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Giurisprudenza Civile

Prova del credito: onere e limiti nel giudizio di merito
Una società consortile ricorre in Cassazione dopo il rigetto di una sua ingente pretesa creditoria per contributi consortili nell'ambito di una procedura di amministrazione straordinaria. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione delle prove, come le scritture contabili, spetta esclusivamente al giudice di merito. La sentenza sottolinea i rigidi limiti del giudizio di legittimità e l'importanza di fornire una rigorosa prova del credito.
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Finanziamento soci: il bilancio non basta in fallimento
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un creditore che chiedeva l'ammissione al passivo fallimentare per un ingente finanziamento soci. La decisione conferma che la semplice iscrizione del finanziamento nel bilancio societario non costituisce prova sufficiente nei confronti della curatela, essendo necessario dimostrare l'effettiva erogazione delle somme e la loro causa.
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Leasing traslativo: regole pre-fallimento e clausole
Una società di leasing ha richiesto l'ammissione al passivo fallimentare per canoni insoluti derivanti da un contratto di leasing traslativo risolto prima del fallimento. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che in tali casi si applica l'art. 1526 c.c. e non la legge fallimentare, e ha sottolineato l'onere del creditore di provare gli elementi per la valutazione delle clausole penali.
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Leasing traslativo e fallimento: le regole applicabili
Una società di leasing ha richiesto l'ammissione al passivo del fallimento di un'azienda sua cliente per canoni non pagati, relativi a un contratto di leasing traslativo risolto prima della dichiarazione di fallimento. Il tribunale aveva respinto la domanda, applicando la disciplina della vendita con riserva di proprietà (art. 1526 c.c.). La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso della società di leasing, confermando che per i contratti risolti prima dell'entrata in vigore della L. 124/2017, si applica l'art. 1526 c.c. e non la nuova normativa, che non è retroattiva. La Corte ha inoltre precisato l'onere della prova a carico del concedente che intende far valere una clausola penale.
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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio
Una società di leasing, dopo aver presentato ricorso in Cassazione contro un decreto del Tribunale relativo a una società fallita, ha successivamente formalizzato la rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, preso atto della rinuncia e della mancata attività difensiva della controparte, ha dichiarato l'estinzione del giudizio, senza emettere alcuna pronuncia sulle spese legali.
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Deposito telematico: quando è tempestivo il reclamo?
Una società impugna la sentenza di fallimento. La Corte d'Appello dichiara il reclamo tardivo. La Cassazione ribalta la decisione, chiarendo che il deposito telematico si perfeziona con la seconda PEC di avvenuta consegna, anche se inviato in più buste per superare i limiti di dimensione, purché entro la scadenza. L'atto è quindi tempestivo.
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Medici specializzandi e prescrizione: la Cassazione
Un gruppo di medici specializzandi ha citato in giudizio lo Stato per ottenere una remunerazione adeguata per i corsi seguiti tra il 1980 e il 1992, in base a direttive europee recepite in ritardo. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la sua giurisprudenza consolidata. Il tema centrale è la prescrizione del diritto al risarcimento, che secondo la Corte decorre dal 27 ottobre 1999. Poiché l'azione legale è stata avviata nel 2013, il diritto è stato ritenuto estinto.
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Crediti in prededuzione: continuità tra procedure?
Una società fornitrice ha richiesto il riconoscimento dei crediti in prededuzione per prestazioni eseguite durante l'amministrazione giudiziaria di una società appaltatrice, successivamente ammessa all'amministrazione straordinaria. Il tribunale di merito ha negato la richiesta, escludendo una continuità tra le due procedure. La Corte di Cassazione, ritenendo la questione di particolare importanza per l'uniforme interpretazione della legge, ha rinviato la causa a una pubblica udienza per un approfondimento, senza ancora decidere nel merito.
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Contributo pubblico: acconto non garantisce il saldo
Un cittadino ha ricevuto un parziale contributo pubblico per danni da alluvione. Dopo aver richiesto il saldo, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'erogazione di un "acconto" non crea un diritto automatico al pagamento dell'intera somma. La decisione dell'amministrazione è discrezionale e limitata dai fondi disponibili. L'interpretazione del termine "acconto" da parte dei giudici di merito è stata confermata, sottolineando che si trattava di un'anticipazione su future e incerte provvidenze, non di una prima rata di un importo già dovuto.
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Finanziamento soci postergato: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione esamina il caso di un credito vantato da un socio nei confronti della propria società, poi fallita. Il credito, derivante dall'escussione di una garanzia, era stato accertato con un decreto ingiuntivo divenuto definitivo. La curatela fallimentare ne chiedeva la postergazione, sostenendo si trattasse di un finanziamento soci postergato ai sensi dell'art. 2467 c.c. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che la curatela non aveva fornito prova sufficiente dello squilibrio finanziario della società al momento della concessione della garanzia, elemento necessario per applicare la norma sulla postergazione.
