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Diritto Commerciale

Errore di fatto revocatorio: quando è inammissibile
Un'impresa edile ha richiesto la revocazione di una sentenza della Corte di Cassazione relativa a un contratto di appalto pubblico, lamentando un errore di fatto revocatorio. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo la differenza tra un errore di percezione (revocatorio) e un errore di valutazione o interpretazione (errore di giudizio), che non consente la revocazione. Il caso conferma che la valutazione sul corretto adempimento contrattuale è una questione di merito, non sindacabile in sede di legittimità tramite revocazione.
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Recesso per giusta causa: quando è inammissibile?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un agente che aveva invocato il recesso per giusta causa a seguito dell'invio non autorizzato di una mail alla sua clientela da parte della banca preponente. La Corte ha ribadito che la valutazione dei fatti che costituiscono giusta causa è di competenza esclusiva dei giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità se la motivazione è congrua, soprattutto in presenza di una "doppia conforme" delle sentenze di primo e secondo grado.
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Surplus concordatario e continuità: le regole
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22169/2024, ha stabilito che il surplus concordatario generato dalla continuità aziendale non è assimilabile a finanza esterna. Pertanto, tale surplus non può essere distribuito liberamente ai creditori chirografari se prima non sono stati integralmente soddisfatti i creditori privilegiati, in ossequio al principio della "absolute priority rule" e all'ordine delle cause di prelazione.
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Motivazione apparente: la Cassazione cassa la sentenza
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d'Appello per vizio di motivazione apparente. Il caso riguardava l'impugnazione di un lodo arbitrale in materia di affitto d'azienda. I giudici di secondo grado non avevano risposto in modo specifico alla censura secondo cui l'arbitro aveva deciso oltre i limiti del mandato conferitogli. La Suprema Corte ha chiarito che una risposta generica e non pertinente ai motivi di gravame equivale a un'omessa motivazione, determinando la nullità della pronuncia.
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Giusta causa di recesso: quando l’agente può usarla
Un promotore finanziario ha invocato la giusta causa di recesso dal contratto di agenzia con una banca, lamentando inadempimenti a seguito di un'operazione societaria. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni di merito. Ha precisato che, sebbene l'istituto si applichi all'agenzia, la valutazione della gravità è più rigorosa e l'agente non ha fornito prove sufficienti di un inadempimento grave da parte della banca preponente.
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Patto di non concorrenza: la forma scritta è derogabile
Una società ha contestato il pagamento di un'indennità per patto di non concorrenza al suo ex agente, sostenendo che un accordo tacito di risoluzione anticipata del contratto fosse invalido perché il contratto stesso richiedeva modifiche scritte. La Corte di Cassazione ha respinto tale tesi, affermando che la forma scritta convenzionale per le modifiche può essere derogata tacitamente dalle parti. Di conseguenza, il patto di non concorrenza rimane efficace. Il caso è stato rinviato per ricalcolare l'importo dell'indennità, poiché era stato erroneamente trascurato il fatto che l'agente avesse fornito prove del suo status di monomandatario.
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Legittimazione passiva ente ponte: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'ente ponte, creato nel contesto di una risoluzione bancaria, non possiede la legittimazione passiva per rispondere delle pretese risarcitorie avanzate dagli azionisti della banca originaria. La decisione si fonda sulla necessità di garantire la stabilità finanziaria del nuovo istituto, trasferendogli solo le passività esplicitamente previste nel provvedimento di cessione e non oneri pregressi e incerti. Le pretese degli azionisti, pertanto, devono essere rivolte verso l'ente originario posto in liquidazione.
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Nullità del contratto per corruzione: Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del curatore fallimentare di una società fornitrice di apparecchiature mediche. La Corte d'Appello aveva dichiarato la nullità del contratto per corruzione, basandosi su una condanna penale definitiva a carico di un consulente della società. La Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando che il ricorrente non aveva impugnato una delle ragioni autonome della sentenza d'appello, ovvero il rilievo d'ufficio della nullità da parte del giudice, rendendo così l'intero ricorso inammissibile.
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Istanza di fallimento: quando l’Agenzia può agire?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la richiesta di definizione agevolata dei debiti fiscali (rottamazione) non impedisce all'Agenzia delle Entrate-Riscossione di presentare un'istanza di fallimento. La norma sospende solo le procedure esecutive individuali, non la facoltà di chiedere la declaratoria di insolvenza. Per l'istanza di fallimento è sufficiente l'esistenza di un credito, anche se temporaneamente non esigibile.
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Giudicato esterno: vincolante la precedente sentenza
Una società cooperativa ha citato in giudizio un ex socio per il pagamento di una penale. Il socio si è difeso sostenendo l'esistenza di un giudicato esterno, derivante da una precedente sentenza che aveva già dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore di un collegio arbitrale. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha accolto il ricorso del socio, affermando che la precedente decisione sul difetto di giurisdizione, non impugnata, ha creato un vincolo non più discutibile tra le parti. La Suprema Corte ha chiarito che la devoluzione della controversia ad un arbitrato irrituale non è una questione di competenza, ma di merito, che porta all'improponibilità della domanda giudiziale. Di conseguenza, la sentenza che accerta tale improponibilità ha efficacia di giudicato e impedisce che la stessa domanda possa essere riproposta davanti al giudice ordinario.
