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Diritto del Lavoro

Obbligo di motivazione: incarichi PA e trasparenza
La Corte di Cassazione ha stabilito che la Pubblica Amministrazione ha un preciso obbligo di motivazione nel conferire incarichi organizzativi. Una dipendente aveva contestato l'assegnazione di ruoli a colleghi e la revoca anticipata del proprio incarico. La Corte ha cassato la decisione d'appello, affermando che la scelta discrezionale dell'ente deve sempre fondarsi su una valutazione comparativa trasparente e sul rispetto dei principi di correttezza e buona fede, a tutela del lavoratore pretermesso.
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Decadenza graduatoria: rinuncia e limiti del bando
Un ente pubblico ha dichiarato una lavoratrice decaduta da una graduatoria nazionale dopo il suo rifiuto di un posto da una graduatoria regionale. La Cassazione ha respinto il ricorso dell'ente, stabilendo che la clausola di decadenza graduatoria, prevista dal bando di selezione, si applicava esclusivamente alla graduatoria regionale e non poteva essere estesa a quella nazionale, in quanto atto distinto e successivo.
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Posizione organizzativa: nomina e valutazione comparata
Una dipendente comunale contesta la revoca del suo incarico di posizione organizzativa e la successiva nomina di un collega. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, stabilendo che il conferimento di una posizione organizzativa, pur essendo un atto di gestione privatistica, richiede sempre una valutazione comparativa tra gli aspiranti, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede. La revoca dell'incarico iniziale, avvenuta senza tale procedura, è stata ritenuta legittima, così come il successivo conferimento basato su una comparazione motivata.
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Riduzione trattamento accessorio: illegittimo il taglio
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 25532/2024, ha stabilito l'illegittimità del taglio forfettario applicato da un'azienda sanitaria locale sul trattamento accessorio dei suoi dirigenti medici. La Corte ha chiarito che la normativa sulla revisione della spesa pubblica impone una riduzione delle risorse destinate ai salari accessori in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio, e non attraverso un taglio percentuale generalizzato. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per un nuovo esame che applichi correttamente tale principio di calcolo.
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Ferie non godute: onere della prova del datore
Un dipendente pubblico, al momento del pensionamento, ha richiesto il pagamento di una cospicua indennità per ferie non godute. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le sentenze precedenti. È stato stabilito che il datore di lavoro non è tenuto a pagare se dimostra di aver adeguatamente informato il lavoratore, invitandolo a fruire delle ferie e avvisandolo della loro perdita in caso di mancato godimento. In questo caso, l'azienda ha soddisfatto tale onere probatorio.
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Riduzione trattamento accessorio: illegittimo il taglio
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 25530/2024, ha stabilito che la riduzione del trattamento accessorio per i dirigenti medici del settore pubblico non può avvenire tramite un taglio forfettario. La Corte ha chiarito che la normativa impone un calcolo proporzionale basato sulla riduzione del personale in servizio, annullando la decisione di merito che aveva avallato una decurtazione percentuale fissa e rinviando il caso alla Corte d'Appello per una nuova valutazione. Questa decisione riafferma il principio di legalità nel calcolo della retribuzione accessoria dei dipendenti pubblici.
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Spoil system: limiti per dirigenti non apicali
Un dirigente regionale, licenziato a seguito di un cambio di governo, ottiene ragione in Cassazione. La Corte ha stabilito che lo spoil system si applica esclusivamente ai dirigenti "apicali" (di vertice), e non a figure manageriali subordinate, la cui revoca basata su criteri fiduciari risulta pertanto illegittima. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per la quantificazione del risarcimento.
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Posizione organizzativa: no al demansionamento
La Corte di Cassazione ha stabilito che la mancata assegnazione di una posizione organizzativa a un dipendente pubblico non costituisce demansionamento. L'ordinanza analizzata chiarisce la natura temporanea di tali incarichi, che non alterano la categoria contrattuale del lavoratore. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un dipendente che lamentava una valutazione non comparativa, ribadendo che il giudice di legittimità non può riesaminare il merito delle scelte datoriali già vagliate nei gradi precedenti.
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Indennità di sostituzione: no alla paga piena
Un dirigente medico ha richiesto la retribuzione piena per aver svolto mansioni superiori in sostituzione, ma la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso. La Suprema Corte ha stabilito che, anche in caso di proroga dell'incarico oltre i termini, al sostituto spetta unicamente l'indennità di sostituzione prevista dal contratto collettivo, e non il trattamento economico completo del titolare. È stato inoltre confermato che un semplice timbro di protocollo, senza firma o riscontro nei registri, non costituisce prova valida per interrompere la prescrizione dei crediti.
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Improcedibilità ricorso: il deposito tardivo lo annulla
Una dipendente pubblica ha presentato ricorso in Cassazione contro un Comune per una posizione apicale. La Corte Suprema ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso senza esaminarne il merito, poiché l'atto è stato depositato oltre il termine perentorio di legge, sottolineando l'importanza cruciale del rispetto delle scadenze processuali.
