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Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato

Riscatto laurea: notifica a vecchio indirizzo è nulla

Un lavoratore ha richiesto il riscatto degli anni di laurea nel 1981. Nel 1993, l’ente previdenziale ha inviato la comunicazione con l’importo da versare al suo vecchio indirizzo, nonostante fosse a conoscenza della nuova residenza tramite i modelli contributivi del datore di lavoro. La Corte di Cassazione ha stabilito che la notifica era nulla. Di conseguenza, il termine di 60 giorni per il pagamento non è mai iniziato a decorrere e il lavoratore ha conservato il diritto di procedere al riscatto laurea alle condizioni economiche più vantaggiose dell’epoca della domanda originale.

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Successione ereditaria: onere della prova e danni

In una complessa causa di successione ereditaria, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso degli eredi riguardante la restituzione di frutti immobiliari e la simulazione di una donazione, a causa della mancata fornitura di prove adeguate. La Corte ha invece accolto il ricorso incidentale della controparte, riconoscendo il diritto agli interessi legali sui danni liquidati per l’occupazione illegittima di un immobile. La sentenza sottolinea il principio fondamentale dell’onere della prova nelle dispute successorie.

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Giurisdizione giudice ordinario: il caso del danno da P.A.

Una società edile ha citato in giudizio un Comune per ottenere un risarcimento milionario a seguito dell’annullamento di un complesso accordo di programma urbanistico. La società sosteneva di aver subito un danno a causa del legittimo affidamento riposto nelle azioni della Pubblica Amministrazione. I tribunali di primo e secondo grado avevano negato la propria giurisdizione, ritenendo competente il giudice amministrativo. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha ribaltato la decisione, affermando la giurisdizione del giudice ordinario. La Corte ha chiarito che la domanda non riguarda l’illegittimità dell’atto amministrativo in sé, ma il comportamento colposo della P.A. che ha leso l’affidamento del privato, configurando un illecito civile.

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Responsabilità locatore immissioni: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23881/2025, affronta il tema della responsabilità del locatore per le immissioni intollerabili prodotte dal conduttore. Nel caso di specie, i proprietari di un appartamento citavano in giudizio il locatore di un locale commerciale sottostante, il cui conduttore gestiva un’attività di ristorazione fonte di rumori molesti. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che la responsabilità del locatore non è automatica. Essa sorge solo se si prova un suo concorso nel fatto dannoso, ad esempio per aver affittato l’immobile pur potendo prevedere, con l’ordinaria diligenza, che l’attività del conduttore avrebbe causato danni a terzi. Tale prova, nel caso specifico, non è stata fornita. Similmente, è stata esclusa la responsabilità del condominio, il cui obbligo di vigilanza sul rispetto del regolamento spetta all’amministratore.

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Risarcimento equivalente se reintegrazione è impossibile

Un proprietario, effettuando lavori di ampliamento, ha inglobato una tubatura fognaria a servizio del vicino. Quest’ultimo ha chiesto il ripristino dello stato dei luoghi (reintegrazione in forma specifica). I giudici hanno invece concesso un risarcimento per equivalente, poiché il ripristino era materialmente impossibile. La Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che la domanda di reintegrazione include implicitamente quella, minore, di risarcimento monetario, e che il giudice può concederla d’ufficio quando la reintegrazione non è fattibile.

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Abuso di delega bancaria: quando restituire i soldi

La Corte di Cassazione ha stabilito che un prelievo di 100.000 euro, sebbene effettuato tramite una delega bancaria formalmente valida, costituisce un illecito se manca una valida giustificazione, come una donazione formalizzata con atto pubblico. Questo caso chiarisce i limiti della delega e configura l’appropriazione indebita come un abuso di delega bancaria, obbligando alla restituzione delle somme all’erede del titolare del conto.

