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Diritto del Lavoro

Ruolo provvisorio ad esaurimento: vale per la carriera?
Un lavoratore inserito in un "ruolo provvisorio ad esaurimento" presso un Ministero è stato escluso da una selezione per la progressione di carriera, riservata al personale di ruolo. La Corte di Cassazione ha dato ragione all'Amministrazione, stabilendo che lo status temporaneo del lavoratore non era equiparabile a quello di dipendente di ruolo, requisito necessario per la partecipazione. La sentenza chiarisce la natura transitoria di tale inquadramento, finalizzato solo alla ricollocazione del personale.
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Progressione economica: CCNL vince sul bando di concorso
Un Ministero ha impugnato una decisione che annullava un bando per progressione economica, il quale stabiliva requisiti di anzianità basati sulla data di scadenza della domanda anziché sulla data retroattiva di decorrenza del nuovo inquadramento. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che per la progressione economica orizzontale, le norme del Contratto Collettivo Nazionale (CCNL) prevalgono sulla normativa generale dei concorsi pubblici. Di conseguenza, il requisito di anzianità biennale doveva essere maturato entro la data di decorrenza della progressione, come implicitamente richiesto dal CCNL.
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Rinuncia ricorso cassazione e spese legali compensate
Un dirigente pubblico ha presentato ricorso in Cassazione per una questione legata alla retribuzione di anzianità. Prima dell'udienza, ha presentato una rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, accogliendo la rinuncia, ha dichiarato estinto il giudizio. In via eccezionale, ha disposto la compensazione integrale delle spese legali tra le parti, motivando la decisione sulla base della novità della questione giuridica, già riconosciuta in un precedente caso analogo.
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Retribuzione dirigente medico: no extra per debito orario
La Cassazione ha stabilito che la retribuzione del dirigente medico è onnicomprensiva e non oraria. Pertanto, non spetta un compenso extra per le ore lavorate in più a causa di un errato calcolo del debito orario da parte dell'ASL durante le assenze. Il ricorso della dottoressa è stato respinto.
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Retribuzione onnicomprensiva: no extra per il medico
Un dirigente medico ha lavorato ore aggiuntive a causa di un calcolo errato delle sue giornate di assenza da parte dell'azienda sanitaria. La Corte di Cassazione ha stabilito che il medico non ha diritto a un compenso extra, poiché la sua retribuzione onnicomprensiva, su base mensile, copre già tutte le prestazioni. L'orario di 38 ore settimanali è un minimo e non un massimo, e il superamento è legato al raggiungimento di obiettivi, non a pagamenti aggiuntivi.
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Retribuzione onnicomprensiva: no extra per il personale EP
Una dipendente universitaria di categoria EP si è vista negare dalla Corte di Cassazione il diritto a un compenso aggiuntivo per attività svolte in favore di soggetti esterni, sulla base di una convenzione stipulata dall'Ateneo. La Corte ha stabilito che il principio della retribuzione onnicomprensiva, previsto dai contratti collettivi per tale categoria, assorbe anche queste prestazioni, in quanto rientranti nel profilo professionale e non derogabili da normative precedenti come il D.P.R. 382/1980.
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Ruolo provvisorio ad esaurimento: esclusione da selezioni
La Corte di Cassazione ha stabilito che un dipendente inserito in un "ruolo provvisorio ad esaurimento" presso un Ministero non può essere equiparato al personale di ruolo di quella stessa amministrazione. Di conseguenza, è legittima la sua esclusione da una procedura di progressione economica interna, in quanto tale status ha la sola funzione di gestire la transizione del lavoratore verso una collocazione definitiva, senza conferire i diritti del personale di ruolo.
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Clausola di ultrattività CCNL: quando si può recedere?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26958/2024, ha stabilito che un datore di lavoro non può recedere unilateralmente da un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) che contenga una clausola di ultrattività. Tale clausola estende l'efficacia del contratto fino alla stipulazione di un nuovo accordo, configurando un termine finale certo nell'evento ma non nella data. La Corte ha inoltre chiarito che il recesso dall'associazione datoriale non esonera dall'obbligo di applicare il CCNL in vigore e che la continuata applicazione di un CCNL rinnovato, anche dopo aver manifestato l'intenzione di recedere, costituisce un comportamento concludente che vincola l'azienda al nuovo accordo.
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Notifica compiuta giacenza: la prova della ricezione CAD
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di una cittadina contro una sanzione dell'Ispettorato del Lavoro, la cui opposizione era stata giudicata tardiva. La Corte ha stabilito che la notifica compiuta giacenza non si perfeziona con la sola spedizione della Comunicazione di Avvenuto Deposito (CAD), ma richiede la prova della sua effettiva ricezione da parte del destinatario. In assenza di tale prova (l'avviso di ricevimento), la notifica è nulla e il termine per l'impugnazione non decorre.
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Clausola di ultrattività CCNL: quando è valido il recesso?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26947/2024, ha stabilito che la clausola di ultrattività in un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) lo trasforma in un contratto a termine, la cui scadenza coincide con la stipula di un nuovo accordo. Di conseguenza, il singolo datore di lavoro non può recedere unilateralmente prima di tale scadenza. Nel caso specifico, un'associazione sanitaria che aveva tentato di applicare un CCNL diverso è stata comunque vincolata al rinnovo del precedente contratto, anche a seguito di un suo comportamento concludente consistito nel continuare ad applicarlo dopo la scadenza.