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Onere probatorio e perdita di chance: guida pratica
Un funzionario pubblico ha impugnato una procedura di selezione interna, lamentando irregolarità e chiedendo un risarcimento per la perdita di chance. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che il ricorrente non ha adempiuto al suo onere probatorio. Non è sufficiente denunciare vizi procedurali, ma è necessario dimostrare, tramite un'analisi comparativa, di avere avuto concrete probabilità di ottenere l'incarico rispetto ai candidati vincitori.
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Soppressione ente pubblico: no risarcimento contratto
Un ex presidente di un'Autorità portuale ha chiesto un risarcimento per la cessazione anticipata del suo incarico, causata dalla soppressione dell'ente. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la soppressione ente pubblico per legge costituisce impossibilità sopravvenuta della prestazione, e non un recesso ingiustificato, escludendo così il diritto al risarcimento. Anche la richiesta di tassazione separata per gli arretrati è stata respinta.
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Declassamento incarico dirigenziale e riorganizzazione
Un dirigente medico ha impugnato il declassamento del suo incarico da struttura complessa a semplice, avvenuto a seguito di una riorganizzazione ospedaliera. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che il declassamento di un incarico dirigenziale è legittimo se avviene alla scadenza naturale del contratto e nell'ambito di un effettivo riassetto organizzativo. Secondo la Corte, questa fattispecie non costituisce demansionamento, in quanto la legge conferisce alla Pubblica Amministrazione la facoltà di assegnare un incarico di valore inferiore per esigenze di efficienza, prevalendo su eventuali accordi contrattuali più favorevoli al dipendente.
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Cessazione incarico dirigenziale: non è licenziamento
Una dirigente pubblica, il cui ruolo di Direttore Generale è stato eliminato a seguito di una legge regionale che ha soppresso l'ente da lei diretto, ha impugnato la fine del suo rapporto. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che la cessazione dell'incarico dirigenziale non costituisce un licenziamento, ma una risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, causata da un atto normativo (factum principis). Di conseguenza, non si applicano le tutele previste per i licenziamenti illegittimi.
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Mobilità volontaria: no alla qualifica dirigenziale
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha stabilito che la mobilità volontaria nel pubblico impiego non consente di ottenere un inquadramento in una qualifica superiore, come quella dirigenziale, se il dipendente non ha precedentemente superato un apposito concorso pubblico. Il caso riguardava un funzionario trasferitosi da un'amministrazione provinciale a un'agenzia regionale, che rivendicava la qualifica di dirigente. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che la mobilità comporta una cessione del contratto e non una progressione di carriera, la quale è subordinata al principio costituzionale del concorso pubblico.
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Perdita di chance: come provare il danno risarcibile?
Un dirigente pubblico ha citato in giudizio un'amministrazione regionale per non essere stato selezionato per incarichi dirigenziali, lamentando procedure illegittime. La Corte d'Appello aveva riconosciuto un risarcimento per la perdita di chance, calcolandolo sulla base di una probabilità di successo pari a quella degli altri candidati. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che il risarcimento per perdita di chance non è automatico. Il lavoratore deve dimostrare una 'elevata probabilità, prossima alla certezza' di ottenere il risultato sperato, non essendo sufficiente provare la mera illegittimità della procedura o una generica possibilità di successo.
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Indennità esclusività medici: no all’aumento automatico
La Corte di Cassazione, riformando le sentenze di merito, ha stabilito che l'aumento dell'indennità esclusività medici e l'assegnazione di un incarico superiore non sono automatici dopo 5 anni di servizio. L'aumento rientra nel blocco stipendiale e l'incarico dipende da posti disponibili e risorse finanziarie, non costituendo un diritto soggettivo del dirigente medico.
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Indennità sostitutiva dirigente medico: solo dal CCNL
Un dirigente medico, in sostituzione di un primario per un periodo prolungato, ha richiesto il pagamento delle differenze retributive per mansioni superiori. La Corte di Cassazione, ribaltando la decisione d'appello, ha stabilito che al dirigente spetta unicamente l'indennità sostitutiva dirigente medico prevista dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), anche se l'incarico supera i 12 mesi. La Corte ha chiarito che tale sostituzione non si configura come svolgimento di mansioni superiori ai sensi dell'art. 2103 c.c., poiché avviene all'interno del ruolo unico della dirigenza sanitaria.
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Incarico dirigenziale pubblico: il ruolo unico vince
Un dirigente pubblico ha citato in giudizio la propria amministrazione per ottenere un incarico dirigenziale pubblico di prima fascia e il relativo risarcimento. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. La sentenza chiarisce che, a seguito delle riforme che hanno introdotto il 'ruolo unico' della dirigenza, l'assegnazione degli incarichi si basa su criteri di merito e capacità, e non più sulle precedenti qualifiche gerarchiche, ormai abrogate. Di conseguenza, il dirigente non poteva vantare un diritto automatico all'incarico richiesto.
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Somministrazione illecita di manodopera: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito che riqualificavano un contratto di appalto in somministrazione illecita di manodopera. Il caso riguardava una società di servizi che aveva impugnato avvisi di accertamento per IRES, IRAP e IVA. La Corte ha stabilito che, poiché era la società committente a esercitare il potere direttivo e organizzativo sui lavoratori forniti da cooperative esterne, l'appalto era fittizio. Di conseguenza, è stata confermata l'indetraibilità dell'IVA relativa alle fatture emesse dalle cooperative.
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