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Diritto del Lavoro

Impugnazione esclusione socio: la via stragiudiziale
Un socio lavoratore impugna la sua esclusione da una cooperativa oltre il termine di 60 giorni, sostenendo la validità di una comunicazione stragiudiziale prevista dallo statuto. La Cassazione chiarisce che tale atto non è sufficiente a impedire la decadenza. L'impugnazione esclusione socio richiede un'opposizione formale in tribunale, a meno che non venga effettivamente avviato il procedimento interno previsto dallo statuto, che può sospendere i termini. La sentenza sottolinea la differenza tra manifestare l'intenzione di opporsi e avviare concretamente la procedura di tutela.
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Cambio di appalto: quando scatta il trasferimento d’azienda
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27707/2024, ha stabilito che un cambio di appalto, con l'acquisizione del personale, si presume un trasferimento di ramo d'azienda ai sensi dell'art. 2112 c.c., a meno che l'impresa subentrante non provi l'esistenza di significativi elementi di discontinuità. Nel caso di specie, il subentro in un servizio di vigilanza, con le sole modifiche di divise e tesserini, non è stato ritenuto sufficiente a escludere le tutele per il lavoratore, che ha così mantenuto i diritti maturati.
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Onere di allegazione: licenziamento e calcolo indennità
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un dirigente contro il calcolo delle indennità di licenziamento. La decisione si fonda sul mancato rispetto dell'onere di allegazione: il lavoratore non aveva specificato nel ricorso iniziale i fatti e i criteri di calcolo della sua anzianità di servizio, rendendo irrilevante la successiva produzione di documenti. Viene ribadito che allegare i fatti è un presupposto indispensabile, distinto e precedente rispetto alla loro prova.
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Sanzione conservativa: quando il CCNL salva il posto
La Cassazione conferma l'illegittimità di un licenziamento disciplinare, ritenendo la condotta del lavoratore punibile con una sanzione conservativa prevista dal CCNL. Il dipendente, rappresentante sindacale, era entrato in azienda fuori orario, ma senza violenza o danni. La Corte ha applicato la tutela reintegratoria attenuata basandosi sulle clausole del contratto collettivo.
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Insussistenza del fatto: reintegra e licenziamento
Un supermercato ha licenziato un dipendente per aver prelevato merce scaduta. I tribunali, fino alla Cassazione, hanno dichiarato il licenziamento illegittimo per insussistenza del fatto, poiché il bene non aveva valore economico e la condotta era inoffensiva. La Corte ha confermato la reintegrazione del lavoratore, chiarendo che l'insussistenza del fatto si configura anche quando l'atto, pur accaduto, è privo della necessaria illiceità per giustificare la massima sanzione.
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Procura speciale cassazione: inammissibile il ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da una lavoratrice contro la sua ex società datrice di lavoro. Il ricorso era stato sottoscritto personalmente dalla parte, senza l'assistenza di un avvocato abilitato e senza la necessaria procura speciale cassazione. La Corte ha ribadito che la procura speciale è un requisito di ammissibilità non sanabile, che deve preesistere al deposito del ricorso, confermando la rigidità delle norme procedurali per l'accesso al giudizio di legittimità.
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Gestione Separata avvocati: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso di una professionista contro l'ente previdenziale in merito ai contributi per la Gestione Separata avvocati relativi all'anno 2009. La Corte ha rigettato il motivo relativo alla prescrizione e all'abitualità dell'attività, confermando l'obbligo contributivo. Tuttavia, ha accolto il ricorso riguardo le sanzioni, annullandole in applicazione di una sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità delle sanzioni per i periodi anteriori all'entrata in vigore della legge interpretativa del 2011.
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Licenziamento disciplinare: controlli e proporzionalità
Un dipendente con ruolo apicale è stato licenziato per pause prolungate e sistematiche. La Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare, ritenendo validi i controlli investigativi esterni e proporzionata la sanzione data la gravità della condotta e il danno all'immagine aziendale.
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Riliquidazione pensione: conta la contribuzione versata
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27609/2024, ha stabilito un principio cruciale in materia di riliquidazione pensione per i liberi professionisti. Sebbene la rivalutazione dei redditi debba decorrere dal 1980, la pensione non può essere ricalcolata in misura piena se non sono stati versati i corrispondenti maggiori contributi. La prestazione pensionistica deve essere commisurata alla sola contribuzione effettivamente versata, escludendo ogni automatismo presente invece nel lavoro dipendente.
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Ricorso inammissibile: la Cassazione e la specificità
Un lavoratore si rivolge alla Corte di Cassazione dopo che la sua richiesta di nullità di alcuni contratti di lavoro è stata respinta a causa di un precedente accordo di conciliazione. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano generici e non conformi al principio di specificità richiesto dalla legge, ribadendo che un appello deve contenere critiche chiare e dettagliate per essere esaminato nel merito.
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Cambio appalto: quando è trasferimento d’azienda?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27607/2024, ha stabilito che un cambio appalto si configura come trasferimento di ramo d'azienda se l'impresa subentrante non introduce significativi elementi di discontinuità organizzativa. La semplice adozione di nuove divise non è sufficiente a escludere le tutele dell'art. 2112 c.c. per i lavoratori trasferiti, invertendo l'onere della prova a carico dell'azienda.
