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Diritto Penale

Obbligo di firma: la motivazione del Questore
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un tifoso contro un DASPO decennale con obbligo di firma. Il provvedimento era stato emesso per un'aggressione avvenuta al di fuori di un evento sportivo ('DASPO fuori contesto'). La Corte ha chiarito che, per chi ha già ricevuto un DASPO in passato, l'applicazione dell'obbligo di firma è mandatoria e non discrezionale, rendendo sufficiente la motivazione basata sulla pericolosità del soggetto e sulla recidiva, con un'interpretazione restrittiva del requisito dell'urgenza.
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Prove da chat criptate: la Cassazione fa chiarezza
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato per narcotraffico, la cui misura cautelare si basava su prove da chat criptate ottenute dalla Francia tramite Ordine di Indagine Europeo (O.E.I.). La Corte ha stabilito la piena utilizzabilità di tali prove, conformandosi ai recenti principi espressi dalle Sezioni Unite e dalla Corte di Giustizia UE. È stato chiarito che si tratta di acquisizione di prove preesistenti, non di intercettazioni, e che la legalità della raccolta originaria è presunta, con l'onere per la difesa di dimostrare specifiche violazioni dei diritti fondamentali.
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Intestazione fittizia: prova e onere della Procura
La Corte di Cassazione ha annullato un sequestro preventivo, stabilendo che per provare l'intestazione fittizia di beni a un terzo, l'accusa deve fornire prove concrete della discordanza tra titolarità formale e disponibilità effettiva. La sola sproporzione reddituale del terzo e il rapporto di parentela con l'indagato non sono sufficienti a giustificare la confisca ex art. 240-bis c.p.
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Intestazione fittizia: onere della prova e confisca
La Corte di Cassazione ha annullato un sequestro di quote societarie ritenute oggetto di intestazione fittizia. La sentenza chiarisce che per procedere a confisca non è sufficiente la sproporzione tra il reddito del titolare formale e il valore del bene, né il solo rapporto di parentela con l'indagato. Spetta all'accusa fornire prove concrete, precise e concordanti della discrasia tra titolarità formale e disponibilità effettiva del bene, dimostrando che l'intestazione è un mero schermo.
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Intestazione fittizia: onere della prova e confisca
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30029/2024, ha annullato un sequestro preventivo, stabilendo un principio fondamentale in materia di intestazione fittizia. La sola sproporzione tra il reddito dell'intestatario formale e il valore del bene non è sufficiente a dimostrare che la proprietà sia in realtà di un'altra persona. Secondo la Corte, l'accusa ha l'onere di fornire prove concrete della discordanza tra titolarità formale e disponibilità effettiva, non potendo basare l'accusa su una mera presunzione.
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Presunzione esigenze cautelari: la Cassazione decide
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un'ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa. La Corte ha ribadito che la presunzione esigenze cautelari per i reati di mafia non viene meno con il solo trascorrere del tempo, essendo necessaria la prova del recesso dall'associazione criminale. Elementi da altri procedimenti e dichiarazioni di collaboratori sono stati ritenuti validi a dimostrare la continuità del vincolo associativo.
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Pene sostitutive: il consenso dell’imputato è decisivo
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30027/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato avverso il diniego di applicazione delle pene sostitutive. La Corte ha stabilito che la richiesta, presentata in appello dal solo difensore, è inefficace senza il consenso personale dell'imputato o una procura speciale, come previsto dall'art. 545-bis c.p.p., in quanto la scelta della sanzione richiede la diretta partecipazione del condannato.
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Rivelazione segreto d’ufficio: la Cassazione decide
Un pubblico ufficiale ha avvertito un amico tramite WhatsApp di un'intercettazione in corso. La Corte di Cassazione ha confermato la sua condanna per rivelazione di segreto d'ufficio, specificando che anche messaggi allusivi sono sufficienti se svelano informazioni segrete. Tuttavia, la Corte ha annullato la pena a causa di un errore nella valutazione dei precedenti penali dell'imputato, disponendo un nuovo giudizio limitatamente alla sanzione.
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Prescrizione reato: annullamento per omessa motivazione
La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per evasione. Sebbene il ricorso fosse fondato per la mancata motivazione sulle attenuanti generiche, la Corte ha dichiarato l'estinzione del reato per prescrizione, intervenuta dopo la sentenza di secondo grado. Di conseguenza, la sentenza è stata annullata senza rinvio agli effetti penali, poiché non emergevano elementi per un'assoluzione nel merito.
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Falso giuramento: la motivazione rafforzata in appello
La Corte di Cassazione ha annullato, ai soli fini civili, una sentenza di assoluzione per il reato di falso giuramento. La Corte ha ritenuto che il giudice d'appello avesse fornito una motivazione insufficiente, ignorando prove convergenti e non rispettando l'obbligo di 'motivazione rafforzata' necessario per ribaltare una condanna di primo grado.
