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Diritto Bancario

Sanzioni amministrative bancarie: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di alcuni ex-amministratori e sindaci di un istituto finanziario, confermando le sanzioni amministrative bancarie irrogate dall'Autorità di Vigilanza. L'ordinanza chiarisce la piena cognizione del giudice nel determinare l'entità della sanzione e sottolinea la responsabilità solidale degli organi di controllo per violazioni omissive e permanenti, anche in caso di diversa durata degli incarichi.
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Sanzioni short selling: la Cassazione e la lex mitior
Una società di investimento ha impugnato una sanzione di 550.000 euro per violazione delle normative europee sullo short selling. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la multa. La Corte ha stabilito l'inammissibilità delle censure non sollevate nel giudizio di primo grado e ha precisato che, sebbene il principio della lex mitior sia applicabile alle sanzioni amministrative punitive, spetta al ricorrente dimostrare che la nuova normativa avrebbe comportato un trattamento più favorevole. La decisione rafforza l'onere di diligenza per gli operatori professionali e i limiti procedurali dell'appello.
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Sanzioni amministrative: Cassazione su favor rei
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di alcuni ex amministratori di una banca di credito cooperativo contro le sanzioni amministrative pecuniarie inflitte dalla Banca d'Italia per carenze organizzative e di controllo. I ricorrenti lamentavano la violazione di vari principi, tra cui il favor rei per una legge sopravvenuta più mite, la tardività del procedimento e la genericità delle accuse. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che le sanzioni amministrative in questione non hanno natura punitiva e, pertanto, non è applicabile il principio del favor rei. Ha inoltre chiarito la corretta decorrenza dei termini procedurali e ribadito l'onere della prova a carico di chi invoca un'esimente.
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Sanzioni bancarie: irretroattività e giusto processo
Un consigliere di amministrazione di un primario istituto di credito ha impugnato una sanzione pecuniaria inflitta dall'Autorità di Vigilanza Bancaria per violazioni in materia di politiche di remunerazione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le sanzioni bancarie e chiarendo importanti principi. In particolare, ha stabilito che la "riproposizione" del giudizio non ne determina l'inizio ex novo, impedendo l'applicazione di nuove norme procedurali. Ha inoltre escluso l'applicazione del principio della legge più favorevole (favor rei) a illeciti amministrativi commessi prima dell'entrata in vigore della nuova normativa.
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Restituzione indebito: la buona fede salva dagli interessi
La Corte di Cassazione ha stabilito che chi riceve un pagamento non dovuto (accipiens) in buona fede non è tenuto a versare gli interessi dal giorno del pagamento, ma solo dalla data della domanda giudiziale. Nel caso esaminato, una banca aveva ricevuto somme da una società in amministrazione straordinaria, poi rivelatesi non dovute. Avendo restituito il capitale prima della notifica dell'atto di citazione e non essendo stata provata la sua malafede al momento della ricezione, la Corte ha rigettato la richiesta di interessi avanzata dalla procedura. La valutazione della buona fede, essendo un accertamento di fatto, non è sindacabile in sede di legittimità. Questo principio è centrale nella disciplina della restituzione indebito.
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Esenzione revocatoria: si applica anche all’ordinaria?
Una banca si opponeva alla revoca di un'ipoteca concessa da un'azienda poi fallita, sostenendo la validità di un piano di risanamento. Il tribunale respingeva l'opposizione, ma la Cassazione ha annullato tale decisione. La Suprema Corte ha stabilito che l'esenzione revocatoria prevista dalla legge fallimentare per gli atti eseguiti in base a un piano attestato si estende anche all'azione revocatoria ordinaria, correggendo l'interpretazione restrittiva del giudice di merito.
