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Giurisprudenza Civile

Indennità di funzione: no a leggi regionali superate
Un dipendente pubblico ha richiesto un'indennità di funzione basandosi su una legge regionale del 1992 per mansioni svolte dopo il 1998. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che, a seguito della riforma del pubblico impiego, la valutazione delle mansioni e della retribuzione deve fondarsi sulla nuova normativa nazionale (d.lgs. 165/2001), che prevale sulle disposizioni regionali precedenti.
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Querela di falso: come si prova con le presunzioni?
La Corte di Cassazione conferma la decisione di merito che ha accolto una querela di falso contro una dichiarazione di remissione del debito. La sentenza stabilisce che la falsità di un documento, in questo caso un foglio firmato in bianco e riempito abusivamente, può essere provata attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, senza la necessità di una perizia tecnica. Gli elementi considerati includevano l'incompatibilità tra le competenze informatiche della firmataria e la formattazione del documento, e la mancata restituzione dei titoli di credito originali.
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Ritenuta d’acconto: la rivalsa del sostituto
Una società paga un compenso lordo a un professionista senza operare la ritenuta d'acconto. La Corte di Cassazione stabilisce che la società, in qualità di sostituto d'imposta, ha diritto di rivalsa per recuperare la somma, anche se non ha ancora versato l'importo all'Erario, cassando la decisione del Tribunale che negava tale diritto.
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Ricorso inammissibile: chiarezza è obbligatoria
Una società metalmeccanica vede il suo appello contro una condanna per licenziamento illegittimo dichiarato come ricorso inammissibile dalla Corte di Cassazione. La decisione si fonda sulla grave mancanza di chiarezza e sintesi nell'atto, che non esponeva in modo comprensibile i fatti di causa e i motivi di diritto. La Corte ribadisce che la precisione espositiva è un requisito fondamentale, la cui assenza impedisce l'esame nel merito della questione.
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Inadempimento contratto d’appalto: opera finita o no?
In una causa per inadempimento contratto d'appalto, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione di merito che non aveva chiarito la linea di confine tra opera 'non ultimata' e opera 'ultimata ma viziata'. La Corte ha ribadito che questa distinzione è fondamentale per determinare se applicare la disciplina generale sull'inadempimento (art. 1453 c.c.) o quella speciale sulla garanzia per vizi (art. 1667 c.c.), che prevede termini di decadenza più brevi. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per una nuova valutazione dei fatti.
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Estinzione giudizio di cassazione: effetti rinuncia
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del giudizio di cassazione a seguito della rinuncia al ricorso da parte del ricorrente. Tale rinuncia è stata formalmente accettata dalla controparte, esonerando così la Corte da una pronuncia sulle spese processuali e chiudendo definitivamente la controversia.
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Estinzione del processo: la rinuncia al ricorso
Un lavoratore aveva impugnato la sentenza della Corte d'Appello che negava il suo diritto al risarcimento per demansionamento e perdita di chance nel passaggio al pubblico impiego. Giunto in Cassazione, il lavoratore ha presentato una rinuncia al ricorso, che è stata accettata dalla controparte, il Ministero. Di conseguenza, la Suprema Corte ha dichiarato l'estinzione del processo, senza entrare nel merito della questione e senza disporre sulle spese.
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Provvigione mediatore: quando è dovuta con mutuo?
Un'agenzia immobiliare ha richiesto il pagamento della commissione a una potenziale acquirente dopo il fallimento di una vendita. L'acquisto era subordinato all'ottenimento di un mutuo, che è stato negato. L'agenzia sosteneva che l'acquirente avesse agito in malafede, invocando la finzione di avveramento della condizione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che in presenza di una 'condizione mista' come l'ottenimento di un mutuo, la mancata concessione del finanziamento non implica automaticamente malafede. Il diritto alla provvigione mediatore sorge solo al verificarsi della condizione.
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Risoluzione consensuale agenzia: quando è valida?
La Corte di Cassazione ha stabilito che un contratto di agenzia può considerarsi sciolto per mutuo consenso basato su comportamenti concludenti, come la totale e prolungata inattività dell'agente e l'operato diretto della preponente. Questa risoluzione consensuale agenzia non richiede la forma scritta prevista per il recesso unilaterale e preclude il diritto dell'agente alle provvigioni indirette maturate dopo l'interruzione del rapporto.
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Termine essenziale: adempimento o condizione sospensiva?
Una società committente si rifiutava di pagare il corrispettivo per lo sviluppo di impianti fotovoltaici, sostenendo che il mancato rispetto di un termine essenziale per ottenere un'autorizzazione avesse reso il contratto inefficace. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione d'appello, chiarendo che il termine essenziale in questione non era una condizione sospensiva, ma un termine per l'adempimento. La Corte ha valorizzato il fatto che gran parte del lavoro era già stato svolto e che le parti avevano continuato a collaborare anche dopo la scadenza, dimostrando la volontà di portare a termine il progetto.
