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Giurisprudenza Civile

Legittimazione attiva consorziata: chi agisce?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso di un'impresa individuale consorziata che aveva agito direttamente contro l'ente appaltante per il pagamento di lavori extra-contratto. La Corte ha confermato il difetto di legittimazione attiva consorziata, ribadendo che, nei contratti d'appalto, l'unico interlocutore e soggetto legittimato ad agire contro il committente è il consorzio con attività esterna, in quanto autonomo centro di imputazione giuridica, e non la singola impresa esecutrice dei lavori.
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Frazionamento del credito: quando è abuso del processo?
Un professionista ha intentato 38 azioni legali separate contro una società cliente per recuperare i propri onorari. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale comportamento costituisce un abusivo frazionamento del credito, anche in assenza di un unico contratto quadro, quando deriva da un rapporto professionale continuativo. La Corte ha chiarito che tale pratica è improponibile a meno che il creditore non dimostri un interesse apprezzabile alla tutela separata. La sentenza è stata annullata con rinvio per riesaminare la questione alla luce di questi principi.
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Fallimento subappaltatore: che fine fa la garanzia?
La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di fallimento del subappaltatore, il committente non può trattenere le somme a garanzia del pagamento dei contributi previdenziali. Tale importo deve essere versato alla curatela fallimentare. La dichiarazione di fallimento, infatti, scioglie il contratto e rende la condizione di pagamento dei contributi inesigibile direttamente, considerandola avverata per 'factum principis'. Un pagamento diretto all'ente previdenziale da parte del committente violerebbe la par condicio creditorum.
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Revocatoria fallimentare: no alla mediazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di due coniugi, confermando che l'azione di revocatoria fallimentare, intentata dalla curatela per rendere inefficace un trasferimento immobiliare dal fallito alla moglie, non richiede il preventivo esperimento della mediazione obbligatoria. L'azione ha natura personale e mira a tutelare la garanzia patrimoniale dei creditori, non a contestare diritti reali. La Corte ha inoltre ritenuto inammissibile il motivo relativo all'estinzione del processo per presunta errata ripresa dopo una sospensione.
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Motivazione Apparente: il giudice e la CTU
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza per motivazione apparente, stabilendo che il giudice non può limitarsi ad approvare la perizia d'ufficio (CTU) con formule generiche. È necessario che la decisione risponda in modo specifico alle critiche tecniche sollevate dal consulente di parte. Il caso riguardava una controversia su compensi professionali in cui la firma su una parcella era stata contestata. La Suprema Corte ha chiarito che l'omessa valutazione delle osservazioni tecniche rende la motivazione del giudice meramente apparente, violando il diritto di difesa e portando alla nullità della sentenza.
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Frazionamento abusivo del credito: Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 29438/2025, interviene su un caso di frazionamento abusivo del credito. Un professionista aveva avviato 38 procedure monitorie separate contro una società cooperativa per recuperare i propri compensi. Mentre il Tribunale aveva dichiarato l'azione improponibile per abuso, la Corte d'Appello l'aveva ritenuta legittima, basandosi sulla pluralità di incarichi distinti. La Cassazione ha cassato la sentenza d'appello, stabilendo che il divieto di frazionamento abusivo del credito si applica anche in assenza di un unico rapporto contrattuale, quando i crediti derivano da un rapporto di durata e la loro trattazione separata causa un ingiustificato dispendio di attività processuale. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per una nuova valutazione basata su questo principio.
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Frazionamento del credito: quando è abusivo? Guida
Un professionista ha emesso 38 decreti ingiuntivi separati contro una società cooperativa per compensi derivanti da un rapporto pluriennale. La società ha eccepito l'abusività di tale frazionamento del credito. La Corte di Cassazione, ribaltando le decisioni precedenti, ha stabilito che anche in assenza di un unico contratto, la richiesta parcellizzata di crediti derivanti da un rapporto di durata continuativo è abusiva se il creditore non prova un interesse meritevole alla tutela separata. La domanda è stata quindi ritenuta improponibile e il caso rinviato alla Corte d'Appello.
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Risoluzione consensuale: addio al doppio della caparra
La Corte di Cassazione chiarisce che l'adesione della promissaria acquirente a un piano di risanamento della società venditrice, che prevede la restituzione della caparra, configura una risoluzione consensuale preliminare del contratto. Tale nuovo accordo prevale sul diritto di richiedere il doppio della caparra per inadempimento, anche se l'immobile viene poi venduto a terzi. Il ricorso della società venditrice, che contestava questa interpretazione, è stato rigettato.
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Compenso domiciliatario: rito e giudice competente
Un avvocato ha citato in giudizio un collega per ottenere il pagamento del compenso professionale per l'attività di domiciliatario. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione di merito, stabilendo un principio fondamentale sulla procedura da seguire in questi casi. La controversia sul compenso domiciliatario deve essere trattata e decisa da un collegio di giudici, non da un giudice monocratico. La violazione di questa regola procedurale comporta la nullità dell'intero provvedimento.
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Pagamenti post-procedura: la regola dell’ora zero
Una grande compagnia aerea, il giorno stesso della sua ammissione all'amministrazione straordinaria, ha effettuato un significativo pagamento a una società fornitrice. La Corte di Cassazione ha confermato l'inefficacia di tale pagamento, stabilendo un principio cruciale: per i pagamenti post-procedura, si applica la "zero hour rule". Ciò significa che gli effetti della procedura decorrono dalla mezzanotte del giorno di emissione del decreto di ammissione, rendendo inefficaci tutti gli atti successivi nei confronti dei creditori, a prescindere dalla data di iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese o dalla conoscenza del creditore.
