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Giurisprudenza Civile

Compenso incentivante RUP: l’onere della prova
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14550/2024, ha stabilito che per ottenere il compenso incentivante RUP, il dipendente pubblico deve fornire prova rigorosa del completamento effettivo dei progetti supervisionati. Il ricorso di un dirigente contro un'Amministrazione Provinciale è stato dichiarato inammissibile proprio per la mancata dimostrazione di questo presupposto fondamentale, rendendo irrilevanti le altre censure sollevate.
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Concessioni idroelettriche: la Regione può fissare un termine?
Una società energetica ha contestato la decisione di una Regione di prorogare la sua concessione idroelettrica scaduta solo fino a una data specifica, imponendo un canone aggiuntivo. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che la Regione ha il potere discrezionale di fissare un termine per la gestione provvisoria delle concessioni idroelettriche e di richiedere un corrispettivo per tale periodo, in attesa delle nuove gare.
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Opzione regime pensionistico: la scelta è irrevocabile
Una lavoratrice del pubblico impiego, dopo aver esercitato l'opzione per mantenere il suo regime pensionistico originario al momento del passaggio a un nuovo ente, ha richiesto la revoca di tale scelta dopo il pensionamento. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che l'opzione per il regime pensionistico, una volta esercitata, è da considerarsi irrevocabile e non può essere modificata successivamente, soprattutto dopo la cessazione dal servizio.
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Ricostruzione carriera docenti: no al servizio senza titolo
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un docente che chiedeva il riconoscimento, ai fini della ricostruzione carriera docenti, del servizio pre-ruolo svolto in parte presso una scuola paritaria e in parte senza il titolo di studio richiesto. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che tali periodi di servizio non sono valutabili ai fini dell'anzianità e che la discriminazione basata sulla direttiva 1999/70/CE non è configurabile in questi casi specifici. Il ricorso è stato respinto per motivi procedurali, consolidando l'orientamento sulla non validità di tale servizio.
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Equo indennizzo procedura fallimentare: la Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 14542/2024, ha stabilito un principio fondamentale per il calcolo dell'equo indennizzo in una procedura fallimentare. In caso di eccessiva durata di un procedimento fallimentare, il valore massimo dell'indennizzo non deve essere calcolato sulla base dell'importo effettivamente recuperato dal creditore, ma sull'intero valore del credito per cui è stata presentata domanda di ammissione al passivo. La Corte ha ritenuto irrazionale legare l'indennizzo a un importo, quello recuperato, che dipende da variabili estranee alla durata del processo, accogliendo così il ricorso dei creditori e rinviando il caso alla Corte d'Appello per una nuova determinazione.
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Litisconsorzio necessario: appello nullo senza tutti?
In una complessa causa immobiliare, la Cassazione ha emesso un'ordinanza interlocutoria evidenziando un vizio di notifica. L'appellante non aveva notificato il ricorso a due società, parti necessarie del giudizio in quanto garanti. La Corte ha ordinato l'integrazione del contraddittorio, sottolineando l'importanza del litisconsorzio necessario per la validità del processo in caso di cause inscindibili.
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Revoca rinuncia riserva appalti: la Cassazione decide
In un caso riguardante un appalto pubblico, un'impresa aveva rinunciato a una riserva per maggiori costi. La Corte d'Appello ha ritenuto tale rinuncia irrevocabile. L'impresa ha contestato questa decisione, sostenendo la natura provvisoria della rinuncia. La Corte di Cassazione, riconoscendo l'importanza della questione di diritto sulla revoca della rinuncia alla riserva, ha rinviato il caso a una pubblica udienza per una decisione approfondita, senza ancora pronunciarsi nel merito.
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Riunione dei ricorsi: Cassazione e revocazione
La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha disposto la riunione dei ricorsi pendenti contro una sentenza d'appello e contro la successiva pronuncia sulla sua revocazione. La decisione si fonda sul principio di connessione, applicando in via analogica l'art. 335 c.p.c. per garantire una trattazione congiunta ed evitare giudicati contrastanti. La causa è stata quindi rinviata a nuovo ruolo per la discussione unitaria.
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Usucapione servitù: possesso del dante causa vale
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14538/2024, ha rigettato il ricorso di alcuni promittenti venditori, confermando l'avvenuta usucapione di una servitù di passaggio a favore del promissario acquirente. Il caso verteva su un preliminare di vendita non seguito dal definitivo e sulla successiva richiesta del compratore di accertare l'usucapione della servitù. La Corte ha chiarito che, ai fini del calcolo del ventennio necessario, l'attuale proprietario può sommare il proprio possesso a quello del suo dante causa (accessione nel possesso, art. 1146 c.c.), anche se al momento dell'inizio del passaggio non era ancora proprietario del fondo dominante. La decisione ha inoltre ribadito i criteri per definire una servitù come 'apparente' e quindi usucapibile.
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Distrazione spese di lite: l’errore si corregge
Un avvocato ottiene dalla Corte di Cassazione la correzione di un'ordinanza che aveva omesso la distrazione spese di lite a suo favore. La Corte ribadisce che la richiesta, se presente negli atti, obbliga alla correzione dell'errore materiale, e che tale procedura non richiede la notifica al proprio assistito.
