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Diritto Commerciale

Contratto di subappalto: limiti al compenso extra
Una ditta subappaltatrice ha richiesto il pagamento di un credito per lavori extra rispetto a quanto pattuito in un contratto di subappalto con un'impresa poi fallita. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 22853/2024, ha respinto il ricorso, confermando che il compenso massimo pattuito nel contratto era vincolante. La Corte ha sottolineato l'importanza dell'interpretazione letterale delle clausole e l'inammissibilità di introdurre nuove questioni in sede di legittimità.
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Assegno in bianco: quando vale come promessa di pagamento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 22848/2024, ha chiarito la valenza probatoria di un assegno in bianco. Il caso riguardava un decreto ingiuntivo per quasi due milioni di euro, basato su un assegno. La Corte ha stabilito che il mero possessore di un assegno in bianco, privo dell'indicazione del beneficiario, non è legittimato a pretenderne il pagamento. Per far valere il titolo come promessa di pagamento, il possessore deve dimostrare l'esistenza del rapporto giuridico sottostante da cui deriva il credito, in quanto la semplice detenzione del titolo non è sufficiente a provarne la titolarità.
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Credito subappaltatore fallimento: no alla prededuzione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 22834/2024, ha stabilito che in caso di fallimento o liquidazione coatta amministrativa dell'appaltatore di un'opera pubblica, il credito del subappaltatore non gode di prededuzione. La speciale tutela prevista dal Codice dei Contratti Pubblici, che consente alla stazione appaltante di sospendere i pagamenti all'appaltatore inadempiente verso il subappaltatore, non si applica una volta sciolto il contratto per insolvenza. Pertanto, il subappaltatore è considerato un creditore concorsuale come gli altri, soggetto al principio della 'par condicio creditorum'.
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Prededuzione e successione: limiti di opponibilità
Un istituto di credito finanziava una società in concordato preventivo, ottenendo il beneficio della prededuzione. Successivamente, la società cedeva la propria azienda a una nuova entità, che in seguito falliva. La richiesta della banca di vedere riconosciuta la prededuzione nel fallimento della nuova società è stata respinta. La Corte di Cassazione ha confermato che la prededuzione è una qualità procedurale legata alla specifica procedura concorsuale del debitore originario e non si trasferisce a un soggetto giuridico diverso, neppure in caso di successione aziendale.
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Prededuzione del credito: non si trasferisce al fallito
Una società finanziatrice aveva concesso un credito, beneficiando della prededuzione, a un'impresa in concordato preventivo. Quest'ultima ha poi ceduto la propria azienda a una seconda società, che è successivamente fallita. La società cessionaria del credito ha tentato di far valere la prededuzione nel fallimento della seconda impresa. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, statuendo che la prededuzione del credito è una qualità procedurale legata soggettivamente all'impresa che l'ha originata e non si trasferisce al fallimento di un soggetto diverso, neanche in caso di cessione d'azienda.
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Competenza fideiussione antitrust: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione interviene su un conflitto di giurisdizione tra un tribunale ordinario e una sezione specializzata in materia di impresa. Il caso riguarda l'opposizione a un decreto ingiuntivo e una domanda riconvenzionale per la nullità di una fideiussione basata su violazioni della normativa antitrust. La Suprema Corte stabilisce la separazione delle cause: il tribunale ordinario che ha emesso il decreto è competente per l'opposizione, mentre la sezione imprese è competente per la domanda riconvenzionale sulla competenza fideiussione antitrust, riaffermando il carattere inderogabile della competenza funzionale del giudice dell'opposizione.
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Elezione di domicilio: la Cassazione chiarisce la prova
Una società creditrice notifica un precetto a una società debitrice estera, effettuando un'elezione di domicilio in una città italiana dove presume esistano beni pignorabili. La società debitrice contesta la competenza di quel tribunale. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, stabilisce che la competenza è correttamente radicata nel luogo dell'elezione di domicilio, a condizione che il creditore fornisca la prova, anche solo di crediti ipotetici verso terzi, della presenza di beni del debitore in quel circondario. Viene così chiarito l'onere probatorio a carico del creditore.
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Cancellazione albo consulenti: la Cassazione riesamina
Un consulente finanziario viene cancellato dall'albo professionale dopo che la sua società di intermediazione è stata posta in amministrazione straordinaria. La Corte d'Appello conferma la cancellazione. La Corte di Cassazione, rilevando la complessità delle questioni giuridiche, in particolare sulla giurisdizione e sul diritto di difesa del professionista, non decide in camera di consiglio ma rinvia il caso a una pubblica udienza per un esame approfondito. La questione centrale riguarda la natura del potere dell'Organismo di Vigilanza nella procedura di cancellazione albo consulenti.
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Onere della prova pagamento: chi deve dimostrare?
Un fornitore ottiene un decreto ingiuntivo per fatture non pagate. Il cliente si oppone, sostenendo di aver pagato con due assegni. La Corte d'Appello chiarisce che, in un rapporto commerciale continuativo, non basta provare di aver pagato; l'onere della prova pagamento ricade sul debitore, che deve dimostrare il nesso specifico tra il pagamento e il debito contestato. La Corte ha quindi riformato la sentenza di primo grado, condannando il debitore al pagamento.
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Errore di fatto revocatorio: quando è inammissibile
Un'impresa edile ha richiesto la revocazione di una sentenza della Corte di Cassazione relativa a un contratto di appalto pubblico, lamentando un errore di fatto revocatorio. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo la differenza tra un errore di percezione (revocatorio) e un errore di valutazione o interpretazione (errore di giudizio), che non consente la revocazione. Il caso conferma che la valutazione sul corretto adempimento contrattuale è una questione di merito, non sindacabile in sede di legittimità tramite revocazione.
