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Giurisprudenza Civile

Mezzi istruttori: limiti e inammissibilità in appello

Un ex dirigente, licenziato per motivi disciplinari, ha visto il suo ricorso respinto in tutti i gradi di giudizio. La Corte di Cassazione ha dichiarato l’appello inammissibile, sottolineando i rigidi limiti alla produzione di nuovi mezzi istruttori nel processo del lavoro. La decisione evidenzia che il ricorso per cassazione deve confrontarsi specificamente con le motivazioni della sentenza d’appello, non potendosi limitare a una generica doglianza sulla mancata ammissione di prove, pena l’inammissibilità per difetto di specificità e autosufficienza.

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Onere della prova: Cassazione su indennizzo furto

Un’assicurata chiede l’indennizzo per un furto subito in casa. La compagnia nega il pagamento per prove ritenute insufficienti. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24030/2025, conferma la condanna della compagnia assicuratrice, stabilendo che l’onere della prova può essere assolto anche tramite prove presuntive. La Corte ha ritenuto validi e sufficienti gli indizi raccolti, come la denuncia dettagliata e le testimonianze indirette, dichiarando inammissibile il ricorso dell’assicurazione che mirava a una nuova valutazione dei fatti.

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Spese forfettarie avvocato: quando sono dovute?

La Corte di Cassazione si è pronunciata su una complessa vicenda tra un avvocato e un istituto di credito in merito al pagamento di compensi professionali. L’ordinanza chiarisce importanti principi sulla validità degli accordi, il frazionamento del credito e la tempestività dell’opposizione a decreto ingiuntivo. Il punto cruciale della decisione riguarda il riconoscimento delle spese forfettarie dell’avvocato, stabilendo che sono sempre dovute per legge, anche se non esplicitamente previste in una convenzione, qualora la normativa applicabile lo preveda.

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Requisito reddituale assegno familiare: onere della prova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un cittadino straniero per il riconoscimento dell’assegno per il nucleo familiare. La decisione sottolinea che il richiedente ha l’onere di provare il requisito reddituale dell’intero nucleo familiare, inclusi i membri residenti all’estero. La mancata dimostrazione di tale reddito complessivo, considerato un elemento costitutivo del diritto, ha portato alla conferma delle sentenze di merito che avevano negato il beneficio.

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Onere della prova fallimento: chi deve dimostrarlo?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5919/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore, ribadendo un principio fondamentale: l’onere della prova per dimostrare la non fallibilità spetta sempre al debitore. Anche in regime di contabilità semplificata, la documentazione prodotta deve essere completa e idonea a rappresentare l’intera esposizione debitoria, non solo quella fiscale. La Corte ha ritenuto insufficienti le sole dichiarazioni dei redditi e l’estratto dell’Agenzia delle Entrate, confermando che la mancanza di prove adeguate a carico del debitore legittima la dichiarazione di fallimento.

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Massimale pensionabile spettacolo: la Cassazione decide

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio chiave per le pensioni dei lavoratori dello spettacolo. Contrariamente a quanto deciso dalla Corte d’Appello, il “massimale pensionabile” giornaliero si applica anche alla “quota B” della pensione, ovvero quella maturata dopo il 31 dicembre 1992. La Suprema Corte ha ritenuto che tale limite non sia stato abrogato dalle riforme successive e rimanga un elemento essenziale per garantire l’equilibrio e la sostenibilità del sistema previdenziale di categoria.

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Improcedibilità Ricorso: l'errore che costa il processo

Un lungo caso di risarcimento danni per una caduta su pavimento bagnato si conclude in Cassazione non per il merito della vicenda, ma per un errore procedurale. La Corte dichiara l’improcedibilità del ricorso perché la parte ricorrente non ha depositato la prova completa della notifica via PEC della sentenza impugnata, sottolineando l’importanza inderogabile degli adempimenti formali.

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Assegno Nucleo Familiare: prova del reddito essenziale

Un cittadino straniero si è visto negare l’assegno nucleo familiare perché non ha fornito prova adeguata del reddito complessivo della sua famiglia, i cui membri risiedevano in parte all’estero. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando che l’onere di dimostrare tutti i requisiti, incluso quello reddituale, spetta interamente al richiedente. La mancanza di questa prova è stata decisiva per il rigetto della domanda.

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Ripetizione indebito: ricorso inammissibile se errato

Un contribuente paga un debito ritenuto prescritto per ottenere la cancellazione di un’ipoteca e ne chiede la restituzione. La Cassazione dichiara il suo ricorso per la ripetizione indebito inammissibile perché l’atto di appello non contestava tutte le ragioni della decisione di primo grado. L’analisi del caso e le implicazioni procedurali.

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Assegno familiare: la prova del reddito è decisiva

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un cittadino straniero per l’ottenimento dell’assegno per il nucleo familiare. La decisione si fonda sulla mancata e completa prova del reddito dell’intero nucleo familiare, inclusi i componenti residenti all’estero. La Suprema Corte ha sottolineato che la dimostrazione del requisito reddituale è un elemento costitutivo del diritto e non una mera condizione per l’erogazione, confermando così le sentenze dei gradi precedenti.

