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Diritto Commerciale

Lucro cessante appalto: la Cassazione e il criterio 10%
In una lunga controversia relativa a un contratto di logistica, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che liquidava il danno da lucro cessante in via equitativa. A seguito dell'inadempimento della società committente, che aveva azzerato le commesse, la società appaltatrice chiedeva il risarcimento. Data la difficoltà di provare l'esatto utile netto perso, i giudici hanno ritenuto legittimo applicare per analogia il criterio del 10% del corrispettivo non percepito, mutuato dalla disciplina degli appalti pubblici, rigettando il ricorso della società di logistica.
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Riduzione tariffaria emittenti: la documentazione
Una società di radiodiffusione ha citato in giudizio un gestore di telecomunicazioni per ottenere un rimborso basato sulla riduzione tariffaria prevista dalla legge. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che per beneficiare dell'agevolazione è necessario trasmettere al gestore non solo la copia della domanda, ma anche tutta la documentazione allegata. L'omissione di tale adempimento procedurale preclude il diritto al rimborso.
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Azione revocatoria: cessione d’azienda tra familiari
La Corte d'Appello di Bari conferma la sentenza di primo grado che accoglie un'azione revocatoria promossa da un ex dipendente. La Corte ha ritenuto che la cessione di un ramo d'azienda e la costituzione di fondi patrimoniali da parte della società debitrice fossero atti fraudolenti, finalizzati a sottrarre beni alla garanzia del creditore. La decisione si basa sulla sussistenza dell'eventus damni (pregiudizio al creditore) e della scientia damni (consapevolezza del pregiudizio), provata anche attraverso il legame familiare tra le parti coinvolte.
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Nullità transazione: quando l’appello è inammissibile
Una società cinematografica ha impugnato in Cassazione la sentenza che respingeva la sua richiesta di restituzione di somme, basata sulla nullità transazione stipulata con un'altra società. La Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d'Appello. Il motivo principale è stata l'inammissibilità dell'appello, giudicato troppo generico per non aver spiegato come la declaratoria di nullità (invece dell'annullabilità originariamente richiesta) avrebbe potuto portare all'accoglimento della domanda.
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Responsabilità precontrattuale: limiti del ricorso
Una società creditrice accusava l'amministratore di una società debitrice di aver condotto trattative dilatorie per consentire la cancellazione della sua azienda, frustrando il recupero del credito. La Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la decisione d'appello. Ha dichiarato inammissibili i motivi volti a un riesame del merito sulla valutazione delle prove e sul nesso di causalità, ribadendo i rigidi limiti del giudizio di legittimità in tema di responsabilità precontrattuale.
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Responsabilità promotore finanziario: i limiti
Un risparmiatore ha perso il suo investimento in prodotti finanziari di terzi, non offerti dalla società di intermediazione per cui lavorava il suo promotore. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito, escludendo la responsabilità del promotore finanziario in capo alla società preponente. La Corte ha ritenuto assente il "nesso di occasionalità necessaria", poiché l'attività illecita del promotore era del tutto estranea e personale, non collegata alle mansioni affidategli dall'intermediario.
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Anticipo fatture: prova del credito e onere della prova
Una società in liquidazione ha citato in giudizio una banca per usura su finanziamenti. La Corte d'Appello ha concordato, ritenendo gli ordini d'acquisto prova sufficiente per qualificare le operazioni come anticipo fatture e applicare la relativa soglia antiusura. La banca ha fatto ricorso in Cassazione, contestando la validità degli ordini d'acquisto come prova del credito. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione delle prove spetta ai giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità.
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Protesto illegittimo: quando il ricorso è inammissibile
Un ex amministratore ha citato in giudizio una banca per un protesto illegittimo, ma la sua richiesta di risarcimento è stata respinta in tutti i gradi di giudizio. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile applicando il principio della 'doppia conforme', che limita la possibilità di riesaminare i fatti quando due sentenze di merito sono concordi. La decisione sottolinea l'onere della prova per il danno e i limiti del giudizio di legittimità.
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Associazione in partecipazione: quando non è società
La Corte di Cassazione ha confermato la validità di un contratto di associazione in partecipazione per la gestione di una farmacia, rigettando la tesi del ricorrente che lo riteneva un contratto di società nullo. Secondo la Corte, la presenza di clausole sulla plusvalenza o sulla durata non è sufficiente a riqualificare il rapporto se mancano gli elementi essenziali della società, come l'organizzazione comune e la condivisione del rischio d'impresa (affectio societatis). La corretta interpretazione del contratto, operata in modo complessivo e non atomistico, spetta al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità.
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Promessa di pagamento: assegno e onere della prova
La Corte di Cassazione ha stabilito che un assegno bancario, anche se privo del suo valore cartolare, funge da promessa di pagamento. Questo comporta un'inversione dell'onere della prova: non spetta al creditore dimostrare l'esistenza del debito, ma al debitore che ha emesso l'assegno provare la sua inesistenza, invalidità o estinzione. Nel caso specifico, il ricorso di un imprenditore contro un ex collaboratore, a cui aveva consegnato un assegno come garanzia, è stato respinto proprio in applicazione di questo principio consolidato.
