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Diritto Fallimentare

Revocatoria Fallimentare: imposta proporzionale o fissa?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14473/2024, ha stabilito che la pronuncia giudiziale di accoglimento di una revocatoria fallimentare relativa a un pagamento è soggetta a imposta di registro in misura proporzionale (3%) e non fissa. La Corte ha chiarito che tale sentenza non annulla l'atto originario, ma determina un effettivo trasferimento di ricchezza a favore della massa fallimentare, configurandosi come una condanna al pagamento di somme di denaro. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale costante, distinguendo nettamente gli effetti della revocatoria di pagamenti da quelli relativi ad atti come le compravendite immobiliari.
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Appello incidentale: quando è obbligatorio?
Una curatela fallimentare ha agito contro una consulente per recuperare compensi, sostenendo la nullità delle prestazioni per due motivi alternativi: la mancanza di iscrizione all'albo e l'assenza di autorizzazione del giudice. Il tribunale ha accolto la domanda basandosi sul primo motivo. La Corte di Cassazione, investita della questione, ha chiarito che la curatela, per mantenere viva la seconda ragione di nullità non esaminata, avrebbe dovuto proporre uno specifico appello incidentale. Non avendolo fatto, tale domanda si è considerata rinunciata. La sentenza sottolinea quindi l'importanza strategica dell'appello incidentale in presenza di domande alternative e incompatibili.
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Azione revocatoria fondo patrimoniale: la Cassazione
La Corte di Cassazione conferma l'inefficacia di un fondo patrimoniale verso i creditori. Decisiva la consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio (scientia damni), data la sua posizione di garante e socio illimitatamente responsabile. Il ricorso dei debitori è stato respinto per genericità, chiarendo i requisiti dell'azione revocatoria del fondo patrimoniale.
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Fallimento dopo fusione: società incorporata fallibile
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 14414/2024, ha stabilito che una società, anche se estinta a seguito di una fusione per incorporazione, può essere dichiarata fallita entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese. Il caso riguardava una società editrice che, dopo essere stata incorporata in un'altra entità, era stata dichiarata fallita. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando che la fusione ha un effetto estintivo e non meramente modificativo, rendendo applicabile la norma che tutela i creditori consentendo il fallimento dopo fusione dell'impresa cessata ma insolvente.
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Privilegio su crediti: esteso al garante? La Cassazione
Una banca in liquidazione ha contestato l'estensione di un privilegio su crediti a sé stessa, in qualità di garante di un finanziamento pubblico. La Corte d'Appello aveva dato ragione al creditore, affermando la natura oggettiva del privilegio. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso della banca inammissibile perché presentato oltre il termine perentorio di 30 giorni previsto dalle norme speciali sulla liquidazione coatta amministrativa degli istituti di credito, senza entrare nel merito della questione.
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Azione Revocatoria: Cassazione e Prova dei Fatti
Una società in amministrazione straordinaria ha tentato di revocare la vendita di un immobile, sostenendo che il prezzo fosse sproporzionato. L'azione revocatoria fallimentare è stata respinta sia in primo grado che in appello. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti o le prove, competenza esclusiva dei giudici di merito, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge.
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Litisconsorzio necessario: fondo patrimoniale e fallito
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza d'appello relativa a un'azione revocatoria contro un fondo patrimoniale. La Corte ha stabilito che, in tali cause, vige un litisconsorzio necessario tra i coniugi. Anche se uno dei coniugi è dichiarato fallito, non perde la legittimazione processuale, poiché il fondo patrimoniale costituisce un patrimonio separato. La mancata partecipazione del coniuge fallito al giudizio di appello ha quindi causato la nullità della sentenza per violazione del contraddittorio.
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Azione di responsabilità curatore: la Cassazione chiarisce
Una società fallita, tramite il suo curatore, ha intentato un'azione di responsabilità contro ex amministratori e sindaci. I tribunali di merito l'hanno rigettata, qualificandola come sola azione sociale e quindi prescritta. La Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che l'azione di responsabilità del curatore, ex art. 146 l. fall., cumula in sé sia l'azione sociale sia quella dei creditori. In assenza di una specificazione, si presume che il curatore le eserciti entrambe, con diverse decorrenze per la prescrizione, imponendo una nuova valutazione del caso.
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Leasing traslativo: cosa succede in caso di fallimento?
Una società di leasing ha richiesto il pagamento di canoni insoluti a un'azienda fallita, per un contratto di leasing risolto prima della dichiarazione di fallimento. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, confermando l'applicazione dell'art. 1526 c.c. per il leasing traslativo. Secondo la Corte, la società concedente deve restituire i canoni riscossi e ha diritto solo a un equo compenso per l'uso del bene, una pretesa che deve essere formulata correttamente includendo la stima del valore del bene recuperato.
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Responsabilità solidale ATI: la firma della capogruppo
La Corte di Cassazione ha stabilito che i membri di un'Associazione Temporanea di Imprese (ATI) non sono responsabili per i debiti di un conto corrente se il contratto è stato firmato solo dall'impresa capogruppo. La semplice intestazione del conto a tutte le imprese non è sufficiente a stabilire una responsabilità solidale ATI in assenza della firma di tutti i soci. Il potere di rappresentanza della capogruppo è limitato al rapporto con la stazione appaltante e non si estende automaticamente a contratti bancari con terzi.
