Una donna, assolta con formula piena dall’accusa di usura, si vede negare la riparazione per ingiusta detenzione a causa di una conversazione compromettente tra i suoi familiari, a cui non aveva partecipato. La Corte di Cassazione annulla la decisione, stabilendo che la colpa grave, necessaria per escludere l’indennizzo, deve derivare da una condotta personale e diretta dell’interessato, non potendo essere desunta da comportamenti di terzi, anche se parenti.
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