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Cessione di quota: debiti passati e futuri
Un consorzio ha richiesto l'ammissione al passivo di una società in amministrazione straordinaria per un credito preesistente. Il tribunale di merito ha respinto la richiesta, ritenendo responsabile una terza società che aveva acquisito la partecipazione della debitrice nel consorzio. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che un'attenta interpretazione del contratto di cessione di quota limitava la responsabilità del nuovo acquirente solo alle obbligazioni future, lasciando i debiti passati in capo al cedente.
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Preliminare non firmato: la colpa è del venditore
La Corte di Cassazione conferma la decisione della Corte d'Appello, stabilendo che un contratto preliminare di vendita immobiliare è risolto per inadempimento dei promittenti venditori se non tutti i comproprietari lo hanno sottoscritto. Anche se la promissaria acquirente non ha rispettato il termine per il rogito, la mancata acquisizione del consenso di tutti i proprietari è una violazione più grave che giustifica la risoluzione del contratto e la condanna dei venditori a restituire il doppio della caparra. Questo caso evidenzia come un preliminare non firmato da tutti i contitolari renda i venditori inadempienti sin dall'inizio.
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Errore di fatto concordato: la revocazione è il rimedio
L'Agenzia delle Entrate ha impugnato un decreto di omologazione di un concordato preventivo, sostenendo che il Tribunale avesse approvato una versione superata della proposta. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che in caso di un palese errore di fatto concordato, lo strumento corretto per l'impugnazione non è il ricorso per cassazione, bensì la revocazione ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c.
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Storno di dipendenti: quando è concorrenza sleale?
Un istituto di credito accusa un concorrente di concorrenza sleale per storno di dipendenti. La Cassazione chiarisce che l'assunzione di personale non è illecita se manca l'intento di disintegrare l'azienda altrui, anche se il nuovo datore di lavoro si fa carico delle penali per la violazione del patto di non concorrenza.
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Litisconsorzio necessario: appello estinto per errore
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un socio a cui era stato esteso il fallimento. Il suo appello era stato dichiarato estinto per non aver integrato correttamente il litisconsorzio necessario, cioè per non aver notificato l'atto a un creditore entro i termini. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso erano irrilevanti o non sufficientemente specificati per contestare la decisione di estinzione.
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Indennità ferie non godute: Cassazione inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un'amministrazione regionale contro la condanna al pagamento dell'indennità per ferie e riposi non goduti a un ex dipendente con mansioni di custode. I motivi del ricorso sono stati respinti perché miravano a una inammissibile rivalutazione dei fatti, già accertati in appello, e presentavano vizi procedurali, confermando così il diritto del lavoratore al risarcimento.
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Danni fauna selvatica: chi paga in un parco nazionale?
Un automobilista ha subito danni da un cinghiale in un parco nazionale. La Cassazione ha stabilito che la responsabilità per i danni da fauna selvatica in queste aree non è della Regione, ma dell'ente Parco, in quanto soggetto deputato al controllo degli animali sul suo territorio. Il ricorso contro la Regione è stato quindi respinto.
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Notifica PEC illeggibile: quando è nulla e perché
Una controversia su un marchio commerciale viene decisa su un vizio di procedura: una notifica PEC illeggibile. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14982/2024, ha confermato che una notifica via PEC con allegati corrotti o illeggibili è giuridicamente nulla. La Corte ha chiarito che la mera ricezione del messaggio non perfeziona la notifica se il suo contenuto non è accessibile. Il mancato avviso da parte del destinatario non sana la nullità, ma può influire sui termini per la rinnovazione della notifica da parte del mittente.
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Deposito cauzionale e compensazione: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni inquilini che si opponevano alla compensazione del loro deposito cauzionale con i canoni di locazione non versati. Nonostante una clausola contrattuale vietasse l'uso del deposito per pagare i canoni, i giudici hanno confermato che, a fine rapporto, la compensazione legale tra debiti e crediti reciproci è possibile. L'inammissibilità del ricorso è stata determinata da motivi procedurali, tra cui la mancata impugnazione di tutte le ragioni a fondamento della decisione d'appello.
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Rinuncia ex lege ricorso: estinzione per mancata istanza
La Cassazione chiarisce che la mancata presentazione dell'istanza di decisione, a seguito della proposta di definizione anticipata, configura una rinuncia ex lege ricorso. In un caso tra un professionista e una provincia, entrambi i ricorsi sono stati dichiarati estinti perché nessuna delle parti ha chiesto di procedere, rendendo inammissibili anche le questioni di costituzionalità sollevate.
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