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Diritto Commerciale

Responsabilità assicurazione per l’agente infedele
La Corte di Cassazione ha stabilito che la responsabilità dell'assicurazione per la truffa del proprio agente sussiste anche in presenza di irregolarità nei pagamenti da parte del cliente. La responsabilità della compagnia viene meno solo se il cliente ha agito con una condotta anomala, collusiva o con consapevole acquiescenza alla violazione delle regole da parte dell'agente. Semplici irregolarità formali, come assegni senza data, non sono sufficienti a interrompere il nesso di occasionalità tra l'attività dell'agente e l'illecito, e quindi non escludono la responsabilità dell'assicurazione.
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Responsabilità solidale appalti: anche per società pubbliche
Una società a partecipazione pubblica, committente in un contratto di appalto, è stata ritenuta responsabile per il mancato pagamento del TFR ai dipendenti della ditta appaltatrice. La Corte di Cassazione ha confermato che la disciplina sulla responsabilità solidale appalti si estende anche a tali società, in quanto considerate soggetti privati, e che l'obbligazione copre l'intero TFR maturato, poiché il diritto sorge al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
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Mark to Market: quando un contratto swap è valido?
La Cassazione ha respinto il ricorso di una società contro un istituto bancario, confermando la validità di due contratti swap. La Corte ha stabilito che l'oggetto del contratto, incluso il valore del Mark to Market, è sufficientemente determinato se i criteri per calcolarlo sono reperibili da fonti esterne pubblicamente accessibili, come i servizi informativi finanziari, anche se non esplicitati nel documento contrattuale. La funzione di copertura del rischio dei tassi di interesse è stata ritenuta causa sufficiente per la validità dei contratti.
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Recesso socio: quando è opponibile ai terzi?
Un socio receduto da una società in nome collettivo (SNC) si opponeva a decreti ingiuntivi promossi da ex dipendenti, sostenendo che il suo recesso, comunicato alla Camera di Commercio, lo liberasse da obbligazioni successive. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha respinto il ricorso. Ha stabilito che il recesso socio, per essere opponibile ai terzi, richiede l'iscrizione nel Registro delle Imprese, non essendo sufficiente una mera comunicazione o annotazione. Inoltre, la Corte ha chiarito che il rigetto di una precedente istanza di fallimento non costituisce giudicato vincolante sulla validità del recesso.
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Delegazione di pagamento: quando non esclude il credito
La Corte di Cassazione ha confermato la dichiarazione di fallimento di una società, rigettando la tesi difensiva basata su una presunta delegazione di pagamento. Un'altra società fallita aveva chiesto il fallimento della prima sulla base di un credito di 145.000 euro, usati per estinguere un leasing immobiliare. La ricorrente sosteneva che i fondi, sebbene prelevati dal conto dell'altra società, fossero stati da lei forniti e che l'operazione fosse una semplice delegazione di pagamento. La Corte ha stabilito che i fondi su un conto corrente si presumono di proprietà dell'intestatario e che la delegazione deve essere provata concretamente, cosa non avvenuta nel caso di specie. È stata inoltre confermata la competenza territoriale del tribunale e lo stato di insolvenza della società.
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Estinzione del giudizio: accordo e rinuncia in Cassazione
Una società di servizi aeroportuali e una società di logistica, dopo aver presentato ricorso e controricorso in Cassazione, hanno depositato un'istanza congiunta di rinuncia. Tale accordo ha portato la Suprema Corte a dichiarare l'estinzione del giudizio. La controversia originaria verteva sulla restituzione di somme pagate in eccesso, che la Corte d'Appello aveva parzialmente accolto, dichiarando prescritta una parte del credito. La risoluzione finale si è basata unicamente sulla volontà delle parti di porre fine alla lite.
