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Diritto Fallimentare

Legittimazione attiva fallito: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 24666/2024, ha confermato la legittimazione attiva del fallito a impugnare una cartella di pagamento quando il curatore fallimentare rimane inerte. Tuttavia, ha accolto il ricorso dell'Agenzia Fiscale su un punto cruciale: la notifica. La Corte ha stabilito che, in caso di irreperibilità assoluta della società, la verifica presso il registro delle imprese è sufficiente, senza necessità di una seconda raccomandata, riformando la decisione del giudice di secondo grado e rinviando la causa per un nuovo esame.
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Irrisorietà della pretesa: no se il credito è alto
Una società chiedeva un indennizzo per l'eccessiva durata di una procedura fallimentare. La Corte di Appello inizialmente negava il diritto, invocando l'irrisorietà della pretesa. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che un credito di oltre 82.000 euro non può essere considerato irrisorio. In sede di rinvio, la Corte di Appello ha quindi concesso un indennizzo di 1.200 euro, conformandosi ai principi della Cassazione e sottolineando come il valore oggettivo della causa sia un elemento determinante.
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Opponibilità subappalto fallimento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un'impresa subappaltatrice che chiedeva l'ammissione del proprio credito al passivo del fallimento dell'appaltatore principale. La decisione si fonda sulla natura privatistica del contratto di subappalto, anche se relativo a opere pubbliche. Di conseguenza, i documenti a sostegno del credito, come fatture e stati di avanzamento lavori (SAL), sono considerati scritture private e, in assenza di data certa anteriore al fallimento, non godono di opponibilità verso la massa dei creditori. L'opponibilità del subappalto al fallimento richiede prove rigorose.
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Istanza fallimento P.M.: quando è ammissibile?
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore contro la sentenza di fallimento della sua società. La Corte ha chiarito che l'istanza fallimento P.M., formulata durante l'udienza che dichiara improcedibile un concordato preventivo, è legittima e non necessita di una notifica formale separata. Inoltre, la normativa emergenziale anti-fallimenti non si applicava in questo caso, poiché la procedura era già pendente e la legge stessa prevedeva eccezioni.
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Prosecuzione del contratto: obblighi dopo la risoluzione
La Corte di Cassazione ha stabilito che se una specifica clausola prevede la prosecuzione del contratto anche dopo la sua risoluzione, gli obblighi che ne derivano, come il pagamento dei canoni, restano validi. L'ordinanza analizzata riguarda il caso di una società fallita che gestiva un servizio pubblico. Il suo ricorso è stato respinto perché non ha contestato la 'ratio decidendi' (la ragione fondamentale) della decisione del tribunale, basata proprio su tale clausola contrattuale.
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Durata irragionevole procedura: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha stabilito che la 'straordinaria complessità' di una procedura fallimentare non può giustificare una durata irragionevole di oltre 17 anni eccedente il limite di legge. Accogliendo il ricorso di alcuni creditori, la Corte ha chiarito che il termine di sei anni per le procedure concorsuali è una soglia da rispettare, ammettendo solo un temperamento limitato. La Cassazione ha annullato la decisione della Corte d'Appello che aveva negato l'indennizzo, riaffermando il principio che la durata irragionevole procedura causa un danno presunto a favore del creditore.
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Indennizzo durata processo: come si calcola il valore
La Corte di Cassazione ha chiarito un punto cruciale sul calcolo dell'indennizzo per l'irragionevole durata del processo (legge Pinto) in ambito fallimentare. Con l'ordinanza n. 23899/2024, ha stabilito che il valore di riferimento per determinare il tetto massimo dell'indennizzo non è la somma concretamente riscossa dal creditore, ma l'intero credito ammesso al passivo fallimentare. Questa decisione ribalta il precedente orientamento di una Corte d'Appello, che aveva limitato l'indennizzo sulla base dell'importo effettivamente pagato, notevolmente inferiore. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dei creditori, affermando che il valore della causa deve essere parametrato al diritto accertato e non a variabili successive come la capienza dell'attivo fallimentare.
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Equa riparazione: soglia minima non è vincolante
Un lavoratore ha richiesto un'equa riparazione per l'eccessiva durata della procedura fallimentare del suo ex datore di lavoro. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che aveva ridotto l'indennizzo al di sotto della soglia minima legale, stabilendo che tale soglia è una guida e non un limite assoluto. Il giudice gode di discrezionalità nel valutare le circostanze specifiche del caso, come l'esiguità del credito residuo, per determinare il giusto risarcimento.
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Credito professionale contitolari: no a doppia domanda
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un professionista che aveva presentato una seconda domanda di ammissione al passivo per un credito professionale contitolari, dopo che il padre, contitolare, aveva già agito per l'intero credito con il suo consenso. La decisione si fonda sul principio del 'ne bis in idem', impedendo di duplicare le istanze per la medesima pretesa creditoria già decisa.
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Notifica ditta individuale: quando la PEC è sempre valida
Una recente sentenza della Corte d'Appello ha confermato la liquidazione giudiziale di un imprenditore, chiarendo un punto fondamentale sulla notifica ditta individuale. La Corte ha stabilito che, data la perfetta coincidenza giuridica tra l'imprenditore e la sua ditta, la notifica di atti giudiziari all'indirizzo PEC dell'impresa è pienamente valida, anche per debiti non strettamente aziendali. Inoltre, è stato ribadito che lo stato di insolvenza può essere dichiarato anche in presenza di un unico, ma ingente, debito che l'imprenditore non è in grado di onorare, rendendo irrilevante il superamento delle soglie dimensionali previste dalla legge.