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Pene accessorie fisse: la Cassazione e l’art. 317-bis
La Corte di Cassazione si pronuncia su un caso di corruzione, affrontando la questione delle pene accessorie fisse. Un ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la sollevata questione di incostituzionalità della pena accessoria perpetua è stata ritenuta irrilevante nel caso specifico. Per un altro imputato, la Corte ha annullato la condanna per intervenuta prescrizione. La sentenza chiarisce i requisiti di ammissibilità per contestare la costituzionalità delle sanzioni.
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Particolare tenuità del fatto: no se il reato è abituale
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30021/2024, ha stabilito che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere applicata ai reati caratterizzati da condotte reiterate o abituali. Nel caso specifico, l'esercizio abusivo della professione infermieristica per dieci mesi è stato ritenuto un comportamento abituale, strutturalmente incompatibile con il beneficio previsto dall'art. 131-bis c.p., portando all'annullamento con rinvio della sentenza di assoluzione.
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Perdita di chance e estorsione: la Cassazione decide
Le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione stabiliscono due principi fondamentali: la perdita di una seria e consistente possibilità di ottenere un bene (perdita di chance) costituisce danno patrimoniale ai fini del reato di estorsione. Inoltre, la condotta di chi allontana con minacce un offerente da un'asta pubblica può integrare sia il reato di turbativa d'asta (art. 353 c.p.) sia quello di estorsione (art. 629 c.p.) in concorso formale, qualora sia provato il danno patrimoniale e l'ingiusto profitto. La decisione scaturisce da un caso di interferenza di stampo mafioso in un'asta immobiliare.
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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di patteggiamento per rapina aggravata. L'ordinanza chiarisce che il ricorso patteggiamento è consentito solo in casi tassativamente previsti dalla legge, come un errore manifesto nella qualificazione giuridica del reato, e non per una generica contestazione sulla valutazione delle prove o sulla mancata applicazione di cause di proscioglimento. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
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Esigenze cautelari: il tempo trascorso va valutato
La Corte di Cassazione ha annullato un'ordinanza che confermava la custodia cautelare in carcere per un indagato. Il motivo è che il Tribunale del riesame non aveva adeguatamente valutato l'affievolimento delle esigenze cautelari dovuto al notevole tempo trascorso sia dai fatti contestati (risalenti al 2018) sia dall'inizio della detenzione (dal 2022). La Corte ha stabilito che il giudice deve sempre motivare sulla persistenza attuale di tali esigenze, non potendo ignorare il fattore tempo.
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Estorsione aggravata: quando si supera il reato?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi contro una misura cautelare per estorsione aggravata. La sentenza chiarisce che richiedere il doppio di un debito con violenza integra l'estorsione e non l'esercizio arbitrario di un diritto. L'aggravante del metodo mafioso è stata confermata sulla base del contesto intimidatorio e dei legami con un clan. Un'identificazione fotografica è stata ritenuta sufficiente come grave indizio di colpevolezza.
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Associazione mafiosa: il controllo su attività illecite
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30009/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un'ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa. La Corte ha stabilito che la natura di un'associazione mafiosa sussiste anche quando il gruppo esercita un potere intimidatorio non verso cittadini onesti, ma verso altri soggetti che svolgono attività illecite (come lo spaccio), costringendoli a versare una parte dei profitti per poter operare. Questo controllo del territorio e la prevaricazione, anche nel mondo criminale, sono elementi caratteristici del reato previsto dall'art. 416-bis c.p.
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Associazione mafiosa: quando gli indizi bastano?
Un imprenditore del settore catering viene accusato di associazione mafiosa e altri reati. La Cassazione conferma la misura cautelare, stabilendo che la partecipazione a un clan può essere provata da indizi come la gestione della 'colletta' per i detenuti e patti elettorali, anche senza collaboratori di giustizia. La Corte ha ritenuto logica la motivazione del Tribunale del riesame, che ha valorizzato le intercettazioni come prova dell'intraneità dell'imprenditore al sodalizio criminale.
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Partecipazione ad associazione mafiosa: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato, confermando la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa. La Corte ha stabilito che anche un contributo minimo, ma costante, come fare da autista al capo cosca e partecipare a incontri, è sufficiente a dimostrare un inserimento stabile nel sodalizio criminale. È stato inoltre ribadito che il solo trascorrere del tempo non basta a superare la presunzione di pericolosità sociale legata a questo tipo di reato.
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Partecipazione associazione mafiosa: prova e indizi
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro l'ordinanza di custodia cautelare per partecipazione ad associazione mafiosa. La Corte ha ribadito che la prova della partecipazione può basarsi su intercettazioni e condotte violente volte al controllo del territorio, che dimostrano un inserimento stabile nel sodalizio. La valutazione di tali elementi spetta al giudice di merito e non può essere ridiscussa in sede di legittimità, se non per manifesta illogicità.
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