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Azione revocatoria ipoteca: la Cassazione decide
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un fallimento contro una banca, riguardante un'azione revocatoria ipoteca. Il caso verteva sulla garanzia concessa da un socio sui propri beni per un finanziamento alla società. La Corte ha confermato che l'ipoteca, se contestuale al credito, è un atto oneroso. Ha inoltre ribadito che la prova del pregiudizio per i creditori e della consapevolezza della banca spetta al curatore, e che la valutazione dei fatti è di competenza esclusiva dei giudici di merito.
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Scientia decoctionis: la conoscenza della banca
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una banca contro la revoca di un pegno. La Corte ha confermato che la scientia decoctionis, ovvero la conoscenza dello stato di insolvenza del debitore da parte della banca, può essere provata tramite presunzioni basate su indizi gravi, precisi e concordanti, come i dati di bilancio. È stata sottolineata la maggiore diligenza richiesta a un operatore professionale come un istituto di credito nel valutare i segnali di crisi del debitore.
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Ipoteca contestuale: quando è onerosa e non revocabile
La curatela fallimentare di una società contestava l'ammissione al passivo di un credito bancario garantito da ipoteca, sostenendo che si trattasse di un atto gratuito e quindi revocabile. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: l'ipoteca contestuale all'erogazione di un finanziamento costituisce un atto a titolo oneroso. La Corte ha sottolineato che il proprio ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di garantire la corretta applicazione della legge.
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Scientia decoctionis: prova e onere nella revocatoria
Un'ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione riesamina il concetto di scientia decoctionis in un caso di azione revocatoria fallimentare. La controversia nasce dall'opposizione di un istituto di credito all'esclusione di un suo credito milionario, derivante da contratti derivati, dal passivo di una grande società alimentare in amministrazione straordinaria. La Corte d'Appello aveva riformato la decisione di primo grado, negando la sussistenza della scientia decoctionis in capo alla banca. La Cassazione, tuttavia, ha ritenuto che la questione della prova per presunzioni della conoscenza dello stato di insolvenza meriti un approfondimento in pubblica udienza, rinviando la decisione finale.
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Azione revocatoria: onere della prova del curatore
Una banca si è vista revocare una garanzia ipotecaria dal curatore fallimentare di una società debitrice. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che nell'azione revocatoria spetta sempre al curatore l'onere di provare l'effettivo pregiudizio per gli altri creditori (eventus damni). Non è sufficiente affermare che la concessione di un'ipoteca per un debito preesistente costituisca di per sé un danno, ma occorre dimostrare l'esistenza di altri creditori anteriori e la concreta diminuzione delle loro possibilità di soddisfarsi.
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Obbligo di segnalazione: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20848/2024, ha chiarito la portata dell'obbligo di segnalazione antiriciclaggio. Il caso riguardava sanzioni a una banca per omesse segnalazioni di operazioni sospette. La Suprema Corte ha annullato la decisione d'appello, affermando che l'obbligo di segnalazione si fonda su un giudizio oggettivo di anomalia e non richiede la certezza di un reato presupposto. La valutazione soggettiva dell'operatore bancario o l'esito di un procedimento penale non sono decisivi.
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Fideiussione consumatore: competenza territoriale
La Corte di Cassazione ha stabilito che la qualifica di 'consumatore' per un garante (fideiussore) deve essere valutata autonomamente rispetto al contratto principale. Nel caso di una fideiussione per un leasing aziendale, un professionista che agisce per scopi personali e familiari è considerato consumatore, con diritto al foro di competenza della propria residenza. Tale competenza, però, non si estende agli altri co-debitori (l'azienda e il garante-amministratore), per i quali resta valido il foro contrattualmente pattuito.
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Revocatoria fallimentare: mutuo per debito pregresso
Una banca ha concesso un mutuo ipotecario a una società per coprire un debito preesistente non garantito. Dopo il fallimento della società, il Tribunale ha accolto l'eccezione del curatore, sottoponendo la garanzia a revocatoria fallimentare e ammettendo il credito solo in via chirografaria. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso della banca in quanto volto a un riesame del merito e non alla denuncia di un'omissione di un fatto decisivo.
