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Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato

Licenziamento per insubordinazione: la Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la legittimità del licenziamento per insubordinazione di una guardia giurata che aveva ripetutamente violato le norme di servizio, come lavorare senza radio funzionante o giubbotto antiproiettile. La Corte chiarisce che l’insubordinazione non è solo un rifiuto esplicito a un ordine, ma anche una deliberata indifferenza verso le prescrizioni aziendali, specialmente in ruoli di alta responsabilità. La valutazione sulla proporzionalità della sanzione spetta ai giudici di merito e non è sindacabile in Cassazione se adeguatamente motivata.

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Estinzione del processo: rinuncia e spese legali

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del processo in una controversia di lavoro relativa a un trasferimento d’azienda. A seguito della rinuncia al ricorso da parte delle società appellanti e dell’accettazione da parte dei lavoratori, la Corte ha stabilito che non vi fosse luogo a provvedere sulle spese processuali. Inoltre, ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica nei casi di estinzione del processo, ma solo in caso di rigetto o inammissibilità del ricorso.

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Cessione ramo d'azienda illegittima: la Cassazione

In un caso di cessione ramo d’azienda illegittima, la Corte di Cassazione ha stabilito che il lavoratore ha diritto alla retribuzione dal datore di lavoro originario (cedente) anche se ha lavorato per l’azienda acquirente (cessionaria). Le somme percepite dal nuovo datore di lavoro non devono essere detratte. Inoltre, è stato confermato il diritto del lavoratore a maturare le ferie, anche senza prestazione lavorativa effettiva, a causa del comportamento illegittimo dell’azienda che ha impedito lo svolgimento del rapporto di lavoro.

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Iscrizione registro organi sociali: quando è legittima?

Un ex dirigente di un istituto di credito ha contestato la sua inclusione nel registro degli organi sociali tenuto dall’autorità di vigilanza, sostenendo la violazione della privacy dato il carattere onorifico del suo ruolo. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la legittimità della registrazione basata sullo statuto della banca e sulla delibera di nomina. La sentenza chiarisce che una motivazione giudiziaria, seppur non condivisa dalla parte soccombente, non è censurabile se logicamente coerente. L’iscrizione registro organi sociali è stata ritenuta corretta.

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Spese di sponsorizzazione: la presunzione di deducibilità

Un’ordinanza della Cassazione chiarisce i limiti della deducibilità delle spese di sponsorizzazione a favore di associazioni sportive dilettantistiche. Il caso riguarda un agente di commercio a cui l’Agenzia delle Entrate contestava la deducibilità di tali costi. La Corte ha confermato la validità di una presunzione legale assoluta che, al ricorrere di specifiche condizioni, rende i costi deducibili senza che l’amministrazione finanziaria possa valutarne l’inerenza o la congruità economica.

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Rischio perimento opera: chi paga per la frana?

La Corte di Cassazione ha stabilito che in un contratto di appalto, il rischio perimento opera a causa di un evento imprevedibile, come una frana, passa dall’appaltatore al committente se quest’ultimo ritarda ingiustificatamente il collaudo dei lavori. In questo caso, un Comune ha perso la causa contro un’impresa costruttrice perché non aveva effettuato la verifica delle opere nel termine di sei mesi dalla loro ultimazione, assumendosi così la responsabilità per i danni successivi.

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Ritardo pagamenti appalti pubblici: chi paga il conto?

In un caso di ritardo pagamenti appalti pubblici, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Comune che tentava di addossare la responsabilità del ritardo alla Regione finanziatrice. La Suprema Corte ha confermato che il committente (il Comune) rimane l’unico responsabile verso l’appaltatore per il puntuale pagamento dei lavori, a meno che non esista una convenzione specifica che lo esoneri. I rapporti interni tra enti pubblici non possono scaricare l’onere del ritardo sull’impresa esecutrice.

