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Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato

Danno da occupazione illegittima: la prova è a carico del proprietario
Una società di distribuzione elettrica occupa illegittimamente una porzione di un parcheggio privato con delle cabine. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24009/2024, ha stabilito che, sebbene l'occupazione sia illegittima e le strutture vadano rimosse, il risarcimento del danno non è automatico. Il proprietario ha l'onere di provare specificamente il pregiudizio economico subito. La sentenza chiarisce che il cosiddetto 'danno da occupazione illegittima' non può essere presunto ('in re ipsa'), ma deve essere dimostrato con prove concrete, come la perdita di specifiche opportunità di guadagno.
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Responsabilità avvocato: onere della prova e danno
La Corte di Cassazione chiarisce la ripartizione dell'onere della prova nei casi di responsabilità avvocato. A seguito di un ricorso per ingiusta detenzione dichiarato inammissibile per negligenza del legale, la Corte stabilisce che, una volta provata l'assoluzione del cliente, spetta al professionista dimostrare che la domanda di indennizzo non avrebbe avuto successo. La sentenza conferma la condanna al risarcimento, ritenendo corretti anche i criteri di liquidazione del danno basati sui parametri dell'indennizzo per ingiusta detenzione.
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Cessioni intracomunitarie: onere della prova del cedente
Una società effettuava cessioni intracomunitarie a clienti con codici IVA inesistenti, rivendicando l'esenzione dall'imposta. L'Agenzia delle Entrate contestava l'operazione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, stabilendo che nelle cessioni intracomunitarie spetta al venditore (cedente) l'onere di provare i requisiti sostanziali per l'esenzione, in particolare la qualità di soggetto passivo IVA dell'acquirente. La mera indicazione di un codice IVA, poi rivelatosi invalido, non è sufficiente a soddisfare tale onere.
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Prescrizione contributi gestione separata: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha stabilito che la prescrizione dei contributi gestione separata decorre dalla scadenza del termine di pagamento, anche se questo è stato posticipato da un decreto governativo. In un caso riguardante un professionista, l'ente previdenziale aveva richiesto il pagamento per gli anni 2009 e 2010. La Corte ha ritenuto le richieste tempestive perché i termini di pagamento erano stati differiti, spostando di conseguenza l'inizio del periodo di prescrizione e rendendo legittima l'azione dell'ente.
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Carenza di interesse: l’effetto sul ricorso fiscale
La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse ad agire. Il caso riguardava un contribuente che, dopo aver impugnato un avviso di liquidazione, aveva aderito alla definizione agevolata (c.d. 'rottamazione'), impegnandosi a rinunciare al giudizio. La Corte ha stabilito che tale adesione fa venir meno l'interesse a una decisione nel merito, rendendo il ricorso inammissibile, indipendentemente dal fatto che il piano di rateizzazione sia ancora in corso.
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Correzione errore materiale: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione interviene per una correzione errore materiale su una propria ordinanza. Il provvedimento originale aveva erroneamente indicato la parte tenuta al versamento del doppio contributo unificato. La Corte ha rettificato la decisione, chiarendo che l'onere spetta alla parte il cui ricorso era stato dichiarato inammissibile e non alla controparte. Viene ribadito che la Corte può procedere alla correzione anche d'ufficio, senza che ciò comporti una pronuncia sulle spese.
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Detrazione IVA fatture: quando è a rischio?
Una società si è vista negare la detrazione IVA a causa di fatture ritenute troppo generiche. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che per la detrazione IVA, le fatture devono descrivere dettagliatamente la prestazione. La sentenza chiarisce anche che il termine dilatorio di 60 giorni, a garanzia del contraddittorio, decorre dalla consegna del verbale di chiusura delle operazioni di accesso, anche se non si tratta di un formale Processo Verbale di Constatazione (PVC).