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Fondo Garanzia INPS: quando si perde il diritto
Una lavoratrice si è vista negare il pagamento dal Fondo Garanzia INPS per crediti di lavoro non pagati da un'azienda fallita. La Cassazione ha confermato la decisione, ritenendo che la lavoratrice non abbia agito con la dovuta diligenza, non avendo promosso un'azione legale per accertare il proprio credito nel periodo in cui l'azienda era tornata in bonis, prima della cancellazione.
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Fondo Garanzia TFR: no pagamento se il lavoro continua
La Corte di Cassazione ha stabilito che il Fondo Garanzia TFR non interviene per pagare il trattamento di fine rapporto maturato con un'azienda cedente, se quest'ultima diventa insolvente ma il rapporto di lavoro del dipendente prosegue senza interruzioni con la nuova società acquirente. Il diritto al TFR, e la conseguente tutela del Fondo, scattano solo al momento della cessazione definitiva del rapporto di lavoro, e l'obbligato principale è il datore di lavoro in quel momento.
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Equa riparazione fallimento: il valore della causa
Una società ha richiesto un'equa riparazione per un fallimento durato diciotto anni. La Corte d'Appello aveva negato l'indennizzo, equiparando il valore della causa a zero, dato che la società non aveva ricevuto alcun pagamento dal riparto. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che, ai fini dell'equa riparazione fallimento, il parametro corretto è il valore del credito ammesso al passivo, indipendentemente dall'esito della liquidazione, e ha rinviato il caso per una nuova valutazione.
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Liquidazione compenso avvocato: quando si conclude?
Un avvocato ha impugnato la liquidazione dei suoi onorari per l'assistenza in una procedura prefallimentare. Il Tribunale aveva applicato una tariffa superata, ritenendo l'attività conclusa prima dell'entrata in vigore della nuova. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che l'attività professionale in tale fase si conclude solo con la sentenza di fallimento. Di conseguenza, la corretta liquidazione compenso avvocato deve basarsi sulla tariffa vigente a quella data.
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Fondo di Garanzia TFR: quando non interviene?
Un lavoratore ha chiesto l'intervento del Fondo di Garanzia TFR per il TFR maturato con un'azienda fallita, il cui ramo d'azienda era stato ceduto a una nuova società. La Cassazione ha negato l'intervento del Fondo, poiché il rapporto di lavoro è proseguito senza interruzioni con la nuova azienda ai sensi dell'art. 2112 c.c., rendendo il credito per TFR non ancora esigibile.
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Fondo Garanzia TFR: l’INPS può opporsi al pagamento
Una lavoratrice di un'azienda fallita ha richiesto il pagamento del TFR al Fondo di Garanzia INPS. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell'INPS, stabilendo che l'istituto può rifiutare il pagamento se dimostra che il rapporto di lavoro non è cessato, ma è proseguito con una nuova società a seguito di una cessione d'azienda. La Corte ha sottolineato che il diritto alla prestazione del Fondo è autonomo e richiede come presupposto l'effettiva cessazione del rapporto di lavoro.
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Risoluzione contratto fallimento: quando è possibile?
Una società committente chiede la risoluzione di un contratto di appalto per inadempimento e la restituzione del prezzo pagato contro la società appaltatrice, poi fallita. Il tribunale rigetta la domanda, ma la Cassazione cassa la decisione. Si afferma che un'azione per la risoluzione contratto fallimento, sebbene proposta dopo la dichiarazione di fallimento, è ammissibile se l'iniziativa (come un accertamento tecnico preventivo) è stata presa prima o contestualmente alla dichiarazione stessa, producendo effetti restitutori e risarcitori nei confronti della massa fallimentare.
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Garanzia autonoma: quando l’escussione è abusiva?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 23434/2024, ha stabilito che l'escussione di una garanzia autonoma è abusiva se l'obbligazione principale si è estinta. Il garante può non solo rifiutare il pagamento tramite l'eccezione di dolo ('exceptio doli'), ma anche chiedere la restituzione di somme già versate se il beneficiario le ha incassate pur sapendo dell'estinzione del debito. Questo principio protegge il garante da richieste fraudolente, indipendentemente dalla sua conoscenza dell'abuso al momento del pagamento.
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Fondo di Garanzia TFR: quando paga l’INPS?
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'obbligo del Fondo di Garanzia TFR di pagare il Trattamento di Fine Rapporto in caso di insolvenza del datore di lavoro non è subordinato alla preventiva escussione di altri eventuali debitori solidali. Nel caso esaminato, un lavoratore di una società fallita, nata da una scissione, si è visto riconoscere il diritto al pagamento diretto da parte dell'INPS, nonostante la potenziale responsabilità dell'originaria società. La Corte ha ribadito la natura previdenziale e autonoma dell'obbligazione del Fondo, che garantisce un accesso diretto alla prestazione per il lavoratore.
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Crediti prededucibili: cosa succede nel fallimento?
Una società di servizi energetici ha richiesto il riconoscimento dello status prededucibile per crediti maturati prima del fallimento di un'azienda cliente, dato che il contratto di fornitura era proseguito durante l'esercizio provvisorio. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, specificando che i crediti prededucibili antecedenti al fallimento, in contratti di durata, sono tali solo se il curatore subentra formalmente nel contratto al termine del periodo provvisorio. Solamente i crediti sorti durante l'esercizio provvisorio sono automaticamente prededucibili.
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