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Compensazione spese legali: le gravi ragioni

La Corte d’Appello ha riformato una sentenza di primo grado, disponendo la compensazione spese legali tra le parti. Sebbene la domanda di risarcimento danni degli investitori fosse stata respinta, la Corte ha riconosciuto la sussistenza di ‘gravi ed eccezionali ragioni’ legate a un parallelo procedimento penale, che giustificavano l’azione civile e rendevano equa la compensazione delle spese, in deroga al principio della soccombenza.

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Inammissibilità concordato: i requisiti essenziali

La Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado che dichiarava la liquidazione giudiziale di una società e l’inammissibilità della sua proposta di concordato preventivo. La decisione si fonda su molteplici e gravi carenze della proposta, tra cui l’assenza di relazioni obbligatorie, una attestazione professionale viziata da nullità assoluta perché redatta da un professionista non qualificato, e la mancata corretta valutazione dell’attivo e del passivo. La Corte ha rigettato il reclamo della società, sottolineando l’importanza del rispetto rigoroso dei requisiti formali e sostanziali per l’accesso alle procedure concorsuali.

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Nullità avviso accertamento: quando va eccepita?

Una società e i suoi soci ricevevano un avviso di accertamento fiscale. La Commissione Tributaria Regionale lo annullava in appello perché firmato da un funzionario senza qualifica dirigenziale. L’Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione, la quale ha stabilito che la nullità dell’avviso di accertamento per tale vizio deve essere eccepita nel ricorso di primo grado e non può essere sollevata per la prima volta in appello, pena l’inammissibilità. La Corte ha quindi cassato la sentenza e rinviato la causa per un nuovo esame del merito.

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Spese di sponsorizzazione: i requisiti per dedurle

Un’ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della deducibilità delle spese di sponsorizzazione a favore di associazioni sportive dilettantistiche. Il caso riguardava un agente di commercio a cui l’Agenzia delle Entrate aveva negato la deduzione di tali costi. La Corte ha chiarito che, sebbene esista una presunzione legale sulla natura pubblicitaria di queste spese, il contribuente deve comunque dimostrare che l’associazione sponsorizzata abbia effettivamente svolto l’attività promozionale pattuita. In mancanza di tale prova, il costo non è deducibile. La stessa sorte è toccata alle spese di ristorazione, ritenute non deducibili per mancata prova della loro inerenza all’attività d’impresa.

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Responsabilità rappresentante fiscale: limiti e prove

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23524/2025, chiarisce i limiti della responsabilità del rappresentante fiscale di una società estera. La sentenza stabilisce che la responsabilità solidale per le violazioni IVA non deriva automaticamente dalla carica, ma richiede la prova di un’ingerenza attiva del rappresentante nelle operazioni fraudolente. La mera conoscenza delle irregolarità non è sufficiente. Il caso riguardava un professionista accusato di essere solidalmente responsabile per operazioni IVA inesistenti e non dichiarate, poste in essere dalla società svizzera che rappresentava. La Corte ha accolto il ricorso del contribuente, cassando la sentenza d’appello e rinviando per un nuovo esame basato su questo principio.

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Responsabilità rappresentante fiscale: limiti e prove

La Corte di Cassazione ha stabilito che la responsabilità del rappresentante fiscale per violazioni IVA di una società estera non è automatica. Per affermare la responsabilità solidale, l’Agenzia delle Entrate deve provare l’effettiva e attiva partecipazione del rappresentante nelle operazioni irregolari contestate. La mera nomina formale non è sufficiente a far discendere la responsabilità per tutte le attività della società non residente, specialmente in caso di operazioni inesistenti. La Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva condannato il rappresentante basandosi unicamente sul suo ruolo, rinviando il caso per una nuova valutazione dei fatti.

