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Diritto Fallimentare

Privilegio garanzia pubblica: esteso anche ai crediti SACE

La Corte di Cassazione ha stabilito che il privilegio garanzia pubblica, previsto dal D.Lgs. 123/1998, si estende anche ai crediti vantati da un ente garante a seguito dell’escussione di una garanzia su un finanziamento a un’impresa, poi fallita. La Corte ha riformato la decisione del tribunale di merito, che aveva negato il privilegio ritenendo che si applicasse solo a erogazioni dirette di denaro. Secondo i giudici di legittimità, la finalità pubblicistica di sostegno alle imprese giustifica un’interpretazione estensiva della norma, includendo anche le garanzie tra le forme di ‘finanziamento’ tutelate.

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Mutuo solutorio: la Cassazione rinvia alle Sezioni Unite

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria, ha sospeso la decisione su un caso riguardante la validità di un mutuo solutorio, ovvero un finanziamento concesso per estinguere debiti pregressi. Riconoscendo la particolare importanza della questione, già rimessa a un organo superiore, la Corte ha rinviato il giudizio in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite, che fornirà un indirizzo definitivo sulla materia.

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Mantenimento del fallito: quando si perde il diritto

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di alcuni soci falliti che chiedevano di trattenere una quota dei loro redditi per il proprio mantenimento. La decisione si fonda sul fatto che i ricorrenti non hanno contestato una delle motivazioni autonome e sufficienti della sentenza impugnata, ovvero la mancata prova della loro effettiva necessità di disporre di tali somme, avendo il giudice di merito accertato la disponibilità di altre fonti di reddito familiare. La Suprema Corte ha ribadito che, in assenza di tale prova, è legittimo destinare l’intero reddito del fallito alla massa dei creditori. La parola_chiave centrale è mantenimento del fallito.

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Diritto d'ipoteca e fallimento: cosa sapere

Un istituto di credito ha tentato di insinuarsi nel passivo fallimentare di una società che aveva concesso un’ipoteca a garanzia di un debito di un’altra impresa. I giudici di merito hanno respinto la richiesta ritenendo nulle le ipoteche. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha annullato la decisione precedente senza rinvio, stabilendo che la procedura corretta non è l’insinuazione al passivo, ma l’intervento nella fase di ripartizione del ricavato dalla vendita del bene. La questione centrale è quindi procedurale: il creditore con un diritto d’ipoteca su un bene di un terzo fallito deve attendere la liquidazione dell’attivo per far valere la propria garanzia.

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Giudicato implicito: i vincoli del giudice del rinvio

Un lavoratore si è visto riconoscere solo parzialmente un’indennità per lavoro nocivo. La Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo che il tribunale, in sede di rinvio, era vincolato dal principio del giudicato implicito formatosi in una precedente fase del processo. La qualifica del lavoratore e la natura della sua prestazione erano ormai fatti non contestati e non potevano essere nuovamente messi in discussione.

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Chiamata in causa: salva la domanda errata

Un fallimento ha citato in giudizio una banca per un contratto di leasing, ma la banca non era più titolare del rapporto. L’attore ha quindi effettuato una chiamata in causa della società corretta. La Cassazione ha stabilito che la chiamata in causa sana il difetto iniziale, creando un litisconsorzio processuale passivo e rendendo la domanda procedibile contro entrambi i soggetti, rigettando il ricorso.

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Pignoramento presso terzi: pagamento inefficace

Una società fiduciaria, a cui era stato ordinato di pagare un creditore (Creditore A) tramite un’ordinanza di assegnazione, ha ricevuto una successiva notifica di pignoramento da un creditore del Creditore A (Creditore B). Nonostante la notifica, la società ha pagato il Creditore A. La Corte di Cassazione ha confermato che tale pagamento è inefficace nei confronti del Creditore B. Il caso chiarisce gli obblighi derivanti da un pignoramento presso terzi, stabilendo che il terzo pignorato deve trattenere le somme per il nuovo creditore pignorante, secondo l’articolo 2917 del codice civile.

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Ricorso per cassazione: inammissibile se non è chiaro

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società fallita contro una decisione in materia di esecuzione immobiliare. Il motivo principale è la violazione dei principi di chiarezza e autosufficienza del ricorso per cassazione, in quanto l’atto presentato era confuso e non permetteva alla Corte di comprendere i fatti di causa senza consultare altri documenti. La sentenza ribadisce che l’appello deve essere redatto in modo chiaro e conciso, pena la sua inammissibilità.

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Competenza territoriale fallimento: la Cassazione ordina

Una società dichiarata fallita contesta la competenza territoriale del tribunale, sostenendo che la sua sede effettiva si trovi altrove. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, sospende la decisione e dispone l’acquisizione di tutti i documenti dei gradi precedenti per poter valutare nel merito la questione della competenza territoriale fallimento, in quanto su tale punto agisce come giudice del fatto.

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Nullità atti notarili: il caso del complesso residenziale

La Corte di Cassazione esamina un caso di nullità atti notarili relativi ad aree pertinenziali di un complesso residenziale. Una società immobiliare ha impugnato le sentenze di merito che avevano annullato la vendita, effettuata dal commissario di una cooperativa in liquidazione, per difetto di potere e autorizzazioni. La Suprema Corte, ravvisando questioni di particolare importanza giuridica, tra cui l’efficacia del giudicato e l’esecuzione di un concordato fallimentare, ha rinviato la causa a pubblica udienza per una trattazione approfondita, senza emettere una decisione finale.