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Compenso variabile: no se P.A. non fissa obiettivi
Un commissario straordinario ha richiesto il pagamento di un compenso variabile legato al raggiungimento di obiettivi. Tuttavia, la Pubblica Amministrazione non ha mai definito tali obiettivi. La Corte di Cassazione ha stabilito che la fissazione degli obiettivi rientra nel potere discrezionale dell'Amministrazione e non costituisce un obbligo. Di conseguenza, in assenza di obiettivi predeterminati, non sorge il diritto al compenso variabile né a un risarcimento per perdita di chance, respingendo il ricorso del commissario.
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Falsa attestazione presenza: licenziamento legittimo
Un dipendente pubblico è stato licenziato per assenteismo sistematico, consistito nell'allontanarsi dall'ufficio senza timbrare e nel dichiarare falsamente missioni esterne. La Corte di Cassazione ha confermato il licenziamento, specificando che tale condotta integra una "falsa attestazione presenza". La Corte ha chiarito che l'azione disciplinare era tempestiva e che il giudice deve sempre valutare la proporzionalità del licenziamento, anche in casi di infrazioni legalmente tipizzate.
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Procedimento disciplinare: quando inizia a decorrere?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26936/2024, ha chiarito un punto cruciale del procedimento disciplinare nel pubblico impiego. Il caso riguardava due dirigenti medici sanzionati da un'azienda sanitaria. I giudici di merito avevano annullato la sanzione ritenendola tardiva. La Suprema Corte ha ribaltato la decisione, stabilendo che il termine per la contestazione da parte dell'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD) decorre dal momento in cui quest'ultimo riceve gli atti, e non dalla data della prima notizia del fatto al responsabile della struttura. Questa sentenza rafforza la distinzione di competenze e tempistiche tra il dirigente e l'UPD.
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Obbligo di esclusività medico: Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un medico, dipendente di un'Azienda Sanitaria, che contestava la cessazione del suo incarico di guardia medica penitenziaria. La decisione si fonda sull'obbligo di esclusività che caratterizza il rapporto di pubblico impiego. Secondo la Corte, la normativa speciale che esclude tale obbligo per l'incarico penitenziario (legge n. 740/1970) non può annullare i doveri derivanti dal principale rapporto di lavoro con il Servizio Sanitario Nazionale, rendendo i due ruoli incompatibili.
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Ricorso per cassazione: i requisiti di ammissibilità
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni ex dipendenti di un ente in liquidazione, che chiedevano il riconoscimento di crediti retributivi. Il ricorso per cassazione è stato respinto per vizi formali, tra cui la formulazione generica e cumulativa dei motivi e il tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La sentenza sottolinea l'importanza della specificità e del rispetto dei limiti del giudizio di cassazione.
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Clausola di ultrattività CCNL: quando è vincolante?
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito che un datore di lavoro non può recedere unilateralmente da un contratto collettivo che contiene una clausola di ultrattività CCNL. Tale clausola estende l'efficacia del contratto fino alla stipula di un nuovo accordo, configurando un termine finale e non una durata indeterminata. La Corte ha inoltre stabilito che il comportamento concludente del datore di lavoro, che continua ad applicare il contratto anche dopo il suo rinnovo, equivale a un'accettazione tacita, rendendolo vincolante.
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Obbligo di esclusiva medico: la Cassazione chiarisce
Un medico, assunto da un'Azienda Sanitaria, ha contestato la clausola contrattuale sull'obbligo di esclusiva, ritenendo applicabile una deroga prevista per gli incarichi in istituti penitenziari. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che le due discipline normative non interferiscono: l'esenzione valida per il rapporto con l'amministrazione penitenziaria non si estende al diverso rapporto di pubblico impiego con il Servizio Sanitario, che rimane soggetto alle proprie regole di incompatibilità.
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Recesso anticipato: l’onere della prova del danno
Un dirigente della pubblica amministrazione, il cui contratto era stato interrotto prima della scadenza a causa di una clausola di 'spoil system', ha fatto ricorso. La Corte di Cassazione ha stabilito che la clausola è nulla. In caso di recesso anticipato illegittimo, l'onere di provare l'esatto ammontare dei guadagni percepiti dal lavoratore altrove (aliunde percipiendum), al fine di ridurre il risarcimento, spetta al datore di lavoro e non al dipendente. Inoltre, il giudice ha il dovere di utilizzare i propri poteri istruttori per quantificare il danno qualora esista un principio di prova.
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Presunzione di subordinazione: la Cassazione decide
Un professionista con Partita IVA, dopo la fine del suo rapporto con una compagnia assicurativa, ha ottenuto in appello il riconoscimento di un lavoro subordinato. La Corte d'Appello ha applicato una presunzione di subordinazione, condannando l'azienda. La compagnia ha impugnato la decisione in Cassazione, sostenendo l'errata applicazione della norma. La Suprema Corte, ravvisando la rilevanza delle questioni legali sollevate, in particolare riguardo alla tutela in caso di licenziamento, ha emesso un'ordinanza interlocutoria rinviando il caso a una pubblica udienza per una decisione di portata generale.
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24 CFU e laurea: non bastano per le graduatorie docenti
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26914/2024, ha stabilito che il possesso congiunto di 24 CFU e laurea non equivale all'abilitazione all'insegnamento. Di conseguenza, tali titoli non sono sufficienti per l'inserimento nella prima fascia delle graduatorie provinciali o nella seconda fascia delle graduatorie di istituto. La Corte ha chiarito che questi requisiti consentono solo la partecipazione ai concorsi, ma non conferiscono la qualifica di docente abilitato, ribadendo la netta distinzione tra titolo di studio e titolo abilitante.
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