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Diritto del Lavoro

Indennità di sostituzione: no allo stipendio pieno
Una dirigente medico ha sostituito per anni un collega in comando, chiedendo la retribuzione piena. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27241/2024, ha stabilito che in questi casi spetta solo l'indennità di sostituzione prevista dal CCNL, e non la retribuzione superiore, anche se l'incarico si protrae oltre i termini previsti. La Corte ha chiarito che la sostituzione non configura lo svolgimento di mansioni superiori per la dirigenza sanitaria.
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Ente Pubblico Non Economico: Niente NASpI per i dipendenti
La Corte di Cassazione ha stabilito che una 'azienda speciale' finanziata prevalentemente da enti pubblici deve essere classificata come Ente Pubblico Non Economico. Di conseguenza, i suoi dipendenti a tempo indeterminato non hanno diritto all'indennità di disoccupazione (NASpI), in quanto equiparati ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, esclusi dalla normativa. La sentenza ribalta la decisione di merito, chiarendo i criteri per distinguere la natura economica o meno di un ente pubblico.
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Salvaguardia pensioni: limitata ai dipendenti
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27238/2024, ha stabilito che la cosiddetta "salvaguardia pensioni" per i lavoratori "esodati" si applica esclusivamente ai lavoratori subordinati. La Corte ha chiarito che l'espressione "rapporto di lavoro", utilizzata dal legislatore, non può essere estesa ai lavoratori autonomi, come gli agenti di commercio. La decisione si fonda su un'interpretazione restrittiva della norma, data la sua natura eccezionale, e sulla distinzione terminologica tra "rapporto di lavoro" (impiego dipendente) e "attività lavorativa" (qualsiasi tipo di lavoro). Di conseguenza, un lavoratore autonomo che ha cessato la sua attività non rientra tra i beneficiari della tutela.
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Indennità Covid-19: iscrizione retroattiva non basta
Una lavoratrice autonoma si è vista negare l'indennità Covid-19 perché la sua iscrizione alla gestione previdenziale, sebbene retroattiva, è stata presentata dopo l'entrata in vigore del decreto. La Corte di Cassazione ha confermato il diniego, stabilendo che la legge richiede un'iscrizione effettiva e attuale al momento dell'introduzione del beneficio, e non una successiva regolarizzazione. La decisione si fonda su un'interpretazione letterale e sistematica della norma, finalizzata a garantire certezza e a gestire le risorse pubbliche durante l'emergenza.
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Contributo integrativo biologi: chi paga? La Cassazione
Una professionista biologa ha richiesto a un'azienda sanitaria locale il rimborso del contributo integrativo versato alla propria cassa di previdenza (ENPAB). Dopo il rigetto nei primi due gradi di giudizio, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: l'obbligo di versare il contributo integrativo biologi spetta al soggetto che usufruisce della prestazione professionale, in questo caso l'azienda sanitaria, e non al professionista stesso. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per una nuova decisione.
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Prestazioni aggiuntive medici: la guida completa
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27233/2024, ha chiarito il regime contributivo delle prestazioni aggiuntive medici. La Corte ha stabilito che i compensi per tali attività, svolte per ridurre le liste d'attesa, non sono assimilabili a retribuzione da lavoro dipendente e, pertanto, non sono soggetti a contribuzione INPS a carico del datore di lavoro, bensì a quella del fondo di previdenza di categoria (ENPAM). La decisione si fonda sulla natura libero-professionale di tali prestazioni, sebbene svolte per l'ente datore di lavoro.
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Contributi integrativi ENPAB: chi paga per i biologi?
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un'azienda sanitaria locale, confermando il suo obbligo di versare i contributi integrativi ENPAB per prestazioni rese da un laboratorio di analisi biologiche. La sentenza ha stabilito che un precedente giudicato sulla stessa questione ha effetto preclusivo anche per le annualità successive e che la normativa speciale invocata dall'azienda non è applicabile al caso di specie, consolidando il principio che l'onere contributivo ricade sul committente del servizio professionale.
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Contributi previdenziali professionisti: chi paga?
Una ASL è stata condannata a versare i contributi previdenziali integrativi per un biologo operante in uno studio associato. La Cassazione ha respinto il ricorso dell'ASL, confermando che l'obbligo di versare i contributi previdenziali professionisti spetta al cliente che usufruisce della prestazione. La decisione si fonda sia sull'effetto vincolante di una precedente sentenza (giudicato) sia sulla non applicabilità di una normativa eccezionale prevista solo per le società mediche e odontoiatriche.
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Notifica PEC: valida anche con prova depositata tardi
Un lavoratore ha citato in giudizio l'ente previdenziale per un'indennità. Il processo è stato erroneamente estinto in primo grado per un presunto vizio di notifica. La Cassazione ha confermato la decisione d'appello, stabilendo che una notifica PEC è valida se effettuata nei termini, anche se la prova viene depositata tardivamente. Il giudice ha il dovere di verificare d'ufficio la corretta instaurazione del contraddittorio esaminando gli atti, garantendo così il diritto a un giusto processo.
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Medico convenzionato: no a indennità da dipendente
Una dottoressa, operante come medico convenzionato ma svolgendo di fatto mansioni superiori, ha richiesto il riconoscimento economico di tali mansioni. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27227/2024, ha respinto la richiesta. I giudici hanno stabilito che il rapporto di lavoro autonomo del medico convenzionato è giuridicamente distinto da quello subordinato del personale dipendente del Servizio Sanitario Nazionale. Di conseguenza, non è possibile estendere al medico convenzionato i benefici economici, come l'indennità di esclusività e le differenze retributive, previsti dai contratti collettivi per i lavoratori dipendenti.
