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Diritto del Lavoro

Notifica PEC non valida? Il mittente non in registri
Un contribuente ha impugnato una cartella di pagamento sostenendo la nullità della notifica PEC perché l'indirizzo del mittente non era presente nei pubblici registri. Il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso, chiarendo che la legge richiede che solo l'indirizzo del destinatario provenga da elenchi pubblici, garantendo così la certezza della ricezione. La sentenza ha inoltre rigettato l'eccezione di prescrizione, tenendo conto degli atti interruttivi e della sospensione dei termini per l'emergenza Covid-19.
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Patto di Prova: licenziamento e onere della prova
Una lavoratrice ha citato in giudizio l'azienda per differenze retributive e per l'illegittimità del licenziamento avvenuto durante il patto di prova. Il Tribunale di Milano ha accolto la domanda per il pagamento delle somme dovute, ma ha respinto l'impugnazione del licenziamento, ritenendolo un valido recesso durante il patto di prova. La sentenza chiarisce l'onere della prova a carico del datore di lavoro per i pagamenti e la non retroattività delle nuove norme sulla durata del patto di prova.
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Termine impugnazione: quando non si applica la sosta
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso perché tardivo. Il caso chiarisce che per le controversie in materia di previdenza, il termine impugnazione di sei mesi non è soggetto alla sospensione feriale, decorrendo ininterrottamente dalla pubblicazione della sentenza.
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Inquadramento superiore: quando è legittimo?
Una società di trasporti ha impugnato la decisione della Corte d'Appello che riconosceva a un dipendente il diritto all'inquadramento superiore per le mansioni svolte. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l'accertamento delle attività lavorative concrete spetta al giudice di merito e non può essere rivalutato in sede di legittimità se la motivazione è adeguata. La Suprema Corte ha confermato il corretto utilizzo del procedimento trifasico per la determinazione dell'inquadramento.
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Indennità agente unico: la Cassazione fa chiarezza
La Corte di Cassazione analizza il caso di un'azienda di trasporti che aveva interrotto il pagamento dell'indennità agente unico a un dipendente, a seguito di una legge regionale. A differenza dei giudici di merito, la Cassazione ha ritenuto fondamentale valutare gli accordi collettivi che avevano ristrutturato l'intero profilo retributivo, annullando la sentenza precedente e rinviando la causa alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Ricorso inammissibile: valutazione prove e limiti
Una lavoratrice domestica ha presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza che aveva respinto le sue richieste di differenze retributive, ritenendole prescritte. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che non è possibile utilizzare il giudizio di legittimità per ottenere una nuova valutazione delle prove, competenza esclusiva dei giudici di merito. L'ordinanza chiarisce i rigorosi limiti del vizio di omesso esame di un fatto decisivo.
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Improcedibilità ricorso Cassazione: relata mancante
La Corte di Cassazione dichiara l'improcedibilità del ricorso per cassazione presentato da una società contro una sentenza della Corte d'Appello. La decisione si fonda sul mancato deposito, entro i termini di legge, della copia della sentenza impugnata munita della relazione di notificazione, un adempimento considerato inderogabile e non sanabile tardivamente.
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Cessione ramo d’azienda nulla: stipendio integrale
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31185/2025, ha rigettato il ricorso di una società IT, confermando la sua condanna al pagamento integrale delle retribuzioni a favore di alcuni lavoratori. Il caso riguarda una cessione di ramo d'azienda dichiarata nulla. I giudici hanno ribadito che, in tale ipotesi, il rapporto di lavoro con il cedente non si interrompe mai. Di conseguenza, il datore di lavoro che non riammette in servizio il dipendente che offre la propria prestazione è tenuto a versare l'intera retribuzione, senza poter detrarre quanto percepito dal lavoratore presso l'azienda cessionaria. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale consolidato in materia di cessione ramo d'azienda nulla.
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Danno professionale: la liquidazione è equitativa
Un lavoratore ha impugnato in Cassazione la sentenza che riduceva il suo risarcimento per danno professionale, calcolato sulla base dello stipendio netto anziché lordo. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che la scelta del parametro per la liquidazione equitativa del danno rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, se la motivazione è logica, seppur sintetica.
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Errore di fatto: revoca e spese legali in Cassazione
La Corte di Cassazione revoca una propria precedente ordinanza a causa di un errore di fatto nel calcolo dei termini per la notifica di un controricorso. Inizialmente, la Corte aveva negato il rimborso delle spese legali alla parte vittoriosa, ritenendo la sua costituzione tardiva. Accertato l'errore sulla data di notifica, la Corte ha revocato la decisione sulle spese, condannando la parte soccombente al pagamento e compensando le spese del giudizio di revocazione.
