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Diritto Commerciale

Competenza territoriale decreto ingiuntivo: la fattura
Una società editrice otteneva un decreto ingiuntivo contro due professionisti per il mancato pagamento di un abbonamento. I professionisti si opponevano, eccependo l'incompetenza territoriale del tribunale adito, sostenendo che il credito, basato sulla sola fattura, non fosse liquido e certo. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo un principio fondamentale sulla competenza territoriale decreto ingiuntivo: la produzione del contratto sottostante nel successivo giudizio di opposizione è sufficiente a sanare l'eventuale incertezza iniziale, confermando retroattivamente la competenza del foro del creditore.
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Leasing traslativo: restituzione canoni e equo compenso
Una società finanziaria ha impugnato una sentenza che, qualificando un leasing di un'imbarcazione come leasing traslativo, ordinava la restituzione dei canoni versati dall'utilizzatore. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che per i contratti risolti prima della L. 124/2017 si applica l'art. 1526 c.c. e che il diritto della concedente a un equo compenso per l'uso del bene deve essere oggetto di una domanda specifica in giudizio, non potendo essere riconosciuto d'ufficio.
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Assegno di garanzia: perché è un patto nullo
Un socio emette un assegno a garanzia dei debiti della sua società. Il creditore lo incassa e ottiene un decreto ingiuntivo. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei giudici di merito, stabilisce che l'accordo sull'uso dell'assegno di garanzia è nullo per contrarietà a norme imperative. Tuttavia, l'assegno non perde validità ma si 'degrada' a promessa di pagamento, obbligando l'emittente a saldare il debito.
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Onere della prova nel leasing: chi deve provare cosa?
Una società utilizzatrice di un immobile in leasing non pagava i canoni. La società concedente ha chiesto la risoluzione del contratto e la restituzione del bene. L'utilizzatrice si è opposta, lamentando l'assenza del piano di ammortamento. La Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che l'onere della prova del pagamento spetta sempre al debitore (l'utilizzatore), mentre il creditore deve solo dimostrare l'esistenza del contratto. L'assenza di un piano di ammortamento separato non è risultata decisiva.
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Onere prova consegna merci: la fattura non basta
Un fornitore otteneva un decreto ingiuntivo contro una farmacia per il pagamento di merci. La farmacia si opponeva, negando di aver mai ricevuto i prodotti. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della farmacia, ha stabilito che l'onere della prova della consegna merci spetta al fornitore. Le sole fatture non sono sufficienti se la consegna è contestata, né l'ordine di esibizione può essere usato per sopperire alla mancanza di prove adeguate, come i documenti di trasporto firmati dal destinatario.
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Clausola vessatoria: quando è valida senza firma?
Una piccola azienda contesta una clausola vessatoria (foro competente) in un contratto con una multinazionale, sostenendo fosse imposta. La Cassazione rigetta il ricorso, affermando che la presenza di trattative individuali, anche se su altre parti del contratto, esclude l'applicazione dell'art. 1341 c.c. e rende valida la clausola vessatoria.
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Mutuo ipotecario revocato: quando è fittizio
La Corte di Cassazione ha confermato la revoca di un mutuo ipotecario concesso a una società poi fallita. I giudici hanno stabilito che l'operazione non costituiva un nuovo finanziamento, ma un artificio per garantire un debito preesistente non assistito da garanzie reali. Questa manovra, finalizzata a trasformare un credito chirografario in privilegiato, è stata ritenuta lesiva del principio della par condicio creditorum. Di conseguenza, la garanzia è stata dichiarata inefficace nei confronti del fallimento e il credito è stato ammesso al passivo come chirografario.
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Cessione leasing e nullità: la Cassazione decide
La pretesa di un istituto di credito in un fallimento è stata respinta in primo grado, considerando nulla la cessione leasing a una società finanziariamente instabile. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che la cessione di un contratto non equivale a un'abusiva concessione di credito, poiché non comporta l'erogazione di nuove finanze. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame, chiarendo i confini della nullità contrattuale in ambito bancario.
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Azione revocatoria onorari: prova del pregiudizio
Dei professionisti si opponevano all'esclusione dei loro crediti dallo stato passivo di un fallimento. Il tribunale aveva rigettato l'opposizione, accogliendo l'eccezione di revocatoria ordinaria sollevata dalla curatela, ritenendo i compensi eccessivi e pregiudizievoli. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che per l'azione revocatoria onorari, il curatore deve fornire una prova rigorosa sia dell'esistenza di creditori anteriori, sia del pregiudizio effettivo, il quale va valutato bilanciando il costo dell'incarico con i benefici che la società ne ha tratto. La mera verosimiglianza non è sufficiente.
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Revocatoria compenso professionale: la Cassazione decide
Una società di consulenza chiede l'ammissione al passivo fallimentare per il suo compenso, in prededuzione. Il Tribunale lo ammette in chirografo per un importo ridotto, ritenendo sproporzionato il compenso pattuito e quindi soggetto a revocatoria. La Cassazione rigetta il ricorso, chiarendo che l'esenzione dalla revocatoria compenso professionale si applica ai pagamenti ma non al contratto sottostante se la prestazione è sproporzionata.