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Disconoscimento scrittura privata: guida al processo
Un imprenditore ha contestato un'intimazione di pagamento basata su una presunta fideiussione personale, effettuando il disconoscimento della scrittura privata apposta sul documento. Poiché il creditore non ha avviato la procedura di verificazione per provare l'autenticità della firma, il Tribunale ha considerato il documento di garanzia come legalmente inesistente. Di conseguenza, ha annullato l'intimazione di pagamento e la relativa cartella, liberando l'imprenditore dal debito per mancanza di prova dell'obbligazione.
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Leasing traslativo: restituzione rate e equo compenso
La Corte di Cassazione si pronuncia su un caso di risoluzione di un contratto di leasing traslativo per mancato pagamento del prezzo di riscatto. L'ordinanza chiarisce che, in caso di risoluzione, l'utilizzatore deve restituire il bene ma ha diritto alla restituzione delle rate pagate, al netto di un equo compenso per l'uso del bene. Tuttavia, il diritto alla restituzione sorge solo dopo l'effettiva riconsegna del bene. Il ricorso della società finanziaria è stato dichiarato inammissibile.
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Consolidato fiscale: compenso per le perdite cedute
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di una società controllante a versare un corrispettivo alla sua controllata, poi fallita, per aver utilizzato le perdite fiscali di quest'ultima nell'ambito del regime del consolidato fiscale. Secondo la Corte, la rinuncia della controllata alla possibilità di utilizzare autonomamente tali perdite in futuro deve essere compensata, sulla base di un accordo tra le parti la cui esistenza è stata provata in giudizio, anche tramite ammissioni della stessa controllante. L'interruzione del consolidato a causa del fallimento non esonera la controllante da tale obbligo.
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Contraffazione brevetto: limiti di interpretazione
Un'azienda del settore bevande ha citato in giudizio una concorrente per contraffazione brevetto, sostenendo che il design di una sua bottiglia violasse un proprio brevetto. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei gradi precedenti, ha respinto il ricorso. La sentenza chiarisce che l'ambito di protezione di un brevetto è definito dalle sue rivendicazioni, interpretate restrittivamente alla luce di descrizione e disegni. È stata esclusa anche la contraffazione per equivalenti, poiché la bottiglia concorrente utilizzava una soluzione tecnica diversa, e non equivalente, per ottenere lo stesso risultato di rigidità.
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Conflitto di interessi: annullata la fideiussione
La Corte di Cassazione ha confermato l'annullamento di una fideiussione prestata da una società a favore di un'altra, entrambe gestite dallo stesso amministratore. La decisione si fonda sulla sussistenza di un concreto conflitto di interessi, riconoscibile dalla banca creditrice. La Corte ha stabilito che l'assenza di un vantaggio economico per la società garante, unita alla sproporzione della garanzia rispetto al suo capitale e alla diversità degli oggetti sociali, costituiscono elementi chiave per l'annullabilità del contratto ai sensi dell'art. 1394 c.c.
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Fallimento omisso medio: quando è possibile?
Una società, dopo l'approvazione di un concordato preventivo, è stata dichiarata fallita per l'incapacità di far fronte a nuovi debiti e per un conclamato stato di insolvenza. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, respingendo il ricorso dell'impresa e chiarendo le condizioni per il cosiddetto 'fallimento omisso medio'. La Corte ha stabilito che, di fronte a un'insolvenza manifesta successiva all'omologa, è possibile procedere alla dichiarazione di fallimento senza dover prima risolvere formalmente l'accordo di concordato, specialmente quando l'inadempimento rende oggettivamente impossibile l'attuazione del piano.
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Dichiarazione di fallimento concordato: quando è?
Una società, dopo aver ottenuto l'omologazione di un concordato preventivo, è stata dichiarata fallita su istanza di un creditore. La Corte d'Appello aveva annullato il fallimento, ritenendo che il creditore non potesse agire per il credito intero e che l'insolvenza fosse solo prospettica. La Corte di Cassazione ha ribaltato questa decisione, stabilendo che la dichiarazione di fallimento concordato è legittima quando l'esecuzione del piano diventa oggettivamente impossibile, a prescindere dalla scadenza dei termini. L'insolvenza originaria, infatti, riemerge e giustifica l'azione, ripristinando la posizione dei creditori.
