte ha ribadito che il fallimento di una società cooperativa è possibile quando questa svolge un'attività commerciale oggettiva, indipendentemente dal suo fine mutualistico. Inoltre, ha sottolineato che i vizi procedurali, come presunti difetti di notifica, devono essere specificamente e completamente documentati nel ricorso, in ossequio al principio di autosufficienza.
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Supersocietà di fatto: abuso e fallimento in estensione
La Corte di Cassazione ha chiarito che l'abuso gestionale di una società a vantaggio dei suoi controllori non esclude a priori la configurabilità di una supersocietà di fatto tra la società abusata e gli stessi controllori. In un caso di presunto svuotamento patrimoniale, la Corte ha annullato la decisione d'appello per un'analisi superficiale, affermando la necessità di esaminare in concreto tutti gli indizi di un sodalizio occulto. La sentenza è stata cassata con rinvio per una nuova valutazione dei fatti.
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Supersocietà di fatto: la Cassazione e il fallimento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 64/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro il fallimento di una supersocietà di fatto. La decisione conferma che l'esistenza di tale società può essere provata da elementi indiziari come la gestione coordinata, la commistione patrimoniale e attività complementari tra diverse aziende. Il fallimento della supersocietà di fatto comporta l'estensione automatica dello stesso ai soci illimitatamente responsabili.
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Supersocietà di fatto: la Cassazione e il fallimento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 63/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l'estensione del fallimento a una supersocietà di fatto. La Corte ha stabilito che l'esclusione di un presunto socio nel corso del giudizio non costituisce una modifica della domanda. Inoltre, ha confermato che l'esistenza della società occulta e il suo stato di insolvenza possono essere provati attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, come lo svuotamento patrimoniale di una società a vantaggio delle altre del gruppo.
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Privilegio cooperative: basta la prevalenza del lavoro
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 54/2024, ha ribadito un principio cruciale per il riconoscimento del privilegio cooperative. La Corte ha stabilito che, ai fini del privilegio previsto dall'art. 2751-bis, n. 5 c.c., è sufficiente dimostrare la prevalenza del lavoro dei soci rispetto a quello dei non soci, senza la necessità di provare anche la prevalenza sul capitale investito o altri fattori produttivi. La vicenda riguardava il credito di una cooperativa di lavorazione del legno verso un consorzio fallito. L'appello del consorzio è stato dichiarato inammissibile, confermando così la natura privilegiata del credito della cooperativa.
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Onere della prova TFR: il CUD fa fede del pagamento?
La Corte di Cassazione ha stabilito che, nell'ambito di un'opposizione allo stato passivo fallimentare, il CUD prodotto dallo stesso lavoratore costituisce una prova presuntiva del pagamento del TFR. Spetta quindi al lavoratore superare tale presunzione. Viene chiarito che l'onere della prova del fatto estintivo (pagamento) grava sul datore di lavoro, ma la produzione di un documento come il CUD può invertire di fatto l'onere probatorio, richiedendo al creditore di fornire una prova contraria efficace.
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Responsabilità Attestatore: negligenza e compenso
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di negare il compenso a un professionista per la sua attività di attestatore in una procedura di concordato. È stata riscontrata una macroscopica negligenza, in quanto il professionista aveva certificato due stime immobiliari palesemente divergenti per giustificare prima un piano liquidatorio e poi uno in continuità, omettendo inoltre di rilevare che un immobile cruciale non era di proprietà dell'impresa ma in leasing. La sentenza sottolinea la gravità della responsabilità dell'attestatore, il cui ruolo richiede assoluta oggettività e diligenza.
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Responsabilità avvocato concordato: la Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 50/2024, ha definito i confini della responsabilità dell'avvocato nel concordato preventivo. Un professionista ha visto respinta la sua richiesta di compenso per l'assistenza in una procedura di concordato, poiché il piano presentato si basava su dati aziendali palesemente inattendibili e modificati strumentalmente. La Corte ha stabilito che il legale non può limitarsi a un controllo formale, ma ha il dovere di garantire la coerenza e l'attendibilità giuridica della proposta, non potendo presentare atti fondati su dati manipolati per superare i requisiti di legge.
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Risarcimento del danno: la domanda include tutti i danni
Un dirigente medico si è visto negare la formalizzazione di un incarico dirigenziale già designato. La Corte di Cassazione ha stabilito che la sua iniziale richiesta generica di risarcimento del danno include anche le voci di danno specificate solo in un secondo momento. Il principio dell'unitarietà del danno implica che una domanda risarcitoria, se non diversamente specificato, si estende a tutti i pregiudizi derivanti dall'illecito, senza che la successiva specificazione costituisca una domanda nuova e tardiva.
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Danno da demansionamento: onere della prova e risarcimento
Un lavoratore, dequalificato da responsabile informatico a semplici mansioni esecutive, ha ottenuto il risarcimento del danno da demansionamento. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 48/2024, ha respinto il ricorso dell'azienda, confermando che l'onere di provare la legittimità del cambio di mansioni spetta al datore di lavoro. La Corte ha inoltre ribadito che il danno alla professionalità può essere provato anche tramite presunzioni, come la durata della dequalificazione e l'impoverimento delle competenze acquisite.
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Incarico provvisorio: quando la revoca è legittima?
La Corte di Cassazione ha stabilito che un incarico provvisorio, conferito in attesa dell'esito di una selezione, cessa automaticamente con la conclusione della stessa. La successiva gestione del posto, resosi nuovamente vacante, rientra nella discrezionalità organizzativa del datore di lavoro, che non è obbligato a scorrere la graduatoria per un nuovo incarico ad interim. La Corte ha rigettato il ricorso di una dipendente che contestava la legittimità della cessazione del suo incarico e la successiva nomina di un altro collega.
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Demansionamento: risarcimento con prova presuntiva
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un'emittente televisiva al risarcimento del danno per demansionamento nei confronti di una sua giornalista. La Corte ha stabilito che la prova del danno professionale può essere fornita anche tramite presunzioni, come la durata della dequalificazione e il blocco della crescita professionale, validando la liquidazione equitativa del danno al 20% della retribuzione mensile.
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