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Diritto del Lavoro

Competenza territoriale contributi: decide sede INPS
In un caso di mancato versamento di contributi, la Cassazione ha risolto un conflitto di giurisdizione. Ha stabilito che la competenza territoriale per l'opposizione a un'ingiunzione di pagamento INPS spetta al tribunale del luogo in cui ha sede l'ufficio dell'ente che ha emesso l'atto e dove il pagamento doveva essere eseguito, e non al tribunale della sede legale dell'impresa debitrice. Questa decisione si fonda sul principio che il luogo della violazione, in caso di debiti pecuniari, coincide con il domicilio del creditore.
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Termine di decadenza: no agevolazioni se la domanda è tardiva
La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto alle agevolazioni contributive, previste per le imprese colpite da calamità naturali, si perde se la domanda non viene presentata entro il termine di decadenza fissato dalla legge. Nel caso specifico, un'impresa di trasporti ha richiesto la restituzione di contributi versati in eccesso, ma la sua domanda, presentata nel 2010, è stata considerata tardiva rispetto alla scadenza del 31 luglio 2007. La Corte ha chiarito che tale termine si applica sia a chi deve ancora pagare sia a chi chiede un rimborso, a tutela della certezza dei bilanci pubblici.
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Licenziamento disciplinare: prova e limiti del ricorso
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un istituto di credito contro la sentenza che aveva annullato un licenziamento disciplinare. Il caso riguardava una dipendente accusata di aver diffuso un documento riservato. La Corte ha ribadito che il giudizio di Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge. La decisione della Corte d'Appello, che aveva ritenuto non provata la condotta della lavoratrice, è stata quindi confermata in quanto basata su una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità.
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Condotta extralavorativa: no al licenziamento automatico
La Corte di Cassazione ha confermato l'illegittimità del licenziamento di una dipendente di banca per una condotta extralavorativa. Un post diffamatorio pubblicato su Facebook, pur costituendo reato, è stato ritenuto privo di collegamento con il rapporto di lavoro e ininfluente sulla sua funzionalità. Di conseguenza, il fatto disciplinare è stato considerato 'insussistente' e il ricorso dell'istituto di credito dichiarato inammissibile, in quanto mirava a una rivalutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità.
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Prova presuntiva: la Cassazione sul nesso causale
Una società di ingegneria ha citato in giudizio un suo ex dirigente per ottenere il risarcimento dei danni, sostenendo che quest'ultimo avesse ricevuto una tangente da una società di consulenza pagata dalla stessa azienda. Le corti di merito avevano respinto la domanda per mancanza di prova certa sul nesso causale tra la condotta del dirigente e il danno. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che la corte d'appello ha errato nel richiedere una prova certa. Per la prova presuntiva, infatti, non è necessaria un'inferenza assoluta, ma è sufficiente un giudizio di alta probabilità basato sulla valutazione complessiva di tutti gli indizi (gravi, precisi e concordanti). Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Licenziamento disciplinare: la nota spese falsa basta
Una dipendente pubblica veniva licenziata per aver presentato note spese falsificate al fine di ottenere rimborsi non dovuti. La lavoratrice ha impugnato il licenziamento lamentando vizi procedurali e sproporzione della sanzione. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare, stabilendo che una condotta fraudolenta di questo tipo rompe in modo irreparabile il vincolo di fiducia con il datore di lavoro, giustificando la massima sanzione.
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Assenza ingiustificata: licenziamento legittimo
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento di una dirigente medico per un'assenza ingiustificata di oltre 185 ore. La lavoratrice aveva giustificato le assenze, dovute a presunta partecipazione a corsi formativi, con una semplice autocertificazione, ritenuta insufficiente. La Corte ha stabilito che una prassi aziendale non può derogare alle previsioni del contratto collettivo che richiedono idonea documentazione, respingendo tutti i motivi di ricorso, inclusi quelli procedurali e sulla proporzionalità della sanzione.
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Licenziamento disciplinare postumo: è legittimo?
La Corte di Cassazione ha stabilito la legittimità di un licenziamento disciplinare postumo, irrogato a una docente per false dichiarazioni sul titolo di studio, anche se il rapporto di lavoro era già stato risolto per carenza del medesimo titolo. La Corte ha chiarito che la prima risoluzione non aveva natura disciplinare, escludendo quindi la violazione del principio del 'ne bis in idem'. L'interesse dell'amministrazione a sanzionare la condotta illecita, per le sue conseguenze future, giustifica l'avvio del procedimento anche dopo la cessazione del rapporto.
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Sgravi contributivi: no se gli assetti sono fittizi
La Corte di Cassazione ha confermato il diniego degli sgravi contributivi a un'azienda che aveva assunto lavoratori provenienti da un'altra società con cui condivideva assetti proprietari sostanzialmente coincidenti. Secondo la Corte, il beneficio è escluso quando l'operazione non crea nuova occupazione ma si limita a trasferire personale tra entità collegate, vanificando lo scopo della norma agevolativa.
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Licenziamento ente pubblico economico: potere disciplinare
La Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare di un dirigente da parte del commissario liquidatore di un ente pubblico economico. La Corte ha chiarito che il rapporto di lavoro in tali enti è di natura privatistica, escludendo l'applicazione delle norme sul pubblico impiego. Di conseguenza, il liquidatore detiene il potere disciplinare necessario a tutelare il patrimonio dell'ente, senza necessità di autorizzazioni specifiche. Questo principio è cruciale nei casi di licenziamento ente pubblico economico.