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Annullamento atto presupposto: la sorte delle sanzioni

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, stabilendo un principio fondamentale: l’annullamento definitivo di un avviso di accertamento, quale atto presupposto, comporta automaticamente la caducazione del successivo atto di contestazione delle sanzioni. La Corte ha accolto l’eccezione di giudicato sollevata dalla società contribuente, affermando che la sanzione non può sopravvivere senza la pretesa tributaria che ne costituisce il fondamento. Questa decisione ribadisce la forza del giudicato nel contenzioso tributario e il principio dell’invalidità derivata.

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Datio in solutum: pagamento con auto e onorari legali

Un avvocato cita in giudizio un ex cliente per il pagamento di 5.000 euro. Il cliente si difende sostenendo di aver già pagato cedendo un’auto di valore superiore. Il Tribunale qualifica l’operazione come datio in solutum (prestazione in luogo dell’adempimento) e riduce il debito residuo. La Corte di Cassazione conferma la decisione, rigettando il ricorso dell’avvocato. La Corte chiarisce i limiti del proprio sindacato sulla valutazione delle prove e ribadisce che gli onorari legali si liquidano sul valore della somma effettivamente riconosciuta (decisum), non su quella richiesta.

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Conguaglio bollette acqua: limiti alla retroattività

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito i limiti del conguaglio bollette acqua per periodi passati. La sentenza stabilisce che le richieste di adeguamento tariffario sono legittime solo se basate sulle regole in vigore al momento del consumo. Una nuova delibera dell’autorità di settore non può introdurre retroattivamente nuovi criteri di costo, ma può solo consentire la liquidazione di somme già dovute secondo il sistema tariffario precedente, tutelando così l’affidamento degli utenti.

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Trasferimento ramo d'azienda: quando è legittimo?

Una giornalista ha contestato la legittimità della cessione del suo contratto di lavoro, avvenuta nell’ambito di un trasferimento ramo d’azienda da una grande casa editrice a una nuova società. La Corte di Cassazione ha confermato le sentenze dei gradi precedenti, ritenendo l’operazione valida. Il punto cruciale è stato il riconoscimento che l’unità trasferita, dedicata ai servizi grafici, possedeva una sufficiente e preesistente autonomia organizzativa e funzionale per essere qualificata come un vero e proprio ramo d’azienda, legittimando così il passaggio dei lavoratori ad essa collegati.

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Revoca finanziamento pubblico: quando è legittima?

Un’associazione di categoria si è vista revocare un contributo regionale a causa di una rendicontazione basata su fatture false. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della revoca del finanziamento pubblico nella sua interezza, ritenendo la condotta una grave violazione degli obblighi previsti dal bando. L’ordinanza ha inoltre convalidato la condanna per responsabilità processuale aggravata, data la pretestuosità del ricorso.

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Diritto di precedenza: obblighi del datore di lavoro

Un lavoratore ha perso il diritto di precedenza per una nuova assunzione perché non ha manifestato per iscritto il suo interesse. La Corte di Cassazione ha confermato che, in assenza di un esplicito obbligo derivante da un accordo sindacale, il datore di lavoro non è tenuto a informare il lavoratore di nuove opportunità. L’onere di attivarsi ricade interamente sul lavoratore. La Corte ha inoltre ribadito che l’interpretazione degli accordi sindacali aziendali spetta ai giudici di merito.

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Costi indeducibili: Cassazione e onere della prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23850/2025, ha rigettato il ricorso di un contribuente contro un avviso di accertamento per costi indeducibili. La Corte ha ribadito che, in caso di operazioni oggettivamente inesistenti, l’onere della prova si sposta sul contribuente qualora l’Amministrazione Finanziaria fornisca elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti. È stato inoltre chiarito che la motivazione dell’atto impositivo non deve essere contraddittoria e che l’omessa risposta a tutte le deduzioni del contribuente in fase pre-contenziosa non ne determina automaticamente la nullità.