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Concessioni demaniali: Cassazione rinvia in pubblica
La Corte di Cassazione, investita di un ricorso del Ministero dell'Economia contro un operatore balneare, ha emesso un'ordinanza interlocutoria con cui rinvia la causa a pubblica udienza. La decisione si fonda sulla complessità e sul rilievo nomofilattico della questione delle concessioni demaniali, soprattutto dopo una recente sentenza della Corte di Giustizia UE che vieta le proroghe automatiche. La Corte ha ritenuto necessario un dibattito pubblico per esaminare le ricadute di tale pronuncia sul diritto nazionale.
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Contributi editoria: requisiti temporali e forma
La Corte di Cassazione ha negato i contributi editoria a una società cooperativa. La decisione si basa sulla mancanza dei requisiti temporali richiesti dalla legge, specificando che il periodo di attività precedente alla trasformazione in cooperativa non può essere conteggiato per raggiungere l'anzianità necessaria. La sentenza sottolinea l'importanza della forma giuridica specifica e del momento in cui il diritto al contributo viene maturato.
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Lavoro socio cooperativa: quando è subordinato?
Una società cooperativa ha contestato la richiesta di ingenti contributi previdenziali da parte dell'Ente Previdenziale, che aveva riqualificato i rapporti con i soci come lavoro subordinato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della cooperativa, confermando la decisione dei giudici di merito. La Corte ha stabilito che, ai fini della classificazione del rapporto di lavoro socio cooperativa, prevalgono le concrete modalità di svolgimento della prestazione rispetto alla qualificazione formale data dalle parti. L'aver inizialmente optato per il regime contributivo dei lavoratori dipendenti costituisce un forte indizio a sfavore della tesi della cooperativa, che non è riuscita a provare la natura autonoma dei rapporti.
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Arbitrato irrituale: i limiti all’impugnazione del lodo
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21994/2024, ha rigettato il ricorso contro una sentenza che confermava la validità di un lodo derivante da un arbitrato irrituale. Il caso riguardava una controversia nata da un contratto di associazione in partecipazione per la gestione di una farmacia. La Corte ha ribadito che il lodo irrituale, avendo natura contrattuale, può essere impugnato solo per vizi della volontà (come l'errore di fatto) e non per errori di diritto o per una errata valutazione delle prove da parte degli arbitri. La decisione sottolinea la stabilità e la quasi inoppugnabilità delle decisioni prese in sede di arbitrato irrituale.
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Giudizio di rinvio: poteri e limiti del giudice
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 30683/2024, chiarisce l'ampiezza dei poteri del giudice nel giudizio di rinvio. In una complessa lite familiare su un accordo transattivo, la Corte ha stabilito che il giudice di rinvio ha piena libertà di riesaminare i fatti, incluso il comportamento della parte che si lamenta dell'inadempimento, non essendo vincolato dalle precedenti valutazioni di merito annullate. La decisione sottolinea che l'accertamento dell'inadempimento non può prescindere dalla valutazione delle sue cause, anche se imputabili al creditore stesso.
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Caparra confirmatoria: recesso e risoluzione alternativi
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 30636/2024, ha respinto il ricorso di un imprenditore che chiedeva il risarcimento danni per la mancata cessione di un'attività commerciale. La Corte ha ribadito un principio fondamentale in materia di caparra confirmatoria: una volta esercitato il diritto di recesso e trattenuta la caparra, non è più possibile agire in giudizio per la risoluzione del contratto. I due rimedi sono alternativi e non cumulabili. L'ordinanza ha inoltre confermato la condanna del ricorrente per lite temeraria.
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Responsabilità solidale: quando cessa per l’azienda?
La Corte di Cassazione chiarisce i limiti della responsabilità solidale in caso di affitto e successiva retrocessione d'azienda. Un lavoratore ha richiesto il pagamento di un'indennità alla società affittuaria per un periodo successivo alla restituzione dell'azienda al proprietario originario, fallito nel frattempo. La Corte ha respinto il ricorso, stabilendo che la responsabilità solidale dell'affittuario non si estende ai crediti maturati dopo la retrocessione, poiché in quel momento la società affittuaria è ormai estranea al rapporto obbligatorio.
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Imputazione pagamento amministratore: la Cassazione
Una società di ristrutturazioni e il suo amministratore unico, anche architetto, hanno citato in giudizio un cliente per un saldo non pagato. Il cliente ha sostenuto di aver pagato parte dell'importo direttamente all'amministratore. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in assenza di prove di un contratto professionale separato, l'imputazione del pagamento all'amministratore deve essere considerata un acconto per la società. L'onere della prova di un credito separato ricade sull'amministratore stesso.
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Patto di famiglia: quando un accordo non lo è?
Una complessa controversia nata da un accordo di riorganizzazione aziendale tra familiari giunge in Cassazione. La questione centrale è se tale accordo debba essere qualificato come patto di famiglia, con la conseguente necessità della forma dell'atto pubblico a pena di nullità. La Corte d'Appello aveva escluso tale qualificazione, ritenendo l'accordo valido. La Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria, data la rilevanza e complessità delle questioni giuridiche sollevate, in particolare sulla natura del patto di famiglia e su una garanzia atipica (fideiussio indemnitatis), ha rimesso la trattazione della causa alla pubblica udienza per un esame più approfondito.
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Revoca concordato: Cassazione conferma il fallimento
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società di costruzioni contro la sentenza che ne aveva dichiarato il fallimento. La decisione si fonda sulla conferma della revoca del concordato preventivo, originariamente disposta per il mancato rispetto dei termini perentori per il deposito della documentazione e per la presenza di un sequestro penale sui beni aziendali. La Corte ha ritenuto sufficiente a sostenere la decisione la mancata decadenza dai termini, rendendo inammissibili le altre censure.
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