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Giurisprudenza Civile

Giudicato esterno: limiti alla riproposizione della domanda
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un lavoratore che chiedeva un inquadramento superiore, già negato in un precedente giudizio. La decisione si fonda sul principio del giudicato esterno, che impedisce di ridiscutere questioni già decise con sentenza definitiva tra le stesse parti, anche se la nuova domanda si riferisce a un periodo lavorativo successivo ma basato sulla medesima causa petendi (le stesse mansioni).
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Rapporto di lavoro subordinato: la Cassazione decide
Un lavoratore ha richiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato per una collaborazione di lunga data con un'istituzione pubblica. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti che qualificavano il rapporto come collaborazione autonoma. La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché mirava a un riesame dei fatti e non presentava argomentazioni specifiche sulla presunta errata interpretazione del contratto.
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Indennità di esproprio: i criteri di calcolo
La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla corretta metodologia per calcolare l'indennità di esproprio di un terreno destinato a servizi pubblici. I proprietari contestavano la valutazione del giudice di merito, che aveva mediato il valore del loro terreno con quello delle aree agricole circostanti. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che la legge provinciale applicabile impone di considerare congiuntamente tre criteri – caratteristiche del terreno, inserimento nel tessuto urbanistico e destinazione delle aree circostanti – senza alcuna gerarchia tra essi. La decisione conferma quindi la legittimità di un calcolo che pondera tutti i fattori, anche quelli apparentemente svalutanti come la vicinanza a terreni agricoli, per giungere a una stima equa.
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Errore revocatorio: quando non è ammesso in Cassazione
La Corte di Cassazione chiarisce i limiti dell'errore revocatorio, dichiarando inammissibile il ricorso di un collezionista d'arte. Il caso riguardava la contestata autenticità di una scultura. La Corte ha stabilito che l'errore revocatorio deve consistere in una svista percettiva su un fatto decisivo e non in una diversa valutazione delle prove o in un errore di giudizio, ribadendo che la revocazione non può trasformarsi in un terzo grado di merito.
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Ingiustificato arricchimento P.A.: l’onere della prova
L'ordinanza analizza un caso di ingiustificato arricchimento P.A. a seguito di prestazioni professionali non saldate. La Corte di Cassazione, ribaltando le decisioni precedenti, chiarisce che l'onere di provare il rifiuto del beneficio spetta alla Pubblica Amministrazione e non al professionista. Quest'ultimo deve solo dimostrare il proprio impoverimento e il conseguente arricchimento dell'ente. La sentenza cassa la decisione d'appello e rinvia la causa per una nuova valutazione basata su questo principio.
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Scorrimento graduatoria: stop con nuova legge
La Corte di Cassazione ha stabilito che lo scorrimento graduatoria di un concorso interno non è più possibile se una nuova legge (ius superveniens) modifica le modalità di progressione di carriera, imponendo concorsi pubblici. Nel caso di specie, il D.Lgs. 150/2009 ha impedito a un'amministrazione pubblica di promuovere dipendenti attingendo da una graduatoria di un concorso puramente interno bandito prima del 2010, annullando la decisione favorevole della Corte d'Appello.
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Scorrimento graduatoria: nuove regole e ius superveniens
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14732/2024, ha stabilito che lo scorrimento graduatoria di un concorso interno non è un diritto soggettivo dei candidati. La normativa applicabile è quella vigente al momento della decisione di coprire i posti vacanti (ius superveniens), non quella del bando. Pertanto, l'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2009 ha legittimamente impedito la promozione di dipendenti pubblici idonei in una graduatoria precedente, in quanto la nuova legge ha modificato le modalità di progressione verticale, richiedendo concorsi pubblici.
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Responsabilità PA: quando lo Stato paga per il dipendente
Un ministero è stato ritenuto responsabile per i danni derivanti dal decesso di una persona, causato dall'operato illecito di un proprio dipendente. L'impiegato aveva autorizzato la concessione di un'area demaniale per un campeggio in una zona pericolosa, all'interno di un letto di un fiume. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, stabilendo che la responsabilità pubblica amministrazione sussiste quando c'è un 'nesso di occasionalità necessaria' tra le funzioni del dipendente e l'atto illecito, anche se quest'ultimo è stato compiuto per scopi esclusivamente personali.
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Termine ricorso cassazione: 30 giorni per l’appello
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso in materia elettorale perché notificato oltre il termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione della sentenza d'appello. Il caso riguardava la richiesta di decadenza di un consigliere regionale. La Corte ha sottolineato che il rispetto del termine ricorso cassazione, previsto dall'art. 22 del D.Lgs. 150/2011, è un requisito indispensabile per l'esame del merito, rendendo ininfluente ogni altra questione sollevata dalle parti.
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Contestazione disciplinare tardiva: quando è nulla?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14728/2024, ha confermato la nullità di una sanzione disciplinare a causa di una contestazione disciplinare tardiva. La Corte ha stabilito che un ritardo di oltre quattro mesi tra la piena conoscenza dei fatti da parte del datore di lavoro, ottenuta tramite l'ammissione del dipendente, e la notifica della contestazione, viola il principio di immediatezza e buona fede, rendendo illegittima la sanzione.
