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Diritto del Lavoro

Mansioni superiori: la Cassazione chiarisce il diritto
Un lavoratore, assunto come autista soccorritore, ha richiesto il pagamento di differenze retributive per aver svolto mansioni superiori a quelle del suo inquadramento formale. La sua domanda era stata respinta in primo grado. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la precedente decisione. Il motivo risiede nel fatto che il giudice di merito non ha effettuato il corretto "giudizio trifasico", ovvero l'analisi comparativa tra le mansioni effettivamente svolte e quelle previste dalla contrattazione collettiva per il livello rivendicato. La Corte ha rinviato il caso al Tribunale per una nuova e corretta valutazione dei fatti alla luce dei principi enunciati.
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Giurisdizione Corte dei Conti: quando si applica?
Una professionista in pensione ha richiesto all'ente previdenziale un estratto conto certificativo per verificare il corretto calcolo del suo trattamento. Di fronte al diniego, ha adito il giudice ordinario. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha stabilito la giurisdizione della Corte dei Conti. La decisione si fonda sul principio del 'petitum sostanziale': poiché la richiesta del documento era finalizzata a una potenziale rideterminazione della pensione, la controversia rientra nella competenza esclusiva del giudice contabile per le pensioni dei dipendenti pubblici.
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Scorrimento graduatorie: no al diritto soggettivo
Una dipendente pubblica otteneva in appello il diritto alla promozione tramite scorrimento di una graduatoria di un concorso interno del 2007. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che lo scorrimento graduatorie non è un diritto soggettivo del candidato idoneo, ma una scelta discrezionale della Pubblica Amministrazione. Inoltre, la Corte ha affermato che le nuove leggi (ius superveniens), come il D.Lgs. 150/2009 che limita le progressioni puramente interne, si applicano anche alle graduatorie preesistenti, precludendo lo scorrimento se la procedura originaria non è conforme alle nuove norme.
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Ricostruzione carriera scuola: diritto imprescrittibile
Una docente ha richiesto la corretta ricostruzione della propria carriera per includere i servizi pre-ruolo. La Corte d'Appello aveva respinto la domanda, ritenendo prescritto il diritto stesso alla ricostruzione. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo un principio fondamentale: il diritto alla ricostruzione carriera scuola, inteso come accertamento dell'anzianità di servizio, non è soggetto a prescrizione. La prescrizione, quinquennale, si applica solo alle conseguenti differenze retributive, ma non estingue il diritto a ottenere il corretto inquadramento.
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Riconoscimento anzianità: la Cassazione decide
Un lavoratore del settore scolastico, trasferito da un ente locale a un ministero statale, ha richiesto il pieno riconoscimento dell'anzianità maturata per la ricostruzione della carriera economica. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la normativa, interpretata alla luce del diritto europeo, mira a impedire un peggioramento retributivo 'sostanziale' al momento del trasferimento, ma non garantisce automaticamente l'applicazione dei meccanismi di progressione del nuovo contratto basati sull'intera anzianità pregressa. La decisione si fonda su un orientamento consolidato, bilanciando la tutela del lavoratore con le esigenze di interesse generale.
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Abilitazione insegnamento: Laurea + 24 CFU non basta
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15838/2024, ha stabilito che il possesso di una laurea e di 24 CFU non è sufficiente per l'inserimento nella seconda fascia delle graduatorie di istituto. Tale titolo consente solo l'accesso ai concorsi, ma non costituisce una vera e propria abilitazione all'insegnamento, che si ottiene unicamente con il superamento delle procedure concorsuali o tramite specifici percorsi abilitativi. La Corte ha quindi accolto il ricorso del Ministero dell'Istruzione, rigettando la pretesa di una docente che chiedeva l'inserimento nella fascia riservata al personale abilitato.
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Regolamento CE 561/2006: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso di un'azienda di trasporti, ha annullato una sentenza d'appello riguardante l'applicazione del Regolamento CE 561/2006. La Corte, conformandosi a una pronuncia della Corte di Giustizia UE, ha stabilito che il limite dei 50 km, che esclude l'applicazione del regolamento, va calcolato sulla base dell'itinerario oggettivo della linea e non sulla distanza totale percorsa dal conducente nel turno. Inoltre, il limite bisettimanale di 90 ore si riferisce esclusivamente al "tempo di guida" effettivo e non all'intera durata del turno di lavoro.
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Danno contratti a termine: no prova agevolata
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15814/2024, ha stabilito che non si applica la presunzione agevolata della prova per il danno da contratti a termine illegittimi stipulati prima dell'entrata in vigore della direttiva comunitaria 1999/70/CE. La lavoratrice che chiedeva il risarcimento avrebbe dovuto fornire prova specifica del danno subito, non potendo beneficiare dell'agevolazione probatoria riconosciuta dalla giurisprudenza per i rapporti successivi.
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Risarcimento danno perdita di chance: onere della prova
Un docente ha richiesto un risarcimento danni al Ministero per una reintegrazione tardiva in una graduatoria, sostenendo di aver perso un'opportunità di lavoro. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi inferiori. La Corte ha ribadito che per il risarcimento danno perdita di chance, il richiedente ha l'onere di fornire una prova rigorosa della probabilità concreta di ottenere il vantaggio sperato, senza che il giudice possa supplire alle sue carenze probatorie.