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Dimissioni per giusta causa: stipendi non pagati

Lavoratori presentano dimissioni per giusta causa a seguito di ripetuti ritardi nel pagamento degli stipendi. L’ente datore di lavoro, un’associazione non lucrativa, si difendeva attribuendo la colpa a mancati pagamenti da parte dei suoi committenti. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’ente, confermando le decisioni dei giudici di merito. È stato ribadito che il ritardato pagamento delle retribuzioni giustifica le dimissioni e il diritto all’indennità di preavviso, essendo irrilevanti le difficoltà finanziarie del datore.

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Appalto illecito: quando scatta il lavoro subordinato

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito che riconosceva l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra un istituto di credito e un lavoratore, formalmente dipendente di una cooperativa. Il caso riguarda un appalto illecito, in quanto il lavoratore, addetto allo smistamento della corrispondenza, era di fatto inserito nell’organizzazione della banca e diretto dal suo personale, svolgendo mansioni non riconducibili al contratto di appalto ufficiale. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della banca, consolidando il principio che conta la realtà fattuale del rapporto lavorativo e non la sua qualificazione formale.

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Fatture inesistenti: onere della prova e motivazione

In un caso di presunte fatture inesistenti, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione di secondo grado che aveva dato ragione al contribuente. La Suprema Corte ha ribadito che, di fronte a gravi indizi presentati dall’Agenzia delle Entrate, spetta all’azienda fornire una prova rigorosa dell’effettività delle operazioni. Inoltre, ha stabilito che i giudici d’appello non possono annullare un atto per motivi non sollevati dalle parti, riaffermando i principi sull’onere della prova e sui limiti del potere giudiziario nel contenzioso tributario.

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Agevolazioni fiscali impatriati: sì al rimborso

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di un lavoratore ‘impatriato’ a ottenere il rimborso delle maggiori imposte versate, nonostante non avesse presentato una richiesta esplicita al datore di lavoro né optato per il regime speciale in dichiarazione dei redditi. La Suprema Corte ha stabilito che, per i periodi d’imposta antecedenti all’introduzione di un divieto specifico nel 2019, l’omessa richiesta formale non preclude la possibilità di recuperare le somme tramite istanza di rimborso, non costituendo una causa di decadenza dal beneficio delle agevolazioni fiscali impatriati.

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Licenziamento orale: prova e oneri del lavoratore

Un lavoratore, impiegato presso una banca tramite una cooperativa in un appalto non genuino, ha agito in giudizio sostenendo un licenziamento orale da parte della banca. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che la semplice cessazione delle mansioni presso la committente non è sufficiente a dimostrare un licenziamento orale. La Corte ha ribadito che l’onere di provare l’atto di recesso del datore di lavoro, manifestato con fatti concludenti, spetta al lavoratore. Inoltre, il licenziamento formalmente intimato dalla cooperativa non può essere automaticamente imputato alla banca committente.

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Progetto esecutivo carente: nullità del contratto?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito un principio fondamentale in materia di appalti pubblici. Un’impresa edile aveva citato in giudizio un Comune, chiedendo la dichiarazione di nullità di un contratto d’appalto a causa di un progetto esecutivo gravemente carente e non realizzabile. La Corte d’Appello aveva dato ragione all’impresa, dichiarando nullo il contratto. La Cassazione ha ribaltato tale decisione, affermando che un progetto esecutivo carente non determina la nullità dell’accordo. Esso rappresenta, invece, un inadempimento contrattuale da parte della Pubblica Amministrazione, la cui condotta deve essere valutata secondo le regole sull’inadempimento degli obblighi contrattuali.

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Unico centro di imputazione: quando il ricorso è inammissibile

Un lavoratore ha agito in giudizio contro tre società collegate, sostenendo che costituissero un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Dopo la reiezione in appello, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del lavoratore inammissibile. La decisione evidenzia cruciali errori procedurali, come l’errata formulazione dei motivi di ricorso e la mancata pertinenza delle censure rispetto alla decisione impugnata, offrendo importanti lezioni sulla tecnica redazionale degli atti giudiziari.

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