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Diritto Fallimentare

Liquidazione controllata: ok del Tribunale a Brescia
Il Tribunale di Brescia ha aperto la procedura di liquidazione controllata per un consumatore in stato di sovraindebitamento. La decisione si basa sulla relazione dell'O.C.C., che ha confermato lo stato di crisi del debitore e la completezza della documentazione. La sentenza nomina il giudice delegato e il liquidatore, fissando i termini per le prossime fasi della procedura.
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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio
In un complesso caso di responsabilità degli amministratori, la Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte di tutti gli appellanti. La decisione, basata su un accordo transattivo tra le parti, chiarisce l'applicazione dell'art. 391 c.p.c. in materia di spese legali, stabilendo che in assenza di accettazione della rinuncia e di richiesta di condanna, le spese possono non essere addebitate al rinunciante.
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Prova del credito: il concordato non basta nel fallimento
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'inclusione di un credito nell'elenco di un concordato preventivo non costituisce prova del credito sufficiente in un successivo fallimento. Una lavoratrice si è vista rigettare la richiesta di ammissione al passivo per competenze di fine rapporto, poiché non adeguatamente provata. La Corte ha chiarito che la verifica nel concordato ha natura amministrativa e non sostituisce l'onere della prova nel procedimento fallimentare, dove il giudice può sollevare eccezioni anche d'ufficio.
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Ripartizione cognitoria: Lavoro e Fallimento, il caso
Un lavoratore ha chiesto il riconoscimento del suo rapporto di lavoro con una società italiana, poi fallita. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13530/2024, ha stabilito che quando l'accertamento del rapporto è finalizzato solo a ottenere un pagamento, la competenza spetta esclusivamente al giudice fallimentare. Questa decisione chiarisce i confini della ripartizione cognitoria tra le due giurisdizioni.
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Improcedibilità ricorso cassazione: termini perentori
Un lavoratore ha impugnato l'esclusione dei propri crediti da lavoro dallo stato passivo di una società fallita. La Corte di Cassazione ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso cassazione in quanto depositato oltre il termine perentorio di legge. La decisione chiarisce che la sospensione feriale dei termini non si applica alle controversie di lavoro nell'ambito delle procedure fallimentari.
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Improcedibilità ricorso cassazione: termini e sanzioni
La Corte di Cassazione dichiara l'improcedibilità di un ricorso presentato da un lavoratore contro un fallimento. La decisione si fonda sul deposito tardivo dell'atto, evidenziando che la sospensione feriale dei termini non si applica alle controversie di lavoro per l'ammissione al passivo fallimentare. Questo principio ha portato a severe sanzioni per l'abuso del processo.
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Fallimento e concordato: ricorso improcedibile
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13503/2024, ha stabilito che il ricorso contro l'annullamento di un concordato preventivo diventa improcedibile se, nelle more del giudizio, interviene la dichiarazione di fallimento della società. Questo principio si basa sulla necessità di coordinamento tra le procedure: la controversia sulla crisi d'impresa viene interamente assorbita dal procedimento di reclamo contro la sentenza di fallimento, sede in cui dovranno essere riproposte le censure relative all'annullamento del concordato. La decisione chiarisce il rapporto di interdipendenza tra fallimento e concordato preventivo.
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Prescrizione presuntiva: il curatore non può ignorare
Una lavoratrice si oppone al rigetto della sua richiesta di ammissione al passivo fallimentare per retribuzioni non pagate. La Corte di Cassazione, riformando la decisione del Tribunale, chiarisce un punto cruciale sulla prescrizione presuntiva: se il curatore fallimentare, a cui è stato deferito giuramento decisorio, dichiara di non sapere se il pagamento sia avvenuto, tale dichiarazione equivale a un mancato giuramento e va a vantaggio del creditore, superando la presunzione di avvenuto pagamento.
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Inammissibilità domanda tardiva: la Cassazione decide
Un promissario acquirente ha presentato una domanda tardiva di ammissione al passivo del fallimento di una società edile per la restituzione di una caparra. La domanda è stata respinta perché il ritardo non era giustificato da cause non imputabili. La Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando l'assenza di data certa del contratto preliminare e respingendo l'argomento del giudicato esterno. L'inammissibilità della domanda tardiva è stata quindi confermata.
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Ricorso inammissibile: l’onere di specificità
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un avvocato contro il rigetto di una domanda tardiva di ammissione al passivo fallimentare. La decisione si fonda sulla violazione dell'onere di specificità dei motivi: il ricorso è risultato generico, privo dei necessari riferimenti normativi e non autosufficiente. La Corte ha ribadito che un ricorso inammissibile non consente l'esame del merito della questione, sottolineando l'importanza di una redazione tecnica e precisa degli atti di impugnazione.
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Acquisto da fallimento: chi paga per i rifiuti?
Una società che acquista un immobile da un fallimento non può richiedere il rimborso dei costi per lo smaltimento di rifiuti preesistenti se era a conoscenza della loro presenza al momento dell'acquisto. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della società acquirente, sottolineando che l'acquisto era avvenuto 'nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava', senza alcuna garanzia da parte della procedura fallimentare. La piena consapevolezza delle condizioni dell'immobile, evidenziata nel bando di vendita, è stata la ragione decisiva per rigettare la richiesta di ammissione al passivo del fallimento.