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Dichiarazione non veritiera: quando non c’è decadenza
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 15816/2024, ha stabilito che una dichiarazione non veritiera in un'autocertificazione comporta la decadenza dai benefici solo se l'omissione riguarda un requisito essenziale e ostativo all'assunzione. Nel caso di una docente che aveva omesso una vecchia condanna penale non rilevante ai fini dell'incarico, la Corte ha annullato il licenziamento, precisando che la sanzione della decadenza si applica solo quando la falsità è stata decisiva per ottenere un beneficio altrimenti non spettante.
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Lavoro pubblico: no conversione contratto a termine
La Corte di Cassazione ha confermato che nel lavoro pubblico, anche in caso di reiterazione abusiva di contratti a termine e di somministrazione, non è possibile la conversione del rapporto in uno a tempo indeterminato. Questa è preclusa dalla necessità di superare un concorso pubblico per l'assunzione. La tutela per il lavoratore è limitata al risarcimento del danno. La Corte ha dichiarato inammissibili sia il ricorso della lavoratrice, che chiedeva la conversione, sia quello dell'ente pubblico.
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Ricorso inammissibile: limiti del giudizio di Cassazione
Un'ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i motivi che rendono un ricorso inammissibile. Nel caso specifico, un agente aveva impugnato una sentenza che lo condannava a un pagamento a favore della società preponente. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano generici e miravano a una nuova valutazione dei fatti e delle prove, compito che non spetta al giudice di legittimità. La decisione sottolinea la necessità di formulare censure precise e basate su specifici errori di diritto.
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Indennità di sostituzione: solo l’indennità, non lo stipendio
Un dirigente medico ha svolto per anni le funzioni di un superiore, chiedendo in giudizio la retribuzione piena corrispondente all'incarico. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in questi casi, al dirigente spetta unicamente la specifica "indennità di sostituzione" prevista dal contratto collettivo, e non l'intera retribuzione della posizione superiore, anche se l'incarico si protrae oltre i termini previsti.
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Cessione d’azienda: diritti dei lavoratori protetti
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15740/2024, ha ribadito la solidità delle tutele per i lavoratori in caso di cessione d'azienda. La Corte ha stabilito che gli accordi individuali che peggiorano le condizioni contrattuali dei dipendenti, eludendo l'articolo 2112 c.c., sono nulli. Inoltre, ha chiarito che il termine di decadenza per impugnare i licenziamenti non si applica quando i lavoratori chiedono il riconoscimento della continuità del rapporto con il nuovo datore di lavoro.
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Tempo di Lavoro: Viaggio Casa-Cliente è Orario Pagato?
Un tecnico ha citato in giudizio la sua azienda di telecomunicazioni per ottenere la retribuzione del tempo di viaggio da casa al primo cliente. I tribunali di merito avevano respinto la richiesta, qualificandola erroneamente come straordinario. La Cassazione ha annullato la decisione, chiarendo che si tratta di tempo di lavoro ordinario, con un diverso regime probatorio. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Iscrizione cassa previdenza: obbligo per dipendenti
La Corte di Cassazione conferma che l'iscrizione all'albo professionale comporta l'obbligatoria iscrizione alla cassa previdenza di categoria, anche per chi svolge un'altra attività lavorativa come dipendente. Nel caso specifico, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione presentato da due professionisti, i quali contestavano un presunto errore di fatto in una precedente ordinanza. La decisione ribadisce che la semplice iscrizione all'albo è condizione sufficiente per l'obbligo contributivo, risultando irrilevante l'esercizio occasionale della professione o la mancata produzione di reddito.
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Obbligo contributivo: iscrizione all’albo sufficiente
Un professionista iscritto all'albo, ma anche lavoratore dipendente, ha contestato l'obbligo contributivo verso la propria cassa professionale. La Corte di Cassazione ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: la semplice iscrizione all'albo è condizione sufficiente a generare l'obbligo di versare i contributi. La Corte ha specificato che un presunto errore del giudice nel citare un regolamento interno della cassa non era decisivo per cambiare l'esito della causa, poiché il principio giuridico di fondo resta valido.
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Licenziamento collettivo: obblighi di trasparenza
La Cassazione conferma l'illegittimità di un licenziamento collettivo a causa della mancata trasparenza nella comunicazione finale. La riduzione del numero di esuberi, concordata con i sindacati, non è stata seguita da un prospetto chiaro che ne spiegasse la riallocazione, violando i principi di corretta informazione e viziando l'intera procedura.
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Termine disciplinare: da quando decorre la decadenza?
La Corte di Cassazione ha chiarito che il termine disciplinare di 120 giorni per la conclusione del procedimento a carico di un dipendente pubblico decorre dalla data in cui la notizia dell'infrazione perviene al responsabile della struttura in cui il dipendente lavora o all'Ufficio Procedimenti Disciplinari (UPD), e non dalla conoscenza acquisita da altri organi, come il Direttore Generale. Nel caso di specie, una sanzione disciplinare era stata annullata perché il termine era stato fatto decorrere erroneamente dalla notifica di un atto al Direttore Generale. La Corte ha cassato la decisione, riaffermando il principio della conoscenza 'specifica' e 'qualificata' per l'avvio del termine perentorio.
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Appalto illecito sanzioni: separate per committente
La Corte di Cassazione ha confermato che in caso di appalto illecito le sanzioni amministrative sono autonome e distinte per il committente e l'appaltatore. Il pagamento della sanzione da parte di uno dei soggetti non estingue l'obbligazione dell'altro, poiché non sussiste un vincolo di solidarietà tra le diverse imprese coinvolte. L'illecito genera rapporti obbligatori separati, basati sul principio di personalità della responsabilità.
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