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Diritto del Lavoro

Cessazione materia del contendere: caso in Cassazione
Un istituto di credito aveva impugnato in Cassazione una sentenza della Corte d'Appello che riteneva antisindacale il trasferimento di un suo dipendente, rappresentante sindacale. Durante il procedimento, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo, risolvendo la controversia. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, annullando di fatto la sentenza d'appello e chiudendo il caso sulla base dell'accordo privato raggiunto.
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Accordo sindacale: limiti del ricorso per cassazione
Un lavoratore ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione dopo che i tribunali di merito avevano respinto la sua richiesta di assunzione basata su un accordo sindacale stipulato in seguito a un trasferimento d'azienda. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che l'interpretazione di un accordo rientra nella competenza dei giudici di merito e non può essere riesaminata in Cassazione se non per vizi logici o violazioni di legge. Il ricorso mancava inoltre del requisito di specificità, non consentendo alla Corte di valutare le presunte violazioni.
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Qualifica superiore: quando l’azienda non può revocarla
Un lavoratore si è visto riconoscere una qualifica superiore, poi revocata dall'azienda per un presunto errore. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, dichiarando l'illegittimità della revoca. La Corte ha stabilito che l'errore dell'azienda non era "riconoscibile" dal dipendente e ha rigettato il ricorso della società, ritenendolo inammissibile. La sentenza chiarisce i limiti del giudizio di rinvio e il divieto per la Cassazione di riesaminare i fatti.
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Prescrizione contributi: il termine decorre da scadenza
La Corte di Cassazione ha annullato una decisione di merito riguardante la prescrizione contributi previdenziali. Ha stabilito che il termine di prescrizione quinquennale inizia a decorrere dalla data di scadenza legale per il pagamento, comprese eventuali proroghe ufficiali. Di conseguenza, un avviso di pagamento inviato poco prima della fine del quinquennio, calcolato dalla data di scadenza prorogata, è stato ritenuto tempestivo e idoneo a interrompere la prescrizione, ribaltando la precedente dichiarazione di estinzione del debito.
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Gestione Separata: obbligo anche sotto i 5.000€
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 30481/2024, ha stabilito un principio fondamentale riguardo l'iscrizione alla Gestione Separata INPS. Una professionista iscritta a un albo si era opposta a una richiesta di contributi, sostenendo che il suo reddito annuo inferiore a 5.000 euro la esonerasse dall'obbligo. I giudici di merito le avevano dato ragione. La Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che per i professionisti iscritti a un albo, l'obbligo di iscrizione alla Gestione Separata deriva dall'esercizio abituale della professione, a prescindere dal reddito prodotto. La soglia dei 5.000 euro rileva per il lavoro autonomo occasionale, non per l'attività professionale abituale. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Demansionamento pubblico impiego: i limiti del datore
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito i contorni del demansionamento pubblico impiego. Ha stabilito che l'assegnazione di mansioni diverse, ma ricomprese nella medesima area di inquadramento prevista dal Contratto Collettivo, non costituisce demansionamento, anche se tali mansioni erano precedentemente associate a una fascia economica inferiore. La decisione si fonda sul principio di equivalenza formale delle mansioni all'interno dell'area, che prevale sulla professionalità specifica acquisita dal lavoratore.
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Demansionamento PA: quando è legittimo?
Un gruppo di dipendenti pubblici ha citato in giudizio il proprio datore di lavoro, un ministero, per demansionamento, sostenendo di essere stati adibiti a compiti inferiori rispetto alla qualifica di assunzione. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del ministero, chiarendo che, in base al nuovo contratto collettivo nazionale, tutte le mansioni all'interno della stessa area professionale sono considerate equivalenti. Di conseguenza, l'assegnazione di tali compiti non costituisce demansionamento. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per riesaminare il periodo precedente all'entrata in vigore del nuovo contratto.
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Nullità contratto pubblico impiego: effetti concorso
Un ente locale ha assunto un dirigente tramite concorso, poi annullato perché il vincitore non aveva i requisiti. La Cassazione ha stabilito che l'annullamento del concorso determina la nullità del contratto pubblico impiego fin dall'origine, e non una semplice cessazione. Questa nullità, derivante da un vizio genetico, può essere accertata dal giudice ordinario.
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Decadenza azione giudiziaria: ricorso INPS tardivo
Una lavoratrice si era vista riconoscere dalla Corte d'Appello il diritto all'indennità di disoccupazione. La Corte di Cassazione ha però ribaltato la decisione, accogliendo il ricorso dell'ente previdenziale. Il motivo? La lavoratrice aveva avviato la causa ben oltre il termine di un anno previsto dalla legge, incorrendo nella decadenza dell'azione giudiziaria. La Corte ha sottolineato che tale decadenza è una questione di ordine pubblico, rilevabile anche d'ufficio, che prevale sull'esame del merito del diritto.
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Automaticità Prestazioni: No DIS-COLL senza contributi
Una lavoratrice iscritta alla Gestione Separata ha richiesto l'indennità di disoccupazione DIS-COLL nonostante i contributi non versati dal committente, invocando il principio di automaticità delle prestazioni. Mentre i giudici di merito le avevano dato ragione, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. Con l'ordinanza n. 30474/2024, ha stabilito che per la DIS-COLL il principio di automaticità delle prestazioni non opera, poiché la legge richiede esplicitamente che i contributi siano stati 'effettivamente versati'.
