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Diritto del Lavoro

Danno da demansionamento: onere della prova e risarcimento
Un dirigente ha citato in giudizio il suo ex datore di lavoro, un istituto bancario, per il mancato pagamento di bonus e per danno da demansionamento. Mentre le richieste relative ai bonus sono state respinte, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso per quanto riguarda il demansionamento. La Corte ha stabilito che i giudici di merito avevano errato nel rigettare la richiesta di risarcimento senza prima aver adeguatamente esaminato i fatti allegati dal lavoratore, sottolineando che una descrizione dettagliata delle circostanze del demansionamento è sufficiente per consentire una prova presuntiva del danno. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Rimessione al primo giudice e giurisdizione: la regola
La Corte di Cassazione ha chiarito un importante principio processuale: se la Corte d'Appello riforma una sentenza di primo grado che aveva erroneamente negato la giurisdizione del giudice ordinario, non può decidere la causa nel merito. Deve, invece, disporre la rimessione al primo giudice. La vicenda nasce dalla richiesta di differenze retributive di un dirigente medico contro un'Azienda Sanitaria Locale. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell'Azienda, cassando la sentenza d'appello e rinviando la causa al Tribunale per la decisione sul merito, riaffermando così il diritto delle parti al doppio grado di giudizio.
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Rito del lavoro: quando si applica all’esecuzione?
Un contribuente si oppone a un'intimazione di pagamento per cartelle esattoriali relative a sanzioni amministrative e multe. La Corte d'Appello dichiara l'appello inammissibile per tardività, ritenendo errata la forma del ricorso. La Corte di Cassazione ribalta la decisione, chiarendo che per crediti di natura previdenziale si applica il rito del lavoro. In questo contesto, è sufficiente il tempestivo deposito del ricorso per rispettare i termini, anche se la notifica avviene successivamente. Il rito del lavoro prevale anche in presenza di cause connesse soggette al rito ordinario.
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Trasferimento lavoratore: quando è illegittimo?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un'azienda contro la sentenza che annullava il trasferimento di una lavoratrice. La dipendente, riammessa in servizio dopo una causa, era stata immediatamente trasferita in un'altra regione. L'azienda ha giustificato il provvedimento sulla base di un accordo sindacale per la gestione delle eccedenze di personale. La Suprema Corte ha stabilito che tale accordo non esonera il datore di lavoro dal provare le specifiche e concrete ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il singolo trasferimento lavoratore, confermando l'illegittimità della decisione aziendale.
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Rimborso spese legali: CCNL prevale sulla delibera
La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto di un dipendente pubblico al rimborso delle spese legali è strettamente vincolato alle condizioni previste dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), ovvero la connessione dei fatti con il servizio e l'assenza di conflitto di interessi. Una delibera comunale che promette un rimborso incondizionato, a seguito di assoluzione penale, non può derogare a tali requisiti. Nel caso specifico, l'azione del dipendente (timbrare il cartellino per un collega) non è stata ritenuta connessa al servizio, negando così il diritto al rimborso integrale.
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Indennità di incasso: quando è dovuta all’agente?
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'indennità di incasso non è dovuta in aggiunta alla provvigione se l'incarico di riscuotere i crediti è stato affidato all'agente sin dall'inizio del rapporto contrattuale. In tal caso, si presume che il compenso per tale attività sia già conglobato nella provvigione pattuita. Un compenso separato è previsto solo se l'incarico viene conferito in un momento successivo o se, secondo la contrattazione collettiva, l'agente è responsabile per errori contabili.
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Buoni pasto turno notturno: diritto anche di notte
Un operatore sanitario si è visto negare i buoni pasto per i turni notturni. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo che il diritto ai buoni pasto per il turno notturno è intrinsecamente legato alla pausa obbligatoria per i turni superiori a sei ore, indipendentemente dalla fascia oraria, e non può essere limitato da accordi aziendali inferiori.
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Ricorso inammissibile: onere della prova e autosufficienza
Un'infermiera ha fatto ricorso per ottenere i buoni pasto per i turni notturni. La sua richiesta è stata respinta in appello per prescrizione del diritto. La Corte di Cassazione ha dichiarato il suo successivo ricorso inammissibile perché non ha adeguatamente provato l'interruzione della prescrizione, violando il principio di autosufficienza del ricorso stesso. La sentenza sottolinea che chi fa valere un'eccezione deve fornirne prova specifica nell'atto di ricorso.
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Autosufficienza del ricorso: Cassazione inammissibile
Un operatore sanitario ha fatto ricorso per ottenere i buoni pasto per i turni notturni. La Corte d'Appello ha respinto la domanda per prescrizione. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando la violazione del principio di autosufficienza del ricorso: il ricorrente non aveva trascritto il contenuto essenziale dei documenti che provavano l'interruzione della prescrizione, impedendo alla Corte di valutare il motivo.
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Interpretazione accordi aziendali: il limite in Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un lavoratore che chiedeva l'assunzione sulla base di vecchi accordi aziendali. La Corte ha ribadito che l'interpretazione di tali accordi è di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d'Appello) e non può essere contestata in sede di legittimità, a differenza di quanto avviene per i contratti collettivi nazionali.
