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Diritto Societario

Super-società di fatto: fallimento e requisiti
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 204/2024, ha annullato la decisione di una Corte d'Appello che negava l'esistenza di una super-società di fatto tra un imprenditore individuale e le società di capitali da lui controllate. La Corte ha stabilito che l'abuso della personalità giuridica e l'ingerenza gestionale non escludono la configurabilità di un rapporto societario occulto, ma vanno analizzati come possibili modalità operative dello stesso. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che valuti correttamente gli elementi costitutivi della società di fatto, come il fondo comune e la condivisione dei risultati economici, anche in presenza di assetti formali simulati.
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Cambio denominazione sociale: effetti sulla garanzia
Una banca si è vista negare l'ammissione al passivo fallimentare di un credito garantito, poiché il giudice riteneva che la società garante fosse un soggetto diverso da quello fallito. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che il tribunale aveva commesso un errore cruciale ignorando la prova documentale del semplice cambio denominazione sociale della società garante. La Corte ha ribadito che la variazione del nome non altera l'identità giuridica della società, che rimane quindi vincolata agli obblighi precedentemente assunti.
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Supersocietà di fatto: l’autonoma insolvenza è cruciale
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 144/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di fallimento esteso a una cosiddetta "supersocietà di fatto". Il caso riguardava l'estensione del fallimento di una S.r.l. ai suoi soci occulti, persone fisiche e un'altra società, ritenuti parte di un unico ente imprenditoriale non formalizzato. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della curatela fallimentare, confermando che per dichiarare il fallimento di una supersocietà di fatto non è sufficiente l'insolvenza di uno dei suoi membri, ma è necessario dimostrare uno stato di insolvenza autonomo e proprio della supersocietà stessa. La decisione ha anche esteso la revoca del fallimento a un socio che non aveva partecipato al secondo grado di giudizio, in applicazione del principio espansivo della sentenza.
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Danno non patrimoniale società: la Cassazione decide
Una società in nome collettivo ha richiesto un'equa riparazione per la durata irragionevole di una procedura fallimentare a suo carico, durata quasi trent'anni. La Corte d'Appello aveva rigettato la domanda, sostenendo che una società, non avendo 'fisicità', non potesse subire un turbamento psicologico. La Corte di Cassazione ha ribaltato questa decisione, affermando che anche le persone giuridiche hanno diritto al risarcimento del danno non patrimoniale società. La Suprema Corte ha chiarito che tale danno non è limitato alla sola lesione della reputazione, ma comprende anche i disagi e i turbamenti subiti dalle persone fisiche che gestiscono l'ente, derivanti dalla violazione del diritto a un processo di ragionevole durata. Ha quindi cassato il provvedimento e rinviato il caso alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Fallimento società cooperativa: quando è possibile?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società cooperativa contro la propria dichiarazione di fallimento. La Corte ha ribadito che il fallimento di una società cooperativa è possibile quando questa svolge un'attività commerciale oggettiva, indipendentemente dal suo fine mutualistico. Inoltre, ha sottolineato che i vizi procedurali, come presunti difetti di notifica, devono essere specificamente e completamente documentati nel ricorso, in ossequio al principio di autosufficienza.
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Supersocietà di fatto: abuso e fallimento in estensione
La Corte di Cassazione ha chiarito che l'abuso gestionale di una società a vantaggio dei suoi controllori non esclude a priori la configurabilità di una supersocietà di fatto tra la società abusata e gli stessi controllori. In un caso di presunto svuotamento patrimoniale, la Corte ha annullato la decisione d'appello per un'analisi superficiale, affermando la necessità di esaminare in concreto tutti gli indizi di un sodalizio occulto. La sentenza è stata cassata con rinvio per una nuova valutazione dei fatti.
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Supersocietà di fatto: la Cassazione e il fallimento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 64/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro il fallimento di una supersocietà di fatto. La decisione conferma che l'esistenza di tale società può essere provata da elementi indiziari come la gestione coordinata, la commistione patrimoniale e attività complementari tra diverse aziende. Il fallimento della supersocietà di fatto comporta l'estensione automatica dello stesso ai soci illimitatamente responsabili.
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Supersocietà di fatto: la Cassazione e il fallimento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 63/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l'estensione del fallimento a una supersocietà di fatto. La Corte ha stabilito che l'esclusione di un presunto socio nel corso del giudizio non costituisce una modifica della domanda. Inoltre, ha confermato che l'esistenza della società occulta e il suo stato di insolvenza possono essere provati attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, come lo svuotamento patrimoniale di una società a vantaggio delle altre del gruppo.
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Qualità imprenditore commerciale: statuto decisivo
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società consortile dichiarata fallita. La Corte conferma che la qualità di imprenditore commerciale non è esclusa dalla mera finalità mutualistica, ma si desume dall'oggetto sociale previsto nello statuto e dall'effettiva attività economica svolta, come la stipula di contratti di appalto. La precedente richiesta di concordato preventivo da parte della società è stata considerata un ulteriore elemento a sostegno della sua natura commerciale.
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Responsabilità socio uscente: quando si estingue?
In un caso di inadempimento di un contratto preliminare di vendita, la Corte di Cassazione chiarisce i limiti della responsabilità del socio uscente di una società di persone. La Corte ha stabilito che la responsabilità per un'obbligazione sociale sorge nel momento in cui questa diventa esigibile e viene violata, non quando viene contratta. Pertanto, il socio che ha lasciato la compagine sociale prima della scadenza dell'obbligazione non risponde del successivo inadempimento della società.