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Ammissione tardiva al passivo: onere della prova
Un professionista presenta una domanda di ammissione tardiva al passivo di un fallimento. La Cassazione la dichiara inammissibile perché l'istante non ha provato la non imputabilità del ritardo, né ha censurato specificamente tale motivo nel gravame. La Corte sottolinea l'importanza di una puntuale contestazione della ratio decidendi del provvedimento impugnato.
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Interruzione del processo: quando decorre il termine?
La Corte di Cassazione chiarisce che il termine per riassumere un giudizio a seguito di un'interruzione del processo, come la morte del difensore, decorre solo dalla "conoscenza legale" dell'evento, acquisita tramite atti formali. Una comunicazione privata, come una PEC, è irrilevante. La nomina di un nuovo legale prima della dichiarazione di interruzione, inoltre, impedisce l'arresto del procedimento. La Corte ha quindi annullato la decisione di estinzione del giudizio d'appello.
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Trasferimento sede estero: quando resta il fallimento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13368/2024, ha stabilito che il trasferimento della sede all'estero, se avvenuto a ridosso della richiesta di fallimento e non reso conoscibile ai terzi, non sottrae la società alla giurisdizione italiana. La Corte ha chiarito che, in assenza di una pubblicità adeguata, il Centro degli Interessi Principali (COMI) dell'impresa rimane in Italia, legittimando la dichiarazione di fallimento da parte del tribunale italiano. La decisione sottolinea l'importanza della riconoscibilità del trasferimento sede estero da parte dei creditori.
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Correzione errore materiale: no se la decisione è coerente
Un avvocato, dopo aver ottenuto la distrazione delle spese legali in proprio favore, ha richiesto una correzione di errore materiale per revocare tale statuizione, adducendo un proprio errore. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, chiarendo che non si tratta di errore materiale quando la decisione del giudice è perfettamente coerente con l'istanza originaria della parte. La procedura di correzione non può essere usata per modificare scelte processuali.
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Errore materiale stato passivo: quando è inammissibile
La Corte di Cassazione chiarisce la disciplina per la correzione dell'errore materiale nello stato passivo fallimentare. Un'azienda creditrice, ritenendo che il proprio credito fosse stato ammesso per un importo inferiore al dovuto a causa di un errore di calcolo sugli interessi, ha presentato istanza di correzione. L'istanza è stata rigettata e la società ha proposto reclamo. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che il provvedimento di rigetto di un'istanza di correzione di errore materiale non è impugnabile, in quanto atto di natura amministrativa. Lo strumento corretto per contestare il merito della quantificazione del credito sarebbe stata l'opposizione allo stato passivo.
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Espromissione: la fusione non estingue il debito
Una società creditrice ottiene la dichiarazione di fallimento di una società debitrice basandosi su un decreto ingiuntivo definitivo. Le società socie della fallita ricorrono in Cassazione, sostenendo che il debito si fosse estinto per confusione. La loro tesi era che una terza società, che si era assunta il debito tramite espromissione, era stata successivamente incorporata dalla società creditrice. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che l'espromissione ha natura cumulativa e non liberatoria, salvo espressa dichiarazione del creditore. La fusione ha creato confusione solo tra creditore ed espromittente, ma non ha estinto l'obbligazione del debitore originario.
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Notifica incompleta sentenza: quando è valida?
Una società impugna tardivamente la sentenza di fallimento, sostenendo la nullità della prima notifica perché mancante di una pagina. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13362/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ha stabilito che una notifica incompleta della sentenza è nulla solo se la parte che la riceve dimostra che tale incompletezza le ha concretamente impedito di esercitare il proprio diritto di difesa, prova che nel caso di specie non è stata fornita.
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Socio Occulto Fallimento: Senza Limiti di Tempo?
Un'ordinanza della Cassazione esamina il caso dell'estensione del fallimento a un socio accomandante che, dopo il recesso formale, ha continuato a ingerirsi nella gestione societaria. La Corte d'Appello aveva stabilito che per il socio occulto fallimento non si applica il termine annuale di prescrizione, poiché la sua responsabilità illimitata deriva dalla gestione di fatto e non dalla qualifica formale. La Suprema Corte ha rinviato la decisione per trattative tra le parti, ma il principio resta cruciale.
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Eccezione riconvenzionale e leasing: la difesa chiave
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13345/2024, ha chiarito un punto cruciale in materia di leasing e fallimento. Una società di leasing, citata in giudizio dal fallimento di un'azienda utilizzatrice per la restituzione dei canoni pagati, si era difesa chiedendo un equo indennizzo. I giudici di merito avevano ritenuto tardiva tale richiesta. La Cassazione ha ribaltato la decisione, specificando che la richiesta non era una domanda nuova, ma una eccezione riconvenzionale, finalizzata unicamente a paralizzare la pretesa avversaria. Questa qualificazione permette di presentarla nei termini previsti per le difese, cambiando l'esito della causa.
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