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Diritto del Lavoro

Vittima del Dovere: lo status è imprescrittibile
Un agente di Polizia, aggredito in servizio nel 1992, ha richiesto nel 2018 il riconoscimento dello status di Vittima del Dovere. L'Amministrazione ha respinto la domanda per prescrizione. Il Tribunale di Venezia ha stabilito che lo status di Vittima del Dovere è un diritto imprescrittibile, in quanto attiene a una qualità della persona. Tuttavia, i singoli benefici economici che ne derivano, come l'elargizione una tantum, sono soggetti alla prescrizione decennale. Di conseguenza, il giudice ha riconosciuto lo status al ricorrente, ma ha dichiarato prescritta la pretesa economica principale, ammettendo solo i benefici non ancora prescritti.
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Pensione di reversibilità e recupero indebito: cosa fare?
Una vedova ha ricevuto la pensione di reversibilità, dichiarando la presenza di un'ex coniuge del defunto. Anni dopo, una sentenza ha diviso la pensione, generando un pagamento in eccesso a favore della vedova. Il Tribunale ha stabilito che l'ente previdenziale ha diritto al recupero indebito delle somme, poiché la causa non è un errore dell'ente ma una decisione giudiziaria successiva. La buona fede della vedova non è stata ritenuta sufficiente a bloccare la restituzione.
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Massimale pensionabile spettacolo: la Cassazione decide
Un lavoratore dello spettacolo aveva ottenuto la riliquidazione della pensione senza l'applicazione del tetto retributivo. L'Ente Previdenziale ha impugnato la decisione. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che il massimale pensionabile spettacolo deve essere applicato anche alla "quota B" della pensione (anzianità maturate dopo il 1992). Secondo la Corte, tale limite non è mai stato abrogato ed è un elemento essenziale per bilanciare il sistema previdenziale specifico del settore.
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Prescrizione contributi: appello inammissibile
Una professionista si opponeva al pagamento di somme richieste da un ente previdenziale, sostenendo l'avvenuta prescrizione contributi. La Corte di Cassazione ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, confermando che gli estratti conto inviati dall'ente erano atti idonei a interrompere la prescrizione. La Corte ha chiarito che non è possibile, in sede di legittimità, rimettere in discussione l'accertamento dei fatti svolto dai giudici di merito, sanzionando inoltre la ricorrente per abuso del processo.
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Contributo di solidarietà: Cassazione dice no
Un ente previdenziale professionale ha impugnato la sentenza che riteneva illegittimo il contributo di solidarietà imposto a un pensionato. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando l'orientamento consolidato che nega tale potere alle casse privatizzate e ha sanzionato l'ente per abuso del processo. Il termine di prescrizione per la restituzione è decennale.
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Massimale pensionabile spettacolo: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27022/2024, ha stabilito che il massimale pensionabile spettacolo deve essere applicato anche alla quota di pensione maturata dopo il 31 dicembre 1992 (c.d. Quota B). La Corte ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito che avevano escluso l'applicazione di tale tetto, affermando che la norma non è mai stata abrogata ed è coessenziale a un sistema previdenziale, quello per i lavoratori dello spettacolo, nel complesso più favorevole rispetto a quello generale. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per una nuova decisione conforme a questo principio.
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Massimale pensionabile: la Cassazione fa chiarezza
La Corte di Cassazione ha stabilito che il massimale pensionabile si applica anche alla 'quota B' delle pensioni dei lavoratori dello spettacolo (ex ENPALS). Accogliendo il ricorso dell'ente previdenziale, ha annullato la decisione di merito che escludeva tale limite, rinviando il caso per un nuovo calcolo.
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Massimale pensionabile: la Cassazione fa chiarezza
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27015/2024, ha stabilito che il massimale pensionabile previsto per i lavoratori dello spettacolo si applica anche alla "quota B" della pensione, maturata dopo il 31 dicembre 1992. La Corte ha chiarito che tale limite non è stato abrogato dalle riforme successive e costituisce un elemento essenziale del regime previdenziale di favore di questa categoria. La sentenza di merito, che aveva escluso l'applicazione del tetto, è stata quindi annullata con rinvio.
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Ruolo provvisorio ad esaurimento: vale per la carriera?
Un lavoratore inserito in un "ruolo provvisorio ad esaurimento" presso un Ministero è stato escluso da una selezione per la progressione di carriera, riservata al personale di ruolo. La Corte di Cassazione ha dato ragione all'Amministrazione, stabilendo che lo status temporaneo del lavoratore non era equiparabile a quello di dipendente di ruolo, requisito necessario per la partecipazione. La sentenza chiarisce la natura transitoria di tale inquadramento, finalizzato solo alla ricollocazione del personale.
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Progressione economica: CCNL vince sul bando di concorso
Un Ministero ha impugnato una decisione che annullava un bando per progressione economica, il quale stabiliva requisiti di anzianità basati sulla data di scadenza della domanda anziché sulla data retroattiva di decorrenza del nuovo inquadramento. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che per la progressione economica orizzontale, le norme del Contratto Collettivo Nazionale (CCNL) prevalgono sulla normativa generale dei concorsi pubblici. Di conseguenza, il requisito di anzianità biennale doveva essere maturato entro la data di decorrenza della progressione, come implicitamente richiesto dal CCNL.
