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Giurisprudenza Civile

Responsabilità banca: Cassazione su recesso dal fido
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società edile contro un istituto bancario, confermando la decisione della Corte d'Appello. Il caso verteva sulla presunta responsabilità della banca per aver indotto la società a denunciare lo smarrimento di alcuni titoli e aver poi revocato gli affidamenti. La Cassazione ha dichiarato i motivi del ricorso inammissibili per ragioni procedurali, tra cui la mancata autosufficienza e la genericità delle censure, senza entrare nel merito della questione sulla responsabilità della banca.
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Decreti usura: il giudice deve conoscerli (Cass. 21421/24)
In una causa relativa a un mutuo con interessi usurari, la Corte di Cassazione ha stabilito che i decreti ministeriali che fissano le soglie dell'usura hanno natura normativa. Di conseguenza, in base al principio 'jura novit curia', spetta al giudice conoscerli e applicarli d'ufficio, senza che sia onere della parte che agisce in giudizio produrli come prova. La Corte ha quindi annullato la decisione di merito che aveva respinto la domanda proprio per la mancata produzione di tali decreti usura, rinviando il caso alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Perdita di chance: Cassazione chiarisce il risarcimento
A seguito di un ritardo nella diagnosi di un tumore che ha portato al decesso di una paziente, i suoi eredi hanno citato in giudizio la struttura sanitaria. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha annullato la decisione di merito, cogliendo l'occasione per fare chiarezza sulla fondamentale distinzione tra il 'danno da perdita di chance' di sopravvivenza, che è trasmissibile agli eredi, e il 'danno da perdita anticipata della vita', che spetta agli eredi iure proprio. La Corte ha censurato la sentenza precedente per aver confuso i due concetti e per la totale assenza di motivazione nell'aumentare la percentuale di chance perduta, rinviando il caso alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Prestito tra conviventi: la prova per la restituzione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21411/2024, ha rigettato il ricorso di una donna condannata a restituire un'ingente somma di denaro all'ex convivente. La Corte ha ribadito che chi chiede la restituzione di un prestito tra conviventi deve provarne il titolo. Ha inoltre chiarito che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio per riesaminare le prove, confermando la decisione della Corte d'Appello che aveva qualificato la dazione di denaro come un mutuo e non come un'obbligazione naturale legata alla vita familiare.
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Extrapetizione: condanna senza domanda specifica
Una banca ha citato in giudizio una società e i suoi fideiussori per uno scoperto di conto corrente. La Corte d'Appello ha dichiarato nullo il contratto ma ha comunque condannato i fideiussori a pagare una somma ridotta. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione per extrapetizione, stabilendo che il giudice non può concedere una somma a titolo di restituzione se la banca aveva chiesto solo l'adempimento di un contratto poi dichiarato nullo. Era necessaria una specifica domanda di restituzione.
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Notifica sentenza: errore sul destinatario è fatale
La Corte di Cassazione ha chiarito che la notifica della sentenza di primo grado a un ente giuridicamente distinto, seppur collegato, dalla parte processuale non è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione. Nel caso di specie, la notifica era stata erroneamente indirizzata all'Agenzia delle Entrate invece che all'Agenzia delle Entrate Riscossione, soggetto del giudizio. Di conseguenza, l'appello dichiarato tardivo dalla Corte d'Appello è stato ritenuto ammissibile, con rinvio del caso per un nuovo esame.
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Equo indennizzo: no a compensazione con vantaggi
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21402/2024, ha stabilito che il diritto all'equo indennizzo per l'irragionevole durata di un processo non può essere negato compensandolo con il vantaggio derivante dal possesso di un bene, se tale vantaggio non è una diretta conseguenza del protrarsi del giudizio. Il caso riguardava una richiesta di indennizzo per una causa di rivendica durata quasi vent'anni, rigettata in appello perché i ricorrenti avevano goduto dell'immobile. La Cassazione ha cassato la decisione, precisando che la presunzione di assenza di danno va applicata con rigore e solo quando il vantaggio patrimoniale è causato proprio dall'allungamento dei tempi processuali.
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Azione individuale socio: danno diretto e riflesso
Un'ordinanza della Cassazione rinvia la decisione su un caso cruciale riguardante l'azione individuale del socio. La Corte d'Appello aveva negato il risarcimento a un socio per la perdita di valore della sua quota, qualificando il danno come 'riflesso' del pregiudizio subito dalla società. Tale danno, secondo i giudici di merito, non legittima un'azione individuale ma solo un'azione sociale di responsabilità, a tutela del patrimonio aziendale e dei creditori.
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Distrazione spese Stato: la Cassazione corregge
La Corte di Cassazione interviene per correggere un proprio errore materiale in un'ordinanza. La Corte aveva omesso di specificare la distrazione spese Stato a favore di una parte ammessa al patrocinio gratuito. Con questa ordinanza, si ribadisce il potere della Corte di correggere d'ufficio i propri provvedimenti per garantire la coerenza tra la volontà espressa e quella reale, anche in presenza di vizi procedurali nell'istanza di correzione.
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Domanda tardiva: inammissibile se c’è giudicato
Una professionista ottiene l'ammissione di un credito in un fallimento, poi rinuncia per presentare una domanda tardiva con collocazione migliore (prededuzione). La Cassazione ha dichiarato la nuova domanda inammissibile, non per difetto di novità, ma perché sulla prima ammissione si era formato un "giudicato endofallimentare" non superabile dalla successiva rinuncia.
