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Giurisprudenza Civile

Pagamento assegno non trasferibile: onere della prova
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 19207/2024, ha stabilito che in caso di pagamento di un assegno non trasferibile a un soggetto non legittimato, l'onere di provare l'effettivo danno subito e la falsità dei documenti presentati ricade su chi agisce in giudizio. La Corte ha inoltre confermato che l'invio di un assegno di importo elevato tramite posta ordinaria costituisce una condotta che può integrare una corresponsabilità del danneggiato, riducendo la responsabilità dell'istituto pagatore.
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Danno da cose in custodia: quando la colpa è tua
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una conduttrice caduta sulle scale condominiali, invocando il principio del danno da cose in custodia. La Corte ha stabilito che il comportamento imprudente della danneggiata, consapevole dello stato dei luoghi (assenza di corrimano e possibile scivolosità), ha interrotto il nesso causale, escludendo la responsabilità del custode.
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Correzione errore materiale: la distrazione delle spese
La Corte di Cassazione interviene d'ufficio per effettuare una correzione errore materiale su una propria precedente ordinanza. L'errore consisteva nell'omessa indicazione della 'distrazione delle spese' legali in favore dell'avvocato della parte vittoriosa. La Corte ha emendato sia la motivazione che il dispositivo del provvedimento, riaffermando che tale omissione costituisce un errore rettificabile d'ufficio per garantire la corretta esecuzione della condanna alle spese.
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Prova pagamento assegno: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 19202/2024, ha rigettato il ricorso di un'erede contro un istituto di credito, stabilendo importanti principi sulla prova del pagamento di un assegno. La Corte ha chiarito che, per dimostrare l'estinzione di un'obbligazione tramite assegno, è sufficiente per il debitore provare l'emissione e la consegna del titolo, attestata dalla girata per l'incasso del prenditore. Spetta poi al creditore dimostrare il mancato incasso. La decisione sottolinea che la riscossione di un assegno è un fatto storico, provabile con ogni mezzo, inclusa la prova testimoniale e le presunzioni.
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Compenso avvocato: onere della prova per negligenza
Un cliente si opponeva al pagamento del compenso al proprio avvocato, lamentando una negligenza professionale nella gestione di una causa di separazione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: per non pagare il compenso all'avvocato, il cliente deve fornire prova non solo dell'errore del professionista, ma anche del danno concreto che da tale errore è derivato. L'ordinanza chiarisce inoltre le regole sull'imputazione dei pagamenti in acconto quando esistono più debiti tra le parti.
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Sanzione disciplinare illecito permanente: il caso
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di una sanzione disciplinare inflitta a un dipendente per il rifiuto continuato di utilizzare un sistema di registrazione online. La Corte ha qualificato il comportamento come illecito permanente, ritenendo tempestiva la contestazione anche se l'inadempimento era iniziato tempo prima. Secondo la Corte, il protrarsi dell'illecito giustifica la sanzione, poiché un ritardo nella contestazione non può trasformare un atto illegittimo in un diritto acquisito a perpetuarlo.
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Crediti società estinta: la Cassazione attende le SU
Un ex socio agisce per recuperare un credito assegnatogli durante lo scioglimento di una società di persone. I tribunali di merito negano la sua legittimazione, sostenendo una rinuncia tacita al credito con l'estinzione della società. La Corte di Cassazione, rilevando un contrasto giurisprudenziale sul tema dei crediti società estinta, sospende il giudizio in attesa di una decisione chiarificatrice da parte delle Sezioni Unite.
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Responsabilità della banca: truffa e dovere di tutela
Un correntista anziano, vittima di una truffa, effettua un bonifico di importo anomalo. Il Tribunale riconosce la responsabilità della banca per non aver adempiuto al proprio dovere di protezione, nonostante la colpa concorrente del cliente. La sentenza stabilisce un risarcimento parziale a carico dell'istituto di credito, ripartendo la colpa tra le parti.
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Rimborso spese legali: no al dipendente pubblico
La Corte di Cassazione ha negato il diritto al rimborso spese legali a un dirigente pubblico, coinvolto in procedimenti per responsabilità erariale conclusisi a suo favore. La Suprema Corte ha stabilito che le norme specifiche, che escludono tale rimborso per i giudizi contabili, prevalgono sul principio generale del mandato previsto dal Codice Civile, confermando la decisione della Corte d'Appello.
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Discriminazione part-time e anzianità: il caso in esame
Una lavoratrice part-time ha contestato il metodo di calcolo dell'anzianità di servizio, ritenendolo causa di discriminazione part-time. I giudici di merito le hanno dato ragione. La questione è giunta in Cassazione, ma l'organo giurisdizionale ha dichiarato il ricorso inammissibile per tardività, senza entrare nel merito della questione. La decisione sottolinea l'importanza cruciale del rispetto dei termini procedurali per poter far valere le proprie ragioni in giudizio.
