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Diritto del Lavoro

Prova del credito: il concordato non basta nel fallimento
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'inclusione di un credito nell'elenco di un concordato preventivo non costituisce prova del credito sufficiente in un successivo fallimento. Una lavoratrice si è vista rigettare la richiesta di ammissione al passivo per competenze di fine rapporto, poiché non adeguatamente provata. La Corte ha chiarito che la verifica nel concordato ha natura amministrativa e non sostituisce l'onere della prova nel procedimento fallimentare, dove il giudice può sollevare eccezioni anche d'ufficio.
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Ripartizione cognitoria: Lavoro e Fallimento, il caso
Un lavoratore ha chiesto il riconoscimento del suo rapporto di lavoro con una società italiana, poi fallita. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13530/2024, ha stabilito che quando l'accertamento del rapporto è finalizzato solo a ottenere un pagamento, la competenza spetta esclusivamente al giudice fallimentare. Questa decisione chiarisce i confini della ripartizione cognitoria tra le due giurisdizioni.
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Pensione in deroga: quali contributi sono validi?
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di una lavoratrice che chiedeva il riconoscimento del diritto alla pensione in deroga. La Corte ha stabilito che, ai fini della deroga prevista dalla legge 503/92, sono validi solo i contributi derivanti da un effettivo rapporto di lavoro subordinato. Vengono quindi esclusi dal conteggio gli anni coperti da contribuzione volontaria o figurativa, come quella per maternità al di fuori di un rapporto di lavoro. La decisione si basa su un'interpretazione restrittiva della nozione di "lavoratore occupato", fondamentale per accedere al beneficio.
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Improcedibilità ricorso cassazione: termini perentori
Un lavoratore ha impugnato l'esclusione dei propri crediti da lavoro dallo stato passivo di una società fallita. La Corte di Cassazione ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso cassazione in quanto depositato oltre il termine perentorio di legge. La decisione chiarisce che la sospensione feriale dei termini non si applica alle controversie di lavoro nell'ambito delle procedure fallimentari.
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Accordo Collettivo: legittima la scelta tra bonus
Un'azienda di trasporti ha modificato la struttura retributiva con un nuovo accordo collettivo, offrendo ai dipendenti la scelta tra mantenere un assegno personale o aderire a nuove indennità legate alla presenza. Una lavoratrice ha impugnato l'accordo, ma la Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendo l'opzione legittima. La Corte ha stabilito che un accordo collettivo può modificare trattamenti preesistenti e che la rinuncia a un superminimo individuale è una scelta disponibile per il lavoratore.
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Improcedibilità ricorso cassazione: termini e sanzioni
La Corte di Cassazione dichiara l'improcedibilità di un ricorso presentato da un lavoratore contro un fallimento. La decisione si fonda sul deposito tardivo dell'atto, evidenziando che la sospensione feriale dei termini non si applica alle controversie di lavoro per l'ammissione al passivo fallimentare. Questo principio ha portato a severe sanzioni per l'abuso del processo.
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Prescrizione presuntiva: il curatore non può ignorare
Una lavoratrice si oppone al rigetto della sua richiesta di ammissione al passivo fallimentare per retribuzioni non pagate. La Corte di Cassazione, riformando la decisione del Tribunale, chiarisce un punto cruciale sulla prescrizione presuntiva: se il curatore fallimentare, a cui è stato deferito giuramento decisorio, dichiara di non sapere se il pagamento sia avvenuto, tale dichiarazione equivale a un mancato giuramento e va a vantaggio del creditore, superando la presunzione di avvenuto pagamento.
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Aumento figurativo pensione: la Cassazione decide
Un ex militare aveva richiesto il riconoscimento di un aumento figurativo dei contributi per il periodo di servizio a bordo di navi. I tribunali di primo e secondo grado avevano accolto la sua richiesta. L'ente previdenziale ha però fatto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha ribaltato le decisioni precedenti, stabilendo che l'aumento figurativo non spetta se il lavoratore ha cessato il servizio senza aver già maturato il diritto alla pensione, in quanto tale beneficio è un trattamento di favore legato alla particolarità del servizio prestato e non un elemento automatico della posizione assicurativa.
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Successione tra enti pubblici: chi paga i debiti?
La Cassazione chiarisce la responsabilità nella successione tra enti pubblici. In caso di riorganizzazione sanitaria con gestione liquidatoria, la nuova Azienda Sanitaria non risponde dei rapporti di lavoro pregressi. La Corte ha rigettato il ricorso di una lavoratrice, confermando il difetto di legittimazione passiva del nuovo ente.
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Sciopero surrettizio: la responsabilità del sindacato
Un'organizzazione sindacale era stata sanzionata dalla Commissione di Garanzia per un'assenza di massa di agenti di polizia municipale durante la notte di Capodanno, ritenuta uno "sciopero surrettizio". La Corte d'Appello aveva annullato la sanzione, ma la Corte di Cassazione ha ribaltato tale decisione. La Suprema Corte ha stabilito che un sindacato che promuove uno stato di agitazione ha il dovere di prevenire e dissociarsi attivamente da forme di protesta illegittime, come le assenze di massa per malattia, anche se lo sciopero formale è stato revocato. L'omissione del sindacato è quindi sanzionabile e la sanzione originaria è stata confermata.
