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Diritto del Lavoro

Presunzione di subordinazione: la Cassazione decide
Un professionista con Partita IVA, dopo la fine del suo rapporto con una compagnia assicurativa, ha ottenuto in appello il riconoscimento di un lavoro subordinato. La Corte d'Appello ha applicato una presunzione di subordinazione, condannando l'azienda. La compagnia ha impugnato la decisione in Cassazione, sostenendo l'errata applicazione della norma. La Suprema Corte, ravvisando la rilevanza delle questioni legali sollevate, in particolare riguardo alla tutela in caso di licenziamento, ha emesso un'ordinanza interlocutoria rinviando il caso a una pubblica udienza per una decisione di portata generale.
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24 CFU e laurea: non bastano per le graduatorie docenti
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26914/2024, ha stabilito che il possesso congiunto di 24 CFU e laurea non equivale all'abilitazione all'insegnamento. Di conseguenza, tali titoli non sono sufficienti per l'inserimento nella prima fascia delle graduatorie provinciali o nella seconda fascia delle graduatorie di istituto. La Corte ha chiarito che questi requisiti consentono solo la partecipazione ai concorsi, ma non conferiscono la qualifica di docente abilitato, ribadendo la netta distinzione tra titolo di studio e titolo abilitante.
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Domanda giudiziale: limiti e corretta interpretazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un lavoratore, confermando che una domanda giudiziale proposta contro una società e i suoi soci non può portare alla condanna di uno dei soci a titolo personale. La decisione sottolinea l'importanza del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ribadendo che la società e la persona fisica del socio sono soggetti giuridici distinti e non sovrapponibili.
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Retribuzione convenzionale: legittima per i dipendenti
Un dipendente pubblico in servizio all'estero ha contestato l'uso di una retribuzione convenzionale, inferiore a quella reale, per il calcolo dei contributi. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la piena legittimità della normativa speciale che prevede tale metodo di calcolo, in quanto la condizione dei lavoratori all'estero è ritenuta non paragonabile a quella di chi opera in Italia.
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Progressione professionale: valutazione e onere della prova
Un lavoratore si è visto negare la promozione a un livello superiore perché, secondo la Corte d'Appello, mancava la prova di una valutazione positiva richiesta dal contratto aziendale. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che i giudici di merito hanno errato nel non considerare che l'azienda non aveva mai specificamente contestato l'avvenuta valutazione positiva affermata dal dipendente. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che tenga conto del principio di non contestazione e delle prove richieste dal lavoratore.
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Premio di risultato: spetta in caso di licenziamento?
La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto al premio di risultato spetta anche ai lavoratori licenziati prima della data di maturazione, se l'accordo aziendale esclude dal beneficio solo chi "risolve" volontariamente il rapporto. Il termine "risolvono" è stato interpretato come riferito alle dimissioni e non al licenziamento, in quanto la cessazione del rapporto non è dipesa dalla volontà del lavoratore. La Corte ha quindi rigettato il ricorso di un'azienda che negava il premio a un gruppo di dipendenti che aveva licenziato.
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Compensi incentivanti distacco sindacale: la Cassazione
Un dipendente pubblico in distacco sindacale a tempo pieno ha citato in giudizio il proprio datore di lavoro, un istituto di previdenza sociale, per la sospensione dei compensi incentivanti. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le sentenze dei gradi precedenti. La decisione stabilisce che i compensi incentivanti in distacco sindacale non sono dovuti, in quanto si tratta di pagamenti accessori strettamente legati all'effettiva prestazione lavorativa, come previsto da una norma imperativa (D.Lgs. 165/2001). Questo principio prevale su eventuali disposizioni contrarie presenti nei contratti collettivi.
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Incarichi dirigenziali: il ricorso è inammissibile
Una dipendente pubblica ha impugnato l'assegnazione di incarichi dirigenziali ritenendola illegittima e contraria a buona fede. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per motivi procedurali. La ricorrente non aveva trascritto né localizzato gli atti essenziali del procedimento, violando il principio di specificità e impedendo alla Corte di valutare il merito della questione.
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Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: analisi
La Cassazione si pronuncia su un caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, confermando l'illegittimità del recesso per mancata prova dell'obbligo di repêchage. L'ordinanza analizza la natura del rapporto di lavoro, distinguendolo dall'agenzia e applicando le tutele per la collaborazione etero-organizzata. Viene inoltre chiarito che precedenti accordi di conciliazione non impediscono l'accertamento della natura del rapporto per i periodi successivi.
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Responsabilità solidale appalti: il caso dei reparti
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26881/2024, ha stabilito che la responsabilità solidale per i crediti dei lavoratori, tipica dei contratti d'appalto, può essere applicata anche a contratti atipici, come la gestione di un reparto all'interno di un supermercato. Il caso riguardava due lavoratrici di una pescheria gestita da una società terza all'interno di un punto vendita della grande distribuzione. La Corte ha chiarito che, al di là della qualificazione formale del contratto, è necessario verificare se l'operazione configuri un decentramento produttivo che crei un rischio per i lavoratori. La sentenza della Corte d'Appello è stata annullata con rinvio per una nuova valutazione basata su questo principio.