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Assegno posdatato: quando è promessa di pagamento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 19186/2024, ha stabilito che un assegno posdatato, sebbene emesso nell'ambito di un patto di garanzia nullo, conserva la sua validità come promessa di pagamento ai sensi dell'art. 1988 c.c. Questo comporta un'inversione dell'onere della prova: spetta al debitore che ha emesso il titolo dimostrare l'inesistenza del debito sottostante, e non al creditore provarne l'esistenza. Nel caso di specie, un socio di una società aveva emesso assegni personali per garantire un debito commerciale della società stessa. La Corte ha rigettato il ricorso del socio, confermando che, non avendo egli fornito prova contraria, gli assegni costituivano un valido titolo per la richiesta di pagamento.
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Liquidazione giudiziale: requisiti e apertura procedura
Il Tribunale di Torino ha dichiarato l'apertura della liquidazione giudiziale di una società commerciale su ricorso della Procura della Repubblica. La decisione si fonda sull'accertamento di un grave stato di insolvenza, evidenziato da un indebitamento superiore a 900.000 euro verso un solo creditore, un patrimonio netto negativo per oltre 2.200.000 euro, pignoramenti immobiliari e la stessa ammissione della società debitrice. La sentenza ha confermato che la presenza di questi elementi dimostra un'incapacità strutturale e definitiva di far fronte alle obbligazioni, giustificando l'avvio della procedura concorsuale.
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Divieto di licenziamento: quando è nullo in appalto
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19185/2024, ha stabilito che il divieto di licenziamento introdotto durante la pandemia COVID-19 si applica anche nei casi di cambio appalto. Se il lavoratore rifiuta legittimamente l'assunzione da parte della nuova impresa a causa di condizioni contrattuali peggiorative, il licenziamento intimato dall'azienda uscente è nullo. La Corte ha chiarito che l'eccezione alla norma emergenziale richiede un'effettiva riassunzione e non una semplice proposta di lavoro, tutelando così il lavoratore da un peggioramento del trattamento economico e normativo.
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Rimessione al primo giudice: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d'Appello in una controversia tra dirigenti medici e un'azienda sanitaria sulla retribuzione. La Corte ha stabilito un importante principio procedurale: quando un giudice d'appello riforma una sentenza di primo grado che aveva erroneamente negato la giurisdizione, non può decidere direttamente il merito della causa, ma deve disporre la rimessione al primo giudice. Questo garantisce il diritto delle parti a due gradi di giudizio nel merito.
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Obbligo retributivo: stipendio dovuto senza lavoro?
Una lavoratrice ottiene il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato e l'ordine di reintegro, ma il datore di lavoro non ottempera. La Cassazione conferma l'obbligo retributivo del datore di lavoro per il periodo di mancata prestazione, stabilendo che la messa in mora iniziale è sufficiente e non serve una nuova offerta di lavoro dopo la sentenza.
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Copertura assicurativa retroattiva: vale anche se paghi
Gli eredi di un professionista citano in giudizio una compagnia assicurativa per il rimborso di spese legali. I giudici di merito negano il rimborso, ritenendo la polizza inefficace a causa del pagamento tardivo del premio. La Corte di Cassazione ribalta la decisione, affermando che il pagamento, seppur tardivo, riattiva la piena efficacia della polizza, compresa la copertura assicurativa retroattiva. Il caso viene quindi rinviato alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Prescrizione lavoro carcerario: la decisione della Corte
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19007/2024, ha stabilito che la prescrizione dei crediti retributivi per il lavoro svolto in carcere non decorre dalla fine di ogni singolo incarico, ma solo dalla cessazione definitiva dell'intero rapporto. La Corte ha ritenuto che i vari periodi di lavoro costituiscano un unico rapporto, caratterizzato da uno stato di soggezione ('metus') del detenuto, che impedisce il decorrere della prescrizione del lavoro carcerario fino alla fine della detenzione o alla definitiva impossibilità di lavorare.
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Prescrizione lavoro carcerario: la decorrenza
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19005/2024, ha stabilito che la prescrizione dei crediti retributivi per il lavoro svolto in carcere non decorre dalla cessazione di ogni singolo incarico, ma dal momento in cui cessa l'intero rapporto di lavoro carcerario. La decisione si fonda sulla natura unitaria del rapporto e sulla condizione di soggezione ('metus') del detenuto, che non gli permette di esercitare liberamente i propri diritti durante la detenzione. Viene così rigettato il ricorso del Ministero della Giustizia, che sosteneva la decorrenza della prescrizione dalle singole interruzioni lavorative.
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Lavoro carcerario e prescrizione: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19004/2024, ha stabilito che i molteplici periodi di attività lavorativa svolti da un detenuto durante la detenzione costituiscono un unico rapporto di lavoro. Di conseguenza, il termine di prescrizione per i crediti retributivi non decorre dalla fine di ogni singolo incarico, ma dal momento in cui cessa definitivamente il rapporto di lavoro carcerario, superando la tesi del Ministero della Giustizia che invocava la prescrizione per i periodi più risalenti.
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Credito da licenziamento: ammesso con privilegio
Una lavoratrice ha proposto opposizione allo stato passivo di una società in Amministrazione Straordinaria per ottenere il risarcimento del danno da licenziamento. Le parti hanno raggiunto un accordo transattivo, a seguito del quale il Tribunale ha disposto la rettifica dello stato passivo, ammettendo un ulteriore credito da licenziamento di oltre 81.000 euro in via privilegiata.
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