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Diritto Penale

Ricorso inammissibile: estorsione e metodo mafioso
La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro un'ordinanza che confermava la custodia cautelare in carcere per un indagato accusato di estorsione aggravata dal metodo mafioso. La Corte ha ritenuto che il ruolo dell'indagato fosse parte integrante del piano criminoso e non un'azione marginale, respingendo gli altri motivi del ricorso come ripetitivi o infondati e confermando la misura detentiva in virtù della gravità del reato e dei precedenti dell'imputato.
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Revoca messa alla prova: quando è diniego e non revoca
Un imputato ha impugnato in Cassazione la 'revoca della messa alla prova', motivata dal giudice sulla base di precedenti penali. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo un punto procedurale cruciale: il provvedimento impugnato non era una revoca di una misura già concessa, bensì un diniego iniziale di ammissione all'istituto. La Corte ha stabilito che, a differenza del provvedimento che concede la messa alla prova, l'ordinanza di diniego non è immediatamente ricorribile, ma può essere impugnata solo unitamente alla sentenza di primo grado.
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Bancarotta preferenziale: pagamenti e compensazioni
Un imprenditore viene condannato per bancarotta preferenziale per aver pagato un creditore tramite compensazione e restituzione di caparre, poco prima del fallimento. La Cassazione ha confermato la condanna, rigettando la tesi difensiva della continuità aziendale e chiarendo che tali pagamenti, se effettuati in stato di insolvenza, violano la par condicio creditorum e integrano il reato.
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Contestazione supplettiva: quando è valida in giudizio
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di primo grado, chiarendo i termini per la contestazione supplettiva. In un caso di furto di energia, un Tribunale aveva respinto una modifica dell'accusa perché effettuata prima dell'apertura formale del dibattimento, dichiarando l'improcedibilità per mancanza di querela. La Cassazione ha stabilito che la contestazione supplettiva è legittima in qualsiasi fase del dibattimento, purché siano garantiti i diritti della difesa. La modifica, introducendo un'aggravante, rendeva il reato procedibile d'ufficio, sanando la questione.
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Contestazione supplettiva: quando è valida in dibattimento
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di non doversi procedere per furto di energia elettrica. Il caso verteva sulla validità di una contestazione supplettiva dell'aggravante della destinazione a pubblico servizio, mossa dal PM prima dell'apertura formale del dibattimento. La Corte ha stabilito che tale contestazione è legittima e rende il reato procedibile d'ufficio, superando la necessità della querela.
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Contestazione supplettiva: quando è valida nel processo
In un caso di furto di energia elettrica, un tribunale aveva dichiarato il non doversi procedere per mancanza di querela, ritenendo inefficace una contestazione supplettiva del PM perché effettuata prima dell'apertura formale del dibattimento. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che la contestazione supplettiva è legittima anche in quella fase. La Corte ha chiarito che l'aggiunta dell'aggravante della destinazione a pubblico servizio, che rende il reato procedibile d'ufficio, era stata ritualmente effettuata, e il tribunale avrebbe dovuto tenerne conto.
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Reato continuato: la Cassazione annulla con rinvio
La Corte di Cassazione ha annullato un'ordinanza della Corte d'Appello che aveva negato l'applicazione del reato continuato a un furto commesso in una località diversa dagli altri. La Suprema Corte ha stabilito che la distanza geografica da sola non basta a escludere un unico disegno criminoso e ha censurato la mancata motivazione specifica sull'aumento di pena per i reati satellite. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.
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Recidiva e affidamento in prova: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27665/2024, ha chiarito un punto cruciale in tema di recidiva. Un soggetto condannato per possesso di armi e droga contestava l'applicazione della recidiva, poiché la pena precedente era stata estinta a seguito di affidamento in prova. La Corte ha respinto il ricorso, stabilendo che se il nuovo reato è commesso prima della dichiarazione di estinzione della pena precedente, la recidiva si applica. L'estinzione degli effetti penali opera solo per il futuro.
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Risparmio di spesa e reato: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la questione sulla qualificazione giuridica del cosiddetto 'risparmio di spesa'. Il caso riguarda un'impresa che ha ottenuto sgravi contributivi per l'assunzione di lavoratori in mobilità, omettendo di comunicare all'INPS l'esistenza di un collegamento societario ostativo al beneficio. La Corte d'Appello aveva qualificato il fatto come indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.). La Cassazione dubita che un mancato versamento di somme dovute possa equivalere a una 'percezione' di una 'erogazione' e chiede alle Sezioni Unite di chiarire se il risparmio di spesa rientri in tale fattispecie e, in caso affermativo, se il reato si configuri come unico a consumazione prolungata o come una pluralità di illeciti.