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Ricorso per Cassazione: l’assemblaggio di atti è errore
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso in materia previdenziale perché redatto tramite "assemblaggio di atti", ovvero la semplice riproduzione di documenti processuali senza una sintesi chiara. Questa tecnica viola il principio di autosufficienza, rendendo il ricorso incomprensibile e addossando alla Corte il compito, non suo, di ricostruire le censure. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese legali.
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Onere della prova: compenso extra per medico dirigente
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un dirigente medico che richiedeva un compenso per prestazioni di consulenza svolte per un'altra Azienda Sanitaria. La Corte ha stabilito che grava sul lavoratore l'onere della prova di aver svolto tali prestazioni al di fuori del proprio orario di lavoro ordinario e dopo aver adempiuto a tutti gli obblighi contrattuali con l'ente di appartenenza.
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Progressione di carriera: no all’automatismo
Un dipendente pubblico, dopo aver svolto per anni mansioni superiori, ha richiesto la riqualificazione al profilo corrispondente. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che lo svolgimento di compiti di livello più elevato non conferisce un diritto automatico a una progressione di carriera. La legge, infatti, impone l'adozione di procedure selettive basate sul merito, sulle competenze e sui risultati, un principio che la contrattazione collettiva non può eludere. La Corte ha così confermato la decisione della Corte d'Appello, dando ragione all'amministrazione.
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Assegno ad personam: no per il personale riservista
Un ex militare riservista, transitato nei ruoli civili di un nuovo ente a seguito di una riorganizzazione, ha richiesto il mantenimento del suo precedente e più elevato trattamento retributivo tramite un assegno ad personam. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su tre punti chiave: l'esistenza di un precedente giudicato amministrativo che aveva già definito la natura non subordinata del servizio del riservista; la corretta interpretazione della normativa di settore che riserva l'assegno al solo personale in servizio continuativo; e vizi procedurali nel ricorso. La Corte ha quindi confermato la legittimità del diverso trattamento economico.
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Azione revocatoria: cessione d’azienda tra familiari
La Corte d'Appello di Bari conferma la sentenza di primo grado che accoglie un'azione revocatoria promossa da un ex dipendente. La Corte ha ritenuto che la cessione di un ramo d'azienda e la costituzione di fondi patrimoniali da parte della società debitrice fossero atti fraudolenti, finalizzati a sottrarre beni alla garanzia del creditore. La decisione si basa sulla sussistenza dell'eventus damni (pregiudizio al creditore) e della scientia damni (consapevolezza del pregiudizio), provata anche attraverso il legame familiare tra le parti coinvolte.
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Effetto estintivo stabilizzazione: i limiti del condono
Una società operante nel settore dei giochi ha stabilizzato tre lavoratori, ritenendo che tale procedura estinguesse ogni precedente illecito contributivo. Tuttavia, l'istituto assicurativo ha richiesto maggiori premi a causa di un'errata classificazione del rischio dell'attività svolta, non legata alla natura del rapporto di lavoro. La Corte di Cassazione ha dato ragione all'istituto, specificando che l'effetto estintivo della stabilizzazione non si estende a illeciti diversi dalla qualificazione del rapporto di lavoro, come l'errata tariffazione del rischio.
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Inquadramento dipendente pubblico: il caso CONI
La Cassazione conferma il diritto di un ex dipendente CONI, passato a un'altra P.A., al corretto inquadramento dipendente pubblico. L'inquadramento deve basarsi sulle tabelle di corrispondenza dei CCNL e non sulla mera comparazione delle mansioni. Il ricorso dell'amministrazione è stato dichiarato inammissibile.
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Assegno ad personam: spetta al personale richiamato?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30419/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ex militare della Croce Rossa che chiedeva il riconoscimento dell'assegno ad personam dopo il transito nel ruolo civile. La decisione si fonda su un precedente giudicato amministrativo che aveva già escluso la natura di lavoro subordinato del servizio prestato, e sulla corretta interpretazione della normativa, che riserva tale beneficio economico solo al personale in servizio continuativo e non a quello richiamato.
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Deposito ricorso cassazione: onere della prova e termini
Un'azienda sanitaria vede il suo ricorso dichiarato improcedibile per tardivo deposito ricorso cassazione. La Corte sottolinea che l'onere di provare la data dell'ultima notifica, per il calcolo dei termini, spetta al ricorrente. La mancata prova del fallimento di una prima notifica rende irrilevante una successiva rinnovazione.
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Giudicato amministrativo: limiti all’estensione
Un dipendente pubblico, dopo una lunga vicenda giudiziaria, ha chiesto il riconoscimento economico retroattivo basandosi su una sentenza amministrativa alla quale non aveva preso parte. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che gli effetti del giudicato amministrativo sono, di norma, limitati alle parti del processo, salvo l'effetto di annullamento dell'atto che vale per tutti (erga omnes), ma che non si estende agli obblighi conseguenti come le ricostruzioni di carriera.
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