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Responsabilità del committente: il caso della banca
Una banca è stata ritenuta responsabile per una frode milionaria perpetrata da una sua dipendente con la complicità di un consigliere di una fondazione cliente. La Cassazione ha rigettato il ricorso della banca, escludendo il concorso di colpa della fondazione e confermando la piena responsabilità del committente per l'illecito del preposto.
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Riconoscimento di debito: fusione e prova del credito
La Corte di Cassazione ha stabilito che la partecipazione e il voto favorevole di un socio all'assemblea che delibera una fusione per incorporazione, basata su una situazione patrimoniale che evidenzia un suo debito verso la società, costituisce un tacito riconoscimento di debito. Questa pronuncia chiarisce come tale comportamento possa essere utilizzato come prova per la compensazione di crediti reciproci, anche in una complessa vicenda societaria iniziata con la cessione di quote e un decreto ingiuntivo.
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Danni fauna selvatica: chi paga in un Parco?
Un'automobilista ha citato in giudizio la Regione per un sinistro causato da un cervo. La Corte di Cassazione ha stabilito che per i danni da fauna selvatica avvenuti all'interno di un Parco Nazionale, la responsabilità non è della Regione, ma dell'Ente Parco. Quest'ultimo, infatti, è l'organo a cui una legge speciale affida le funzioni di controllo e gestione degli animali in quel territorio.
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Responsabilità banca: quando il ricorso è inammissibile
L'ordinanza analizza il caso di due risparmiatori che hanno citato in giudizio un istituto di credito per i danni subiti a causa delle condotte di un promotore finanziario non dipendente. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dei risparmiatori, chiarendo che non è possibile utilizzare il ricorso per cassazione per sollecitare una nuova valutazione delle prove già esaminate nei gradi di merito. Il Collegio ha sottolineato la netta distinzione tra un 'vizio di motivazione' (una critica alla ricostruzione dei fatti) e una 'violazione di legge', ribadendo che la valutazione delle prove spetta esclusivamente al giudice di merito. La decisione verte quindi sui limiti del sindacato di legittimità in tema di responsabilità banca.
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Inadempimento contratto preliminare: le conseguenze
La Corte di Cassazione conferma la risoluzione di un contratto preliminare di vendita per inadempimento del promittente venditore. La sentenza stabilisce che se un progetto edilizio allegato al contratto risulta irrealizzabile e il venditore si rifiuta di sostenere i costi per le correzioni, l'inadempimento è da considerarsi grave e giustifica il rifiuto dell'acquirente di stipulare il definitivo e la risoluzione del contratto.
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Danno da demansionamento: onere della prova e risarcimento
Un dirigente ha citato in giudizio il suo ex datore di lavoro, un istituto bancario, per il mancato pagamento di bonus e per danno da demansionamento. Mentre le richieste relative ai bonus sono state respinte, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso per quanto riguarda il demansionamento. La Corte ha stabilito che i giudici di merito avevano errato nel rigettare la richiesta di risarcimento senza prima aver adeguatamente esaminato i fatti allegati dal lavoratore, sottolineando che una descrizione dettagliata delle circostanze del demansionamento è sufficiente per consentire una prova presuntiva del danno. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Responsabilità professionale: nesso causale e CTU
La Corte di Cassazione interviene su un caso di responsabilità professionale di un architetto, accusato di aver causato la perdita di un contributo pubblico per la ricostruzione post-sisma. L'ordinanza chiarisce che, a fronte dell'inadempimento del professionista, il giudice non può negare il risarcimento per mancata prova del nesso causale senza prima aver utilizzato gli strumenti a sua disposizione, come la Consulenza Tecnica d'Ufficio (CTU), per accertare se il cliente avrebbe avuto diritto al beneficio. La Corte ha cassato la sentenza d'appello, rinviando per una nuova valutazione.
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Riduzione clausola penale: i poteri del giudice
Una casa automobilistica ricorre in Cassazione contro la decisione di merito che aveva operato una drastica riduzione della clausola penale a carico di un'ex concessionaria. La Corte Suprema rigetta il ricorso, confermando che il giudice può ridurre una penale manifestamente eccessiva valutando, con ampio potere discrezionale, l'interesse del creditore all'adempimento, anche alla luce della sua stessa inerzia nel pretenderlo.
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Rimessione al primo giudice e giurisdizione: la regola
La Corte di Cassazione ha chiarito un importante principio processuale: se la Corte d'Appello riforma una sentenza di primo grado che aveva erroneamente negato la giurisdizione del giudice ordinario, non può decidere la causa nel merito. Deve, invece, disporre la rimessione al primo giudice. La vicenda nasce dalla richiesta di differenze retributive di un dirigente medico contro un'Azienda Sanitaria Locale. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell'Azienda, cassando la sentenza d'appello e rinviando la causa al Tribunale per la decisione sul merito, riaffermando così il diritto delle parti al doppio grado di giudizio.
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Domanda tardiva fallimento: i limiti del giudicato
Un professionista, dopo aver rinunciato a una domanda tempestiva di ammissione al passivo fallimentare, presenta una domanda tardiva per lo stesso credito chiedendone la prededuzione. La Corte di Cassazione ha dichiarato la domanda tardiva inammissibile, non per la mancanza di novità, ma a causa del 'giudicato endofallimentare' formatosi sullo stato passivo, reso esecutivo e non impugnato, che aveva già ammesso il credito originario. Questa decisione cristallizza la situazione e impedisce di rimettere in discussione lo stesso credito in una fase successiva del procedimento.
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