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Diritto del Lavoro

Incarico dirigenziale: no a demansionamento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15603/2024, ha stabilito che la modifica di un incarico dirigenziale da 'struttura complessa' a 'struttura semplice' nell'ambito di una riorganizzazione di un'azienda sanitaria non costituisce demansionamento. Il ricorso di un dirigente medico è stato respinto poiché per la dirigenza pubblica vige un regime speciale che distingue il rapporto di lavoro a tempo indeterminato dall'incarico dirigenziale a termine. Quest'ultimo può essere modificato dall'amministrazione, la quale non è vincolata dall'art. 2103 c.c. L'unica tutela garantita al dirigente è la conservazione del trattamento economico, che nel caso di specie non era stato leso.
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Genericità ricorso: il giudice deve esaminare le prove
Un dirigente medico ha citato in giudizio un'azienda sanitaria per il pagamento di straordinari e ferie non godute. La Corte d'Appello aveva respinto la domanda a causa della genericità del ricorso. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che se un atto non è nullo, il giudice ha l'obbligo di esaminare tutte le prove fornite, anche se le allegazioni iniziali sono generiche, per decidere sulla fondatezza della pretesa.
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Ricostruzione carriera: quando il ricorso è inammissibile
Una dipendente pubblica ha richiesto la ricostruzione della propria carriera, ma la sua domanda è stata respinta sia in primo che in secondo grado. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, sottolineando che non può riesaminare nel merito i fatti e le prove già valutati dalla Corte d'Appello. La decisione evidenzia i limiti del giudizio di legittimità, che non può sostituirsi alla valutazione del giudice di merito sulla documentazione agli atti.
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Terzo elemento contrattuale: no se il contratto è CFL
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15589/2024, ha stabilito che il "terzo elemento contrattuale" non spetta ai lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro (CFL) e successivamente stabilizzati, se la contrattazione collettiva ha soppresso tale voce retributiva preservandola solo per i dipendenti già a tempo indeterminato. La Corte ha ritenuto legittima questa distinzione, escludendo la violazione del principio di non discriminazione e chiarendo che il computo del periodo di formazione nell'anzianità di servizio non estende il diritto a emolumenti mai percepiti in precedenza.
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Correzione errore materiale: la Cassazione interviene
La Corte di Cassazione ha emesso un'ordinanza per la correzione di un errore materiale riscontrato in un suo precedente provvedimento. L'ordinanza originaria includeva per sbaglio diverse pagine di testo appartenenti a un'altra causa. Con la nuova decisione, la Corte ha disposto la rimozione delle parti estranee, ripristinando il contenuto corretto dell'atto e chiarendo la natura della procedura di correzione.
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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione non decide
Una lavoratrice ha citato in giudizio la sua ex azienda per mobbing e demansionamento, perdendo sia in primo che in secondo grado. La Corte di Cassazione ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, evidenziando l'importanza di formulare correttamente i motivi di ricorso e il limite della 'doppia conforme', ovvero due sentenze di merito identiche. La decisione sottolinea che la Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo la corretta applicazione della legge.
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Terzo elemento salariale: no ai non percettori
La Corte di Cassazione ha stabilito che i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro non hanno diritto al cosiddetto 'terzo elemento salariale' se questo è stato soppresso da un accordo collettivo prima della trasformazione del loro contratto in tempo indeterminato. Secondo la Corte, non si tratta di discriminazione in quanto i lavoratori non avevano mai percepito tale emolumento, pertanto non avevano un diritto quesito da tutelare. La sentenza ribalta le decisioni dei giudici di merito che avevano dato ragione ai dipendenti.
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Aspettativa e comporto: come salva il posto di lavoro
La Cassazione chiarisce il rapporto tra aspettativa e comporto. Una lavoratrice, licenziata per superamento del periodo di malattia, viene reintegrata perché aveva richiesto l'aspettativa prima della scadenza del comporto. La Corte stabilisce che la richiesta sospende il calcolo, rendendo illegittimo il licenziamento.
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Licenziamento disciplinare: la prova indiziaria basta?
Un lavoratore è stato licenziato per un furto in azienda, commesso disattivando l'allarme con una chiavetta elettronica di riserva. Le corti di merito hanno confermato la legittimità del licenziamento disciplinare, basandosi su una serie di prove indiziarie (la presenza del solo dipendente in azienda, l'uso anomalo della chiavetta, etc.). La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, stabilendo che la valutazione complessiva e logica di una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti è un compito del giudice di merito e costituisce prova sufficiente a giustificare il recesso.
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Reiterazione contratti a termine: quando è lecita?
Un'operatrice sanitaria ha contestato la reiterazione di contratti a termine da parte di un'azienda sanitaria pubblica, chiedendo il risarcimento del danno. La Corte d'Appello aveva ritenuto legittimi i contratti, giustificandoli con la presenza di un blocco delle assunzioni a tempo indeterminato e di specifiche deroghe normative. La lavoratrice ha presentato ricorso in Cassazione, ma la Suprema Corte lo ha dichiarato inammissibile. I giudici hanno ritenuto i motivi di ricorso tecnicamente errati, in quanto generici e non focalizzati sulla specifica motivazione della sentenza d'appello, confermando così la decisione di secondo grado.