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Assegno nucleo familiare: onere della prova del reddito

La richiesta di un lavoratore straniero per l’assegno nucleo familiare è stata definitivamente respinta. La Corte di Cassazione ha confermato che il richiedente ha l’onere della prova di dimostrare il reddito complessivo di tutto il nucleo familiare, inclusi i membri residenti all’estero. La mancata fornitura di tale prova impedisce il riconoscimento del diritto, poiché il requisito reddituale è un elemento costitutivo della prestazione.

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Motivazione autonoma: ricorso inammissibile

Una società sanitaria ha citato in giudizio un’Azienda Sanitaria Locale per un presunto pagamento inferiore al dovuto per prestazioni in convenzione. Dopo una vittoria in primo grado, la Corte d’Appello ha respinto la domanda, ritenendo vincolanti i tetti di spesa accettati contrattualmente. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della società, evidenziando che l’impugnazione non aveva contestato una delle ragioni autonome (ratio decidendi) della decisione di secondo grado, rendendo inutile l’esame delle altre censure.

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Test audiometrico non professionale non è giusta causa

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’esecuzione di un test audiometrico non professionale da parte del figlio non laureato di un agente non costituisce giusta causa per il recesso dal contratto di agenzia. La Corte ha ritenuto tale test un’attività meramente esplorativa e promozionale, distinta da quella sanitaria riservata ai tecnici audioprotesisti, confermando la decisione della Corte d’Appello che aveva condannato la società preponente al pagamento di cospicue indennità all’agente.

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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali

Una società finanziaria, condannata in appello per la vendita di una polizza ‘unit linked’, ha presentato ricorso in Cassazione per poi ritirarlo. A seguito della rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte, la Corte Suprema ha dichiarato l’estinzione del giudizio, stabilendo che non vi è luogo a provvedere sulle spese e che non sussistono i presupposti per il pagamento del doppio contributo unificato.

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Requisito reddituale assegno familiare: onere prova

La Corte di Cassazione conferma il diniego dell’assegno per il nucleo familiare a un lavoratore per il mancato assolvimento dell’onere della prova. Il caso evidenzia come il requisito reddituale familiare sia un elemento costitutivo del diritto, la cui dimostrazione, anche per i familiari residenti all’estero, spetta interamente al richiedente. La mancata allegazione e prova di tale requisito rende il ricorso inammissibile, senza possibilità di sanatoria in sede di legittimità.

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Estinzione giudizio: il caso della rinuncia in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato l’estinzione del giudizio a seguito della rinuncia agli atti da parte dei ricorrenti e della conseguente accettazione delle controparti. La decisione si fonda sugli articoli 390 e 391 del Codice di procedura civile. Essendoci stato un accordo tra le parti anche sulle spese legali, la Corte non ha dovuto pronunciarsi in merito, chiudendo definitivamente la controversia.

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Assegno nucleo familiare: prova del reddito essenziale

La richiesta di un cittadino straniero per l’assegno nucleo familiare è stata respinta per non aver fornito prova sufficiente del reddito totale del suo nucleo familiare, compresi i membri residenti all’estero. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei gradi inferiori, sottolineando che la dimostrazione del requisito reddituale è una condizione obbligatoria per ottenere il beneficio e un onere che ricade interamente sul richiedente.

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Promessa di riassunzione: come si calcola il danno?

Un giornalista, licenziato dalla società cessionaria di un ramo d’azienda, si è visto negare il rientro nell’azienda cedente, nonostante una specifica clausola contrattuale. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24016/2025, ha chiarito i criteri per il calcolo del risarcimento del danno derivante dalla violazione di una promessa di riassunzione. Pur respingendo la richiesta di costituzione coattiva del rapporto di lavoro, ha accolto il ricorso del lavoratore sul punto del ‘dies ad quem’ (termine finale) per il risarcimento, stabilendo che la data di conferimento dell’incarico al CTU, scelta dalla Corte d’Appello, era un limite temporale immotivato. La Corte ha rinviato il caso per una nuova determinazione del periodo risarcibile, confermando che il danno deve coprire l’intero pregiudizio patrimoniale subito dal lavoratore a causa dell’inadempimento.

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Rischio locativo: quando il ricorso è inammissibile

Un conduttore di un immobile commerciale adibito a ristorazione, a seguito di un incendio, ha citato in giudizio la propria compagnia assicurativa per ottenere l’indennizzo previsto da una polizza per “rischio locativo”. Le sue richieste sono state respinte sia in primo grado che in appello. La Corte di Cassazione ha dichiarato il successivo ricorso inammissibile, evidenziando gravi carenze procedurali. In particolare, il ricorrente non ha riportato nel suo atto le clausole essenziali del contratto di assicurazione, violando il principio di autosufficienza, e non ha contestato tutte le autonome ragioni giuridiche su cui si fondava la decisione d’appello.

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Modifica domanda processo del lavoro: i limiti

Un’ordinanza della Cassazione chiarisce i rigidi limiti alla modifica della domanda nel processo del lavoro. Il caso riguarda un agente che ha perso la causa per violazione del patto di esclusiva, non solo per non aver provato il suo diritto, ma anche per aver tentato una modifica inammissibile della domanda iniziale. La Corte ha ribadito che qualsiasi cambiamento sostanziale dei fatti a fondamento della richiesta è precluso dopo gli atti introduttivi, salvo gravi motivi autorizzati dal giudice. Questo principio sulla modifica domanda processo del lavoro è stato decisivo per confermare la sentenza di rigetto.

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