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Contestazione disciplinare tardiva: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha confermato l'annullamento di una sanzione disciplinare perché la contestazione disciplinare è stata ritenuta tardiva. L'istituto di credito ha atteso oltre un anno dalla piena conoscenza dei fatti prima di agire, violando il principio di immediatezza richiesto dalla legge. La complessità aziendale non è stata considerata una giustificazione valida per tale ritardo.
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Diligenza del lavoratore: la responsabilità allo sportello
Un'ordinanza della Cassazione affronta il tema della diligenza del lavoratore e della responsabilità disciplinare. Il caso riguarda un'operatrice di sportello sanzionata per aver emesso vaglia a beneficiari errati. I giudici hanno annullato la sanzione, poiché la dipendente aveva agito sulla base di una richiesta predisposta da una collega, eseguendo correttamente le disposizioni per la sua specifica mansione. La Suprema Corte ha confermato la decisione, ritenendo che la responsabilità dell'operazione ricadesse su chi aveva preparato la documentazione a monte, escludendo l'obbligo per l'operatrice di riesaminare l'intero processo.
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Termine decadenziale indennità: quando si applica?
La Corte di Cassazione chiarisce che, in assenza di una stima definitiva dell'indennità di esproprio, il diritto di richiederne la determinazione giudiziale non è soggetto al breve termine decadenziale di 30 giorni, ma al termine di prescrizione ordinario di dieci anni. La sentenza sottolinea che l'estinzione di un precedente giudizio non impedisce la riproposizione della domanda, purché avvenga entro i termini di prescrizione.
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Inquadramento lavorativo: ricorso inammissibile
Un dipendente pubblico ha contestato il suo inquadramento lavorativo, chiedendo il passaggio a una posizione superiore e il risarcimento. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito e sottolineando i limiti procedurali per la contestazione delle valutazioni di fatto.
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Motivazione contraddittoria: Cassazione annulla
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna a carico di una compagnia aerea per i danni causati da un suo velivolo alla proprietà di due cittadini. La decisione è stata motivata da una palese motivazione contraddittoria della Corte d'Appello, la quale aveva affermato contemporaneamente che il velivolo avesse rispettato le indicazioni di volo e che se ne fosse discostato. La Corte ha inoltre stabilito che i giudici di merito hanno errato nel considerare abbandonata la domanda di manleva della compagnia verso l'ente gestore del traffico aereo. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio.
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Doppia retribuzione: sì al doppio stipendio
In un caso di cessione di ramo d'azienda dichiarata inefficace, la Corte di Cassazione ha stabilito il diritto del lavoratore a una doppia retribuzione. Il lavoratore, pur avendo prestato servizio per la società acquirente, ha diritto a ricevere lo stipendio anche dalla società cedente, la quale aveva illegittimamente rifiutato la sua prestazione lavorativa. La Corte ha chiarito che si configurano due distinti rapporti di lavoro, uno di diritto con il cedente e uno di fatto con il cessionario, giustificando così il doppio compenso senza possibilità di detrazione.
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Ricorso inammissibile: i motivi della Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un dipendente pubblico che chiedeva il riconoscimento di mansioni superiori e le relative differenze retributive. La domanda era già stata respinta in primo e secondo grado. La Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile per una pluralità di vizi procedurali, tra cui la mescolanza di diversi motivi di impugnazione, la violazione del principio della 'doppia conforme' e la richiesta di un riesame del merito dei fatti, non consentito in sede di legittimità. La decisione sottolinea l'importanza del rigore formale nella redazione dei ricorsi per Cassazione.
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Difetto assoluto di giurisdizione: il caso politico
Una cittadina ha citato in giudizio lo Stato, sostenendo che l'adesione all'Unione Europea e l'adozione dell'euro rappresentassero una cessione illegittima di sovranità. La Corte di Cassazione ha dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione, affermando che i tribunali non possono giudicare le scelte di natura puramente politica del Parlamento e del Governo, come la ratifica di trattati internazionali, in virtù del principio di separazione dei poteri.
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Remunerazione medici specializzandi: Cassazione cambia rotta
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14708/2024, ha accolto il ricorso di alcuni medici specializzandi, ribaltando le precedenti decisioni di merito. I giudici avevano negato loro il diritto a un'adeguata remunerazione perché iscritti ai corsi di specializzazione prima dell'anno accademico 1982-1983. La Suprema Corte, allineandosi alla più recente giurisprudenza europea e nazionale, ha stabilito che ciò che conta non è la data di iscrizione, ma la prosecuzione del corso dopo il 1° gennaio 1983. Pertanto, i medici hanno diritto alla remunerazione per il periodo di formazione svolto a partire da tale data. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per una nuova valutazione basata su questo principio.
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Riduzione clausola penale: i criteri della Cassazione
Un dirigente, a seguito di demansionamento, ottiene in appello il pagamento di una cospicua clausola penale prevista da accordi aziendali. La società datrice di lavoro ricorre in Cassazione, lamentando la mancata riduzione della penale manifestamente eccessiva. La Suprema Corte accoglie il motivo, cassando la sentenza e chiarendo che la valutazione sulla riduzione della clausola penale non deve basarsi solo sull'interesse del creditore al momento della stipula, ma deve considerare tutte le circostanze concrete emerse durante il rapporto, in un'ottica di correttezza e buona fede.
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