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Diritto del Lavoro

Giudicato interno: l’appello riapre tutta la questione
Un lavoratore ricorre in Cassazione sostenendo la violazione del giudicato interno, poiché la Corte d'Appello aveva riesaminato un credito non specificamente contestato. La Suprema Corte rigetta il ricorso, affermando che l'appello su un singolo elemento di una statuizione riapre la cognizione sull'intera questione, superando i limiti del giudicato interno.
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Errore di fatto: quando non si può revocare un’ordinanza
Una lavoratrice chiede la revocazione di un'ordinanza della Cassazione, lamentando un errore di fatto nella valutazione del suo rapporto di lavoro. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, specificando che la cattiva valutazione delle prove costituisce un errore di giudizio, non un errore di fatto idoneo a fondare la revocazione.
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Rapporto di lavoro subordinato: quando si applica
La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito, riqualificando un contratto di subagenzia in un rapporto di lavoro subordinato. La Corte ha stabilito che, nonostante il nome del contratto, la reale natura del rapporto era di subordinazione, data l'assenza di rischio d'impresa, la mancanza di organizzazione autonoma da parte del lavoratore e la sua completa inserzione nell'organizzazione aziendale (eterorganizzazione). Il lavoratore, infatti, svolgeva principalmente attività di sostituzione di colleghi e consegna merci, senza una propria clientela o zona, e con ferie e permessi da concordare con l'azienda. La Cassazione ha ritenuto inammissibili i motivi di ricorso dell'azienda, in quanto miravano a una rivalutazione dei fatti già accertati in sede di merito.
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Compensazione spese legali: quando è illegittima?
Una società ha impugnato la decisione di un Tribunale che, pur accogliendo pienamente la sua domanda di annullamento di un'intimazione di pagamento per contributi prescritti, aveva disposto la compensazione delle spese legali. La Corte di Appello ha riformato la sentenza, stabilendo che in caso di accoglimento totale della domanda e in assenza di 'gravi ed eccezionali ragioni', la compensazione spese legali è illegittima e la parte soccombente deve essere condannata al pagamento.
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Rinvio al primo giudice: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione interviene su una controversia tra un'Azienda Sanitaria e i suoi dirigenti medici riguardo a decurtazioni sulla retribuzione. La Corte ha stabilito che, qualora la Corte d'Appello riformi una sentenza di primo grado che aveva erroneamente negato la giurisdizione, non deve decidere nel merito ma deve disporre il rinvio al primo giudice. La sentenza di appello è stata quindi cassata, e il caso è stato rimandato al Tribunale per una nuova valutazione.
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Dimissioni per giusta causa: Sospensione illegittima
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 18263/2024, ha stabilito che la condotta del datore di lavoro che impedisce al dipendente dimissionario di svolgere la propria attività durante il periodo di preavviso costituisce un inadempimento grave. Tale comportamento, che svuota di contenuto la prestazione lavorativa, giustifica le dimissioni per giusta causa del lavoratore, a prescindere dalla breve durata della sospensione e dalla continuazione del pagamento della retribuzione.
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Malattia professionale tabellata: prova delle mansioni
La Corte d'Appello di Salerno conferma il rigetto della domanda di un operaio edile per il riconoscimento di una malattia professionale tabellata. La sentenza sottolinea che, anche per le malattie incluse nelle tabelle di legge, il lavoratore ha l'onere di provare in modo specifico e dettagliato le concrete mansioni usuranti svolte, non essendo sufficiente una descrizione generica delle attività lavorative. La mancanza di tale prova rende inammissibile anche la richiesta di una Consulenza Tecnica d'Ufficio.
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Omessa comunicazione: udienza nulla e sentenza cassata
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d'Appello a causa di un grave vizio procedurale. Un lavoratore non era stato informato dell'anticipazione della data d'udienza, portando alla sua ingiusta dichiarazione di contumacia. L'omessa comunicazione di tale variazione ha violato il principio del contraddittorio, rendendo nulli l'udienza e il provvedimento finale. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio.
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Revoca incarico dirigenziale: quando è atto pubblico
Un ex direttore di un'Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale si oppone alla cessazione del suo rapporto di lavoro. La Corte di Cassazione stabilisce che non si tratta di un licenziamento privato, ma di una revoca di incarico dirigenziale di natura pubblicistica. Poiché l'atto non è stato impugnato nei termini davanti al giudice amministrativo, è divenuto definitivo. Di conseguenza, la successiva dichiarazione di incostituzionalità della legge su cui si basava la revoca non ha effetto sul rapporto, ormai esaurito. La Corte ha inoltre confermato la condanna alla restituzione di emolumenti percepiti senza una formale delibera autorizzativa.
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Retribuzione dirigenti medici: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione interviene sul tema della retribuzione dirigenti medici, confermando la giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie relative al corretto pagamento dello stipendio. Tuttavia, la Corte ha cassato la sentenza d'appello per un vizio procedurale: quando viene riformata una decisione sulla giurisdizione, la causa deve essere rinviata al giudice di primo grado, non decisa nel merito in appello. La vicenda riguardava la pretesa di alcuni medici al pagamento di componenti salariali (minima contrattuale e variabile aziendale) negate dall'Azienda Sanitaria Locale.
