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Diritto del Lavoro

Assegno ad personam: quali voci include? La Cassazione
Un dipendente pubblico, trasferito da una società partecipata a un Ministero, si è visto riconoscere il diritto a includere nel proprio assegno ad personam anche le indennità di funzione, rischio e produzione. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21126/2024, ha respinto il ricorso del Ministero, stabilendo che, ai fini della tutela della retribuzione, conta la natura fissa e continuativa dell'emolumento, non la sua classificazione formale nel contratto collettivo. Il principio di non riducibilità della retribuzione prevale, garantendo al lavoratore la conservazione del trattamento economico goduto prima del trasferimento.
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Stabilizzazione precariato: la data del contratto è decisiva
Un gruppo di dipendenti a tempo determinato ha richiesto la conversione del proprio rapporto di lavoro in indeterminato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che per la stabilizzazione del precariato, ai sensi della normativa speciale esaminata, è fondamentale la data di stipula del contratto. La legge si applica solo ai contratti già in essere alla sua entrata in vigore, risultando irrilevante che la procedura di selezione fosse iniziata in data anteriore.
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Licenziamento disciplinare: quando non serve il codice
La Corte di Cassazione conferma la legittimità di un licenziamento disciplinare di un vice-direttore di supermercato per violazione dei doveri di fedeltà e diligenza. La Corte ha stabilito che, in casi di condotte che ledono direttamente il rapporto fiduciario, non è necessaria la preventiva affissione del codice disciplinare, poiché tali doveri sono connaturati al rapporto di lavoro stesso, specialmente per figure con ruoli di responsabilità.
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Stabilizzazione del personale: diritto all’assunzione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21120/2024, ha confermato il diritto di un lavoratore all'assunzione a tempo indeterminato al termine di un percorso di stabilizzazione del personale presso un ente pubblico. Il lavoratore, dopo anni di contratti atipici, aveva superato una selezione e completato un triennio a tempo determinato previsto dalla procedura. La Corte ha stabilito che tale percorso genera un diritto soggettivo all'assunzione. Tuttavia, ha negato il diritto alle retribuzioni per il periodo di ritardata assunzione, chiarendo che il lavoratore può chiedere solo il risarcimento del danno, che deve essere specificamente provato.
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Stabilizzazione precari: il bando non garantisce il posto
Un lavoratore precario ha citato in giudizio un'Università per ottenere la stabilizzazione dopo aver superato un'apposita selezione. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei gradi precedenti, ha respinto il ricorso. È stato chiarito che la partecipazione a tali selezioni crea una graduatoria di idonei, ma non un diritto soggettivo all'assunzione immediata. L'assunzione, infatti, resta subordinata ai piani di fabbisogno dell'ente pubblico e ai posti effettivamente disponibili, come previsto dalla normativa sulla stabilizzazione precari.
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Impugnazione ratio decidendi: l’errore che costa caro
La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di alcuni lavoratori per la stabilizzazione del rapporto di lavoro. L'errore fatale è stato non contestare specificamente ogni 'ratio decidendi' della sentenza di primo grado, rendendo la decisione su un punto cruciale definitiva. Questa ordinanza sottolinea l'importanza di una corretta tecnica di impugnazione ratio decidendi in appello.
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Lavoro subordinato: la motivazione della sentenza
La Corte di Cassazione conferma una sanzione a un locale notturno per l'impiego di 42 lavoratori in nero, ritenendo pienamente provato il rapporto di lavoro subordinato. La Corte ha stabilito che la motivazione della sentenza d'appello era adeguata, basandosi su indici chiari come la retribuzione fissa, le direttive impartite e l'inserimento stabile nell'organizzazione aziendale, respingendo il ricorso del titolare basato su un presunto difetto di motivazione.
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Ricorso per revocazione: quando è un errore di diritto?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per revocazione presentato da alcuni dirigenti farmacisti contro il Ministero della Salute. L'ordinanza chiarisce che una presunta errata interpretazione di norme o di precedenti giurisprudenziali costituisce un errore di diritto, non un errore di fatto, e pertanto non può essere motivo di revocazione. Il caso evidenzia i limiti stringenti di questo strumento processuale.
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Licenziamento tardivo: il principio di immediatezza
La Corte di Cassazione conferma l'illegittimità di un licenziamento tardivo inflitto a un dirigente. La società datrice di lavoro ha atteso oltre un anno e mezzo prima di contestare una presunta negligenza, violando il principio di immediatezza. Tale ritardo ha reso la sanzione illegittima, poiché ha ingenerato nel lavoratore il legittimo affidamento sulla tolleranza della sua condotta, a prescindere dalla fondatezza dell'addebito.
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Prescrizione ratei pensione: la domanda amministrativa
Un pensionato, dopo aver ottenuto il riconoscimento del diritto alla rivalutazione della pensione per esposizione all'amianto, si è visto negare parte degli arretrati dall'ente previdenziale per intervenuta prescrizione. La Corte di Appello di Bari ha confermato la decisione di primo grado, stabilendo che la domanda amministrativa presentata dal pensionato nel 2016 era idonea a interrompere la prescrizione decennale. La sentenza analizza l'applicazione delle norme transitorie sulla prescrizione ratei pensione, ridotta da 10 a 5 anni, salvaguardando il diritto del lavoratore agli arretrati a partire dal 2006.
