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Diritto Societario

Ultrattività del mandato: notifica valida all'estinta

Una società sanitaria ha contestato la validità di una notifica di appello ricevuta presso il difensore della sua dante causa, un’entità estinta per fusione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando il principio di ultrattività del mandato: se l’estinzione della parte non viene formalmente dichiarata in giudizio dal suo legale, il mandato a quest’ultimo persiste e le notifiche a lui indirizzate sono pienamente valide, a prescindere dalla conoscenza che la controparte possa avere dell’evento societario.

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Notifica ex soci: ricorso improcedibile per società UK

La Corte di Cassazione ha dichiarato improcedibile un ricorso in un caso di esecuzione immobiliare. Il ricorrente aveva notificato l’atto agli ex soci di una società di diritto britannico (LLP) che, nel frattempo, si era estinta. La Corte ha stabilito che la notifica era nulla, poiché secondo la legge britannica applicabile, i beni di una LLP disciolta non passano agli ex soci, ma diventano “bona vacantia” e vengono devoluti alla Corona. Di conseguenza, la notifica agli ex soci è stata eseguita a soggetti privi di legittimazione, rendendo l’intero ricorso non esaminabile nel merito.

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Errore di fatto: quando è inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per revocazione basato su un presunto errore di fatto. Il caso riguarda una controversia sul pagamento del prezzo di quote societarie. La Corte chiarisce che l’errore di fatto deve essere una svista percettiva e non un errore di giudizio o di interpretazione contrattuale, confermando che la doglianza dei ricorrenti mirava in realtà a un riesame del merito, non consentito in sede di revocazione.

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Attestazione professionista: la guida della Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato l’inammissibilità di una proposta di concordato preventivo a causa di una carente attestazione del professionista. La Corte ha stabilito che il professionista non può limitarsi a recepire acriticamente le perizie di stima di terzi, ma deve svolgere una verifica autonoma sui criteri di valutazione per garantire una corretta informazione ai creditori. La mancanza di tale rigorosa verifica rende la proposta inidonea e, di conseguenza, inammissibile.

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Concordato preventivo: la fattibilità giuridica del piano

Una società alberghiera, dopo un’operazione di scissione, ha proposto un concordato preventivo. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello che aveva omologato il piano, ritenendo l’omologazione illegittima senza il previo voto dei creditori. Inoltre, ha censurato la mancata valutazione della fattibilità giuridica del piano, in particolare riguardo la concreta capacità patrimoniale della società beneficiaria della scissione di soddisfare i creditori. La Cassazione ha sottolineato che il giudice deve effettuare una verifica sostanziale e non meramente formale del piano proposto.

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Liberazione fideiussore: il ruolo di amministratore

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un garante che era anche amministratore della società debitrice. La Corte ha stabilito che la liberazione fideiussore, ai sensi dell’art. 1956 c.c., non si applica in questo caso, poiché si presume che il garante-amministratore sia a conoscenza delle condizioni finanziarie precarie della società. Di conseguenza, il suo consenso a nuove operazioni di credito è considerato implicito. È stata inoltre respinta l’eccezione di nullità per presunte clausole anticoncorrenziali per mancanza di prova.

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Contributi socio Srl: niente obbligo senza lavoro

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4015/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di contributi socio Srl. Il ricorso di un ente previdenziale, che richiedeva il pagamento dei contributi sul reddito da capitale percepito da un socio non lavoratore di una S.r.l., è stato respinto. La Corte ha chiarito che solo i redditi d’impresa, derivanti da un’effettiva attività lavorativa, rientrano nella base imponibile contributiva. I redditi derivanti dalla mera partecipazione societaria, qualificati come redditi di capitale, ne sono esclusi, valorizzando lo ‘schermo societario’ tipico della S.r.l.

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Contributi socio Srl: quando non sono dovuti

Un’importante ordinanza della Corte di Cassazione ha stabilito che i contributi previdenziali per gli artigiani non sono dovuti sui redditi da capitale derivanti dalla mera partecipazione in una S.r.l. qualora il socio non svolga alcuna attività lavorativa all’interno della società. L’ente previdenziale aveva richiesto i contributi basandosi sulla partecipazione societaria, ma la Corte ha rigettato il ricorso, distinguendo nettamente tra reddito d’impresa (soggetto a contribuzione) e reddito di capitale (escluso se non connesso a un’attività lavorativa). La decisione chiarisce che la base imponibile per i contributi del socio Srl è legata esclusivamente all’effettivo svolgimento di un’attività lavorativa.

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Responsabilità del dirigente: i limiti del mandato

Un dirigente apicale è stato condannato a un cospicuo risarcimento danni per aver stipulato un contratto di agenzia a condizioni più onerose rispetto a quelle autorizzate dal Consiglio di Amministrazione. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, rigettando il ricorso del manager. L’ordinanza sottolinea come la responsabilità del dirigente sia esclusiva quando agisce in violazione di un mandato specifico, escludendo un concorso di colpa dell’azienda per carenza di controlli e negando l’esistenza di una ratifica successiva dell’operato.

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Validità notifica fallimento: la parola del postino

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti della fede privilegiata della relata di notifica in un caso di fallimento. Una società contestava la validità della notifica del ricorso di fallimento, ricevuta presso la sede legale da una persona che asseriva non essere autorizzata. La Corte ha stabilito che, sebbene la qualifica del ricevente non sia coperta da fede privilegiata e possa essere contestata con prove ordinarie, la società non ha fornito elementi sufficienti per superare la presunzione di validità, confermando la dichiarazione di fallimento.