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Recesso per giusta causa: quando è inammissibile?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un agente che aveva invocato il recesso per giusta causa a seguito dell'invio non autorizzato di una mail alla sua clientela da parte della banca preponente. La Corte ha ribadito che la valutazione dei fatti che costituiscono giusta causa è di competenza esclusiva dei giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità se la motivazione è congrua, soprattutto in presenza di una "doppia conforme" delle sentenze di primo e secondo grado.
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Surplus concordatario e continuità: le regole
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22169/2024, ha stabilito che il surplus concordatario generato dalla continuità aziendale non è assimilabile a finanza esterna. Pertanto, tale surplus non può essere distribuito liberamente ai creditori chirografari se prima non sono stati integralmente soddisfatti i creditori privilegiati, in ossequio al principio della "absolute priority rule" e all'ordine delle cause di prelazione.
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Motivazione apparente: la Cassazione cassa la sentenza
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d'Appello per vizio di motivazione apparente. Il caso riguardava l'impugnazione di un lodo arbitrale in materia di affitto d'azienda. I giudici di secondo grado non avevano risposto in modo specifico alla censura secondo cui l'arbitro aveva deciso oltre i limiti del mandato conferitogli. La Suprema Corte ha chiarito che una risposta generica e non pertinente ai motivi di gravame equivale a un'omessa motivazione, determinando la nullità della pronuncia.
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Giusta causa di recesso: quando l’agente può usarla
Un promotore finanziario ha invocato la giusta causa di recesso dal contratto di agenzia con una banca, lamentando inadempimenti a seguito di un'operazione societaria. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni di merito. Ha precisato che, sebbene l'istituto si applichi all'agenzia, la valutazione della gravità è più rigorosa e l'agente non ha fornito prove sufficienti di un inadempimento grave da parte della banca preponente.
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Patto di non concorrenza: la forma scritta è derogabile
Una società ha contestato il pagamento di un'indennità per patto di non concorrenza al suo ex agente, sostenendo che un accordo tacito di risoluzione anticipata del contratto fosse invalido perché il contratto stesso richiedeva modifiche scritte. La Corte di Cassazione ha respinto tale tesi, affermando che la forma scritta convenzionale per le modifiche può essere derogata tacitamente dalle parti. Di conseguenza, il patto di non concorrenza rimane efficace. Il caso è stato rinviato per ricalcolare l'importo dell'indennità, poiché era stato erroneamente trascurato il fatto che l'agente avesse fornito prove del suo status di monomandatario.
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Legittimazione passiva ente ponte: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'ente ponte, creato nel contesto di una risoluzione bancaria, non possiede la legittimazione passiva per rispondere delle pretese risarcitorie avanzate dagli azionisti della banca originaria. La decisione si fonda sulla necessità di garantire la stabilità finanziaria del nuovo istituto, trasferendogli solo le passività esplicitamente previste nel provvedimento di cessione e non oneri pregressi e incerti. Le pretese degli azionisti, pertanto, devono essere rivolte verso l'ente originario posto in liquidazione.
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Nullità del contratto per corruzione: Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del curatore fallimentare di una società fornitrice di apparecchiature mediche. La Corte d'Appello aveva dichiarato la nullità del contratto per corruzione, basandosi su una condanna penale definitiva a carico di un consulente della società. La Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando che il ricorrente non aveva impugnato una delle ragioni autonome della sentenza d'appello, ovvero il rilievo d'ufficio della nullità da parte del giudice, rendendo così l'intero ricorso inammissibile.
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Istanza di fallimento: quando l’Agenzia può agire?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la richiesta di definizione agevolata dei debiti fiscali (rottamazione) non impedisce all'Agenzia delle Entrate-Riscossione di presentare un'istanza di fallimento. La norma sospende solo le procedure esecutive individuali, non la facoltà di chiedere la declaratoria di insolvenza. Per l'istanza di fallimento è sufficiente l'esistenza di un credito, anche se temporaneamente non esigibile.
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Giudicato esterno: vincolante la precedente sentenza
Una società cooperativa ha citato in giudizio un ex socio per il pagamento di una penale. Il socio si è difeso sostenendo l'esistenza di un giudicato esterno, derivante da una precedente sentenza che aveva già dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore di un collegio arbitrale. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha accolto il ricorso del socio, affermando che la precedente decisione sul difetto di giurisdizione, non impugnata, ha creato un vincolo non più discutibile tra le parti. La Suprema Corte ha chiarito che la devoluzione della controversia ad un arbitrato irrituale non è una questione di competenza, ma di merito, che porta all'improponibilità della domanda giudiziale. Di conseguenza, la sentenza che accerta tale improponibilità ha efficacia di giudicato e impedisce che la stessa domanda possa essere riproposta davanti al giudice ordinario.
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Concessioni demaniali: Cassazione rinvia in pubblica
La Corte di Cassazione, investita di un ricorso del Ministero dell'Economia contro un operatore balneare, ha emesso un'ordinanza interlocutoria con cui rinvia la causa a pubblica udienza. La decisione si fonda sulla complessità e sul rilievo nomofilattico della questione delle concessioni demaniali, soprattutto dopo una recente sentenza della Corte di Giustizia UE che vieta le proroghe automatiche. La Corte ha ritenuto necessario un dibattito pubblico per esaminare le ricadute di tale pronuncia sul diritto nazionale.
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