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Diritto Fallimentare

Fallimento dopo concordato: il credito resta ridotto?
Una società fornitrice di energia si è vista ridurre il proprio credito al 15% nel fallimento di un'azienda, poiché quest'ultimo è stato dichiarato anni dopo la scadenza dei termini per la risoluzione di un precedente concordato preventivo. La Corte di Cassazione ha confermato che, in caso di fallimento dopo concordato, se i termini per la risoluzione del concordato stesso sono scaduti, l'effetto di riduzione del debito diventa definitivo e il creditore non può più pretendere l'importo originario.
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Finanziamento socio: quando è irripetibile? Analisi
La Cassazione ha stabilito che un finanziamento socio erogato a una società già palesemente insolvente, non per salvarla ma per ritardarne il fallimento, è una prestazione contraria al buon costume. Di conseguenza, le somme non possono essere restituite (soluti retentio). Il caso distingueva tra la disciplina della postergazione ex art. 2467 c.c., inapplicabile a una grande società quotata, e l'immoralità del finanziamento stesso che ne causa la non ripetibilità.
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Fallimento senza risoluzione: la Cassazione decide
Una società in concordato preventivo liquidatorio viene dichiarata fallita per l'incapacità di adempiere al piano, a causa di mancate vendite e nuovi debiti. La Corte d'Appello revoca il fallimento, ma la Corte di Cassazione cassa la decisione. Il principio affermato è che il fallimento senza risoluzione formale del concordato è legittimo quando emerge o persiste uno stato di insolvenza che impedisce l'esecuzione del piano, come l'incapacità di pagare i debiti prededucibili sorti durante la procedura.
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Fallimento dopo concordato: sì senza risoluzione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15851/2024, ha stabilito un principio cruciale in materia di diritto fallimentare. Ha chiarito che è possibile dichiarare il fallimento di un'impresa, precedentemente ammessa a concordato preventivo omologato, che non adempia agli obblighi concordatari. Tale dichiarazione non richiede la preventiva risoluzione del concordato stesso. L'inadempimento del piano concordatario manifesta la persistenza dello stato di insolvenza e legittima una nuova istanza di fallimento. Questa decisione ribalta la precedente interpretazione di una corte d'appello, sottolineando che la risoluzione del concordato e la dichiarazione di fallimento dopo concordato sono due rimedi distinti e non consequenziali.
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Rinuncia al ricorso: il potere del curatore
Una società in fallimento aveva impugnato un diniego di rimborso IVA, ma il ricorso era stato respinto nei gradi di merito. La curatela ha quindi proposto ricorso in Cassazione, salvo poi presentare una rinuncia al ricorso. La Suprema Corte, accogliendo la rinuncia, ha dichiarato estinto il giudizio. La decisione sottolinea che il curatore fallimentare ha piena legittimazione a rinunciare alle azioni legali, un atto che non richiede l'accettazione della controparte e che rende definitiva la sentenza impugnata.
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Compensazione legale: credito non definitivo escluso
La Cassazione ha stabilito che la compensazione legale non può operare se il controcredito, pur accertato da un lodo arbitrale, non è ancora definitivo perché appellabile. La mancanza del requisito di certezza impedisce l'effetto estintivo del debito principale. La decisione conferma che per la compensazione legale il credito opposto deve essere incontrovertibile.
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Giudicato endofallimentare: l’ammissione al passivo
Un istituto di credito si opponeva allo stato passivo di un fallimento per il mancato riconoscimento della compensazione di un credito. Il tribunale rigettava l'opposizione per difetto di data certa delle operazioni di anticipo. La Corte di Cassazione ha cassato il decreto, affermando il principio del giudicato endofallimentare: una volta che un credito è ammesso definitivamente al passivo, la sua esistenza e opponibilità non possono essere nuovamente contestate. La questione torna al tribunale per un nuovo esame.
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Liquidazione giudiziale: i criteri per l’apertura
Il Tribunale di Monza ha dichiarato aperta la liquidazione giudiziale di una ditta individuale a seguito del ricorso di un creditore. La decisione si fonda sulla conclamata insolvenza del debitore, provata da molteplici debiti (verso il creditore, Fisco e enti previdenziali) e dalla sua mancata costituzione in giudizio, che ha impedito la verifica delle soglie di fallibilità.
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Rimborso IVA: no alla decadenza se il credito è nullo
Una società in fallimento si è vista negare un rimborso IVA a causa di una presunta frode. La società ha sostenuto che il potere di contestazione dell'Amministrazione finanziaria fosse decaduto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando un principio fondamentale: l'Amministrazione può sempre verificare l'effettiva esistenza di un credito IVA al momento della richiesta di rimborso, anche se sono scaduti i termini per l'accertamento della dichiarazione originaria.
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Tassazione concordato fallimentare: la Cassazione
La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla tassazione del concordato fallimentare con terzo assuntore. L'Amministrazione Finanziaria aveva applicato l'imposta di registro proporzionale del 3% sull'accollo dei debiti. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che per le operazioni soggette a IVA, come l'accollo di debiti commerciali, si applica il principio di alternatività IVA/Registro, con imposta di registro in misura fissa e non proporzionale. Il ricorso dell'Agenzia è stato ritenuto inammissibile perché tentava di spostare il focus su una diversa disposizione patrimoniale (la cessione di un'azione revocatoria) che non era alla base dell'atto impositivo originale.