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Azione revocatoria ordinaria: la prova del danno
Un istituto di credito aveva concesso un mutuo fondiario a una società, poi fallita, per estinguere un debito chirografario preesistente. Il tribunale aveva revocato l'ipoteca, ritenendola una garanzia per debito preesistente lesiva della par condicio creditorum. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha cassato la decisione, specificando che per l'azione revocatoria ordinaria non basta dimostrare la trasformazione del credito da chirografario a privilegiato. Il curatore fallimentare ha l'onere di provare il concreto pregiudizio, ovvero che il patrimonio residuo del debitore è diventato insufficiente a soddisfare gli altri creditori a seguito dell'atto. La Corte ha inoltre stabilito che, in caso di nullità della clausola sugli interessi per indeterminatezza, non si azzerano gli interessi ma si applica il tasso sostitutivo previsto dall'art. 117 TUB.
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Responsabilità del preponente: banca paga per il dipendente
Una risparmiatrice ha citato in giudizio un istituto di credito e un suo dipendente per la restituzione di ingenti somme di denaro che aveva affidato a quest'ultimo e che erano state indebitamente sottratte. La Corte di Cassazione, riformando la decisione di merito, ha affermato la responsabilità del preponente (la banca) per il fatto illecito del proprio dipendente. Ha chiarito che la responsabilità sussiste quando le mansioni lavorative, anche indirettamente, hanno agevolato o reso possibile l'illecito, a prescindere dal fatto che il dipendente abbia agito per fini personali e al di fuori dei suoi compiti specifici.
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Revoca finanziamento: il credito sopravvive chirografo
Una banca concede un nuovo finanziamento garantito da ipoteca a una società, che utilizza i fondi per estinguere precedenti debiti non garantiti verso la stessa banca. In seguito al fallimento della società, l'operazione viene revocata. La Corte di Cassazione chiarisce che, sebbene la garanzia ipotecaria sia inefficace, il credito derivante dal finanziamento effettivamente erogato deve essere ammesso al passivo fallimentare come credito chirografario.
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Clausola penale leasing: la Cassazione fissa i limiti
La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla legittimità di una clausola penale leasing in caso di risoluzione contrattuale. Pur rigettando la tesi del patto commissorio vietato, la Corte ha accolto il ricorso relativo all'eccessiva onerosità della penale. È stato stabilito che il concedente non può differire indefinitamente la vendita del bene restituito, poiché ciò comporterebbe un'indebita locupletazione. Il giudice deve garantire che il valore di mercato del bene venga detratto a favore dell'utilizzatore per riequilibrare il sinallagma contrattuale.
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Revocatoria fallimentare: quando l’operazione è valida
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di revocatoria fallimentare riguardante un'operazione di finanziamento contestata. La curatela sosteneva che un nuovo finanziamento garantito fosse stato concesso solo per estinguere un precedente debito chirografario verso una banca collegata, danneggiando gli altri creditori. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale. La motivazione principale si basa su un principio processuale: il ricorso non ha efficacemente contestato la prima ratio decidendi della sentenza, ovvero la mancata prova di un accordo fraudolento a tre. Poiché questa motivazione era sufficiente a sostenere la decisione, le censure sulle altre motivazioni sono diventate irrilevanti.
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Azione revocatoria fallimentare: onere della prova
Una società di gestione crediti ricorre in Cassazione contro una decisione che negava il privilegio ipotecario su un credito, a seguito di un'azione revocatoria del curatore fallimentare. La Suprema Corte, accogliendo parzialmente il ricorso, stabilisce che nell'azione revocatoria fallimentare l'onere di provare il danno ai creditori (eventus damni) spetta interamente al curatore. Quest'ultimo deve dimostrare la consistenza dei crediti preesistenti e l'impatto negativo dell'atto contestato sul patrimonio del debitore. La sentenza di merito viene cassata per aver erroneamente invertito tale onere probatorio.
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