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Diritto del Lavoro

Accordo conciliativo: preclude il licenziamento?
Un lavoratore firma un accordo conciliativo con la sua azienda per terminare il rapporto di lavoro a una data futura. Successivamente, l'azienda scopre una grave condotta del dipendente, avvenuta prima dell'accordo, e procede al licenziamento per giusta causa. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento, stabilendo che un accordo conciliativo generico non impedisce il recesso per giusta causa basato su fatti gravi scoperti solo in un secondo momento.
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Impugnazione licenziamento: procura scritta essenziale
La Cassazione ha annullato una decisione di merito, stabilendo che l'impugnazione del licenziamento fatta dall'avvocato del lavoratore è inefficace senza una procura scritta precedente o una ratifica scritta entro i 60 giorni. La mera conoscenza da parte del datore di lavoro del mandato non è sufficiente per validare l'atto e impedire la decadenza dall'impugnazione.
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Diritto alla mensa: sì ai buoni pasto per turni lunghi
Un dipendente ospedaliero che lavorava su turni di 12 ore, anche notturni e festivi, ha richiesto il riconoscimento dei buoni pasto per il periodo in cui la mensa aziendale non era operativa. La Corte di Cassazione ha confermato il suo diritto alla mensa, stabilendo che esso è intrinsecamente legato al diritto alla pausa, obbligatoria per ogni turno di lavoro superiore alle sei ore, indipendentemente dall'orario. L'appello dell'azienda, che contestava la chiusura della mensa, è stato respinto perché chiedeva un riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità.
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Pensione complementare una tantum: stop perequazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21689/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di previdenza complementare. La scelta di ricevere la prestazione pensionistica in forma di capitale, ovvero come "pensione complementare una tantum", estingue l'obbligazione periodica e, di conseguenza, fa venir meno anche il diritto alla perequazione (l'adeguamento automatico) per il periodo successivo. La Corte ha accolto il ricorso di un fondo pensione contro la decisione di merito che aveva riconosciuto a ex dipendenti il diritto a tali adeguamenti anche dopo aver incassato il capitale. La decisione chiarisce che il pagamento in capitale sostituisce e conclude il rapporto pensionistico, estinguendo ogni pretesa futura ad esso collegata.
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Iscrizione Gestione separata: reddito e abitualità
La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un professionista a cui un ente previdenziale richiedeva il versamento di contributi per l'iscrizione alla Gestione separata. L'ente sosteneva l'obbligatorietà dell'iscrizione basata sulla natura abituale dell'attività, nonostante il professionista avesse percepito redditi inferiori a 5.000 euro annui. La Corte ha dichiarato il ricorso dell'ente inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. È stato ribadito che un reddito basso non esclude di per sé il requisito dell'abitualità, ma costituisce un indizio che, unitamente ad altri elementi e alla mancata prova contraria da parte dell'ente, può legittimamente portare a qualificare l'attività come occasionale. L'onere della prova della natura abituale dell'attività professionale grava sull'ente previdenziale.
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Gestione Separata avvocati: obbligo e sanzioni
Una professionista ha contestato la richiesta dell'INPS per contributi alla Gestione Separata relativi al 2009, dato il suo reddito inferiore a 5.000 euro e il versamento del contributo integrativo alla cassa di categoria. La Corte di Cassazione ha confermato l'obbligo di versare i contributi, specificando che solo quelli che generano una copertura pensionistica effettiva (e non il contributo integrativo) esonerano dall'iscrizione. Tuttavia, in linea con una sentenza della Corte Costituzionale, ha annullato le sanzioni civili per il periodo antecedente alla legge chiarificatrice del 2011.
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Onere della prova: chi deve dimostrare le ore extra?
Una lavoratrice assunta con contratto part-time ha citato in giudizio il datore di lavoro, sostenendo di aver svolto un orario full-time e chiedendo le differenze retributive. Sebbene il tribunale di primo grado le avesse dato ragione, la Corte d'Appello ha ribaltato la decisione per mancanza di prove. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha confermato la sentenza d'appello, rigettando il ricorso della lavoratrice. Il principio chiave ribadito è che l'onere della prova spetta interamente al lavoratore, il quale deve dimostrare in modo concreto e specifico di aver lavorato un numero di ore superiore a quelle contrattuali. La mancata presentazione del datore di lavoro a un interrogatorio non è, da sola, una prova sufficiente.
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Iscrizione Gestione separata: no sanzioni per avvocati
Un professionista con reddito inferiore alla soglia per l'iscrizione alla cassa di categoria ha contestato l'obbligo di iscrizione alla Gestione separata dell'ente previdenziale. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21682/2024, ha confermato l'obbligo di iscrizione ma ha annullato le sanzioni civili per l'anno 2010. La decisione si fonda su una precedente pronuncia della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità delle sanzioni per i periodi antecedenti a una specifica legge del 2011, data l'incertezza normativa del passato. Di conseguenza, il ricorso principale dell'ente previdenziale, che verteva sulla tipologia di sanzione da applicare, è stato dichiarato assorbito.
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Gestione Separata e professionisti: quando l’obbligo?
Un professionista con un reddito annuo molto basso è stato citato in giudizio dall'ente previdenziale per la mancata iscrizione alla Gestione Separata. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell'ente, stabilendo che non era stata fornita la prova dell'esercizio abituale della professione, requisito indispensabile per l'obbligo contributivo. Il reddito esiguo è stato considerato un forte indizio a sfavore della presunta abitualità dell'attività lavorativa.
