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Diritto Fallimentare

Modifica della domanda: quando è emendatio e non mutatio
Una società che custodiva veicoli per un'altra in concordato preventivo ha modificato la sua domanda di pagamento in corso di causa, rivolgendola alla procedura concorsuale con richiesta di prededuzione. I giudici di merito hanno ritenuto inammissibile questa modifica della domanda, qualificandola come una 'mutatio libelli' (domanda nuova). La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, giudicando la motivazione della Corte d'Appello 'apparente' e insufficiente a spiegare perché non si trattasse di una semplice e ammissibile 'emendatio libelli' (precisazione della domanda).
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Responsabilità amministratori: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità degli amministratori di un consorzio fallito per non aver stipulato un'adeguata polizza assicurativa a copertura del rischio incendio sul principale bene aziendale. L'ordinanza chiarisce che tale omissione costituisce una violazione del dovere di diligenza, anche in assenza di uno specifico obbligo di legge. La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi di un amministratore e del fallimento, ribadendo che anche i consiglieri senza deleghe hanno un dovere di vigilanza e che la valutazione del danno è competenza del giudice di merito.
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Liquidazione giudiziale: requisiti e apertura procedura
Il Tribunale di Torino ha dichiarato l'apertura della liquidazione giudiziale di una società commerciale su ricorso della Procura della Repubblica. La decisione si fonda sull'accertamento di un grave stato di insolvenza, evidenziato da un indebitamento superiore a 900.000 euro verso un solo creditore, un patrimonio netto negativo per oltre 2.200.000 euro, pignoramenti immobiliari e la stessa ammissione della società debitrice. La sentenza ha confermato che la presenza di questi elementi dimostra un'incapacità strutturale e definitiva di far fronte alle obbligazioni, giustificando l'avvio della procedura concorsuale.
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Credito da licenziamento: ammesso con privilegio
Una lavoratrice ha proposto opposizione allo stato passivo di una società in Amministrazione Straordinaria per ottenere il risarcimento del danno da licenziamento. Le parti hanno raggiunto un accordo transattivo, a seguito del quale il Tribunale ha disposto la rettifica dello stato passivo, ammettendo un ulteriore credito da licenziamento di oltre 81.000 euro in via privilegiata.
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Liquidazione giudiziale: i segnali di insolvenza
Il Tribunale di Torino ha dichiarato l'apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una società di noleggio veicoli. La decisione si fonda su chiari indicatori di insolvenza, tra cui un debito significativo non onorato, il mancato rispetto di un piano di rientro, ulteriori esposizioni debitorie, la mancata comparizione in udienza e l'assenza di beni liquidabili. La sentenza evidenzia come una pluralità di elementi sintomatici, e non un singolo inadempimento, conduca alla dichiarazione di apertura della procedura concorsuale.
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Piano concordatario inidoneo: l’analisi del Tribunale
Una società in crisi ha presentato una proposta di concordato in continuità aziendale basata sull'affitto e successiva cessione di un ramo d'azienda. Il Tribunale di Torino, tuttavia, ha ritenuto il piano concordatario inidoneo, evidenziando una manifesta incapacità dell'azienda offerente di generare i flussi di cassa necessari per soddisfare i creditori, oltre a garanzie parziali e incerte. Nonostante le criticità, il Tribunale ha concesso alla società debitrice un termine di 15 giorni per integrare e modificare il piano, in applicazione dell'art. 47 del Codice della Crisi.
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Termine impugnazione concordato: 30 giorni, non 60
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro un decreto di omologa di concordato preventivo, poiché proposto oltre il termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento. La decisione ribadisce che il termine impugnazione concordato è quello breve previsto dalla legge fallimentare (art. 18), e non quello ordinario di 60 giorni, per garantire uniformità e celerità processuale.
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Proposta concorrente: quando è inammissibile il ricorso
Una holding ha presentato una proposta concorrente in una procedura di concordato preventivo, respinta in primo e secondo grado. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, stabilendo che il provvedimento di rigetto di una proposta concorrente non è definitivo, ma un atto endoprocedimentale. Eventuali vizi possono essere fatti valere solo in sede di opposizione all'omologazione della proposta principale.
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Inammissibilità del ricorso: Cassazione chiarisce
Una società committente impugna in Cassazione la decisione del Tribunale che aveva solo parzialmente ammesso il suo credito nel fallimento dell'impresa appaltatrice. La Suprema Corte dichiara l'inammissibilità del ricorso, ribadendo che il giudizio di legittimità non può riesaminare il merito dei fatti e sottolineando l'importanza del principio di autosufficienza, secondo cui il ricorso deve contenere tutti gli elementi per essere deciso senza rinvii ad altri atti.
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Risoluzione concordato preventivo: quando è possibile?
La Corte di Cassazione conferma la risoluzione di un concordato preventivo di una società. La decisione si basa sulla constatazione che i beni liquidati erano insufficienti a soddisfare integralmente i creditori privilegiati e, a maggior ragione, quelli chirografari. Secondo la Corte, la risoluzione del concordato preventivo è legittima quando viene meno la sua funzione essenziale, ovvero garantire una sia pur minima soddisfazione ai creditori, integrando un grave inadempimento.