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Compenso fase istruttoria: sempre dovuto all’avvocato
La Corte di Cassazione ha stabilito che il compenso per la fase istruttoria è sempre dovuto nella liquidazione delle spese legali, anche in assenza di attività probatorie complesse. La semplice analisi degli atti e dei documenti di controparte è sufficiente a giustificare tale voce di spesa. La Corte ha riformato una sentenza d'appello che aveva erroneamente escluso tale compenso, ricalcolando l'importo corretto in favore del legale del cittadino vittorioso contro un ente previdenziale.
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Frazionamento del credito: quando è vietato agire?
Un lavoratore ha fatto causa per differenze retributive, ma la sua domanda è stata respinta in tutti i gradi di giudizio. La Cassazione conferma la decisione, evidenziando due principi cruciali: l'inammissibilità del ricorso che non contesta tutte le ragioni della sentenza impugnata (ratio decidendi) e il divieto di frazionamento del credito in assenza di un interesse specifico, consolidando un importante orientamento giurisprudenziale.
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Utilizzabilità videoriprese: accordi e limiti
La Corte di Cassazione ha confermato l'illegittimità del licenziamento di un croupier, basato su prove da videosorveglianza. La sentenza stabilisce che l'utilizzabilità delle videoriprese è preclusa se un contratto collettivo, recependo le limitazioni di un'autorizzazione amministrativa, ne vieta l'uso per fini disciplinari. Questa clausola, espressione dell'autonomia collettiva, prevale come condizione di maggior favore per il lavoratore, rendendo le prove inutilizzabili e il licenziamento privo di giusta causa.
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Controllo investigativo dipendente: quando è legale?
Un lavoratore, guardia campestre, è stato licenziato per giusta causa dopo che un'indagine privata ha rivelato che falsificava i rapporti di servizio, attestando di trovarsi in luoghi diversi da quelli effettivi. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento, chiarendo che il controllo investigativo dipendente è ammesso se finalizzato ad accertare comportamenti illeciti e fraudolenti in luoghi pubblici, e non a vigilare sulla mera esecuzione della prestazione lavorativa.
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Ricorso inammissibile: nuove questioni in Cassazione
Un lavoratore presenta ricorso in Cassazione per differenze retributive, sollevando per la prima volta una questione di incostituzionalità. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che non è possibile introdurre nuove questioni in sede di legittimità, e condanna il ricorrente alle spese.
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Continuità del rapporto di lavoro: il caso del licenziamento
Un lavoratore, licenziato da una società e assunto il giorno dopo da un'altra, ha richiesto il riconoscimento dei suoi diritti economici e di anzianità, sostenendo una fittizia interruzione del rapporto. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la mancata impugnazione del licenziamento determina l'estinzione definitiva del primo rapporto di lavoro. Di conseguenza, non è possibile invocare la continuità del rapporto di lavoro e le tutele previste per il trasferimento d'azienda.
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Lavoro subordinato: quando il contratto è fittizio
Un regista radiofonico, assunto per un decennio con contratti di lavoro autonomo da una grande emittente, ha chiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato. Dopo due sentenze negative nei gradi di merito, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. La Corte ha stabilito che, per le professioni intellettuali, la subordinazione va valutata considerando un insieme di indici (continuità, orari, uso di mezzi aziendali, assenza di rischio d'impresa) in modo complessivo e non isolato, annullando la sentenza precedente per errata valutazione delle prove.
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Dequalificazione professionale: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un'azienda pubblica al risarcimento del danno per dequalificazione professionale nei confronti di una dipendente. Dopo averle riconosciuto mansioni superiori, l'azienda l'aveva successivamente privata di responsabilità e risorse. La Corte ha rigettato il ricorso dell'azienda, ribadendo che la valutazione dei fatti spetta ai tribunali di merito e che l'onere di provare la legittimità del cambio di mansioni grava sul datore di lavoro.
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Risarcimento danno precariato: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di una docente al risarcimento del danno per l'illegittima reiterazione di contratti a termine per quasi 27 anni. La Corte ha stabilito che una procedura di assunzione straordinaria, essendo di natura selettiva e non garantendo l'impiego, non costituisce una misura adeguata a sanare l'abuso subito. Pertanto, il Ministero dell'Istruzione è stato condannato a versare il risarcimento danno precariato, confermando la decisione della Corte d'Appello.
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Giudicato: il principio del dedotto e deducibile
Una lavoratrice del personale ATA, inizialmente esclusa da una graduatoria, ottiene il reinserimento con una sentenza passata in giudicato. Successivamente, il Ministero la esclude di nuovo, contestando la validità del suo titolo di studio, questione non sollevata nel primo giudizio. La Corte di Cassazione ha stabilito che la seconda esclusione è illegittima. Il diritto della lavoratrice all'inserimento era ormai coperto dal precedente giudicato, che si estende non solo a quanto discusso (il dedotto), ma anche a quanto si sarebbe potuto discutere (il deducibile), come la validità del titolo, quale presupposto del diritto stesso.
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