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Inadempimento contrattuale: onere della prova
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 30384/2024, ha rigettato il ricorso di un'azienda che lamentava un inadempimento contrattuale da parte di un fornitore di macchinari. La Corte ha ribadito che, in caso di inadempimento contrattuale, non basta una generica denuncia, ma è necessario allegare e provare specificamente le circostanze del disservizio. La decisione chiarisce anche l'autonomia dell'azione di risarcimento del danno rispetto a quella di risoluzione del contratto e i criteri per la valutazione comparativa delle condotte delle parti.
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Fideiussione omnibus: la Cassazione e la nullità
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un garante in una fideiussione omnibus. La Corte ha escluso la qualifica di consumatore, ha respinto l'eccezione ex art. 1956 c.c. per la provata conoscenza delle difficoltà del debitore e ha dichiarato inammissibile la tardiva eccezione di nullità antitrust per mancata prova.
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Vizio motivazionale: quando l’appello è inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un proprietario terriero contro un imprenditore in una causa su un contratto di associazione in partecipazione. Il ricorso era basato su un presunto vizio motivazionale, ma la Corte ha chiarito che contestare l'interpretazione di un contratto da parte del giudice non costituisce un "omesso esame di un fatto storico", unico presupposto per tale vizio. La decisione conferma che l'esecuzione dell'affare tramite la vendita del terreno, come previsto dal contratto, non era un recesso, legittimando la richiesta di utili da parte dell'imprenditore.
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Associazione in partecipazione: onere della prova
In un caso di associazione in partecipazione, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'onere della prova delle perdite spetta all'associante. A seguito della cessazione del contratto, l'associato ha richiesto la restituzione del proprio apporto. L'associante si è opposto, adducendo perdite non provate. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che, in assenza di prova contraria fornita dall'associante, l'apporto deve essere restituito.
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Contratto associazione in partecipazione e scioglimento
Un avvocato ha conferito le sue prestazioni professionali in un progetto immobiliare tramite un contratto di associazione in partecipazione, in cambio di una quota degli utili. Quando il progetto è fallito, ha chiesto il pagamento delle sue parcelle. La Corte di Cassazione ha stabilito che lo scioglimento del contratto non fa rivivere automaticamente il diritto al compenso conferito come apporto. Tale diritto si è estinto con il conferimento e la sua sorte, in caso di scioglimento, dipende da specifici accordi tra le parti, in questo caso mancanti.
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Travisamento della prova: quando il ricorso è inammissibile
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un ente pubblico contro una società di factoring. Il caso verteva sul presunto travisamento della prova riguardo l'inclusione o meno dell'IVA nel valore di beni non forniti, come indicato in una perizia tecnica. La Corte ha stabilito che il rimedio corretto per tale doglianza non è il ricorso per cassazione, ma la revocazione, e ha inoltre censurato la presentazione di questioni nuove in sede di legittimità.
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Revocatoria fallimentare: anomalo il pagamento terzo
Una società creditrice riceve il pagamento da un terzo, su delega del debitore poi fallito. La Cassazione conferma la revocatoria fallimentare di tale pagamento, qualificandolo come 'mezzo anomalo'. Questo sistema viola la par condicio creditorum e inverte l'onere della prova sul creditore, che deve dimostrare di non essere a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore per evitare la restituzione delle somme.
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Revocatoria fallimentare e prova della scientia decoctionis
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 30260/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società fornitrice contro un'azione di revocatoria fallimentare. La Corte ha confermato che la restituzione di merce (datio in solutum) costituisce un mezzo di pagamento anomalo. In tali casi, la conoscenza dello stato di insolvenza del debitore (scientia decoctionis) da parte del creditore è presunta, e spetta a quest'ultimo dimostrare il contrario. La Corte ha ritenuto sufficienti gli indizi valutati dal giudice di merito (protesti, vicinanza territoriale, pagamenti parziali) per confermare la decisione.
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Revocatoria fallimentare: pagamento con beni è anomalo
Un'impresa in crisi finanziaria paga un fornitore vendendogli dei beni (pani di ghisa) il cui valore viene poi compensato con il debito esistente. La Corte di Cassazione ha confermato che questa operazione costituisce un mezzo anomalo di pagamento, soggetto a revocatoria fallimentare, poiché la vendita era funzionalmente diretta a estinguere il debito in modo non ordinario, ledendo la parità di trattamento tra i creditori.
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Revocatoria fallimentare del pagamento via delegazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 30252/2024, ha confermato la revocatoria fallimentare di un pagamento eseguito da un terzo su delega del debitore, poi fallito. Tale modalità è stata qualificata come 'mezzo anormale di pagamento', facendo scattare la presunzione di conoscenza dello stato di insolvenza (scientia decoctionis) in capo al creditore. Poiché il creditore non è riuscito a fornire prova contraria, l'appello è stato dichiarato inammissibile e la revoca del pagamento confermata.
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