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Frazionamento abusivo del credito: onere della prova
Un professionista agisce per il pagamento di una parcella, ma la società cliente si oppone sostenendo di aver già saldato il dovuto con un pagamento complessivo che copriva molteplici incarichi. La Corte di Cassazione chiarisce i principi sull'onere della prova del pagamento in caso di pluralità di debiti e sul concetto di frazionamento abusivo del credito, cassando la decisione di merito e rinviando la causa alla Corte d'Appello.
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Mutuo solutorio: valido e non nullo per le Sezioni Unite
Una società ottiene un nuovo mutuo ipotecario da una banca per estinguere un precedente debito chirografario con lo stesso istituto. La società in seguito fallisce. La Corte di Cassazione, richiamando le Sezioni Unite, chiarisce che il mutuo solutorio è un contratto di mutuo valido e non un mero patto di non agire. La disponibilità giuridica delle somme è sufficiente a perfezionare il contratto. Tuttavia, affinché l'ipoteca concessa contestualmente sia revocata, il curatore fallimentare deve fornire la prova rigorosa del pregiudizio concreto arrecato agli altri creditori preesistenti.
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Visto e piaciuto: quando la garanzia per vizi è esclusa
Un acquirente di un'auto usata, non consumatore, ha citato in giudizio i venditori per vizi palesi, chiedendo riduzione del prezzo e risarcimento. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che la clausola "visto e piaciuto" esclude la garanzia per difetti facilmente riconoscibili con l'ordinaria diligenza, dato che l'acquirente aveva accettato il veicolo nello stato in cui si trovava dopo averlo visionato.
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Impugnazione licenziamento avvocato: serve la procura?
La Corte di Cassazione conferma che l'impugnazione del licenziamento inviata dall'avvocato è inefficace se priva di una procura scritta anteriore. Nel caso esaminato, due lavoratrici avevano perso il diritto di contestare il licenziamento perché la lettera del loro legale era stata inviata senza che egli fosse stato precedentemente munito di mandato scritto, e la società datrice di lavoro ne aveva contestato la validità. La Corte ha ribadito che la ratifica successiva non sana il difetto, confermando la decadenza del diritto all'impugnazione.
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Pagamenti post fallimento: a chi chiedere i soldi?
La Corte di Cassazione chiarisce un punto cruciale sui pagamenti post fallimento. Un'impresa fallita aveva continuato a effettuare pagamenti a un creditore tramite una banca. Il curatore fallimentare ha citato in giudizio la banca per ottenere la restituzione delle somme. La Suprema Corte ha stabilito che l'azione di inefficacia deve essere rivolta contro il creditore che ha effettivamente ricevuto il denaro (l'accipiens), e non contro la banca, che ha agito solo come intermediario. La sentenza precedente è stata quindi annullata con rinvio.
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Regolamento di competenza: quando è l’unico rimedio
La Corte di Cassazione chiarisce un importante principio processuale: in un giudizio con più domande, se il giudice si pronuncia sul merito di una e dichiara la propria incompetenza territoriale su un'altra, tale declaratoria può essere contestata solo con il regolamento di competenza e non con l'appello. La Corte ha rigettato sia il ricorso principale di una società, volto a rimettere in discussione la valutazione delle prove, sia quello incidentale di un agente, che aveva erroneamente appellato la decisione sull'incompetenza, confermando la necessità di utilizzare lo strumento processuale corretto per ogni tipo di doglianza.
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Prova incarico professionale: Cassazione chiarisce
Uno studio di commercialisti si è visto rigettare la domanda di ammissione al passivo per compensi professionali dal tribunale, per mancata prova scritta dell'incarico. La Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che la prova dell'incarico professionale non richiede la forma scritta e può essere fornita con ogni mezzo, anche con presunzioni. I documenti prodotti non possono essere ritenuti inammissibili solo perché la loro pertinenza non è stata dettagliata singolarmente. Il caso è stato rinviato al tribunale per un nuovo esame.
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Transazione con il Comune: nullità senza impegno di spesa
Un avvocato ha richiesto il pagamento di compensi professionali a un Comune sulla base di un accordo transattivo. L'ente locale si è opposto, eccependo la nullità della transazione per mancanza del necessario impegno di spesa. La Corte di Cassazione ha confermato la nullità dell'accordo, ribadendo che qualsiasi contratto stipulato da un ente locale che comporti una spesa deve essere assistito, a pena di nullità, dalla relativa copertura finanziaria e da uno specifico impegno contabile. Il diritto del professionista al compenso per l'attività svolta, tuttavia, rimane salvo e può essere fatto valere sulla base del contratto di patrocinio originario.
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Onere della prova contratto d’opera: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che riduceva il compenso dovuto a un'azienda di grafica, per non aver fornito l'onere della prova circa l'avvenuta consegna del prodotto principale commissionato. L'ordinanza ribadisce che spetta al prestatore del servizio dimostrare di aver adempiuto alla propria obbligazione contrattuale. I tentativi della ricorrente di far rivalutare le prove documentali (email) in sede di legittimità sono stati dichiarati inammissibili, in quanto la Cassazione non può sostituirsi al giudice di merito nell'apprezzamento dei fatti.
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Giudicato esterno: l’appello inammissibile
Una coppia ha intentato una causa contro appaltatori e un acquirente in merito a un'operazione immobiliare, chiedendo vari risarcimenti. Le loro richieste sono state respinte sia in primo grado che in appello perché le questioni erano già state risolte da una precedente sentenza definitiva (giudicato esterno). La Corte di Cassazione ha confermato l'inammissibilità del ricorso, ribadendo che non è possibile riaprire controversie già decise e che i motivi di impugnazione devono essere specifici e pertinenti.
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