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Recidiva reiterata e spaccio: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, escludendo l'ipotesi di minore gravità del fatto e ritenendo correttamente applicata l'aggravante della recidiva reiterata. La decisione si fonda sulla vastità dell'attività illecita, assimilabile a una 'centrale dello spaccio', e sulla manifesta pericolosità sociale del reo, già inserito in circuiti criminali e recidivo per reati della stessa indole.
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Fatto di minore gravità: non basta la poca droga
Un detenuto, durante un permesso di lavoro esterno, ha tentato di introdurre in carcere hashish e cocaina. Ha impugnato la condanna sostenendo che si trattasse di un fatto di minore gravità, data la modesta quantità. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la valutazione del fatto di minore gravità non può basarsi solo sul dato quantitativo. È necessario un apprezzamento complessivo che includa le modalità dell'azione e il contesto, in questo caso l'abuso di un beneficio e la pericolosità dell'introduzione di droghe in un istituto penitenziario.
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Presunzione cautelare e mafia: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato detenuto per associazione mafiosa. La Corte ha confermato che la forte presunzione cautelare prevista per tali reati non è superata dal semplice passaggio del tempo o da elementi non decisivi, specialmente in presenza di una condanna non definitiva.
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Motivazione rafforzata: la Cassazione chiarisce
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro la custodia cautelare. La sentenza sottolinea la necessità di una motivazione rafforzata da parte del Tribunale del riesame quando ribalta una decisione del GIP favorevole all'indagato, confermando la correttezza della valutazione nel caso di specie per reati di estorsione aggravata e trasferimento fraudolento di valori.
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Sorveglianza speciale: limiti al ricorso in Cassazione
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una misura di sorveglianza speciale. La decisione si fonda sulla palese sproporzione tra il reddito dichiarato e il tenore di vita, considerata prova sufficiente di proventi illeciti. Viene inoltre chiarito che la valutazione sull'attualità della pericolosità va riferita al momento dell'applicazione della misura e non al successivo giudizio di impugnazione. Il ricorso in Cassazione per tali misure è limitato alla sola violazione di legge.
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Confisca di prevenzione: i limiti per il terzo
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi contro un provvedimento di sorveglianza speciale e confisca di prevenzione. La sentenza ribadisce i criteri per accertare la pericolosità sociale del proposto e sottolinea che il terzo intestatario di beni non può giustificarne l'acquisto con proventi da evasione fiscale, confermando la legittimità della misura ablativa quando manca la prova di una lecita provenienza del tutto estranea alle attività del proposto.
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Pericolosità sociale: quando si valuta dopo il carcere?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante una misura di sorveglianza speciale, chiarendo un punto cruciale sulla valutazione della pericolosità sociale. La Corte ha stabilito che, per giudicare la persistenza della pericolosità sociale di un soggetto dopo un lungo periodo di detenzione, il giudice può considerare anche episodi avvenuti in carcere più di due anni prima della scarcerazione. Tale valutazione deve essere attuale, ma si basa sull'intera evoluzione della personalità del soggetto, senza preclusioni temporali sugli elementi da considerare.
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Pericolosità sociale: sì alla sorveglianza speciale
Un soggetto, ritenuto socialmente pericoloso per una serie di reati contro il patrimonio, ha impugnato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, sostenendo la sua inapplicabilità in quanto già detenuto. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la pericolosità sociale attuale può essere valutata anche considerando la condotta in carcere. La Corte ha inoltre confermato che la misura può essere deliberata durante la detenzione, con l'esecuzione che inizierà solo dopo la scarcerazione.
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Confisca di prevenzione: la sproporzione e la prova
La Corte di Cassazione ha confermato una confisca di prevenzione su beni formalmente intestati all'ex coniuge di una persona ritenuta socialmente pericolosa. La decisione si fonda sulla sproporzione tra i redditi dichiarati e il patrimonio, e sul collegamento tra le attività illecite della donna e i flussi finanziari dell'ex marito. I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché miravano a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.
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Appello cautelare: onere di motivazione rafforzato
La Corte di Cassazione ha annullato un'ordinanza di custodia cautelare emessa in sede di appello cautelare. Il Tribunale del Riesame aveva ribaltato la decisione del GIP, che negava le misure per dubbia attendibilità del denunciante, senza però fornire la necessaria motivazione rafforzata. La Corte ha sottolineato che, per riformare una decisione favorevole all'indagato, il giudice dell'appello deve confrontarsi criticamente con le ragioni del primo giudice e addurre argomenti di maggiore persuasività, specialmente riguardo alla valutazione della credibilità della persona offesa.
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Aggravante mafiosa e armi: la decisione della Cassazione
La Cassazione ha confermato l'aggravante mafiosa per un soggetto accusato di detenzione di armi. Anche senza un'affiliazione formale a un clan, il controllo sulla circolazione delle armi e il 'potere para-statale' esercitato sul territorio sono sufficienti a rafforzare il prestigio del sodalizio criminale, giustificando la misura cautelare.
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