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Rinuncia ricorso cassazione e spese legali compensate
Un dirigente pubblico ha presentato ricorso in Cassazione per una questione legata alla retribuzione di anzianità. Prima dell'udienza, ha presentato una rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, accogliendo la rinuncia, ha dichiarato estinto il giudizio. In via eccezionale, ha disposto la compensazione integrale delle spese legali tra le parti, motivando la decisione sulla base della novità della questione giuridica, già riconosciuta in un precedente caso analogo.
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Retribuzione dirigente medico: no extra per debito orario
La Cassazione ha stabilito che la retribuzione del dirigente medico è onnicomprensiva e non oraria. Pertanto, non spetta un compenso extra per le ore lavorate in più a causa di un errato calcolo del debito orario da parte dell'ASL durante le assenze. Il ricorso della dottoressa è stato respinto.
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Retribuzione onnicomprensiva: no extra per il medico
Un dirigente medico ha lavorato ore aggiuntive a causa di un calcolo errato delle sue giornate di assenza da parte dell'azienda sanitaria. La Corte di Cassazione ha stabilito che il medico non ha diritto a un compenso extra, poiché la sua retribuzione onnicomprensiva, su base mensile, copre già tutte le prestazioni. L'orario di 38 ore settimanali è un minimo e non un massimo, e il superamento è legato al raggiungimento di obiettivi, non a pagamenti aggiuntivi.
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Retribuzione onnicomprensiva: no extra per il personale EP
Una dipendente universitaria di categoria EP si è vista negare dalla Corte di Cassazione il diritto a un compenso aggiuntivo per attività svolte in favore di soggetti esterni, sulla base di una convenzione stipulata dall'Ateneo. La Corte ha stabilito che il principio della retribuzione onnicomprensiva, previsto dai contratti collettivi per tale categoria, assorbe anche queste prestazioni, in quanto rientranti nel profilo professionale e non derogabili da normative precedenti come il D.P.R. 382/1980.
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Ruolo provvisorio ad esaurimento: esclusione da selezioni
La Corte di Cassazione ha stabilito che un dipendente inserito in un "ruolo provvisorio ad esaurimento" presso un Ministero non può essere equiparato al personale di ruolo di quella stessa amministrazione. Di conseguenza, è legittima la sua esclusione da una procedura di progressione economica interna, in quanto tale status ha la sola funzione di gestire la transizione del lavoratore verso una collocazione definitiva, senza conferire i diritti del personale di ruolo.
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Clausola di ultrattività CCNL: quando si può recedere?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26958/2024, ha stabilito che un datore di lavoro non può recedere unilateralmente da un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) che contenga una clausola di ultrattività. Tale clausola estende l'efficacia del contratto fino alla stipulazione di un nuovo accordo, configurando un termine finale certo nell'evento ma non nella data. La Corte ha inoltre chiarito che il recesso dall'associazione datoriale non esonera dall'obbligo di applicare il CCNL in vigore e che la continuata applicazione di un CCNL rinnovato, anche dopo aver manifestato l'intenzione di recedere, costituisce un comportamento concludente che vincola l'azienda al nuovo accordo.
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Notifica compiuta giacenza: la prova della ricezione CAD
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di una cittadina contro una sanzione dell'Ispettorato del Lavoro, la cui opposizione era stata giudicata tardiva. La Corte ha stabilito che la notifica compiuta giacenza non si perfeziona con la sola spedizione della Comunicazione di Avvenuto Deposito (CAD), ma richiede la prova della sua effettiva ricezione da parte del destinatario. In assenza di tale prova (l'avviso di ricevimento), la notifica è nulla e il termine per l'impugnazione non decorre.
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Clausola di ultrattività CCNL: quando è valido il recesso?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26947/2024, ha stabilito che la clausola di ultrattività in un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) lo trasforma in un contratto a termine, la cui scadenza coincide con la stipula di un nuovo accordo. Di conseguenza, il singolo datore di lavoro non può recedere unilateralmente prima di tale scadenza. Nel caso specifico, un'associazione sanitaria che aveva tentato di applicare un CCNL diverso è stata comunque vincolata al rinnovo del precedente contratto, anche a seguito di un suo comportamento concludente consistito nel continuare ad applicarlo dopo la scadenza.
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Compenso variabile: no se P.A. non fissa obiettivi
Un commissario straordinario ha richiesto il pagamento di un compenso variabile legato al raggiungimento di obiettivi. Tuttavia, la Pubblica Amministrazione non ha mai definito tali obiettivi. La Corte di Cassazione ha stabilito che la fissazione degli obiettivi rientra nel potere discrezionale dell'Amministrazione e non costituisce un obbligo. Di conseguenza, in assenza di obiettivi predeterminati, non sorge il diritto al compenso variabile né a un risarcimento per perdita di chance, respingendo il ricorso del commissario.
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Falsa attestazione presenza: licenziamento legittimo
Un dipendente pubblico è stato licenziato per assenteismo sistematico, consistito nell'allontanarsi dall'ufficio senza timbrare e nel dichiarare falsamente missioni esterne. La Corte di Cassazione ha confermato il licenziamento, specificando che tale condotta integra una "falsa attestazione presenza". La Corte ha chiarito che l'azione disciplinare era tempestiva e che il giudice deve sempre valutare la proporzionalità del licenziamento, anche in casi di infrazioni legalmente tipizzate.
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