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Decurtazione stipendio: illegittima se è sanzione
La Cassazione conferma la decisione di merito: illegittima la decurtazione stipendio operata da un'azienda di trasporti ai danni di un lavoratore collocato in aspettativa forzata. La Corte ha qualificato la trattenuta come una sanzione disciplinare applicata senza le dovute garanzie procedurali, basandosi sulle specifiche norme aziendali piuttosto che sulle normative generali invocate dall'azienda.
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Lavoro occasionale: quando non c’è obbligo di comunicazione
Un'azienda turistica, sanzionata per non aver comunicato l'assunzione di lavoratori con contratto di lavoro occasionale, si è vista dare ragione dalla Cassazione. La Corte ha stabilito che, a differenza di quanto erroneamente sostenuto dai giudici d'appello, il lavoro occasionale genuino non rientra tra le tipologie contrattuali soggette all'obbligo di comunicazione preventiva. È quindi fondamentale, prima di applicare sanzioni, accertare la reale natura del rapporto di lavoro.
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Abuso permessi sindacali: licenziamento legittimo
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20979/2024, ha confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa di un rappresentante sindacale. Il lavoratore aveva utilizzato i permessi retribuiti per finalità diverse da quelle istituzionali, configurando un grave abuso dei permessi sindacali. La Corte ha stabilito che tale condotta non è una semplice assenza ingiustificata, ma una violazione più grave che lede il rapporto di fiducia, giustificando la sanzione espulsiva. Il ricorso del lavoratore è stato respinto, consolidando l'orientamento secondo cui il datore di lavoro può verificare la corretta fruizione dei permessi.
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Lavoro subordinato associazione: la Cassazione decide
Un'associazione sportiva dilettantistica, sanzionata per l'impiego di collaboratori considerati lavoratori subordinati non dichiarati, ha visto il suo ricorso respinto dalla Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha confermato che la qualificazione di un rapporto come **lavoro subordinato associazione** prevale sulle agevolazioni fiscali previste per il settore dilettantistico. La decisione sottolinea che la natura effettiva della prestazione lavorativa è determinante ai fini degli obblighi contributivi e previdenziali, confermando le pesanti sanzioni amministrative inflitte.
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Licenziamento collettivo: poteri e criteri di scelta
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di licenziamento collettivo, confermando la legittimità della procedura gestita dal Direttore generale della società. La Corte ha ritenuto valido sia il potere di rappresentanza del dirigente, sia l'applicazione di criteri di scelta che limitavano la platea dei lavoratori a specifici profili professionali, in quanto concordati con i sindacati. L'ordinanza chiarisce che l'accordo concluso da un rappresentante senza poteri non è nullo, ma può essere ratificato con effetto retroattivo.
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Licenziamento collettivo: obblighi in caso di chiusura
La Corte di Cassazione ha statuito su un caso di licenziamento collettivo derivante dalla chiusura di una scuola materna. L'ordinanza chiarisce che, in caso di cessazione totale dell'attività, la comunicazione iniziale ai sindacati non deve specificare tutte le possibili misure alternative ai licenziamenti. È sufficiente esporre chiaramente le ragioni della chiusura che impediscono la prosecuzione dell'attività, ribadendo che la scelta imprenditoriale non è sindacabile nel merito dal giudice.
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Successione tra enti pubblici: chi paga la pensione?
La Corte di Cassazione chiarisce la responsabilità nel pagamento del trattamento pensionistico integrativo in caso di soppressione di un ente e subentro di un nuovo soggetto. La sentenza analizza un caso di successione tra enti pubblici, stabilendo che, concluse le operazioni di liquidazione dell'ente originario, l'obbligo di corrispondere la pensione integrativa si trasferisce al nuovo istituto, garantendo così la continuità dei diritti acquisiti dal pensionato.
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Assegno ad personam: quali voci sono incluse?
Ex dipendenti di un ente soppresso chiedono di includere nel loro assegno ad personam il TEP e i premi di polizze assicurative. La Cassazione rigetta il ricorso, stabilendo che tali voci non hanno natura fissa e continuativa, requisito essenziale per l'inclusione.
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Assegno ad personam: la retribuzione va garantita
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20958/2024, ha stabilito che l'assegno ad personam spettante a un dipendente pubblico trasferito deve includere tutte le componenti retributive fisse e continuative, anche se contrattualmente definite come "variabili". Il caso riguardava una dipendente passata da una società a partecipazione pubblica a un Ministero, la quale si era vista decurtare l'assegno di alcune indennità. La Corte ha chiarito che la natura di un emolumento non dipende dalla sua classificazione formale, ma dalla sua effettiva modalità di erogazione. Se una voce è corrisposta stabilmente, non legata al raggiungimento di specifici obiettivi, deve essere considerata parte del trattamento economico da salvaguardare per evitare una riduzione dello stipendio.
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Buono pasto turno notturno: Cassazione conferma il diritto
Un'azienda sanitaria ha negato il buono pasto a un infermiere per i turni notturni. La Corte d'Appello ha riconosciuto il diritto del lavoratore, considerando il turno di notte una 'particolare articolazione dell'orario di lavoro'. L'azienda ha presentato ricorso in Cassazione, ma è stato dichiarato inammissibile per vizi procedurali. La decisione, di fatto, consolida il diritto al buono pasto per il turno notturno del dipendente.
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