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Diritto del Lavoro

Annullamento crediti previdenziali: rinvio al ruolo
Una cassa di previdenza professionale ha impugnato in Cassazione la sentenza che applicava l'annullamento automatico dei crediti iscritti a ruolo prima del 1999. La Corte Suprema, data la presenza di un caso analogo pendente, ha emesso un'ordinanza interlocutoria di rinvio, sospendendo la decisione sull'argomento dell'annullamento crediti previdenziali per garantire coerenza giurisprudenziale.
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Annullamento debiti e Cassa Forense: caso in Cassazione
Una Cassa di previdenza privata si oppone all'applicazione della normativa sull'annullamento debiti statali ai propri crediti contributivi. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha rinviato la decisione sul caso. La questione centrale è se le leggi di sanatoria fiscale, che prevedono la cancellazione automatica di vecchi debiti di importo limitato, possano ledere l'autonomia e i diritti patrimoniali di un ente previdenziale privato. La Corte ha sospeso il giudizio per attendere l'esito di un procedimento con questioni giuridiche analoghe, al fine di garantire un'interpretazione uniforme della legge.
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Ricorso inammissibile: requisiti secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un'azienda sanitaria contro la sentenza che riconosceva il diritto ai buoni pasto a un infermiere per i turni notturni. La decisione si fonda su vizi procedurali: il ricorso mancava di specificità e criticava la motivazione in modo non conforme alla legge, limitandosi a citare un'altra sentenza favorevole anziché contestare puntualmente la decisione impugnata.
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Diritto buono pasto: sì anche per il turno notturno
Una dipendente di un'azienda sanitaria pubblica ha richiesto il riconoscimento del suo diritto al buono pasto per i turni notturni. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell'azienda, confermando che il diritto buono pasto è una misura assistenziale legata alla durata del turno di lavoro (superiore a sei ore), a prescindere che sia diurno o notturno. La Corte ha inoltre ribadito che la prescrizione per questo diritto è decennale e non quinquennale.
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Buono pasto turno notturno: la Cassazione decide
Un'infermiera ha richiesto i buoni pasto per i suoi turni notturni svolti tra il 2002 e il 2008. La Corte d'Appello le ha dato ragione, interpretando gli accordi collettivi e aziendali. L'azienda sanitaria ha fatto ricorso in Cassazione, ma la Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile per vizi di forma. La decisione conferma il diritto al buono pasto per il turno notturno in base alla specifica articolazione oraria, consolidando la sentenza di secondo grado.
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Inquadramento pubblico impiego: come si determina?
Una lavoratrice, trasferita da un ente postale privatizzato a un'amministrazione statale, ha contestato il suo inquadramento professionale. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo un principio fondamentale per l'inquadramento nel pubblico impiego in casi di mobilità: il confronto per la nuova qualifica non va fatto con l'ultima posizione detenuta nell'ente privatizzato, ma con la qualifica originaria dell'ordinamento pubblicistico. La sentenza della Corte d'Appello è stata annullata e il caso rinviato per una nuova valutazione.
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Inquadramento superiore: stop a promozioni automatiche
Un operaio agricolo di una Regione aveva ottenuto in primo e secondo grado il riconoscimento di un inquadramento superiore per le mansioni svolte. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che al rapporto di lavoro si applica la disciplina del pubblico impiego. Di conseguenza, lo svolgimento di mansioni superiori non comporta il diritto automatico alla promozione, ma solo a differenze retributive. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per una nuova valutazione basata su questo principio.
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Giudicato nazionale: resiste al diritto europeo?
Un dipendente pubblico, dopo un complesso iter giudiziario conclusosi con un giudicato nazionale a lui sfavorevole, si è opposto alla richiesta di restituzione di somme precedentemente percepite, invocando sentenze europee successive. La Corte d'Appello ha confermato la prevalenza del giudicato nazionale. Il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione, ma ha successivamente rinunciato. La Suprema Corte ha quindi dichiarato l'estinzione del giudizio, compensando le spese legali in considerazione del comportamento processuale del rinunciante.
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Ricorso inammissibile: i requisiti di specificità
La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da una società contro la sentenza che confermava il pagamento di un'indennità risarcitoria a una ex dipendente. Il licenziamento era stato giudicato inefficace. Il motivo principale dell'inammissibilità è stata la genericità e la non pertinenza dei motivi di ricorso, che non hanno criticato efficacemente la decisione della Corte d'Appello, oltre a vizi procedurali come l'omessa riproduzione di atti essenziali.
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Appalto illecito: Cassazione su organizzazione e rischio
Una azienda sanitaria ha impugnato una sentenza che qualificava il suo contratto di servizi con una cooperativa come un appalto illecito. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione. Il punto cruciale non era la tipologia di appalto, ma la mancanza di un'autonoma organizzazione e dell'assunzione del rischio d'impresa da parte della cooperativa, elementi che rendono l'appalto illecito. La sentenza ribadisce che la Cassazione non può riesaminare i fatti del caso.