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Danno comunitario: risarcimento anche per contratti nulli
La Corte di Cassazione ha stabilito che un lavoratore del settore pubblico ha diritto al risarcimento del danno comunitario per l'abusiva reiterazione di contratti a termine, anche se tali contratti sono nulli per mancanza di forma scritta. La nullità formale, imputabile alla Pubblica Amministrazione, non può vanificare la tutela sostanziale prevista dal diritto europeo contro il lavoro precario.
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Risoluzione consensuale: fine contratto agenzia tacito
La Corte di Cassazione ha stabilito che un contratto di agenzia può considerarsi terminato per risoluzione consensuale anche in assenza di una comunicazione scritta, basandosi sui comportamenti concludenti delle parti. Nel caso specifico, la prolungata inattività dell'agente e l'operato diretto del preponente nella zona di esclusiva, senza reciproche contestazioni per oltre due anni, sono stati ritenuti sufficienti a manifestare la volontà comune di sciogliere il rapporto. Di conseguenza, è stato negato all'agente il diritto di accedere alla documentazione contabile del preponente per il periodo successivo alla cessazione del contratto, non avendo dimostrato un interesse concreto legato a provvigioni post-contrattuali.
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Superminimo: quando può essere eliminato? La Cassazione
La Corte di Cassazione ha stabilito che un superminimo non assorbibile, concesso per compensare differenze retributive dopo un trasferimento d'azienda e derivante da un accordo collettivo, può essere legittimamente eliminato se tale accordo viene disdettato. La tutela dell'art. 2112 c.c. non congela le condizioni retributive per sempre, ma le protegge solo al momento del trasferimento. Le successive dinamiche della contrattazione collettiva possono modificare o rimuovere tali voci retributive.
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Appalto condominiale senza delibera: chi paga?
Una società di manutenzione ha agito contro un condominio per il pagamento di lavori. La Cassazione ha respinto il ricorso della società, confermando che un appalto condominiale senza delibera assembleare è inefficace. La Corte ha sottolineato che l'assenza di autorizzazione è l'elemento decisivo, rendendo irrilevante l'analisi sulla validità della proposta contrattuale presentata dall'amministratore.
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Superminimo non assorbibile: si può eliminare?
La Corte di Cassazione ha stabilito che un superminimo non assorbibile, se istituito tramite un accordo collettivo, può essere legittimamente eliminato qualora tale accordo venga disdettato dall'azienda. Il caso analizzato riguarda dei lavoratori che, a seguito di un trasferimento d'azienda, avevano ottenuto un emolumento per compensare la differenza retributiva. La Corte ha chiarito che le tutele previste per il trasferimento d'azienda non impediscono le successive modifiche derivanti dalla dinamica della contrattazione collettiva.
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Danno comunitario: tutela anche senza contratto scritto
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 18935/2024, ha stabilito un principio fondamentale a tutela dei lavoratori precari della Pubblica Amministrazione. Anche in assenza di un contratto scritto, e quindi in presenza di un rapporto formalmente nullo, il lavoratore ha diritto al risarcimento del cosiddetto 'danno comunitario' se subisce una reiterazione abusiva di contratti a termine. La Corte ha chiarito che la nullità formale, imputabile alla P.A., non può vanificare la tutela sostanziale imposta dal diritto dell'Unione Europea contro l'abuso dei contratti precari.
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Responsabilità direttore lavori: la Cassazione decide
In un caso di gravi difetti in un appalto condominiale, la Corte di Cassazione ha confermato la piena responsabilità del direttore dei lavori, in solido con l'impresa esecutrice. La sentenza stabilisce che il professionista ha un inderogabile dovere di alta sorveglianza per prevenire vizi e difformità, non potendo limitarsi a una mera constatazione ex post. Questa responsabilità non può essere esclusa da clausole contrattuali che la attribuiscano unicamente all'appaltatore, specialmente in presenza di gravi difetti che toccano la funzionalità e la sicurezza dell'immobile.
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Clausola sociale: onere della prova del lavoratore
Un lavoratore si è visto negare il diritto all'assunzione dalla nuova azienda in un cambio appalto. La Cassazione ha confermato la decisione, ribadendo che la clausola sociale richiede la prova, a carico del lavoratore, di aver maturato l'anzianità di 240 giorni presso il cantiere. Le comunicazioni tra aziende non bastano se non supportate da prove concrete del servizio effettivo.
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Trasferimento d’azienda: lo stipendio è intoccabile?
La Cassazione chiarisce che nel trasferimento d'azienda, l'obbligo di mantenere le condizioni economiche non è eterno. Un 'superminimo' nato da un accordo collettivo per compensare un cambio di contratto può essere legittimamente eliminato se l'accordo viene disdettato, senza violare l'art. 2112 c.c.
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Condizione risolutiva mutuo: quando il contratto salta
La Corte di Cassazione ha confermato che se un contratto preliminare di compravendita è subordinato a una condizione risolutiva mutuo, e la banca nega il finanziamento per cause non imputabili all'acquirente, il contratto si considera inefficace fin dall'inizio. Di conseguenza, il venditore è tenuto a restituire la caparra ricevuta. La Corte ha qualificato la condizione come 'mista', il cui avveramento dipende sia dalla diligenza dell'acquirente che dalla decisione insindacabile di un terzo, la banca.
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