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Risarcimento danno precarizzazione: no se c’è assunzione
Un gruppo di lavoratori del settore pubblico, dopo aver subito la revoca della stabilizzazione e essere stati successivamente assunti a tempo indeterminato, ha richiesto un indennizzo. La Corte di Cassazione ha negato il diritto al risarcimento danno precarizzazione, stabilendo che l'assunzione definitiva, se non specificamente contestata, costituisce una misura satisfattiva che sana l'abuso pregresso dei contratti a termine, precludendo ulteriori richieste economiche.
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Interdizione perpetua: licenziamento automatico?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30527/2024, ha stabilito che il licenziamento di un dipendente pubblico è una conseguenza automatica e inevitabile in caso di condanna penale definitiva che includa la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici. In tale scenario, l'amministrazione non deve riattivare alcun procedimento disciplinare, poiché il rapporto di lavoro cessa per la perdita di un requisito soggettivo essenziale e non per una sanzione disciplinare discrezionale.
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Prescrizione contributi: Emens interrompe i termini
La Cassazione, con l'ordinanza 30526/2024, chiarisce che l'invio tardivo dei flussi Emens interrompe la prescrizione contributi. Accogliendo il ricorso dell'ente previdenziale su questo punto, la Corte ha stabilito che tale comunicazione equivale a un riconoscimento del debito, rendendo irrilevante il ritardo ai fini della decorrenza del termine. La causa è stata rinviata in Appello per una nuova valutazione alla luce di questo principio.
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Indennità di produttività: sì con riposo compensativo
Un agente di polizia municipale ha citato in giudizio il proprio Comune per ottenere il pagamento dell'indennità di produttività anche per i periodi fruiti come riposo compensativo. La Corte d'Appello, equiparando il riposo compensativo alle ferie, ha dato ragione al dipendente. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso del Comune per vizi procedurali. La sentenza consolida il principio per cui il riposo compensativo non deve pregiudicare il diritto all'indennità di produttività.
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Abilitazione insegnamento: Laurea e 24 CFU bastano?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 30520/2024, ha stabilito che il possesso di una laurea magistrale unitamente a 24 Crediti Formativi Universitari (CFU) non equivale all'abilitazione insegnamento. Questa combinazione di titoli consente unicamente la partecipazione ai concorsi per docenti, ma non l'inserimento nelle fasce delle graduatorie riservate al personale abilitato. La Corte ha accolto il ricorso del Ministero dell'Istruzione, riformando la decisione della Corte d'Appello e chiarendo la netta distinzione tra i requisiti di accesso ai concorsi e il titolo abilitante vero e proprio, necessario per l'iscrizione in determinate graduatorie per le supplenze.
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Esonero spese processuali: la dichiarazione è valida
Una cittadina con un reddito basso è stata erroneamente condannata al pagamento delle spese legali in una controversia previdenziale. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che la dichiarazione iniziale per l'esonero spese processuali è sufficiente e valida per l'intera durata del procedimento, garantendo così il diritto all'esenzione.
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Nullità contratto pubblico impiego: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha stabilito che un rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione, derivante da una procedura di stabilizzazione che viola norme imperative sulla spesa pubblica, è affetto da nullità. Non si tratta di un licenziamento, ma della caducazione di un contratto viziato all'origine. Di conseguenza, il lavoratore non ha diritto alla reintegra o al risarcimento, ma solo alla retribuzione per il lavoro effettivamente svolto. La sentenza chiarisce la prevalenza delle norme finanziarie sulla stabilità del rapporto, configurando un caso di nullità del contratto nel pubblico impiego.
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Accordo conciliativo: preclude il licenziamento?
Un lavoratore firma un accordo conciliativo con la sua azienda per terminare il rapporto di lavoro a una data futura. Successivamente, l'azienda scopre una grave condotta del dipendente, avvenuta prima dell'accordo, e procede al licenziamento per giusta causa. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento, stabilendo che un accordo conciliativo generico non impedisce il recesso per giusta causa basato su fatti gravi scoperti solo in un secondo momento.
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Impugnazione licenziamento: procura scritta essenziale
La Cassazione ha annullato una decisione di merito, stabilendo che l'impugnazione del licenziamento fatta dall'avvocato del lavoratore è inefficace senza una procura scritta precedente o una ratifica scritta entro i 60 giorni. La mera conoscenza da parte del datore di lavoro del mandato non è sufficiente per validare l'atto e impedire la decadenza dall'impugnazione.
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Diritto alla mensa: sì ai buoni pasto per turni lunghi
Un dipendente ospedaliero che lavorava su turni di 12 ore, anche notturni e festivi, ha richiesto il riconoscimento dei buoni pasto per il periodo in cui la mensa aziendale non era operativa. La Corte di Cassazione ha confermato il suo diritto alla mensa, stabilendo che esso è intrinsecamente legato al diritto alla pausa, obbligatoria per ogni turno di lavoro superiore alle sei ore, indipendentemente dall'orario. L'appello dell'azienda, che contestava la chiusura della mensa, è stato respinto perché chiedeva un riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità.
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