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Sospensione dell’esecuzione: onere di notifica e danni
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14536/2024, chiarisce che nessuna responsabilità per danni può sorgere a carico del creditore procedente se la vendita dei beni pignorati avviene prima della notifica del provvedimento di sospensione dell'esecuzione. L'onere di comunicare tempestivamente l'ordine del giudice ricade sul debitore opponente, non potendosi pretendere che il creditore verifichi autonomamente la presenza di tali provvedimenti nel fascicolo telematico.
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Arricchimento imposto: no a pagamenti extra budget
Una struttura sanitaria privata ha richiesto il pagamento per prestazioni fornite oltre il budget concordato con l'Ente Sanitario Pubblico, a seguito del trasferimento urgente di pazienti da un'altra struttura. La Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta, qualificando la situazione come 'arricchimento imposto'. Poiché l'ente pubblico aveva manifestato la sua contrarietà a spese superiori al limite pattuito, non è tenuto a corrispondere alcun indennizzo per le prestazioni extra budget, anche se effettivamente ricevute.
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Leasing traslativo: le regole prima del fallimento
Un caso di leasing traslativo di un'auto di lusso, risolto prima del fallimento dell'utilizzatore. La società finanziaria ha chiesto l'ammissione al passivo per i canoni non pagati, basandosi sulla legge fallimentare. La Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che per i contratti già risolti si applica l'art. 1526 c.c., che prevede un equo compenso e non il pagamento dei canoni. La domanda basata su tale norma è stata però ritenuta tardiva e quindi inammissibile.
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Equa riparazione: no alla compensazione spese totale
Una cittadina chiedeva un'equa riparazione per l'eccessiva durata di un processo. La Corte d'Appello, pur riconoscendo un indennizzo, aveva compensato integralmente le spese legali. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che in caso di accoglimento anche solo parziale della domanda, la compensazione delle spese non può essere totale. Il principio rafforza la tutela del cittadino che subisce i ritardi della giustizia.
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Doppio contributo unificato: no se c’è rinuncia
Una società di leasing, dopo aver presentato ricorso in Cassazione contro un decreto del Tribunale, ha successivamente rinunciato all'impugnazione. La Corte Suprema ha dichiarato estinto il giudizio, chiarendo che la rinuncia non comporta l'obbligo di pagare il doppio contributo unificato. Questa sanzione si applica solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, non potendo essere estesa per analogia.
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Affrancazione prezzo massimo: estingue il rimborso?
La Corte di Cassazione ha stabilito che il completamento della procedura di affrancazione del prezzo massimo di cessione, anche se avvenuto durante il processo, estingue il diritto dell'acquirente di ottenere il rimborso della somma pagata in eccesso. La Corte ha dichiarato la cessazione della materia del contendere a causa di questo fatto sopravvenuto, ma ha condannato i venditori a pagare le spese legali basandosi sul principio della soccombenza virtuale, poiché l'acquirente avrebbe vinto la causa in assenza dell'affrancazione.
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Fallimento per inadempimento del concordato: si può?
Una società con un piano di concordato preventivo omologato non ha adempiuto agli obblighi assunti. Un creditore ne ha chiesto il fallimento. La Corte d'Appello aveva respinto la richiesta, ritenendo necessaria la previa risoluzione del concordato. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha ribaltato tale decisione. Ha stabilito che il fallimento per inadempimento può essere dichiarato direttamente, senza la necessità di risolvere prima l'accordo, qualora l'incapacità di adempiere manifesti un nuovo stato di insolvenza.
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Riserva appalti pubblici: onere della prova e termini
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 14522/2024, ha rigettato il ricorso di un'impresa edile, stabilendo principi chiari sulla riserva appalti pubblici. La Corte ha confermato che la riserva per maggiori oneri deve essere iscritta non appena il fatto lesivo è percepibile con l'ordinaria diligenza, e non alla fine del processo dannoso. Inoltre, per la compensazione dei prezzi dei materiali, non basta una semplice istanza, ma l'appaltatore ha l'onere di provare gli effettivi maggiori costi sostenuti.
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Onere della prova creditore: decreto ingiuntivo revocato
Un debitore si oppone a un decreto ingiuntivo per un presunto debito derivante da un finanziamento. La società creditrice, nel corso della causa, fornisce documenti contraddittori e non riesce a identificare con certezza il contratto su cui si fonda la pretesa. Il Tribunale accoglie l'opposizione e revoca il decreto ingiuntivo, sottolineando che l'onere della prova creditore non è stato soddisfatto, rendendo il credito incerto e illiquido.
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Cessazione materia del contendere: chi paga le spese?
Un cittadino contesta una richiesta di restituzione di somme da parte di un ente. Durante la causa, l'ente annulla il debito, soddisfacendo la richiesta del cittadino. Il Tribunale dichiara la cessazione della materia del contendere ma condanna l'ente a pagare le spese legali, applicando il principio di causalità: chi ha dato origine alla lite con una pretesa infondata deve sostenerne i costi.
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