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Tardività del ricorso: appello inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un'Azienda Sanitaria Locale contro un suo dirigente medico a causa della tardività del ricorso. L'appello, presentato oltre il termine semestrale dalla pubblicazione della sentenza di secondo grado, non è stato esaminato nel merito, confermando la condanna dell'Azienda al risarcimento del danno per mancata corresponsione di una parte dell'indennità di posizione.
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Licenziamento periodo di prova: quando è legittimo?
Un lavoratore è stato licenziato per mancato superamento del periodo di prova. Ha contestato il licenziamento, sostenendo che la clausola di prova fosse nulla perché le mansioni non erano specificate nel contratto. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la legittimità del licenziamento periodo di prova. I giudici hanno stabilito che le mansioni potevano essere desunte da un accordo pre-assuntivo collegato e che il lavoratore non è riuscito a dimostrare che il licenziamento fosse ritorsivo o basato su motivi illeciti.
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Contratto part time verticale: Orario e Turni Certi
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13495/2024, ha stabilito che in un contratto part time verticale è illegittima l'assegnazione a turni non specificati nell'accordo iniziale. La mera previsione generica di lavoro su turni 'in caso di necessità' non soddisfa il requisito di legge di 'puntuale indicazione' della collocazione temporale dell'orario, poiché lascia al datore di lavoro un potere discrezionale che la normativa intende limitare per tutelare la programmabilità della vita del lavoratore.
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Contributi previdenziali: la rinuncia è nulla
La Corte di Cassazione ha stabilito che i contributi previdenziali derivanti da leggi per il prepensionamento sono un diritto indisponibile del lavoratore. Un accordo transattivo con cui il dipendente rinuncia a tali contributi è nullo. La Corte d'Appello aveva erroneamente qualificato la contribuzione come 'volontaria' e quindi 'disponibile'. La Cassazione, ribaltando la decisione, ha chiarito che la natura obbligatoria di tali versamenti, imposta dalla legge, impedisce qualsiasi forma di rinuncia, cassando la sentenza e rinviando il caso per un nuovo esame.
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Anzianità di servizio lettori: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13494/2024, interviene in una lunga controversia tra alcuni lettori universitari e un ateneo. Il caso riguarda il corretto inquadramento retributivo a seguito della trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La Suprema Corte ha stabilito un principio fondamentale: nel calcolare la retribuzione, l'anzianità di servizio dei lettori deve decorrere dalla data del primo contratto di lavoro, anche se stipulato decenni prima. La Corte ha invece respinto la richiesta dei lavoratori di essere pagati per un monte ore minimo non effettivamente lavorato, qualificandola come domanda nuova e inammissibile in quella fase del giudizio.
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Errore di fatto revocatorio: quando è inammissibile
Un'azienda ha chiesto la revocazione di un'ordinanza della Cassazione, sostenendo un errore di fatto revocatorio riguardo la decorrenza di un termine di decadenza in un caso di fusione societaria. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che non si trattava di un errore percettivo, ma di una valutazione giuridica dei fatti, non sindacabile tramite revocazione.
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Inquadramento lavorativo: prova delle mansioni svolte
Un lavoratore chiede un superiore inquadramento lavorativo dopo un trasferimento d'azienda. La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, affermando che la valutazione delle prove documentali (attestato di servizio vs verbale di trasferimento) per determinare le mansioni effettive spetta al giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità.
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Indennità di coordinamento nel TFR: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ente pubblico che si rifiutava di includere l'indennità di coordinamento nel trattamento di fine servizio di un suo legale dipendente. L'ordinanza sottolinea che, se la contrattazione collettiva la qualifica come parte strutturale della retribuzione, tale indennità deve essere computata. Il ricorso è stato respinto anche per vizi formali nella sua stesura.
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Procura alle liti: appello nullo se depositata tardi
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 13482/2024, ha confermato la decisione della Corte d'Appello che dichiarava inammissibile un ricorso. La causa dell'inammissibilità era la presentazione di una procura alle liti valida solo per il primo grado di giudizio. La società ricorrente aveva depositato una nuova e corretta procura il giorno successivo al deposito dell'appello, ma i giudici hanno stabilito che tale deposito tardivo non può sanare il vizio di una procura originariamente inesistente, rendendo l'impugnazione giuridicamente nulla sin dall'inizio.
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Mutuo consenso: fine rapporto dopo 9 anni di silenzio
Una lavoratrice, formalmente impiegata da un'agenzia, agisce in giudizio contro l'azienda utilizzatrice nove anni dopo la cessazione del rapporto per ottenerne il riconoscimento. La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito, stabilendo che un ritardo così prolungato e ingiustificato, unito al reperimento di un'altra occupazione, configura un'ipotesi di risoluzione del rapporto per mutuo consenso, anche nel contesto di un contratto di somministrazione.
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