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Diritto del Lavoro

Lavoro subordinato: la continuità di fatto lo prova
Una società ha contestato la natura di lavoro subordinato di una collaborazione pluriennale, formalizzata solo in un secondo momento. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la continuità sostanziale delle mansioni e l'inserimento nell'organizzazione aziendale sono prove sufficienti a qualificare l'intero periodo come rapporto di lavoro subordinato, anche in assenza di un contratto iniziale.
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Carenza di Interesse: Ricorso Inammissibile in Cassazione
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso a seguito di un accordo tra le parti. La decisione chiarisce che la sopravvenuta carenza di interesse estingue il giudizio, compensando le spese legali e senza applicare sanzioni per liti temerarie, poiché l'inammissibilità deriva da un evento successivo alla presentazione del ricorso.
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Sopravvenuta carenza di interesse: ricorso inamissibile
Un'azienda sanitaria regionale ricorreva in Cassazione contro una sentenza che l'aveva condannata a risarcire un'ex dipendente per l'illegittimo utilizzo di contratti a termine. Nelle more del giudizio, le parti hanno trovato un accordo, chiedendo congiuntamente la cessazione della materia del contendere. La Corte Suprema ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, compensando le spese legali e chiarendo che in questi casi non si applica la sanzione del doppio contributo unificato.
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Stabilizzazione pubblico impiego: quando nasce il diritto?
Un'impiegata, inclusa in una graduatoria di stabilizzazione nel settore sanitario, si è vista negare l'assunzione a tempo indeterminato a causa della sospensione della procedura prima della firma del contratto. La Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso, affermando che nella stabilizzazione pubblico impiego il diritto all'assunzione si perfeziona solo con la sottoscrizione del contratto individuale. L'amministrazione può legittimamente bloccare o revocare la procedura per valide ragioni, come la mancanza di copertura finanziaria, fino a quel momento.
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Tempo vestizione: quando va pagato? La Cassazione.
La Corte di Cassazione ha confermato che il tempo vestizione del personale sanitario deve essere retribuito, considerandolo orario di lavoro. La sentenza chiarisce che l'obbligo di indossare una divisa per motivi igienico-sanitari e di riconoscibilità costituisce una direttiva implicita del datore di lavoro (eterodirezione). Pertanto, il tempo impiegato per indossare e togliere la divisa, anche se avviene prima di timbrare l'inizio del turno e dopo la fine, rientra a pieno titolo nell'orario di lavoro e deve essere pagato.
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Estinzione del processo: rinuncia al ricorso e spese
Una lavoratrice del settore sanitario, dopo aver perso in appello una causa per la stabilizzazione del suo impiego, ha rinunciato al ricorso in Cassazione. La Corte Suprema, prendendo atto della rinuncia accettata dalla controparte, ha dichiarato l'estinzione del processo, senza pronunciarsi sulle spese e chiarendo che non è dovuto il raddoppio del contributo unificato in questi casi.
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Supplenze scolastiche: no al risarcimento danni
Un docente, dopo aver ottenuto un contratto a tempo indeterminato, ha richiesto il risarcimento per l'abuso di contratti a termine nel periodo delle supplenze scolastiche. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 18614/2024, ha respinto il ricorso. Ha stabilito che, una volta stabilizzato, il lavoratore deve fornire la prova concreta di danni specifici per ottenere un risarcimento. Inoltre, ha dichiarato inammissibili le censure generiche e quelle che non contestavano tutte le autonome ragioni della decisione del giudice d'appello, confermando che il diritto al risarcimento non è automatico.
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Remunerazione medici: inammissibile il ricorso
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un gruppo di medici specializzandi in medicina generale che chiedevano una remunerazione adeguata, equiparata ad altre specializzazioni. Il ricorso è stato respinto perché erroneamente diretto contro l'ordinanza di inammissibilità d'appello e non contro la sentenza di primo grado. La Corte ha inoltre sottolineato la netta distinzione normativa tra la formazione in medicina generale e le altre specializzazioni mediche, escludendo la possibilità di una comparazione retributiva.
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Danno da perdita di chance: come si calcola il risarcimento
Una lavoratrice socialmente utile, esclusa da una procedura di stabilizzazione a causa di un'illegittima sospensione dalle liste, ha chiesto il risarcimento del danno. La Corte d'Appello le ha riconosciuto l'intero importo delle retribuzioni mancate. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del Ministero, ha chiarito che il risarcimento per il danno da perdita di chance non può coincidere con il vantaggio totale sperato. Deve, invece, essere calcolato quantificando il vantaggio economico potenziale e poi riducendolo in base alla probabilità statistica che la lavoratrice aveva di ottenere la stabilizzazione. La sentenza è stata cassata con rinvio per un nuovo calcolo.
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Valutazione CTU: limiti al sindacato in Cassazione
La Cassazione ha respinto il ricorso di una società contro la condanna al pagamento di differenze retributive. La Corte ha stabilito che la critica alla valutazione CTU da parte del giudice di merito non è ammissibile in sede di legittimità se si traduce in una richiesta di riesame dei fatti. Il giudice può legittimamente basare la sua decisione sulle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio.