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Licenziamento collettivo dirigenti: obblighi UE
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società, confermando che le procedure di informazione e consultazione sindacale previste per il licenziamento collettivo si applicano obbligatoriamente anche ai dirigenti. La sentenza sottolinea come questa estensione derivi dalla necessità di adeguare la normativa italiana alla direttiva europea 98/59/CE, a seguito di una precedente condanna da parte della Corte di Giustizia UE. La Corte ha chiarito che tale obbligo sussiste per tutte le tipologie di licenziamento collettivo, senza distinzioni.
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Riduzione retribuzione: quando l’accordo è illegittimo
La Corte di Cassazione ha dichiarato illegittima la riduzione retribuzione del 15% applicata da una fondazione musicale ai suoi dipendenti tramite un accordo aziendale. La decisione si fonda sulla mancanza di una contestuale e concreta riorganizzazione del lavoro, requisito essenziale previsto dalla legge per derogare ai contratti collettivi. Secondo i giudici, non è sufficiente prevedere una futura riorganizzazione; la modifica delle condizioni lavorative deve essere contestuale al taglio salariale. Anche il ricorso incidentale del lavoratore sulle spese legali è stato respinto.
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Licenziamento documento contraffatto: la Cassazione decide
Una dipendente pubblica viene licenziata per aver usato un documento contraffatto in un precedente procedimento disciplinare. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, confermando la decisione della Corte d'Appello. Il licenziamento per il documento contraffatto è stato ritenuto proporzionato data la gravità del fatto e il ruolo dirigenziale della dipendente.
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Riduzione della penale: quando il giudice può agire
Una banca ricorre in Cassazione contro la decisione della Corte d'Appello che, pur confermando l'inadempimento di una ex dipendente a un patto di non concorrenza, aveva disposto una significativa riduzione della penale. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che il giudice ha il potere di ridurre una penale manifestamente eccessiva anche d'ufficio, basandosi sull'equilibrio contrattuale e sull'interesse del creditore, senza che sia necessaria la prova di un danno effettivo come lo sviamento della clientela.
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Licenziamento timbratura fraudolenta: la Cassazione
Una lavoratrice è stata licenziata dopo che una collega ha timbrato il cartellino di uscita per lei, mentre si trovava già a casa. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento per timbratura fraudolenta, respingendo il ricorso della dipendente. La Corte ha ritenuto la condotta un grave inadempimento che lede irrimediabilmente il rapporto di fiducia con il datore di lavoro, rendendo inammissibile ogni tentativo di rivalutare i fatti in sede di legittimità.
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Educatore senza titolo: inquadramento e mansioni
Una lavoratrice, assunta come assistente socio-sanitaria nel 1996, ha richiesto il riconoscimento dell'inquadramento superiore come "educatore senza titolo specifico", basandosi sulle mansioni effettivamente svolte. La Corte d'Appello aveva respinto la domanda, applicando erroneamente il D.M. 520/1998 che richiede una laurea per la figura di "educatore professionale". La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza, chiarendo che la normativa del 1998 non è retroattiva e non si applica alla distinta figura di "educatore senza titolo" prevista dal CCNL dell'epoca. Inoltre, ha ravvisato un vizio di ultrapetizione, poiché il giudice di secondo grado aveva deciso su una domanda (riconoscimento come "educatore professionale") mai proposta dalla lavoratrice.
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Patto di non concorrenza: quando è valido?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21211/2024, ha stabilito un principio cruciale in materia di patto di non concorrenza nel contratto di agenzia. La Corte ha chiarito che il mancato o ritardato pagamento dell'indennità da parte della società preponente non giustifica automaticamente la violazione del patto da parte dell'agente. Il giudice di merito ha il dovere di effettuare una valutazione comparativa e di proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti prima di decidere. La sentenza impugnata è stata cassata perché aveva omesso tale valutazione, considerando erroneamente l'obbligo di pagamento come una condizione sospensiva per l'efficacia del patto stesso.
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Indennità di regolarizzazione: spetta anche senza incasso
La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di un lavoratore a percepire un'indennità di regolarizzazione per ogni sanzione emessa a bordo treno, indipendentemente dall'effettivo incasso della somma. La decisione si basa sull'interpretazione letterale del contratto aziendale, che distingue chiaramente tra la previsione di un'esazione e la riscossione effettiva, premiando l'attività di accertamento del dipendente.
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Rifiuto lavoro straordinario: licenziamento legittimo
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento di un lavoratore che si era opposto a una richiesta di lavoro straordinario per poi svolgere, nello stesso weekend, un'attività concorrenziale per un terzo. La sentenza chiarisce che il rifiuto lavoro straordinario è ingiustificato se la richiesta del datore è legittima e basata su reali esigenze produttive, e che la condotta assume particolare gravità se abbinata alla violazione dell'obbligo di fedeltà.
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Rimborso spese legali: il parere dell’Avvocatura
Un dirigente pubblico, assolto in un processo penale, ha contestato l'importo del rimborso delle spese legali ricevuto dalla sua amministrazione. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha stabilito un principio fondamentale sul rimborso spese legali dipendente pubblico: il parere di congruità espresso dall'Avvocatura dello Stato, sebbene necessario, non è vincolante per il giudice. Quest'ultimo ha il potere e il dovere di valutare nel merito la congruità dell'importo, garantendo i principi di ragionevolezza e tutela effettiva dei diritti del lavoratore. La sentenza d'appello è stata annullata con rinvio.
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