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Credito di regresso fideiussore: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha chiarito che il credito di regresso del fideiussore sorge solo con l’integrale pagamento del debito principale. Di conseguenza, il fideiussore non può chiedere l’ammissione al passivo del debitore fallito con riserva prima di aver effettuato tale pagamento, poiché il suo credito non è ancora giuridicamente esistente. La sentenza analizza l’evoluzione giurisprudenziale sul tema, consolidando l’orientamento secondo cui il pagamento è un elemento costitutivo del diritto di regresso e non una mera condizione di esigibilità.

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Compenso avvocato concordato: come si calcola?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un avvocato riguardo al suo compenso professionale per un concordato preventivo non concluso. La Corte ha stabilito che la riduzione del compenso operata dal tribunale di merito, basata sull’interpretazione del mandato come comprensivo dell’intera procedura, costituisce un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità. Per le attività accessorie non specificate nel contratto, il compenso va liquidato secondo i parametri ministeriali.

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Rinuncia al ricorso: niente doppio contributo unificato

Un professionista ha presentato ricorso in Cassazione contro una procedura fallimentare riguardo al riconoscimento di un suo credito. Successivamente, ha effettuato una rinuncia al ricorso a seguito di un accordo. La Corte ha dichiarato estinto il giudizio, specificando che in caso di rinuncia al ricorso non è dovuto il pagamento del doppio contributo unificato, poiché tale misura si applica solo in casi di rigetto o inammissibilità.

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Prova del credito professionale nel fallimento: il caso

Un professionista si è visto negare l’ammissione al passivo fallimentare di un suo credito per prestazioni professionali. Nonostante la presenza di un contratto, i giudici hanno ritenuto insufficiente la prova del credito professionale, ovvero la dimostrazione dell’effettivo svolgimento dell’attività. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso poiché volto a un riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità.

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Riconoscimento di debito: opponibile al fallimento?

La Corte di Cassazione stabilisce che il riconoscimento di debito, se dotato di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, è opponibile alla massa dei creditori. Questa decisione ribalta un precedente orientamento, affermando che tale atto fa presumere l’esistenza del debito e inverte l’onere della prova, che ricade sul curatore fallimentare. Il caso riguardava la richiesta di ammissione al passivo di un credito professionale, inizialmente respinta dal Tribunale proprio sulla base della presunta inopponibilità dell’atto di riconoscimento.

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Liquidazione Giudiziale: Quando il Debito è Certo

Una società contesta la propria liquidazione giudiziale, sostenendo l’inesistenza di un debito e l’assenza di insolvenza. La Corte d’Appello respinge il reclamo, evidenziando che la maggior parte dei debiti era stata confermata da sentenze definitive e non più discutibili. Lo stato di insolvenza è stato confermato da numerosi indici, tra cui ingenti debiti non pagati, patrimonio netto negativo e mancanza di liquidità, rendendo la liquidazione giudiziale inevitabile.

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Competenza territoriale liquidazione: il COMI e la sede

Una sentenza della Corte d’Appello di Roma chiarisce i criteri per la determinazione della competenza territoriale liquidazione. Il caso riguardava una società con sede legale a Roma e centro operativo a Novara. La Corte ha rigettato il reclamo contro la dichiarazione di liquidazione, stabilendo che, a seguito della chiusura della sede operativa, la presunzione di coincidenza del Centro degli Interessi Principali (COMI) con la sede legale non era stata superata, confermando così la competenza del Tribunale di Roma e lo stato di insolvenza della società.

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Bancarotta per distrazione: compenso non deliberato

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta per distrazione a carico di un amministratore che aveva prelevato somme dalle casse sociali a titolo di compenso. La Corte stabilisce che, in assenza di una previsione statutaria o di una delibera assembleare, tale prelievo costituisce distrazione di beni sociali e non un pagamento preferenziale. La sentenza ribadisce che l'”autoliquidazione” del compenso da parte dell’amministratore è illegittima.

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Nullità del contratto: vendita senza permessi edili

La Corte di Cassazione ha confermato la nullità del contratto di compravendita di un immobile privo delle autorizzazioni urbanistiche. Anche se nel rogito erano menzionate le domande di sanatoria, la mancata allegazione delle stesse, come richiesto dalla legge, ha reso l’atto invalido. Di conseguenza, il credito del venditore per il prezzo residuo è stato ritenuto inesistente nell’ambito del fallimento dell’acquirente. La Corte ha ribadito che la nullità per vizi urbanistici è di tipo ‘testuale’ e non ammette deroghe alle formalità prescritte.

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Concordato Fallimentare: Quando è valido l'accordo

La Corte di Cassazione ha confermato la validità di un concordato fallimentare approvato nonostante l’assenza di una perizia di stima. La Corte ha stabilito che gli accordi privati tra la società proponente e i creditori ipotecari, che accettavano un soddisfacimento parziale, sono legittimi, soprattutto a fronte di un’approvazione unanime della proposta. È stato inoltre respinto il ricorso basato su un presunto abuso del diritto, in quanto la valutazione di convenienza economica del concordato rispetto alla liquidazione è un’analisi di merito non sindacabile in sede di legittimità.

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