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Concordato preventivo: termine perentorio e riesame
Una società in liquidazione, dopo aver presentato domanda di concordato preventivo, non rispettava il termine per depositare dei chiarimenti richiesti dal Tribunale. La Corte d'Appello confermava la dichiarazione di fallimento, ritenendo il termine perentorio e la domanda inammissibile. La Corte di Cassazione ha cassato la decisione, stabilendo che il giudice d'appello, nonostante il ritardo nel deposito delle integrazioni, ha l'obbligo di esaminare nel merito l'ammissibilità della proposta di concordato preventivo originaria. Il ritardo è irrilevante se le integrazioni richieste non erano necessarie.
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Bancarotta fraudolenta dissipativa: quando è reato
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta dissipativa a carico degli amministratori di una società cooperativa che avevano concesso finanziamenti senza adeguate garanzie. La sentenza chiarisce che il reato si configura come 'di pericolo concreto', pertanto la successiva parziale restituzione delle somme non esclude la responsabilità penale. Per i sindaci, il reato è stato riqualificato in bancarotta semplice per omesso controllo, data la mancanza di prova del dolo fraudolento.
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Bancarotta fraudolenta distrattiva: dolo e prova
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un amministratore di fatto condannato per bancarotta fraudolenta distrattiva. La sentenza chiarisce che per configurare il reato è sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevolezza di distrarre i beni dalla loro funzione di garanzia per i creditori, risultando irrilevante la convinzione dell'imputato di aver estinto tutte le obbligazioni sociali. La dichiarazione di fallimento è considerata una condizione obiettiva di punibilità, esterna alla volontà dell'agente.
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Accollo statale debiti: non è automatico e revocabile
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'accollo statale dei debiti per i soci garanti di cooperative fallite non è un beneficio automatico. Richiede un procedimento amministrativo e può essere revocato se il socio ha contribuito all'insolvenza, confermando il diritto dello Stato di ripetere le somme versate. Questo principio tutela le finanze pubbliche da abusi.
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Rinuncia al ricorso: chi paga le spese legali?
Una società ha presentato ricorso in Cassazione per poi rinunciarvi formalmente. La Corte ha dichiarato l'estinzione del giudizio e, applicando il principio di causalità, ha condannato la società ricorrente al pagamento delle spese legali. I costi sono stati liquidati a favore dello Stato, poiché i curatori fallimentari erano ammessi al patrocinio a spese dello Stato, e a favore di un'altra società controricorrente. La decisione chiarisce che la rinuncia al ricorso non comporta il pagamento del doppio del contributo unificato.
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Cessione pro solvendo: la Cassazione e la motivazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di alcune società e dei loro soci contro una società di factoring. Il caso riguardava una complessa vicenda di cessioni di credito, definite dal giudice di merito come cessione pro solvendo, e la successiva dichiarazione di fallimento delle società cedenti. I ricorrenti sostenevano che la corte d'appello avesse errato nella valutazione delle prove e interpretato male le loro domande, ma la Cassazione ha ritenuto i motivi inammissibili, in quanto miravano a un riesame del merito dei fatti, non consentito in sede di legittimità. La Suprema Corte ha confermato che la motivazione della sentenza d'appello non era apparente, ma fondata sull'analisi dei contratti e delle prove, ribadendo i limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione probatoria del giudice.
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Prevalenza cooperativa agricola: quando si fallisce?
La Cassazione conferma il fallimento di una società cooperativa agricola, negandole la qualifica di impresa agricola. Decisiva la mancanza del requisito della prevalenza dei conferimenti dei soci, non giustificata da calamità naturali. La Corte ha ritenuto corretto l'operato del CTU e inammissibile la rivalutazione dei fatti in sede di legittimità.
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Ricorso tardivo fallimento: inammissibilità e termini
Una società creditizia ha impugnato un decreto che rigettava la sua ammissione al passivo fallimentare. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, qualificandolo come ricorso tardivo fallimento perché presentato ben oltre il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento. Di conseguenza, anche l'intervento di una società cessionaria del credito è stato dichiarato inammissibile.
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Credito fiscale e fallimento: la Cassazione chiarisce
L'Agenzia delle Entrate ha richiesto l'ammissione di un credito fiscale al passivo di un fallimento. Il Tribunale lo ha ritenuto prescritto per mancata emissione di una nuova cartella dopo un contenzioso. La Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che le sentenze tributarie definitive costituiscono titolo sufficiente per provare il credito e interrompono la prescrizione, rendendo non necessaria una nuova cartella.
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Prova presuntiva del credito nel fallimento: la Cassazione
La Cassazione conferma che la titolarità di un credito in un fallimento può essere dimostrata tramite prova presuntiva, anche se l'atto di cessione originale (richiedente forma scritta) non viene prodotto. L'esistenza del trasferimento è un fatto storico provabile con altri indizi, come atti di fusione successivi e visure camerali. Il ricorso del fallimento è stato respinto.
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