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Esdebitazione: patteggiamento impedisce il perdono?
Un socio illimitatamente responsabile di una società fallita si è visto negare l'esdebitazione a causa di una precedente condanna penale tramite patteggiamento. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha ritenuto la questione di grande importanza giuridica, rinviando il caso a pubblica udienza per decidere se l'estinzione del reato post-patteggiamento equivalga alla riabilitazione richiesta dalla legge fallimentare per concedere il beneficio.
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Garanzie soci cooperative: il regresso dello Stato
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 25344/2024, ha chiarito che lo Stato può esercitare il diritto di regresso nei confronti dei soci garanti di una cooperativa agricola insolvente, qualora questi abbiano contribuito al dissesto. La richiesta di accollo delle garanzie soci cooperative da parte dello Stato non preclude a quest'ultimo di agire per la ripetizione delle somme versate nei confronti dei soci ritenuti responsabili dell'insolvenza.
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Factoring e concordato: a chi spetta il credito?
Una società di factoring agisce per il pagamento di crediti ceduti da un'azienda poi ammessa a concordato preventivo. Le corti di merito ritengono la domanda inammissibile, in quanto doveva essere proposta nelle forme del procedimento concorsuale. La Cassazione, con un'ordinanza interlocutoria sul tema del factoring e concordato, rinvia la decisione alla Prima Sezione Civile, competente per materia, per risolvere la complessa questione sulla tutela dei diritti del terzo cessionario.
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Garanzia fideiussoria: cosa succede se rinunci al bando
Una società energetica, dopo aver ottenuto un contributo pubblico e prestato una garanzia fideiussoria, rinunciava al finanziamento. L'ente pubblico pretendeva di mantenere attiva la garanzia, ma la Corte d'Appello, riformando la decisione di primo grado, ha stabilito l'estinzione della garanzia stessa in virtù del principio di accessorietà, ritenendo che la garanzia non possa sopravvivere all'obbligazione principale (l'erogazione del contributo) che era venuta meno con la rinuncia. La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla questione, ma ha rinviato la causa a nuovo ruolo per un vizio di notifica.
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Noleggio a non domino: contratto valido anche se scade?
La Corte di Cassazione chiarisce che un contratto di noleggio stipulato da chi non è proprietario del bene (noleggio a non domino) non si estingue automaticamente se il diritto del noleggiante viene meno, ad esempio per la scadenza del contratto di leasing originario. Il contratto rimane valido tra le parti e l'utilizzatore finale è tenuto a pagare i canoni, a meno che non subisca un'effettiva turbativa da parte del proprietario.
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Onere della prova: come provare una consegna senza DDT?
Una società fornitrice ottiene un decreto ingiuntivo contro una ditta individuale per il mancato pagamento di una fornitura di abbigliamento. La ditta acquirente si oppone, negando di aver mai ricevuto la merce e sottolineando l'assenza di un Documento di Trasporto (DDT). La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei giudici di merito, rigetta il ricorso. Viene stabilito che l'onere della prova della consegna può essere assolto anche tramite presunzioni gravi, precise e concordanti, come testimonianze e prassi commerciali consolidate tra le parti, superando così la mancanza del DDT.
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Responsabilità amministratore: la Cassazione decide
Una società fa causa a un suo amministratore per non aver messo a reddito gli immobili sociali. La Cassazione chiarisce la responsabilità amministratore, affermando che l'inerzia gestionale non è coperta dalla business judgment rule e va provata. La sentenza d'appello è annullata con rinvio.
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Prova presuntiva: quando il ricorso è inammissibile
Una società si è vista revocare un contributo pubblico a causa di fatture false. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, chiarendo che criticare la valutazione della prova presuntiva basata sulla falsità dei bonifici costituisce un tentativo di riesaminare il merito della causa, compito precluso al giudice di legittimità.
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Competenza funzionale e opposizione a decreto ingiuntivo
Una società si oppone a un decreto ingiuntivo, presentando una domanda riconvenzionale di competenza di un'altra sezione specializzata. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 25146/2024, ha ribadito il principio della competenza funzionale inderogabile del giudice che ha emesso il decreto a decidere sull'opposizione. Di conseguenza, ha confermato la legittimità della separazione dei due giudizi, respingendo il ricorso della società opponente.
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Protesto per firma non autorizzata: chi paga i danni?
Un ex amministratore di società veniva protestato per un assegno emesso dopo le sue dimissioni. L'imprenditore citava in giudizio la banca e il notaio per i danni subiti, inclusa l'impossibilità di aprire un nuovo conto corrente per la sua attività. La Corte d'Appello ha respinto la richiesta, stabilendo che il protesto per firma non autorizzata era legittimo. La firma era infatti simile a quella depositata e l'onere di provare la falsità della firma spettava all'attore, prova che non è stata fornita. Inoltre, non è stato dimostrato un nesso causale diretto tra il protesto e il fallimento dell'attività commerciale.
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