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Diritto Societario

Danno erariale: la responsabilità degli amministratori
La Corte di Cassazione ha stabilito che gli amministratori di una società controllata da un ente pubblico sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale, qualora le loro azioni, in virtù di un mandato specifico, abbiano causato un pregiudizio diretto al patrimonio dell'ente controllante. La natura sostanzialmente pubblica della controllante e l'esistenza di un rapporto di servizio funzionale sono determinanti, a prescindere dalla forma giuridica privata della società.
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Società pubblica: può citare l’ente locale socio?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 23386/2024, ha stabilito che una società pubblica, anche se interamente partecipata da un ente locale, possiede una personalità giuridica autonoma e distinta. Di conseguenza, può agire in giudizio contro l'ente stesso per ottenere il pagamento dei corrispettivi dovuti. Il caso riguardava una società di gestione ambientale che aveva richiesto il pagamento di interessi di mora a un Comune per il ritardato saldo di fatture. La Corte ha confermato che tale rapporto costituisce una "transazione commerciale" ai sensi del D.Lgs. 231/2002, legittimando l'applicazione degli interessi moratori previsti dalla normativa, e ha respinto la tesi del Comune secondo cui la società fosse una semplice "longa manus" dell'amministrazione.
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Amministratore di fatto: quando si risponde del reato?
La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per bancarotta fraudolenta, stabilendo che per qualificare un soggetto come amministratore di fatto non sono sufficienti indizi quali la detenzione della maggioranza delle quote o il rapporto di coniugio con l'amministratore legale. È necessario provare l'esercizio concreto, continuativo e significativo di poteri gestionali. La Corte ha rinviato il caso per un nuovo esame che accerti la reale ingerenza dell'imputato nella gestione societaria.
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Prededuzione del credito: non si trasferisce al fallito
Una società finanziatrice aveva concesso un credito, beneficiando della prededuzione, a un'impresa in concordato preventivo. Quest'ultima ha poi ceduto la propria azienda a una seconda società, che è successivamente fallita. La società cessionaria del credito ha tentato di far valere la prededuzione nel fallimento della seconda impresa. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, statuendo che la prededuzione del credito è una qualità procedurale legata soggettivamente all'impresa che l'ha originata e non si trasferisce al fallimento di un soggetto diverso, neanche in caso di cessione d'azienda.
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Impugnazione incidentale tardiva: quando è lecita?
Una società azionista otteneva in sede arbitrale la condanna in solido di amministratori e sindaci di una partecipata al risarcimento dei danni. Alcuni dei condannati impugnavano il lodo. La società creditrice proponeva un'impugnazione incidentale tardiva, dichiarata inammissibile dalla Corte d'Appello. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, affermando che l'impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile quando l'appello principale, proposto anche da uno solo dei condebitori solidali, rischia di alterare l'assetto degli interessi del creditore, riducendo la platea dei soggetti obbligati.
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Legittimazione passiva ente ponte: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'ente ponte, creato nel contesto di una risoluzione bancaria, non possiede la legittimazione passiva per rispondere delle pretese risarcitorie avanzate dagli azionisti della banca originaria. La decisione si fonda sulla necessità di garantire la stabilità finanziaria del nuovo istituto, trasferendogli solo le passività esplicitamente previste nel provvedimento di cessione e non oneri pregressi e incerti. Le pretese degli azionisti, pertanto, devono essere rivolte verso l'ente originario posto in liquidazione.
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Contributi editoria: requisiti temporali e forma
La Corte di Cassazione ha negato i contributi editoria a una società cooperativa. La decisione si basa sulla mancanza dei requisiti temporali richiesti dalla legge, specificando che il periodo di attività precedente alla trasformazione in cooperativa non può essere conteggiato per raggiungere l'anzianità necessaria. La sentenza sottolinea l'importanza della forma giuridica specifica e del momento in cui il diritto al contributo viene maturato.
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Lavoro socio cooperativa: quando è subordinato?
Una società cooperativa ha contestato la richiesta di ingenti contributi previdenziali da parte dell'Ente Previdenziale, che aveva riqualificato i rapporti con i soci come lavoro subordinato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della cooperativa, confermando la decisione dei giudici di merito. La Corte ha stabilito che, ai fini della classificazione del rapporto di lavoro socio cooperativa, prevalgono le concrete modalità di svolgimento della prestazione rispetto alla qualificazione formale data dalle parti. L'aver inizialmente optato per il regime contributivo dei lavoratori dipendenti costituisce un forte indizio a sfavore della tesi della cooperativa, che non è riuscita a provare la natura autonoma dei rapporti.
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Revoca del concordato: quando l’apporto non è esterno
Una società in crisi vede la sua ammissione al concordato preventivo revocata, con conseguente dichiarazione di fallimento. La Corte d'Appello conferma la decisione, ritenendo che un'offerta di acquisto maggiorata da parte di un'affittuaria non costituisse vera finanza esterna, ma un valore interno all'azienda. La Corte di Cassazione, pur dichiarando il ricorso inammissibile per cessata materia del contendere, ha esaminato i motivi ai fini della soccombenza virtuale. Ha confermato che la valutazione sulla natura interna o esterna dell'apporto è un giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivato, confermando la legittimità della revoca del concordato operata dai giudici di merito.
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Conoscenza legale evento interruttivo: i limiti
La Corte di Cassazione ha stabilito che la conoscenza legale di un evento interruttivo, come il decesso di una parte, deve essere acquisita all'interno dello specifico processo interrotto affinché decorra il termine per la riassunzione. Non è sufficiente che la parte ne sia venuta a conoscenza in un altro e separato giudizio. La Corte ha quindi annullato la decisione di merito che aveva dichiarato estinto un processo per tardiva riassunzione, basandosi su una conoscenza dell'evento interruttivo maturata in un diverso procedimento.