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Mutuo di scopo: quando è nullo? La Cassazione chiarisce
Una società finanziaria impugna la decisione di un tribunale che aveva dichiarato nullo un contratto di mutuo di scopo, ammettendo il credito solo in via chirografaria nel fallimento della società mutuataria. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, specificando che la nullità si verifica solo se la destinazione dei fondi coinvolge un interesse, anche indiretto, della banca mutuante. Il semplice inadempimento alla finalità, se di interesse del solo mutuatario, non invalida il contratto. Il caso è stato rinviato al tribunale per un nuovo esame.
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Revocazione straordinaria: quando è inammissibile?
Un imprenditore ha richiesto la revocazione straordinaria della sentenza di fallimento della sua società, sulla base di documenti ritrovati successivamente che, a suo dire, dimostravano la solvibilità dell'azienda e il dolo degli istituti di credito. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi inferiori. Secondo la Corte, i documenti non erano decisivi e il loro tardivo ritrovamento non era giustificato da forza maggiore. Inoltre, non è stata provata alcuna condotta fraudolenta da parte delle banche idonea a configurare il dolo revocatorio.
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Liquidazione controllata: via libera dal Tribunale
Il Tribunale di Monza ha aperto la procedura di liquidazione controllata per un imprenditore individuale in stato di sovraindebitamento. La corte ha verificato la sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dal Codice della Crisi, nominando un liquidatore e autorizzando il debitore a continuare a utilizzare l'automobile per motivi di lavoro, ritenendola un bene strumentale essenziale.
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Liquidazione giudiziale: quando si dichiara aperta?
A seguito del ricorso del Pubblico Ministero, il Tribunale di Monza ha dichiarato aperta la liquidazione giudiziale di una società commerciale. La decisione si fonda sull'accertato stato di insolvenza, evidenziato da ingenti debiti tributari e previdenziali e dal superamento delle soglie di legge. La società, pur regolarmente notificata, non si è costituita in giudizio, un comportamento che ha ulteriormente rafforzato la convinzione del Tribunale.
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Errore di fatto: quando la Cassazione non si corregge
Una cittadina ha richiesto la revocazione di un'ordinanza della Cassazione, sostenendo un errore di fatto relativo a una notifica. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che il disaccordo sulla valutazione giuridica delle prove, come la validità di una notifica, non costituisce un errore di fatto, bensì un errore di giudizio, non impugnabile con la revocazione.
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Fondo di Garanzia PMI: diritto al passivo fallimentare
Una società, finanziata da una banca con garanzia statale tramite il Fondo di Garanzia PMI, è dichiarata fallita. L'ente gestore del Fondo, dopo aver pagato alla banca l'80% del credito garantito, chiede di essere ammesso al passivo fallimentare. La Corte di Cassazione ha stabilito che il Fondo ha un diritto autonomo e privilegiato di insinuarsi al passivo per la somma versata, anche se la banca finanziatrice non è stata integralmente soddisfatta. Questo diritto non è una semplice surrogazione, ma un credito di natura pubblicistica per la 'restituzione' delle risorse pubbliche impiegate, rendendo inapplicabile la norma sul regresso tra coobbligati.
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Domanda ammissione al passivo: richiesta inammissibile
Un'agenzia di riscossione ha presentato una domanda di ammissione al passivo in una procedura fallimentare. La richiesta di un privilegio specifico, avanzata solo in fase di osservazioni, è stata respinta. La Cassazione ha confermato che tale modifica tardiva costituisce una 'mutatio libelli' inammissibile, ribadendo che la causa di prelazione deve essere indicata con precisione fin dall'inizio.
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Fondo di Garanzia: diritto autonomo nel fallimento
La Corte di Cassazione stabilisce che il Fondo di Garanzia Pubblico, dopo aver pagato una banca per la garanzia su un finanziamento a un'impresa poi fallita, acquisisce un diritto autonomo e privilegiato di insinuarsi al passivo. Tale diritto non è subordinato al completo soddisfacimento del creditore originario (la banca), derogando alle norme comuni sui coobbligati solidali in ambito fallimentare.
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Garanzia pubblica: diritto autonomo del Fondo al passivo
La Corte di Cassazione ha stabilito che il credito derivante dall'escussione di una garanzia pubblica è autonomo e privilegiato. Pertanto, l'ente che ha pagato il debito può insinuarsi al passivo del fallimento con una propria domanda, senza che ciò costituisca una duplicazione del credito originario della banca finanziatrice. Questa decisione chiarisce che il diritto del Fondo di garanzia non è una semplice surroga, ma un nuovo diritto sorto per ripristinare le risorse pubbliche.
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Garanzia pubblica fallimento: il diritto autonomo del Fondo
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'ente gestore del Fondo di Garanzia per le PMI, dopo aver pagato una parte del debito di una società poi fallita, ha un diritto autonomo e privilegiato di insinuarsi al passivo fallimentare. Questo diritto, derivante dalla normativa sulla garanzia pubblica fallimento, non è subordinato all'integrale soddisfacimento del creditore principale (la banca) e non è soggetto alle limitazioni previste per i coobbligati solidali.
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