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Contrattazione collettiva pubblico impiego: la Cassazione
Un lavoratore di un consorzio pubblico per le autostrade ha richiesto aumenti salariali basati su un CCNL del settore privato. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, riaffermando che i rapporti di lavoro con enti pubblici sono regolati esclusivamente dalla contrattazione collettiva pubblico impiego. L'applicazione di fatto di un contratto privato da parte della P.A. è stata considerata illegittima e non idonea a creare diritti acquisiti.
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CCNL Pubblico Impiego: No a contratti privati
La Cassazione ha stabilito che per il personale di un ente pubblico non economico non è applicabile un CCNL del settore privato, anche se applicato in passato. La disciplina del rapporto di lavoro, inclusa la retribuzione, è regolata esclusivamente dal CCNL Pubblico Impiego di comparto e dalle leggi specifiche, come il D.Lgs. 165/2001 e le leggi regionali. L'applicazione di fatto di un contratto diverso non genera diritti acquisiti.
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CCNL Pubblico Impiego: no a contratti privati
La Corte di Cassazione ha stabilito che il rapporto di lavoro con un ente pubblico è regolato esclusivamente dal CCNL Pubblico Impiego di riferimento. È stata respinta la richiesta di alcuni dipendenti di un consorzio pubblico di ottenere aumenti salariali previsti da un contratto del settore privato, nonostante l'ente lo avesse parzialmente applicato in passato. La Corte ha chiarito che il 'comportamento concludente' di un ente pubblico non può prevalere sulla normativa specifica del pubblico impiego.
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Contrattazione collettiva pubblico impiego: no al CCNL
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di alcuni dipendenti di un consorzio autostradale, ente pubblico non economico, che chiedevano l'applicazione di aumenti retributivi previsti da un CCNL del settore privato. La Corte ha stabilito che la contrattazione collettiva pubblico impiego è disciplinata da norme specifiche (in questo caso, una legge regionale e il D.Lgs. 165/2001), che escludono l'applicazione di contratti collettivi privati. La precedente applicazione di fatto del CCNL privato da parte dell'ente non crea un diritto acquisito per i lavoratori, poiché la legge successiva impone un regime giuridico inderogabile.
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Errore di fatto revocatorio: quando non si applica
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per revocazione basato su un presunto errore di fatto revocatorio. Il caso riguarda un lavoratore licenziato che, dopo la sentenza, ha prodotto nuove prove (intercettazioni) per dimostrare l'intento ritorsivo del datore di lavoro. La Corte ha stabilito che non sussiste un errore di fatto, ma un tentativo di far rivalutare il merito della causa, attività preclusa in sede di legittimità. Le nuove prove sono state ritenute irrilevanti poiché il licenziamento era fondato anche su altre motivazioni accertate, come assenze ingiustificate.
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Rapporto di lavoro subordinato: prova e oneri del giudice
Una lavoratrice ha contestato il rigetto della sua richiesta di ammissione al passivo fallimentare per crediti da lavoro, sostenendo che i suoi contratti a progetto mascherassero un rapporto di lavoro subordinato. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, annullando la decisione precedente. Ha stabilito che il giudice deve valutare la domanda anche con prove parziali e che spetta al datore di lavoro, non al lavoratore, provare l'avvenuto pagamento delle retribuzioni. Inoltre, il giudice ha il potere di determinare la giusta retribuzione anche se viene indicato un contratto collettivo errato.
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Inammissibilità appello: quando la domanda è nuova
Una lavoratrice ha visto dichiarare l'inammissibilità dell'appello perché ha introdotto per la prima volta in secondo grado una domanda di licenziamento discriminatorio, diversa da quella iniziale. La Corte di Cassazione, a seguito della rinuncia al ricorso da parte della lavoratrice, ha dichiarato l'inammissibilità per carenza di interesse, condannandola comunque alle spese legali per il principio di soccombenza virtuale, dato che i motivi del ricorso erano palesemente infondati.
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Revoca incarico dirigenziale: riorganizzazione e limiti
Una dirigente pubblica ha contestato la revoca del proprio incarico e il trasferimento, avvenuti durante la fusione di due enti. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo che la revoca dell'incarico dirigenziale era illegittima. La Corte ha chiarito che l'ente non poteva procedere alla riorganizzazione funzionale e al conseguente riassetto del personale prima dell'emanazione dei decreti ministeriali specificamente previsti dalla legge di fusione, rendendo di fatto prematura e ingiustificata la decisione presa nei confronti della dirigente.
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Appalto illecito: quando scatta la clausola sociale?
Due lavoratori di una cooperativa hanno citato in giudizio la società committente, sostenendo un'ipotesi di appalto illecito di manodopera. Il Tribunale del Lavoro ha respinto la domanda principale, ritenendo l'appalto genuino poiché il potere direttivo era esercitato dalla cooperativa. Tuttavia, ha accolto la domanda subordinata per uno dei due lavoratori, applicando una clausola sociale presente nel contratto d'appalto che obbligava la committente ad assumere il personale rientrante nella quota d'obbligo. Di conseguenza, è stato dichiarato il diritto del lavoratore protetto all'assunzione diretta presso la società committente.
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