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Reiterazione contratti a termine: quando è lecita?
Una lavoratrice del settore sanitario ha visto respingere il suo ricorso dalla Corte di Cassazione riguardo a una presunta illegittima reiterazione di contratti a termine. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d'Appello. Quest'ultima aveva stabilito che la successione dei contratti era giustificata da circostanze eccezionali previste dalla legge, come il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato e specifiche normative derogatorie, rendendo di fatto legittima la reiterazione contratti a termine in quel particolare contesto.
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Copertura finanziaria: Cassazione fissa i paletti
Un dipendente pubblico si vede negare una progressione economica dalla Corte d'Appello. La Cassazione, con ordinanza interlocutoria, non decide il caso ma lo rinvia a pubblica udienza per risolvere questioni fondamentali sulla necessità e la prova della copertura finanziaria negli atti della Pubblica Amministrazione. Vengono delineate quattro questioni cruciali che influenzeranno la validità delle future procedure selettive interne.
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Indici della subordinazione: la Cassazione decide
Una commercialista ha agito in giudizio contro una società, sostenendo che il suo contratto di prestazione d'opera mascherasse un rapporto di lavoro subordinato. Sia i giudici di merito che la Corte di Cassazione hanno respinto la sua richiesta. La Suprema Corte ha confermato che la lavoratrice non ha fornito prove sufficienti sugli indici della subordinazione, come l'assoggettamento al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro. L'assenza di un orario di lavoro fisso e il fatto che la professionista lavorasse contemporaneamente per altri clienti sono stati considerati elementi decisivi a favore della natura autonoma del rapporto.
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Copertura finanziaria pubblico impiego: Cassazione rinvia
Un dipendente pubblico si vede negare una progressione economica, nonostante il superamento di una selezione, a causa di presunte irregolarità amministrative. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, non decide il caso ma lo rinvia a una pubblica udienza per la particolare importanza delle questioni sollevate. Il focus è sulla validità delle procedure selettive in assenza di una formale copertura finanziaria nel pubblico impiego, dell'impegno di spesa e del visto di regolarità contabile, temi cruciali per il rapporto tra diritti dei lavoratori e vincoli di bilancio della Pubblica Amministrazione.
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Copertura finanziaria: validità progressioni nel P.A.
Una dipendente pubblica ottiene una progressione di carriera, ma l'ente locale la contesta per mancanza di copertura finanziaria. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, non decide il caso ma lo rinvia a pubblica udienza per risolvere complesse questioni di diritto sulla nullità degli atti amministrativi privi di impegno di spesa e visto di regolarità contabile, e sulla ripartizione dell'onere della prova.
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Foro del consumatore: anche il lavoratore è cliente
Un avvocato ha citato in giudizio una sua cliente, dirigente medico, per il pagamento delle proprie competenze professionali relative a una causa di lavoro. Il tribunale di primo grado si era dichiarato incompetente, ma la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. È stato stabilito che il foro del consumatore si applica sempre quando un lavoratore dipendente, anche se professionista, agisce per questioni legate al suo rapporto di lavoro. Di conseguenza, il tribunale competente è quello del luogo di residenza del cliente-consumatore.
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Progressione economica PA: copertura finanziaria
Un dipendente pubblico si vede negare la progressione economica a causa della nullità della procedura selettiva, dichiarata dalla Corte d'Appello per mancanza di copertura finanziaria. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, non decide il caso ma lo rinvia a pubblica udienza per risolvere questioni fondamentali sul ruolo della copertura finanziaria e sulla sua prova nelle selezioni interne della Pubblica Amministrazione. L'ordinanza sottolinea l'estremo rilievo delle problematiche emerse.
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Progressione economica PA: validità senza copertura?
Una dipendente pubblica si vede annullare la promozione dalla Corte d'Appello per mancanza di copertura finanziaria da parte del Comune. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ritiene la questione complessa e rinvia il caso a pubblica udienza per definire i criteri di validità della progressione economica PA in assenza di fondi e il relativo onere della prova.
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Sanzione disciplinare: quando il ricorso è inammissibile
Un professionista sanitario ha ricevuto una sanzione disciplinare di 3 giorni di sospensione per mancata ripresa del servizio. Dopo aver perso nei primi due gradi di giudizio, ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l'interpretazione dei regolamenti disciplinari e la valutazione sulla proporzionalità della sanzione sono di competenza dei giudici di merito e non possono essere oggetto di un nuovo esame dei fatti in sede di legittimità, se non per specifici vizi di legge.
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Progressione economica: copertura finanziaria e nullità
Una dipendente pubblica si vede annullare la propria progressione economica dalla Corte d'Appello a causa della mancanza di copertura finanziaria da parte dell'ente. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, non decide nel merito ma rinvia il caso a una pubblica udienza, sollevando questioni di massima importanza sul rapporto tra validità della procedura selettiva e requisiti contabili come l'impegno di spesa e il visto di regolarità.
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