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Inquadramento dirigente: la prova del lavoro subordinato
Un ex amministratore delegato ha richiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato con inquadramento dirigente. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 27225/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione delle prove spetta al giudice di merito e che il ricorso per legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. La decisione sottolinea l'onere della prova a carico di chi afferma la coesistenza dei due ruoli e la discrezionalità del giudice nell'ammettere le istanze istruttorie.
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Retribuzione variabile: no aumento senza pesatura
Un dirigente medico ha richiesto un aumento della sua retribuzione variabile a seguito dell'accorpamento di diverse unità operative sotto la sua direzione. La Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta, stabilendo che un incremento della retribuzione variabile non è automatico ma richiede un'esplicita e formale valutazione (pesatura) della nuova posizione da parte dell'Azienda Sanitaria. Poiché non è stato provato un reale aggravio di lavoro, ma una semplice riorganizzazione, è stata respinta anche la domanda per indebito arricchimento.
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Mansioni superiori dirigente medico: no compenso extra
Un dirigente medico ha richiesto un compenso aggiuntivo per aver svolto mansioni di responsabilità superiori per diversi anni. La Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta, stabilendo che le norme sulle mansioni superiori dirigente medico non si applicano automaticamente. Il compenso è legato all'inquadramento formale dell'incarico nella pianta organica dell'azienda sanitaria, non solo alle mansioni di fatto svolte.
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Qualificazione struttura complessa: decide l’atto aziendale
Una dirigente medica chiedeva il pagamento per aver diretto una qualificazione struttura complessa. La Corte di Cassazione ha stabilito che la classificazione di un'unità sanitaria dipende formalmente dall'atto aziendale dell'ASL e non può essere determinata dal giudice sulla base delle mansioni di fatto svolte, rigettando la richiesta della lavoratrice.
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Licenziamento disciplinare: la Cassazione e la tutela
Un dipendente bancario subisce un licenziamento disciplinare, ritenuto illegittimo in appello ma sanzionato solo con un'indennità. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso del lavoratore, affermando un principio cruciale: anche se il codice disciplinare usa clausole generali come la "gravità" per definire le infrazioni, il giudice deve verificare se il fatto rientra tra quelli punibili con sanzione conservativa. Se sì, spetta la reintegrazione. La sentenza di appello è stata cassata con rinvio per una nuova valutazione.
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Compenso dirigente medico: no a extra senza nomina
Un dirigente medico, responsabile di una struttura complessa, ha richiesto un compenso aggiuntivo sostenendo di aver svolto di fatto le funzioni di Direttore di Dipartimento, coordinando due diverse strutture. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, chiarendo che il compenso dirigente medico per incarichi superiori è legittimo solo in presenza di una nomina formale, conferita secondo le procedure concorsuali previste dalla legge e dalla contrattazione collettiva, e non per il semplice svolgimento di fatto delle mansioni.
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Revoca incarico dirigenziale: il diritto alla retribuzione
A un dirigente veterinario viene revocato l'incarico prima della scadenza a causa di una riorganizzazione sanitaria. La Cassazione conferma il suo diritto a conservare il trattamento economico fino alla data di fine contratto originaria, chiarendo la differenza tra revoca anticipata e mancato rinnovo. La controversia si concentra sull'interpretazione delle norme applicabili in caso di revoca incarico dirigenziale per motivi organizzativi.
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Prescrizione rivalutazione amianto: errore estenderla
Un lavoratore ha richiesto la rivalutazione dei contributi per esposizione ad amianto. L'ente previdenziale ha eccepito la prescrizione solo per i ratei di pensione arretrati. La Corte di Cassazione ha stabilito che l'eccezione di prescrizione sui ratei non può essere estesa dal giudice al diritto principale alla rivalutazione contributiva, trattandosi di due diritti autonomi con regimi di prescrizione distinti. La sentenza chiarisce i limiti del potere del giudice di fronte a una specifica eccezione di parte.
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Indennità cambio appalto: quando spetta? Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27140/2024, ha stabilito che l'indennità cambio appalto spetta al lavoratore anche se viene immediatamente riassunto dall'azienda subentrante. La Corte ha chiarito che la cessazione del rapporto con il precedente datore di lavoro è un recesso unilaterale e non una risoluzione consensuale. L'indennità ha natura retributiva e non risarcitoria, pertanto è dovuta a prescindere dal fatto che il lavoratore abbia trovato subito una nuova occupazione, confermando la solidarietà tra committente e appaltatore per tali crediti.
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Vittima del Dovere: lo status è imprescrittibile
Un agente di Polizia, aggredito in servizio nel 1992, ha richiesto nel 2018 il riconoscimento dello status di Vittima del Dovere. L'Amministrazione ha respinto la domanda per prescrizione. Il Tribunale di Venezia ha stabilito che lo status di Vittima del Dovere è un diritto imprescrittibile, in quanto attiene a una qualità della persona. Tuttavia, i singoli benefici economici che ne derivano, come l'elargizione una tantum, sono soggetti alla prescrizione decennale. Di conseguenza, il giudice ha riconosciuto lo status al ricorrente, ma ha dichiarato prescritta la pretesa economica principale, ammettendo solo i benefici non ancora prescritti.
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