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Potere rappresentativo gruppo societario: la CIGS
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'appartenenza a un gruppo societario non conferisce automaticamente alla capogruppo il potere rappresentativo per le società controllate. Per richiedere ammortizzatori sociali come la CIGS per conto di un'altra società del gruppo, è necessario un conferimento di poteri specifico, come una procura. Nel caso di specie, un accordo sindacale firmato solo dalla capogruppo non era sufficiente a vincolare una controllata, motivo per cui la Corte ha cassato la precedente sentenza e rinviato il caso per verificare l'esistenza di tale potere rappresentativo.
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Socio lavoratore di cooperativa: quando è subordinato?
Una società cooperativa ha contestato la classificazione dei suoi soci artigiani come lavoratori subordinati da parte dell'ente previdenziale. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che il rapporto del socio lavoratore di cooperativa era di natura subordinata. La decisione sottolinea che l'onere di dimostrare la natura autonoma del rapporto spetta alla cooperativa e che le modalità effettive di svolgimento del lavoro prevalgono sulla qualificazione formale data dalle parti. L'uso di attrezzature aziendali è stato un elemento chiave per determinare la subordinazione.
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Responsabilità socio unico: debiti dopo la cancellazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 32866/2024, ha confermato la legittimità di una cartella di pagamento notificata al socio unico di una S.r.l. cancellata dal registro delle imprese. La Corte ha stabilito che la cancellazione della società determina un fenomeno successorio, per cui i debiti residui, inclusi quelli fiscali, si trasferiscono ai soci. È stata dunque affermata la piena responsabilità del socio unico per le obbligazioni tributarie della società estinta, rigettando le eccezioni sulla presunta carenza di motivazione della cartella e sui vizi di notifica dell'atto presupposto.
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Impresa minore: revoca liquidazione giudiziale
Una società in nome collettivo, dichiarata in liquidazione giudiziale su istanza di un'ex dipendente, ha ottenuto la revoca del provvedimento in appello. La Corte ha accolto il reclamo dopo che la società ha dimostrato di possedere i requisiti di 'impresa minore' previsti dal Codice della Crisi, ovvero soglie di attivo, ricavi e debiti inferiori ai limiti di legge. Nonostante la vittoria, la società è stata condannata a pagare le spese del primo grado e del curatore per non aver fornito le prove tempestivamente.
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Prova compenso amministratore: non basta la nomina
Una società creditrice, che aveva acquistato il diritto al compenso di un ex amministratore di un'azienda fallita, si è vista rigettare la richiesta di insinuazione al passivo. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che per ottenere il compenso non è sufficiente provare la nomina alla carica di amministratore. È indispensabile fornire la prova specifica e concreta dell'attività effettivamente svolta, onere che nel caso di specie non è stato assolto. La genericità delle prove testimoniali proposte è stata una delle ragioni principali del rigetto del ricorso.
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Assunzione in società pubblica: nullità senza concorso
Un dirigente, assunto da una società a partecipazione pubblica senza una procedura di selezione, ha visto il suo contratto di lavoro dichiarato nullo. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ribadendo che l'assunzione in società pubblica deve seguire procedure concorsuali, la cui violazione comporta la nullità del contratto. La richiesta di risarcimento del lavoratore è stata respinta, poiché la conoscenza delle norme imperative che regolano l'assunzione si presume per entrambe le parti.
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Credito ipotecario scissione: scelta del creditore
Una banca con un credito ipotecario su beni trasferiti tramite scissione societaria a un'altra società, poi fallita, si è vista negare la partecipazione al riparto. La Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che il creditore ha la facoltà di scegliere se insinuarsi al passivo per il debito solidale o intervenire per far valere unicamente il proprio diritto sul bene ipotecato.
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Riassunzione arbitrato societario: i requisiti
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le modalità corrette per la riassunzione dell'arbitrato societario. Il caso riguardava l'impugnazione di una delibera di aumento di capitale. Dopo la declinatoria di competenza del tribunale in favore degli arbitri, la socia si era limitata a chiedere la nomina dell'arbitro all'organismo preposto. La Corte ha stabilito che tale atto non è sufficiente. È necessaria la proposizione di una vera e propria domanda di arbitrato, notificata alla controparte e iscritta nel registro delle imprese, per evitare l'estinzione del giudizio. La Suprema Corte ha quindi accolto il ricorso della società, dichiarando estinto il procedimento.
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Determinazione del prezzo: il giudice può sostituirsi?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un promissario acquirente di quote societarie che si opponeva alla determinazione del prezzo da parte del giudice. Il caso verteva su un contratto preliminare dove, in assenza di accordo tra le parti, il prezzo doveva essere stabilito da un terzo arbitratore. A causa del comportamento ostruzionistico del promissario acquirente, che prima ha negato la validità del contratto e poi non ha aderito alla nomina del terzo, la Corte ha confermato la legittimità dell'intervento del tribunale per completare il contratto e disporne l'esecuzione forzata.
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Ricorso inammissibile: requisiti di forma per la Cassazione
La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile a causa della mancata e sommaria esposizione dei fatti di causa, requisito essenziale previsto dal codice di procedura civile. Il caso di specie riguardava una complessa lite tra eredi soci di una società semplice, sorta per la gestione di beni ereditari. La decisione sottolinea come il rispetto delle norme procedurali sia fondamentale per l'accesso alla giustizia di legittimità, anche a fronte di questioni di merito potenzialmente fondate.
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