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Contributo specialisti esterni: onere della prova
Un'ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso contro una richiesta di pagamento per il contributo specialisti esterni. Il caso vedeva contrapposti un istituto di diagnostica e un ente previdenziale. La Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi di entrambe le parti, confermando le decisioni dei giudici di merito e ribadendo il principio della "doppia conforme", che preclude un nuovo esame dei fatti in sede di legittimità.
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Giurisdizione indebito previdenziale: Cassazione alle SU
Una vedova si oppone alla richiesta di restituzione di quote di pensione di reversibilità erogate per i figli che avevano superato i limiti di età. La Corte d'Appello aveva attribuito la competenza alla Corte dei Conti. La Corte di Cassazione, rilevando un contrasto giurisprudenziale sulla questione della giurisdizione per l'indebito previdenziale, ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite per un verdetto definitivo.
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Notifica ricorso tardiva: quando l’appello è perso
La Cassazione dichiara inammissibile un ricorso a causa di una notifica ricorso tardiva. L'ente ricorrente non ha provato che il fallimento del primo tentativo di notifica non fosse a lui imputabile, rendendo tardiva la seconda e invalidando l'appello. La sentenza sottolinea il rigoroso onere della prova che grava sulla parte notificante per salvare gli effetti della notifica.
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Pensione anticipata invalidi: si applicano le finestre
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21657/2024, ha stabilito che il meccanismo della "finestra mobile", che posticipa di 12 mesi l'erogazione della pensione, si applica anche alla pensione anticipata invalidi con disabilità superiore all'80%. Riformando le decisioni dei gradi inferiori, la Corte ha chiarito che la normativa del 2010 ha carattere generale e non prevede eccezioni per questa categoria, basando la decisione su un'interpretazione letterale della legge e su una giurisprudenza consolidata.
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Responsabilità PA errore dati: chi paga il conto?
La Corte di Cassazione ha stabilito la responsabilità di una PA per un errore nei dati trasmessi a un ente previdenziale, che ha causato un'erogazione pensionistica indebita. L'ente, non potendo recuperare la somma dal pensionato in buona fede, ha agito con successo contro l'amministrazione. La Corte ha chiarito che l'azione legale per l'accertamento del credito è ammissibile, indipendentemente dalle procedure di compensazione finanziaria tra enti pubblici, confermando la piena responsabilità PA errore dati.
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Termine breve impugnazione: la notifica e i suoi effetti
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società assicurativa, confermando che il termine breve impugnazione decorre dalla notifica della sentenza alla parte contumace, anche se eseguita in forma esecutiva. La Corte ha inoltre precisato che il decesso della controparte non interrompe il termine per impugnare per la parte non colpita dall'evento luttuoso, riaffermando la natura strettamente personale della causa di interruzione.
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Qualifica dirigenziale: quando non spetta il livello
Un lavoratore ha richiesto il riconoscimento della qualifica dirigenziale, ma la sua domanda è stata respinta. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che per ottenere la qualifica dirigenziale non è sufficiente il titolo di 'direttore', ma è necessario dimostrare un elevato grado di autonomia, responsabilità e poteri gestionali. Il lavoratore non è riuscito a fornire prove sufficienti, in quanto necessitava di controfirme, la struttura aziendale era modesta e le sue mansioni non incidevano sul governo dell'azienda.
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Pensione anticipata invalidi: sì alle finestre mobili
La Corte di Cassazione ha stabilito che la cosiddetta "finestra mobile", ovvero il periodo di attesa di un anno per l'accesso alla pensione, si applica anche alla pensione anticipata invalidi con disabilità superiore all'80%. L'ordinanza ribalta una precedente decisione della Corte d'Appello, accogliendo il ricorso dell'istituto di previdenza e affermando la portata generale della norma che introduce lo slittamento, senza eccezioni per questa categoria di lavoratori.
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Cessazione materia del contendere: caso in Cassazione
Un istituto di credito aveva impugnato in Cassazione una sentenza della Corte d'Appello che riteneva antisindacale il trasferimento di un suo dipendente, rappresentante sindacale. Durante il procedimento, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo, risolvendo la controversia. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, annullando di fatto la sentenza d'appello e chiudendo il caso sulla base dell'accordo privato raggiunto.
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Accordo sindacale: limiti del ricorso per cassazione
Un lavoratore ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione dopo che i tribunali di merito avevano respinto la sua richiesta di assunzione basata su un accordo sindacale stipulato in seguito a un trasferimento d'azienda. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che l'interpretazione di un accordo rientra nella competenza dei giudici di merito e non può essere riesaminata in Cassazione se non per vizi logici o violazioni di legge. Il ricorso mancava inoltre del requisito di specificità, non consentendo alla Corte di valutare le presunte violazioni.
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Qualifica superiore: quando l’azienda non può revocarla
Un lavoratore si è visto riconoscere una qualifica superiore, poi revocata dall'azienda per un presunto errore. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, dichiarando l'illegittimità della revoca. La Corte ha stabilito che l'errore dell'azienda non era "riconoscibile" dal dipendente e ha rigettato il ricorso della società, ritenendolo inammissibile. La sentenza chiarisce i limiti del giudizio di rinvio e il divieto per la Cassazione di riesaminare i fatti.
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