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Danno comunitario: quando la stabilizzazione lo esclude?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 18553/2024, ha stabilito principi cruciali in materia di risarcimento del danno comunitario per l'abuso di contratti a termine nel pubblico impiego. La Corte ha chiarito che il diritto al risarcimento non viene meno se il lavoratore viene assunto a tempo indeterminato da una Pubblica Amministrazione diversa da quella che ha commesso l'abuso. Inoltre, ha ribadito che la stabilizzazione, per avere efficacia 'sanante', deve essere una misura riparatoria diretta attuata dallo stesso datore di lavoro responsabile. Infine, fatti come la stabilizzazione avvenuti dopo la sentenza di appello non possono essere valutati nel giudizio di Cassazione.
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Licenziamento nullo: è possibile la rinnovazione?
Un lavoratore contesta un licenziamento orale seguito da uno scritto. La Cassazione, confermando la decisione di merito, stabilisce che un licenziamento nullo per vizio di forma può essere validamente rinnovato. Il risarcimento del danno per il lavoratore è limitato al solo periodo intercorrente tra i due atti. La Corte dichiara inoltre inammissibili i motivi di ricorso volti a una nuova valutazione dei fatti, come le richieste di differenze retributive e la contestazione di una compensazione con crediti vantati dall'azienda.
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Licenziamento ritorsivo dopo rifiuto part-time: è nullo
Un'azienda di supermercati licenzia un dipendente per giustificato motivo oggettivo, adducendo una crisi del reparto. La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito, qualificando il recesso come un licenziamento ritorsivo, poiché avvenuto subito dopo il rifiuto del lavoratore di trasformare il suo contratto in part-time. La Corte ha ritenuto il licenziamento nullo, con diritto alla reintegrazione.
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Licenziamento collettivo: limiti e criteri di scelta
Un lavoratore impugna un licenziamento collettivo, sostenendo che i criteri di scelta avrebbero dovuto includere tutti gli stabilimenti aziendali. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, confermando la legittimità della decisione aziendale di limitare la platea dei lavoratori a una singola unità produttiva, a condizione che tale scelta sia sorretta da valide e comprovate motivazioni tecnico-organizzative comunicate in modo trasparente.
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Notifica al difensore: valida anche su PEC non eletta
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 18534/2024, ha confermato un principio fondamentale del processo telematico: la notifica al difensore di una sentenza è sempre valida se eseguita all'indirizzo PEC risultante dai pubblici registri, anche se la parte aveva eletto un diverso domicilio digitale o la notifica era stata indirizzata a uno solo dei codifensori. La Corte ha rigettato il ricorso di una società, il cui appello era stato dichiarato tardivo, stabilendo la prevalenza del domicilio digitale ufficiale sull'elezione di domicilio fatta negli atti processuali.
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Assunzione a tempo indeterminato: non è un diritto
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni lavoratori che, pur inseriti in una graduatoria definitiva, chiedevano l'assunzione a tempo indeterminato presso un'Azienda Sanitaria. La Corte ha stabilito che la stabilizzazione del personale precario non è un diritto soggettivo, ma una scelta discrezionale della Pubblica Amministrazione, soggetta a vincoli di bilancio e fabbisogno organico. Il ricorso è stato respinto anche per vizi procedurali, in quanto la domanda per il tempo indeterminato era stata proposta in via subordinata e i motivi di ricorso non affrontavano correttamente le ragioni della decisione d'appello.
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Impugnazione licenziamento PEC: Word file è valido
Un lavoratore ha impugnato il proprio licenziamento tramite una PEC inviata dal suo avvocato, allegando un semplice file Word non firmato. La Corte d'Appello aveva dichiarato l'atto inefficace per vizi di forma. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che per l'impugnazione licenziamento PEC è sufficiente qualsiasi atto scritto idoneo a manifestare in modo certo la volontà del lavoratore, in linea con un principio di sostanza sulla forma. La modificabilità del file è irrilevante se la controparte non ne contesta l'autenticità.
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Contratto di agenzia: quando non è lavoro subordinato
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 18494/2024, ha respinto il ricorso di un lavoratore che chiedeva il riconoscimento del suo rapporto, formalizzato come contratto di agenzia in 'tentata vendita', quale lavoro subordinato. La Corte ha confermato la decisione d'appello, sottolineando che l'assenza di eterodirezione da parte dell'azienda e la presenza di un concreto rischio d'impresa a carico dell'agente sono elementi decisivi per escludere la subordinazione, anche a fronte di un rapporto durato oltre dieci anni.
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Prove atipiche: licenziamento legittimo, dice la Cassazione
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento di una dipendente pubblica, accusata di aver ricevuto somme non dovute da alcuni utenti. La decisione si fonda sull'utilizzo di prove atipiche, come le dichiarazioni degli stessi utenti, ritenute valide perché inserite in un quadro probatorio complessivo e discusse nel corso del giudizio, nel rispetto del principio del contraddittorio. La Corte ha stabilito che tali elementi, seppur non formalizzati come testimonianze classiche, possono essere legittimamente valutati dal giudice per accertare i fatti contestati.
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Decadenza sanzioni contributive: annullata ingiunzione
Una sentenza del Tribunale di Torino ha annullato un'ordinanza di ingiunzione per omesso versamento di contributi. La decisione si fonda sulla decadenza sanzioni contributive, in quanto l'ente previdenziale ha notificato la violazione oltre il termine perentorio di 90 giorni dal suo accertamento, perdendo così il diritto di irrogare la sanzione.
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