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Indennità di rischio: diritto anche in distacco
La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di alcuni dipendenti pubblici, in servizio presso altri enti in regime di distacco, a percepire l'indennità di rischio e di disagio per l'uso prolungato del computer. L'ente pubblico di appartenenza aveva presentato ricorso, sostenendo di non essere il soggetto tenuto al pagamento e contestando le prove fornite. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che il lavoratore può agire contro l'ente titolare del rapporto di lavoro e che le contestazioni dell'ente erano troppo generiche per invalidare le prove del diritto dei lavoratori.
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Platea licenziandi: i limiti alla scelta del datore
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 18215/2024, ha confermato l'illegittimità di un licenziamento collettivo in cui la platea licenziandi era stata limitata ai dipendenti di una sola unità produttiva. La Corte ha ribadito che il datore di lavoro ha l'onere di specificare, fin dall'avvio della procedura, le ragioni tecniche e organizzative di tale scelta e i motivi per cui le mansioni dei lavoratori non sono fungibili con quelle di altri dipendenti in altre sedi. La violazione di questo obbligo costituisce un'errata applicazione dei criteri di scelta, con conseguente diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro.
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Interpretazione contratto dirigente: la Cassazione decide
Un ex amministratore delegato ha richiesto un'indennità milionaria basata su un accordo privato, sostenendo che la società avesse causato la fine del suo incarico. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi precedenti. La sentenza chiarisce che l'interpretazione del contratto del dirigente è di competenza dei giudici di merito e che le dimissioni volontarie per motivi di salute non attivano la clausola di indennizzo prevista per una cessazione del rapporto voluta dall'azienda.
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Qualificazione rapporto di lavoro: no decadenza art.32
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito sulla qualificazione del rapporto di lavoro di una programmista regista da autonomo a subordinato. Con l'ordinanza, la Corte ha stabilito che i termini di decadenza e il regime indennitario previsti dall'art. 32 della L. 183/2010 non si applicano in questi casi, poiché non si tratta di conversione di un contratto a termine nullo, ma di una 'rilettura' complessiva della natura effettiva del rapporto lavorativo, facendo emergere la realtà dei fatti rispetto alla forma contrattuale.
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Lavoro subordinato: quando il ricorso è inammissibile
Un lavoratore ha chiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato come addetto alla sorveglianza per una ditta di parcheggi, ma la sua domanda è stata respinta sia in primo grado che in appello. La Corte di Cassazione ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, ribadendo che non può riesaminare nel merito le prove e i fatti, come le testimonianze, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.
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Licenziamento collettivo dirigente: la Cassazione decide
Un dirigente impugna il proprio licenziamento, avvenuto nell'ambito di una procedura di riduzione del personale. La Corte di Cassazione ha esaminato e respinto il ricorso, dichiarando inammissibili tutti i cinque motivi presentati. La sentenza chiarisce importanti aspetti procedurali sul licenziamento collettivo dirigente, tra cui la gestione delle comunicazioni sindacali, l'onere della prova e i limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione delle prove e sull'esistenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro.
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Pensione e rapporto di lavoro: cosa succede al posto?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 18209/2024, ha stabilito che la percezione della pensione di anzianità non comporta l'automatica estinzione del rapporto di lavoro. In un caso di cessione di ramo d'azienda dichiarata illegittima, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione anche se nel frattempo è andato in pensione. Tuttavia, il diritto alle retribuzioni matura solo dal momento della formale messa in mora del datore di lavoro. La sentenza chiarisce la distinzione tra la relazione previdenziale e quella lavorativa, confermando che la compatibilità tra pensione e rapporto di lavoro è la regola, salvo esplicita volontà contraria del dipendente.
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Retribuzione di posizione: giurisdizione e rinvio
La Corte di Cassazione interviene su una controversia tra alcuni dirigenti medici e un'Azienda Sanitaria Locale riguardo la corretta corresponsione della retribuzione di posizione. La Corte conferma la giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di un diritto soggettivo alla retribuzione. Tuttavia, accoglie il ricorso dell'Azienda su un punto procedurale cruciale: la Corte d'Appello, dopo aver riformato la sentenza di primo grado che negava la propria giurisdizione, avrebbe dovuto rinviare la causa al Tribunale per la decisione nel merito, anziché pronunciarsi direttamente. Di conseguenza, la sentenza d'appello viene cassata con rinvio al giudice di primo grado.
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Condanna alle spese: la parte vittoriosa non paga
Una lavoratrice ottiene un accoglimento parziale della sua richiesta in primo e secondo grado, ma viene condannata a pagare le spese legali della controparte. La Corte di Cassazione interviene, annullando la decisione e stabilendo un principio fondamentale: la parte che vince, anche solo in parte, non può subire una condanna alle spese. Il giudice può al massimo compensare le spese, ma non addebitarle a chi ha visto riconosciuto, almeno in parte, il proprio diritto.
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Clausola sociale: onere della prova nel cambio appalto
In un caso di cambio appalto con riduzione del personale, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'onere della prova sui criteri di selezione dei lavoratori da riassumere grava sull'azienda subentrante. Invocando la clausola sociale, alcuni ex-dipendenti non riassunti avevano fatto causa. La Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito, affermando che l'azienda deve dimostrare di aver utilizzato criteri oggettivi e trasparenti, come una graduatoria, per la scelta del personale, non potendo i lavoratori essere gravati di una prova esplorativa.
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