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Cessione del credito: prova e oneri in Cassazione
Una società che interviene in un processo affermando di essere subentrata in un credito deve fornire la prova del suo titolo. Secondo la Suprema Corte, in caso di contestazione da parte del debitore, la sola pubblicazione dell'avviso di cessione del credito in Gazzetta Ufficiale non è sufficiente. È necessario depositare il contratto di cessione per dimostrare l'effettiva titolarità del diritto. La Corte ha dichiarato inammissibile l'intervento della società cessionaria per carenza di prova, rigettando poi nel merito il ricorso dei debitori su altre questioni procedurali, tra cui l'abuso del processo.
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Leasing traslativo e fallimento: le regole
La Cassazione chiarisce la disciplina applicabile al leasing traslativo risolto prima del fallimento dell'utilizzatore. Con l'ordinanza n. 15009/2024, si conferma che in questi casi non si applica la normativa speciale fallimentare (art. 72-quater l.fall.), bensì l'art. 1526 c.c. sulla vendita con riserva di proprietà. La società di leasing non ha diritto ai canoni residui, ma a un equo compenso. Per ottenerlo, deve però fornire al giudice gli elementi per calcolarlo, come il valore del bene recuperato.
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Clausola clienti direzionali: validità e limiti
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15005/2024, ha stabilito la validità di una clausola clienti direzionali in un contratto di agenzia. Il caso riguardava la richiesta di provvigioni da parte di un agente per affari conclusi dal preponente con clienti definiti 'direzionali'. La Corte ha ritenuto la clausola non nulla, poiché le categorie di clienti escluse (es. società di ristorazione collettiva, enti pubblici) erano sufficientemente determinate e non lasciavano la scelta al mero arbitrio del preponente. La decisione si fonda sull'interpretazione del contratto e sul comportamento delle parti, confermando che il diritto di esclusiva dell'agente può essere validamente derogato con pattuizioni chiare.
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Leasing traslativo: la clausola penale è valida?
La Cassazione, con l'ordinanza 15000/2024, chiarisce la validità della clausola penale nel leasing traslativo, ma subordina l'ammissione al passivo fallimentare all'onere del creditore di provare il valore del bene restituito per permettere al giudice di valutarne l'equità e ridurla se eccessiva. L'omissione di tale prova rende la domanda inammissibile.
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Prova del credito: onere e limiti nel giudizio di merito
Una società consortile ricorre in Cassazione dopo il rigetto di una sua ingente pretesa creditoria per contributi consortili nell'ambito di una procedura di amministrazione straordinaria. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione delle prove, come le scritture contabili, spetta esclusivamente al giudice di merito. La sentenza sottolinea i rigidi limiti del giudizio di legittimità e l'importanza di fornire una rigorosa prova del credito.
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Leasing traslativo: regole pre-fallimento e clausole
Una società di leasing ha richiesto l'ammissione al passivo fallimentare per canoni insoluti derivanti da un contratto di leasing traslativo risolto prima del fallimento. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che in tali casi si applica l'art. 1526 c.c. e non la legge fallimentare, e ha sottolineato l'onere del creditore di provare gli elementi per la valutazione delle clausole penali.
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Leasing traslativo e fallimento: le regole applicabili
Una società di leasing ha richiesto l'ammissione al passivo del fallimento di un'azienda sua cliente per canoni non pagati, relativi a un contratto di leasing traslativo risolto prima della dichiarazione di fallimento. Il tribunale aveva respinto la domanda, applicando la disciplina della vendita con riserva di proprietà (art. 1526 c.c.). La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso della società di leasing, confermando che per i contratti risolti prima dell'entrata in vigore della L. 124/2017, si applica l'art. 1526 c.c. e non la nuova normativa, che non è retroattiva. La Corte ha inoltre precisato l'onere della prova a carico del concedente che intende far valere una clausola penale.
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