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Disconoscimento firma: Cassazione annulla sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di secondo grado in materia fiscale, stabilendo che il giudice non può ignorare il disconoscimento firma su documenti probatori. Il caso riguardava un contribuente ritenuto corresponsabile per i debiti di un’associazione sportiva. La Corte ha ritenuto contraddittoria e viziata da errore procedurale la decisione che si basava su documenti la cui firma era stata formalmente contestata dal contribuente, senza avviare la necessaria procedura di verificazione. La questione è stata rinviata per un nuovo esame.

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Cessazione materia del contendere: le conseguenze

Un’azienda televisiva, dopo aver perso in primo e secondo grado una causa contro un Ente Regionale per la revoca di un finanziamento, ha presentato ricorso in Cassazione. Durante il giudizio, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo. La Corte di Cassazione, applicando un orientamento consolidato, ha dichiarato il ricorso inammissibile per cessazione della materia del contendere, chiarendo che la transazione sostituisce la sentenza impugnata, impedendole di diventare definitiva.

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Deposito cauzionale: la Cassazione chiarisce la natura

Una società aveva versato una somma a titolo di ‘deposito cauzionale’ in un contratto preliminare immobiliare. L’Agenzia delle Entrate l’ha riqualificata come acconto soggetto a IVA. La Corte di Cassazione ha annullato tale interpretazione, stabilendo che, in presenza di una chiara volontà delle parti espressa nel contratto, il giudice non può attribuire una natura diversa al pagamento. Il versamento era quindi un deposito cauzionale, non un acconto imponibile.

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Cessione ramo d'azienda: l'autonomia è requisito chiave

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito un principio fondamentale in materia di cessione ramo d’azienda. Ha accolto il ricorso di un gruppo di lavoratori, affermando che un trasferimento è illegittimo se il ramo ceduto non possiede una propria autonomia funzionale, preesistente alla cessione stessa. Se la nuova entità, per operare, deve stipulare contratti di servizio con la società cedente, significa che tale autonomia manca, rendendo l’operazione un’artificiosa frammentazione aziendale e inefficace il trasferimento automatico dei contratti di lavoro.

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Equo compenso appalti: diritto preesistente al 2000

Una ditta appaltatrice ha citato un Comune per danni da sospensione lavori. La Cassazione ha stabilito che il diritto all’equo compenso appalti per varianti eccedenti un quinto del valore era già previsto dalla normativa del 1962, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’Appello che lo considerava introdotto solo nel 2000. La sentenza è stata cassata con rinvio.

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Trasferimento d'azienda: continuità e tutela lavoratore

In un caso di successione di affitti d’azienda, una lavoratrice si è vista negare la continuità del rapporto di lavoro dal nuovo affittuario. La Corte d’Appello aveva respinto la sua richiesta per una presunta ‘frattura’ nel trasferimento, data l’assenza di un atto formale di retrocessione dal primo al secondo affitto. La Corte di Cassazione ha ribaltato tale decisione, stabilendo che nel trasferimento d’azienda prevale la continuità sostanziale dell’attività economica. La tutela del lavoratore, garantita dall’art. 2112 c.c., non può essere elusa da formalismi giuridici, poiché la scadenza di un contratto di affitto costituisce di per sé una retrocessione di fatto, garantendo la prosecuzione del rapporto di lavoro con il nuovo gestore.

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Esterovestizione: Cassazione chiarisce i criteri

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, stabilendo i criteri per distinguere una legittima scelta di localizzazione aziendale all’estero dalla fittizia esterovestizione. Il caso riguardava una società di servizi marittimi con sede legale in Portogallo, ma accusata di avere la sua direzione effettiva in Italia. La Corte ha confermato la decisione di secondo grado, valorizzando la presenza di una reale e concreta attività economica nel paese estero (personale, mezzi, operatività) come elemento decisivo per escludere l’ipotesi di una ‘costruzione di puro artificio’ finalizzata solo a ottenere vantaggi fiscali.

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