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Revoca del fallimento: improcedibile l’opposizione
Un Ente Pubblico si opponeva allo stato passivo di una società fallita per un credito da risarcimento danni. La Corte di Cassazione, rilevando che la sentenza di fallimento era stata revocata con decisione passata in giudicato, ha dichiarato l'improcedibilità del giudizio di opposizione. La revoca del fallimento, infatti, fa venir meno il presupposto stesso del procedimento di accertamento del passivo, che ha efficacia solo all'interno della procedura concorsuale.
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Prova del credito: onere e poteri del giudice
Una società di servizi si è vista rigettare la domanda di ammissione di un credito nei confronti di un'impresa in amministrazione straordinaria. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ribadendo che la prova del credito, ossia la dimostrazione della completa esecuzione della prestazione, spetta interamente al creditore. La Corte ha inoltre chiarito che il giudice fallimentare ha il potere-dovere di verificare d'ufficio la fondatezza del credito, anche in assenza di una specifica contestazione da parte degli organi della procedura.
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Compenso professionista fallimento: quando è negato
Un professionista ha richiesto il pagamento per aver assistito una società nella preparazione di un concordato preventivo. Tuttavia, la proposta è stata giudicata inammissibile per gravi carenze, portando al fallimento della società. La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto della richiesta di pagamento, stabilendo che il grave inadempimento del professionista, che ha reso la sua prestazione del tutto inutile, giustifica il mancato compenso. La decisione si fonda sull'eccezione di inadempimento, che il curatore può sollevare quando la prestazione è priva di qualsiasi utilità per il cliente. Il caso chiarisce i limiti del diritto al compenso del professionista nel fallimento.
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Compenso professionale: quando spetta se il lavoro è negligente?
La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto della richiesta di compenso professionale avanzata da un'associazione di professionisti per l'attività di attestazione di un concordato preventivo. La decisione si fonda sulla grave negligenza e sull'inadeguatezza della prestazione, che ha reso la proposta di concordato irrealizzabile e inutile per la società cliente, poi fallita. Secondo la Corte, un inadempimento così significativo giustifica il rifiuto del pagamento da parte del curatore fallimentare.
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Crediti prededucibili: il termine per l’insinuazione
Un Comune ha presentato con 11 mesi di ritardo una domanda di insinuazione per crediti prededucibili (sanzioni e interessi IMU) verso una società in amministrazione straordinaria. La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto della domanda, stabilendo che, sebbene non esista un termine fisso, il creditore deve agire in un tempo ragionevole. Un ritardo ingiustificato viene considerato 'colpevole' e comporta l'inammissibilità della richiesta, la cui valutazione spetta al giudice di merito.
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Domanda tardiva: termini e onere della prova
La Corte di Cassazione ha confermato l'inammissibilità di una domanda tardiva di ammissione al passivo di una banca in liquidazione coatta. Nonostante i creditori avessero ottenuto una sentenza favorevole, la loro richiesta è stata presentata oltre il termine di decadenza previsto dalla legge. La Corte ha ribadito che il creditore ha l'onere di dimostrare che il ritardo è dipeso da una causa a lui non imputabile, e che un lungo lasso di tempo trascorso dopo il passaggio in giudicato della sentenza, senza agire, costituisce un ritardo colpevole. La sentenza sottolinea la rigidità dei termini procedurali e l'inderogabilità della procedura di accertamento del passivo.
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Credito prededucibile: quando è negato ai professionisti
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 18714/2024, ha negato il riconoscimento del credito prededucibile a due professionisti per l'attività svolta in una procedura di concordato preventivo mai aperta. La decisione si fonda sulla mancanza di continuità temporale tra il tentativo di concordato, dichiarato inammissibile, e il successivo fallimento della società, avvenuto quasi un anno dopo. Secondo la Corte, l'assenza di apertura della procedura e la discontinuità escludono la 'funzionalità' della prestazione professionale all'interesse dei creditori, requisito essenziale per la prededuzione.
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Estinzione del processo: rinuncia e accordo transattivo
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del processo a seguito di un accordo transattivo tra le parti. La società ricorrente ha rinunciato al ricorso, e la controparte ha accettato. La Corte ha stabilito che, in caso di estinzione del processo per rinuncia, la parte che ha impugnato non è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, poiché la declaratoria di estinzione non equivale a una soccombenza.
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Compenso professionale avvocato: quando è negato?
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di negare il compenso professionale a un avvocato per l'assistenza fornita nella redazione di un piano di concordato. La Corte ha ritenuto che la prestazione del legale fosse viziata da negligenza e imperizia, avendo violato norme fondamentali della legge fallimentare. Tale inadempimento ha reso la sua attività del tutto inidonea a raggiungere lo scopo prefissato, giustificando il mancato pagamento sulla base dell'eccezione di inadempimento sollevata dalla curatela fallimentare.
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Estinzione processo Cassazione: no doppio contributo
Una professionista legale aveva impugnato in Cassazione il rigetto della sua richiesta di ammissione di un credito professionale al passivo di un fallimento. Prima della decisione, la ricorrente ha rinunciato al ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato l'estinzione del processo Cassazione, chiarendo che in questo caso non si applica l'obbligo di versamento del cosiddetto 'doppio contributo unificato', previsto per le impugnazioni respinte o dichiarate inammissibili.
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