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Diritto Civile

Liquidazione compensi avvocato: motivazione obbligatoria

In un caso riguardante la liquidazione dei compensi di un avvocato, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione di una Corte d’Appello che aveva ridotto le somme dovute senza fornire un’adeguata motivazione. La Suprema Corte ha ribadito che il giudice, nel determinare gli onorari, ha l’obbligo di specificare i criteri di calcolo, la tariffa applicata e le ragioni di un’eventuale riduzione. Questa trasparenza è fondamentale per verificare la correttezza del processo logico e il rispetto della disciplina tariffaria, soprattutto in regimi di inderogabilità dei minimi. La causa è stata quindi rinviata per una nuova valutazione.

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Interpretazione contratto transattivo: limiti in Cassazione

Una debitrice si opponeva a un’esecuzione forzata, sostenendo che un precedente accordo avesse estinto il debito. La Corte d’Appello ha limitato l’efficacia dell’accordo a una diversa procedura. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’interpretazione del contratto transattivo è compito del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità se non per vizi specifici, che nel caso di specie non sono stati adeguatamente dimostrati.

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Squilibrio contrattuale: no risarcimento per cattivo affare

Un tifoso cita in giudizio una società sportiva poiché il costo del suo abbonamento stagionale si è rivelato superiore alla somma dei singoli biglietti a seguito di una riduzione dei prezzi. La Corte di Cassazione ha negato il risarcimento, stabilendo che lo squilibrio contrattuale non giustifica l’intervento del giudice se il contratto è stato liberamente concluso. Un “cattivo affare” non è di per sé motivo di tutela legale, salvaguardando così la libertà negoziale delle parti.

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Rimborso spese RSA: no se non si rispetta la lista

La Corte di Cassazione ha negato il rimborso spese RSA a una cittadina che aveva ricoverato la madre in una struttura privata senza attendere lo scorrimento della graduatoria pubblica. La decisione sottolinea che, in assenza di una formale contestazione della valutazione sanitaria iniziale o di una richiesta di rivalutazione per l’aggravarsi delle condizioni, non è possibile scavalcare la lista d’attesa e pretendere il rimborso. Il diritto alla salute deve essere bilanciato con le risorse pubbliche.

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Contratto PA: quando la forma scritta è essenziale

Un privato cittadino fornisce acqua a un Comune anche dopo la scadenza del contratto. Quando l’ente pubblico riduce unilateralmente il compenso, il cittadino fa causa per ottenere il prezzo originario. La Cassazione rigetta la richiesta: in assenza di un contratto PA valido e scritto (rapporto di fatto), l’unica azione possibile è quella per indebito arricchimento, non per l’adempimento di un accordo non più in vigore. La scelta dell’azione legale corretta si rivela decisiva.

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Responsabilità civile PA: obbligo di mezzi non di risultato

Una società agricola ha citato in giudizio un Comune per l’inadempimento di una convenzione relativa alla fornitura di energia per delle serre. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la responsabilità civile della PA non sussiste se l’obbligo assunto era di mezzi (attivarsi presso terzi) e non di risultato (garantire la fornitura). Il ricorso è stato inoltre dichiarato inammissibile per carenza di specificità dei motivi.

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Responsabilità cose in custodia: marciapiede e caduta

Una cittadina inciampa su un marciapiede dissestato e cita in giudizio il Comune. La Corte di Cassazione conferma il rigetto della domanda di risarcimento, attribuendo la colpa dell’incidente alla condotta della danneggiata. La sua familiarità con lo stato dei luoghi e la prevedibilità del pericolo hanno integrato il “caso fortuito”, interrompendo il nesso di causalità e sollevando l’ente dalla responsabilità per le cose in custodia.

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Perdita di chance: ricorso inammissibile in Cassazione

Una farmacista cita in giudizio un Comune per il risarcimento del danno da perdita di chance, derivante da una procedura di vendita di una farmacia viziata da errori amministrativi. La Corte d’Appello aveva respinto la domanda per mancanza di prove. La Corte di Cassazione, con la presente ordinanza, dichiara il ricorso della farmacista inammissibile. La decisione si fonda sulla violazione del principio di specificità dei motivi di ricorso: la ricorrente non ha adeguatamente criticato la ratio decidendi della sentenza d’appello e ha tentato di ottenere un riesame del merito dei fatti, non consentito in sede di legittimità. La Corte sottolinea che per contestare la valutazione delle prove è necessario indicare vizi precisi e non una generica doglianza.

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Prescrizione medici specializzandi: la Cassazione conferma

Un gruppo di medici che si sono specializzati tra il 1984 e il 1995 ha citato in giudizio lo Stato per la mancata remunerazione, come invece previsto dalle direttive UE. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei tribunali di merito, stabilendo che il loro diritto al risarcimento era estinto per prescrizione. La Corte ha ribadito che il termine decennale per la prescrizione dei medici specializzandi è iniziato il 27 ottobre 1999, data in cui una legge specifica ha reso l’inadempimento dello Stato definitivo e azionabile in giudizio. L’incertezza giuridica sulla strategia processuale da adottare non interrompe il decorso della prescrizione.

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Occupazione abusiva: giurisdizione del giudice ordinario

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha risolto un conflitto di giurisdizione tra tribunale ordinario e TAR. Il caso riguardava una richiesta di pagamento per l’occupazione abusiva di un’area demaniale portuale da parte di una società fallita, a seguito della scadenza di una concessione. La Corte ha stabilito che la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, poiché la pretesa dell’ente pubblico non deriva dall’esercizio di poteri autoritativi, ma dalla tutela di un diritto soggettivo di natura patrimoniale, assimilabile a quella di un qualsiasi proprietario.