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Relazione attestatore: il ruolo critico del professionista
Una società in liquidazione ha visto respinto il proprio ricorso alla Corte di Cassazione. Il caso verteva sull'inadeguatezza della relazione attestatore presentata a supporto di una domanda di concordato preventivo. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che il professionista non può limitarsi ad accettare acriticamente le perizie di altri esperti, in questo caso sulla stima di beni immobili, ma deve svolgere una verifica autonoma e critica. L'assenza di tale vaglio rende la relazione inidonea a informare correttamente i creditori, minando la regolarità dell'intera procedura.
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Domanda modificata: quando è ammissibile nel processo
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21821/2024, ha chiarito i limiti di ammissibilità della domanda modificata nel processo civile. Nel caso esaminato, due fratelli avevano inizialmente chiesto l'accertamento del trasferimento di quote societarie. Successivamente, hanno modificato la domanda chiedendo la restituzione delle somme versate. La Suprema Corte ha ritenuto tale modifica ammissibile, in quanto la nuova domanda, seppur diversa, era strettamente connessa alla vicenda sostanziale originaria (la compravendita di quote) e incompatibile con la prima. Questa decisione conferma il principio di economia processuale, secondo cui è preferibile trattare le questioni collegate in un unico giudizio, evitando la frammentazione dei processi.
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Patto di famiglia: quando un accordo non lo è?
Una complessa controversia nata da un accordo di riorganizzazione aziendale tra familiari giunge in Cassazione. La questione centrale è se tale accordo debba essere qualificato come patto di famiglia, con la conseguente necessità della forma dell'atto pubblico a pena di nullità. La Corte d'Appello aveva escluso tale qualificazione, ritenendo l'accordo valido. La Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria, data la rilevanza e complessità delle questioni giuridiche sollevate, in particolare sulla natura del patto di famiglia e su una garanzia atipica (fideiussio indemnitatis), ha rimesso la trattazione della causa alla pubblica udienza per un esame più approfondito.
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Responsabilità soci società estinta: la Cassazione attende
La Corte di Cassazione, con un'ordinanza interlocutoria, ha sospeso la decisione su un caso riguardante la responsabilità soci società estinta per debiti fiscali. La questione centrale, sulla quale esistono interpretazioni contrastanti, è se l'amministrazione finanziaria debba provare che i soci abbiano effettivamente ricevuto somme dalla liquidazione per poter agire nei loro confronti. In attesa di un pronunciamento chiarificatore delle Sezioni Unite, a cui la questione è già stata rimessa, il giudizio è stato rinviato a nuovo ruolo.
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Scioglimento società: inammissibile il ricorso in Cassazione
Un socio di una S.r.l. ha richiesto lo scioglimento della società a causa di una paralisi gestionale e della mancata approvazione dei bilanci per oltre un decennio. I tribunali di merito hanno accolto la richiesta. La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che i provvedimenti in materia di scioglimento società, rientrando nella volontaria giurisdizione, non hanno carattere decisorio e non sono quindi impugnabili in Cassazione.
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Prova versamento decimi: la quietanza non basta
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un socio che non è riuscito a fornire una prova adeguata del versamento dei decimi di capitale. La curatela fallimentare aveva richiesto il pagamento, e le prove fornite dal socio - un estratto conto della società, una quietanza del padre-amministratore e una scrittura contabile - sono state ritenute insufficienti. La sentenza sottolinea che la prova del versamento decimi deve essere inequivocabile e non può basarsi su documenti che non chiariscono l'origine e la causale dei fondi, specialmente in un contesto di fallimento e rapporti familiari.
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Azione revocatoria donazione: la prova della simulazione
La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di azione revocatoria promossa da una curatela fallimentare contro gli atti di donazione di immobili posti in essere dall'ex amministratrice della società fallita in favore dei propri familiari. I convenuti sostenevano che le donazioni fossero in realtà vendite simulate. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che, per superare la presunzione di gratuità dell'atto e dimostrare la simulazione, è necessaria una prova scritta (controdichiarazione) con data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, non essendo sufficiente la produzione di assegni o scritture private prive di tale requisito.
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Danno soci minoranza: quando è risarcibile?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di alcuni soci di maggioranza contro una decisione che confermava il risarcimento del danno soci minoranza. Il danno era stato riconosciuto per la violazione dei doveri di buona fede, che aveva causato la frustrazione delle loro "ragionevoli aspettative". La Corte ha basato la sua decisione su un vizio procedurale: i motivi del ricorso non affrontavano la reale motivazione della sentenza d'appello.
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Associazione in partecipazione: quando non è società
La Corte di Cassazione ha confermato la validità di un contratto di associazione in partecipazione per la gestione di una farmacia, rigettando la tesi del ricorrente che lo riteneva un contratto di società nullo. Secondo la Corte, la presenza di clausole sulla plusvalenza o sulla durata non è sufficiente a riqualificare il rapporto se mancano gli elementi essenziali della società, come l'organizzazione comune e la condivisione del rischio d'impresa (affectio societatis). La corretta interpretazione del contratto, operata in modo complessivo e non atomistico, spetta al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità.
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Procura speciale mediazione: quando è valida?
Un ex socio di una banca cooperativa ha richiesto il pagamento del sovrapprezzo delle azioni. La banca si è opposta e il caso è finito in mediazione obbligatoria. Il Tribunale ha ritenuto valida la partecipazione tramite avvocati muniti di procura speciale mediazione. La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dichiarato il ricorso dell'ex socio inammissibile, confermando che l'interpretazione del contenuto della procura, volta a verificarne la natura sostanziale, è un accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.
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