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Rinuncia al ricorso: estinzione senza spese

Un amministratore, dopo aver impugnato una sentenza di secondo grado in materia di responsabilità sociale, ha deciso di effettuare una rinuncia al ricorso. La controparte ha accettato tale rinuncia, accordandosi per la compensazione delle spese. La Corte di Cassazione, applicando l’art. 390 c.p.c., ha dichiarato l’estinzione del giudizio, sottolineando che l’accettazione è rilevante solo per evitare la condanna alle spese, ma non per l’efficacia della rinuncia stessa, che è un atto unilaterale.

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Cessione ramo d'azienda: debiti e contratti

In una cessione di ramo d’azienda, sorge una controversia su un finanziamento bancario: è un contratto che si trasferisce con l’azienda (art. 2558 c.c.) o un debito che resta in capo al cedente (art. 2560 c.c.)? La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito, qualificandolo come debito pregresso. Il ricorso della società cedente è dichiarato inammissibile perché mirava a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, ribadendo la distinzione fondamentale in materia di cessione ramo d’azienda.

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Notifica istanza di fallimento: le regole speciali

La Corte di Cassazione ha confermato che la notifica dell’istanza di fallimento a una società cancellata dal Registro delle Imprese e irreperibile presso la sede legale si perfeziona con il deposito dell’atto presso la casa comunale. Questa procedura speciale prevale sulle norme ordinarie, rendendo non necessaria la ricerca del legale rappresentante. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, ribadendo la validità di una disciplina semplificata volta a bilanciare il diritto di difesa con l’esigenza di celerità dei procedimenti concorsuali.

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Conflitto di interessi: quando l'operazione è annullabile

Una società facente parte di un gruppo chiedeva l’ammissione al passivo di un’altra società del gruppo, in amministrazione straordinaria, per canoni di locazione non pagati. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che ha ritenuto i contratti di locazione inefficaci a causa di un conflitto di interessi dell’amministratore, comune a entrambe le società. L’operazione, pur inserita in un contesto di gruppo, risultava svantaggiosa per la società conduttrice. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile in quanto mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Prova non fallibilità: bilanci non approvati non bastano

Una società dichiarata fallita ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo di non superare le soglie di fallibilità. La controversia verteva sulla validità dei documenti contabili prodotti a sostegno di tale tesi. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ribadendo che la prova non fallibilità richiede bilanci formalmente approvati e depositati. Documenti contabili interni, non firmati e privi di approvazione formale, sono stati ritenuti insufficienti a invertire l’onere della prova, che resta a carico dell’imprenditore.

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Legittimazione del liquidatore: stop all'impugnazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che il liquidatore di una società cancellata dal registro delle imprese non ha la legittimazione ad agire per impugnare un avviso di accertamento fiscale notificato dopo l’estinzione della società. A seguito della cancellazione, si verifica un fenomeno successorio per cui le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali sono gli unici soggetti legittimati a contestare la pretesa tributaria. Di conseguenza, il ricorso originario proposto dal liquidatore è stato dichiarato inammissibile.

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Procura inesistente: appello inammissibile

Una società, già cancellata dal registro imprese e quindi estinta, ottiene un decreto ingiuntivo. La società debitrice si oppone e i tribunali le danno ragione, revocando il decreto per difetto di legittimazione attiva. L’ex socio tenta un ricorso per revocazione, sostenendo che il vero vizio fosse la procura inesistente, un errore di fatto. La Cassazione, confermando la decisione d’appello, dichiara il ricorso inammissibile perché la questione dell’estinzione della società era già stata valutata, rendendo la doglianza una critica su un errore di diritto, non di fatto, e non pertinente alla decisione impugnata.

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Onere della prova fallimento: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5003/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società contro la propria dichiarazione di fallimento. Il caso verteva sull’onere della prova fallimento, ovvero sulla responsabilità di dimostrare di non possedere i requisiti per essere assoggettati alla procedura concorsuale. La società aveva prodotto bilanci non depositati e altra documentazione contabile ritenuta inattendibile sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ribadito che l’onere della prova grava sul debitore e che la valutazione sull’attendibilità dei documenti è un giudizio di merito non sindacabile in sede di legittimità, confermando così la decisione dei giudici precedenti.

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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5039/2025, dichiara l’estinzione di un giudizio a seguito della rinuncia al ricorso principale e a quello incidentale. Il caso, originato da una controversia su un debito di una società cancellata, si conclude senza una decisione nel merito. La Corte applica il principio di causalità per la liquidazione delle spese legali, condannando la parte che aveva iniziato il giudizio. Viene inoltre chiarito che la rinuncia al ricorso non comporta il pagamento del doppio contributo unificato, misura prevista solo per i casi di rigetto o inammissibilità.

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Clausola di manleva: come interpretarla correttamente

In un caso di cessione di quote societarie, la Cassazione ha stabilito che la clausola di manleva obbliga i venditori a rimborsare un debito fiscale sorto prima della cessione e pagato dagli acquirenti, senza che sia necessario accertarne nuovamente la fondatezza. L’interpretazione deve basarsi sul tenore letterale dell’accordo.

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