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Appalto non genuino: quando è illecita manodopera
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un'azienda sanitaria pubblica, confermando che il contratto di appalto con una cooperativa sociale era un appalto non genuino, configurando una somministrazione illecita di manodopera. Elemento decisivo è stata la mancanza di un'autonoma organizzazione e dell'assunzione del rischio d'impresa da parte della cooperativa, anche in un contesto di appalto "labour intensive". L'inammissibilità è derivata dal tentativo della ricorrente di ottenere un riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità.
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Appalto genuino: Cassazione su autonomia e rischio
Una lavoratrice, dipendente di una cooperativa ma operante presso un'azienda sanitaria, ha ottenuto il riconoscimento del rapporto di lavoro con quest'ultima. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'azienda sanitaria, confermando che il contratto era una somministrazione illecita di manodopera e non un appalto genuino, data la mancanza di autonomia organizzativa e di assunzione del rischio d'impresa da parte della cooperativa. La Corte ha ribadito che il suo ruolo è valutare la corretta applicazione della legge, non riesaminare i fatti.
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Appalto non genuino: la Cassazione sui criteri
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un'azienda sanitaria, confermando la condanna per un appalto non genuino. Il contratto con una cooperativa è stato ritenuto una somministrazione illecita di manodopera, poiché la cooperativa non possedeva una reale autonomia organizzativa né si assumeva il rischio d'impresa. La Corte ha ribadito che la sua funzione è giudicare la legittimità, non riesaminare i fatti del merito.
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Appalto non genuino: quando è illecito? Guida pratica
Un lavoratore, formalmente dipendente di una cooperativa ma operante presso un'azienda sanitaria, ha ottenuto il riconoscimento della non genuinità del contratto di appalto tra i due enti. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna dell'azienda sanitaria al risarcimento del danno, sottolineando che un appalto non genuino si configura quando l'appaltatore manca di una propria organizzazione autonoma e non assume il rischio d'impresa, limitandosi a fornire manodopera. L'appello dell'azienda sanitaria è stato dichiarato inammissibile perché mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.
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Appalto non genuino: la Cassazione chiarisce
Un lavoratore, formalmente dipendente di una cooperativa ma operante presso una ASL, ha ottenuto il riconoscimento delle differenze retributive, sostenendo che il contratto fosse un appalto non genuino. Con l'ordinanza 20200/2024, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della ASL, confermando la condanna. Il punto cruciale è stata la dimostrata assenza di un'autonoma organizzazione e di un rischio d'impresa in capo alla cooperativa, elementi essenziali per la validità di qualsiasi appalto, anche quelli "labour intensive".
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Appalto non genuino: quando è illecito? Cassazione
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un'azienda sanitaria pubblica, confermando che il contratto con una cooperativa era un appalto non genuino. Anche negli appalti "labour intensive", è essenziale che l'appaltatore mantenga un'organizzazione autonoma e si assuma il rischio d'impresa, altrimenti si configura una somministrazione illecita di manodopera. L'inammissibilità deriva dal tentativo di far riesaminare i fatti del merito, non consentito in sede di legittimità.
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Sanzione disciplinare: illegittima se la condotta è giustificata
Una società sanitaria ha imposto una sanzione disciplinare di 3 giorni di sospensione a una dipendente per aver nutrito dei gatti al di fuori dell'area designata. La lavoratrice ha dimostrato che la sua azione era finalizzata a catturare una gatta per la sterilizzazione, un compito legato alla sua gestione della colonia felina aziendale. La Corte d'Appello ha confermato la sentenza di primo grado che annullava la sanzione disciplinare, ritenendo la condotta della dipendente giustificata e non punibile, in quanto mirata a un obiettivo legittimo e connesso alle sue mansioni.
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Assegno ad personam: garantita la retribuzione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20197/2024, ha confermato il diritto all'assegno ad personam per i dipendenti pubblici trasferiti tramite mobilità a un'altra amministrazione con un trattamento economico inferiore. La Corte ha stabilito che la riforma introdotta con la legge n. 246/2005 non ha abolito il principio di irriducibilità della retribuzione, ma ha solo chiarito che il nuovo rapporto di lavoro sarà regolato, per il futuro, dalle norme dell'ente di destinazione. Di conseguenza, il lavoratore ha diritto a un assegno riassorbibile per colmare la differenza retributiva.
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Appalto non genuino: la condanna del committente
Una lavoratrice, formalmente dipendente di una cooperativa ma operante presso un'azienda sanitaria, ha ottenuto il riconoscimento di un appalto non genuino. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna dell'azienda sanitaria al risarcimento del danno, stabilendo che anche in un appalto "leggero" (labour intensive) è indispensabile che l'appaltatore mantenga una propria autonomia organizzativa e si assuma il rischio d'impresa. Il ricorso del committente, volto a una rivalutazione dei fatti, è stato dichiarato inammissibile.
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Appalto non genuino: Cassazione e onere organizzativo
Una lavoratrice, formalmente dipendente di una cooperativa ma operante presso un'azienda sanitaria, ha ottenuto il risarcimento del danno per l'accertamento di un appalto non genuino. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'azienda sanitaria, confermando che per la genuinità di un appalto, anche se "leggero" o ad alta intensità di manodopera, è indispensabile che l'appaltatore disponga di un'autonoma organizzazione e si assuma il rischio d'impresa, elementi che la corte di merito aveva ritenuto mancanti nel caso di specie.
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