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Risarcimento danno direttiva: la data del reato conta

In un caso di risarcimento del danno per tardiva attuazione di una direttiva europea a tutela delle vittime di reati violenti, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio cruciale. Il diritto alla rivalutazione monetaria della somma liquidata non decorre dalla data di scadenza del termine per il recepimento della direttiva, ma dal giorno in cui si è verificato il fatto dannoso. Questo perché è in quel momento che il soggetto acquisisce lo status di vittima e sorge il suo diritto al risarcimento, configurandosi come un debito di valore che deve essere adeguato al potere d’acquisto del denaro dal momento del danno fino alla liquidazione finale.

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Responsabilità solidale: chi paga per le infiltrazioni?

Un’ordinanza della Cassazione chiarisce il principio della responsabilità solidale in un caso di danni da infiltrazioni. La Corte ha stabilito che tutti i titolari di diritti reali (nudi proprietari, usufruttuari) sull’immobile da cui origina il danno sono responsabili in solido verso il danneggiato. Il ricorso di uno dei corresponsabili è stato dichiarato inammissibile perché non ha colto la ratio decidendi della sentenza d’appello e ha introdotto tardivamente questioni sulla ripartizione interna della colpa.

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Doppia Assicurazione: Cassazione e oneri probatori

Una società si è vista negare un indennizzo assicurativo per danni da allagamento a causa di una presunta doppia assicurazione. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7335/2025, ha rigettato il ricorso della società, non per il merito della questione, ma per ragioni procedurali. La Corte ha sottolineato l’inammissibilità del ricorso a causa della ‘doppia decisione conforme’ dei giudici di primo e secondo grado e per la mancata specificità dei motivi di appello, ribadendo che la valutazione delle prove è di competenza esclusiva dei giudici di merito.

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Dichiarazioni inesatte assicurazione: quando si perde?

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di negare l’indennizzo a un’azienda a seguito di un incendio. La causa del rigetto risiede nelle dichiarazioni inesatte fornite in fase di stipula della polizza assicurativa, relative a sinistri pregressi. La Suprema Corte ha chiarito che, se il sinistro avviene prima che l’assicuratore scopra la falsità, quest’ultimo può semplicemente rifiutare il pagamento eccependo la violazione, senza dover avviare un’azione legale per l’annullamento del contratto, a condizione che le dichiarazioni inesatte dell’assicurato siano state rese con dolo o colpa grave.

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Anatocismo bancario: decorrenza del divieto chiarita

Con un’ordinanza di correzione di errore materiale, la Corte di Cassazione ha stabilito che il divieto di anatocismo bancario, introdotto dalla Legge n. 147/2013, decorre dal 1° gennaio 2014. L’ordinanza corregge una precedente sentenza che indicava erroneamente la data del 1° dicembre 2014, confermando l’immediata applicabilità della norma a prescindere dall’emanazione della successiva delibera del CICR.

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Improcedibilità del ricorso: errore formale fatale

La Corte di Cassazione dichiara l’improcedibilità del ricorso di un’assicurata contro una compagnia assicurativa a causa del mancato deposito della relazione di notificazione della sentenza impugnata, attestata conforme all’originale. La Corte sottolinea che tale onere processuale non è sanabile oltre la prima udienza di trattazione e che tale rigore è compatibile con i principi della Corte Europea dei Diritti Umani, dato che la parte ha avuto quasi tre anni per adempiere.

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Contratto a favore di terzo: No al reintegro

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di alcuni lavoratori licenziati da una società cessionaria che chiedevano il reintegro presso la società cedente originaria. La Corte ha qualificato l’accordo sindacale alla base della cessione come un contratto a favore di terzo, stabilendo che l’inadempimento dell’obbligo di garantire l’occupazione da parte della cedente può dar luogo solo a un risarcimento del danno e non a una reintegrazione in forma specifica, pretesa peraltro non formulata dai lavoratori. Di conseguenza, il ricorso principale è stato respinto.

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Risarcimento in forma specifica: limiti e obblighi

Un lavoratore, licenziato da un’azienda subentrante, ha citato in giudizio l’impresa originaria chiedendo la reintegrazione sulla base di un vecchio accordo di garanzia occupazionale. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, chiarendo che quando un’azienda si impegna a garantire che un terzo mantenga l’occupazione, la violazione di tale patto non consente un risarcimento in forma specifica (come la reintegrazione), ma solo un risarcimento monetario. La sentenza distingue nettamente tra l’obbligo di garantire l’azione di un terzo e l’obbligo di agire direttamente.

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Contestazione compenso avvocato: il calcolo finale

Un legale ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione dopo che la Corte d’Appello aveva significativamente ridotto i suoi onorari professionali. La riduzione era stata motivata dall’esito negativo delle prestazioni legali fornite e dalla contestazione del compenso da parte degli eredi del cliente. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, confermando che anche una contestazione generica da parte del cliente è sufficiente a innescare una rivalutazione giudiziale della parcella. Il giudice può quindi ridurla fino ai minimi tariffari, specialmente se il lavoro del professionista non ha portato ai risultati sperati.

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Equo compenso avvocati: non è retroattivo

Un avvocato ha richiesto il pagamento dei suoi compensi a un istituto di credito, che si è opposto invocando accordi tariffari. La Corte di Cassazione ha stabilito due principi chiave: primo, l’accordo sul compenso deve essere provato per iscritto e non può desumersi dalla mancata contestazione; secondo, la normativa sull’equo compenso avvocati (art. 13 bis L. 247/2012) non è retroattiva e si applica solo alle prestazioni successive al 1° gennaio 2018.

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