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Doppia ratio decidendi: la Cassazione blinda la sentenza
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un lavoratore per benefici legati all'esposizione all'amianto. La decisione si fonda sul principio della "doppia ratio decidendi": la sentenza d'appello si basava su due motivazioni autonome (prescrizione del diritto e assenza di prova dell'esposizione). Poiché il ricorrente non ha efficacemente contestato una delle due motivazioni, rendendola definitiva, l'intero ricorso è stato dichiarato inammissibile, in quanto l'altra motivazione da sola era sufficiente a sorreggere la decisione.
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Giurisdizione giudice amministrativo: il giudicato prevale
Un ex dipendente pubblico chiede di essere ammesso al passivo di un ente in liquidazione per un credito da retribuzione. La Cassazione respinge il ricorso, confermando che la giurisdizione del giudice amministrativo, una volta consolidata da un giudicato, prevale sulla procedura concorsuale. Il Tribunale fallimentare non può riesaminare un diritto già negato in via definitiva dall'organo giurisdizionale competente.
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Equiparazione retributiva: no agli arretrati senza atto
Un ex militare di un corpo ausiliario ha richiesto il pagamento di arretrati per l'equiparazione retributiva al personale delle Forze Armate. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che l'interpretazione degli atti amministrativi interni che dispongono l'adeguamento è una questione di fatto, non di diritto. Inoltre, né tali atti né i regolamenti contabili interni costituiscono norme di diritto idonee a fondare la pretesa economica.
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Responsabilità del comune: convenzione e segretario
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ente locale contro la sentenza che escludeva la responsabilità del comune convenzionato per la revoca di un segretario. La decisione sottolinea che la responsabilità per la cessazione del rapporto ricade solo sul comune datore di lavoro, a meno che non si provi un contributo causale dell'altro ente, e ribadisce l'inefficacia del ricorso incidentale tardivo se quello principale è inammissibile.
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Perdita di chance: onere della prova e risarcimento
Un dirigente ha citato in giudizio un'amministrazione pubblica per danni derivanti da perdita di chance, sostenendo che le procedure di selezione per incarichi dirigenziali erano illegittime. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, riaffermando che per ottenere un risarcimento non è sufficiente dimostrare l'irregolarità della procedura, ma è indispensabile provare un nesso di causalità e una concreta probabilità di successo che è andata perduta a causa di tale irregolarità.
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Assunzione pubblico impiego: nullo senza concorso
Un giornalista, assunto da un ente regionale senza una procedura concorsuale pubblica, si era dimesso per giusta causa chiedendo la relativa indennità. La Corte di Cassazione ha confermato la nullità del rapporto di lavoro, in quanto l'assunzione pubblico impiego a tempo indeterminato deve inderogabilmente avvenire tramite concorso. Di conseguenza, è stato negato il diritto all'indennità, poiché un contratto nullo non può produrre tali effetti, riconoscendo al lavoratore solo il diritto alla retribuzione per l'attività effettivamente svolta.
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Risarcimento danni: incarico dirigenziale illegittimo
Una dipendente pubblica ha ottenuto il risarcimento danni per il mancato conferimento di un incarico dirigenziale. La Corte di Cassazione ha stabilito che, anche se la procedura si basava su una legge poi dichiarata incostituzionale, il danno era derivato dalla violazione dei principi di correttezza e buona fede da parte dell'Amministrazione, che non aveva effettuato una reale valutazione comparativa tra i candidati. La condotta illegittima dell'ente pubblico fonda autonomamente il diritto al risarcimento.
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Lavoro subordinato: prova e valutazione del giudice
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un lavoratore che chiedeva il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato per prestazioni svolte in un maneggio. La Corte ha stabilito che la valutazione degli elementi probatori che definiscono la subordinazione è un accertamento di fatto riservato al giudice di merito e non può essere oggetto di un nuovo esame in sede di legittimità.
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Licenziamento giusta causa: contestazione modificata
Un supervisore è stato licenziato per giusta causa per aver omesso di sanzionare lavori non autorizzati. L'impugnazione si basava su una lieve modifica della descrizione dei fatti tra la lettera di contestazione e quella di licenziamento. La Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che modifiche marginali che non ledono il diritto di difesa non invalidano il licenziamento per giusta causa, confermando l'utilizzo di prove penali nel giudizio civile.
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Conciliazione lavorativa: blocca la continuità del rapporto?
La Corte di Cassazione ha stabilito che una conciliazione lavorativa, con cui un lavoratore riconosce la natura autonoma di un rapporto e rinuncia a diritti pregressi, se non impugnata entro sei mesi, preclude la possibilità di rivendicare in futuro la continuità di un unico rapporto di lavoro subordinato. Il caso riguardava un informatore scientifico licenziato che sosteneva la natura subordinata del suo rapporto sin dall'inizio, ma i giudici hanno dato peso alle precedenti conciliazioni non contestate, limitando l'analisi solo all'ultimo periodo contrattuale.
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