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Errore procedurale: salvo l’atto notificato in tempo
La Corte di Cassazione ha stabilito che un'opposizione alla stima di esproprio, seppur introdotta con un errore procedurale (atto di citazione invece di ricorso), è da considerarsi tempestiva se la notifica alla controparte avviene entro il termine di 30 giorni. Secondo la Corte, in base al principio di fungibilità dei riti sancito dal D.Lgs. 150/2011, la successiva iscrizione a ruolo oltre il termine non rende l'azione inammissibile. L'errore nella forma dell'atto non pregiudica i diritti della parte, a condizione che l'atto stesso sia idoneo a portare a conoscenza della controparte la volontà di agire in giudizio entro i termini di legge.
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Violazione procedura disciplinare: quando scatta il reintegro
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 23997/2024, ha stabilito un principio cruciale in materia di licenziamento. Se il datore di lavoro non rispetta la procedura disciplinare speciale prevista da norme inderogabili, come l'art. 53 del R.D. n. 148/1931 per gli autoferrotranvieri, il licenziamento è nullo. Questa violazione procedura disciplinare garantisce al lavoratore la tutela reintegratoria piena e non una semplice indennità risarcitoria.
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Errore di fatto: la Cassazione e la revoca del giudicato
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione. Un contribuente sosteneva che la Corte avesse commesso un errore di fatto nel ritenere il suo precedente ricorso non autosufficiente. La Corte ha chiarito che la valutazione sulla completezza di un ricorso è un'attività di giudizio e non una svista percettiva. Pertanto, non si configura l'errore di fatto necessario per la revocazione, ma un'eventuale, e non sindacabile in quella sede, errata valutazione giuridica.
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Decadenza negoziale: clausole nulle nei contratti
Un autista ha citato in giudizio la sua azienda per ottenere il pagamento di differenze retributive. L'azienda si è difesa invocando una clausola di decadenza negoziale di sei mesi prevista da un accordo aziendale. La Corte di Cassazione ha confermato la nullità di tale clausola, in quanto in contrasto con la norma imperativa dell'art. 2113 c.c., che tutela i diritti inderogabili del lavoratore. La Corte ha stabilito che tali clausole, anche se contenute in contratti collettivi, non possono derogare a disposizioni di legge poste a protezione del lavoratore, rigettando così il ricorso dell'azienda.
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Ricorso inammissibile: requisiti di forma essenziali
L'erede di un lavoratore licenziato ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile a causa della totale assenza di una chiara e sommaria esposizione dei fatti di causa, rendendo incomprensibili i motivi di impugnazione. La decisione sottolinea l'importanza cruciale del rispetto dei requisiti formali per l'accesso al giudizio di legittimità.
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Solidarietà appalto contributi: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 23996/2024, interviene sulla questione della solidarietà appalto contributi, stabilendo principi chiari sull'onere della prova per le indennità di trasferta e sulla responsabilità solidale del committente per le sanzioni civili. La Corte ha chiarito che spetta al datore di lavoro dimostrare l'esenzione contributiva delle somme erogate come trasferta. Inoltre, ha affermato che la norma che esclude la solidarietà per le sanzioni non è retroattiva, applicandosi solo agli inadempimenti successivi alla sua entrata in vigore. La sentenza d'appello è stata cassata con rinvio.
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Detrazione IVA immobili: quando è legittima?
Una società immobiliare ha acquistato un complesso edilizio per ristrutturarlo, portando in detrazione l'IVA. L'Agenzia delle Entrate ha contestato la detrazione IVA, sostenendo che la vendita fosse esente in quanto i lavori non erano ancora sostanzialmente iniziati. La Corte di Cassazione ha dato ragione all'ente impositore, stabilendo che senza un effettivo e avanzato stato dei lavori di ristrutturazione al momento della cessione, l'operazione è esente da IVA e, di conseguenza, la detrazione dell'imposta è illegittima.
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Prestazioni extra budget: no al pagamento per la clinica
Una struttura sanitaria privata ha richiesto il pagamento di prestazioni sanitarie fornite oltre il tetto di spesa concordato con l'Azienda Sanitaria Locale. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che le prestazioni extra budget non sono rimborsabili. La Corte ha stabilito che la fissazione di un budget equivale a una preventiva manifestazione di volontà contraria a spese superiori, escludendo così la possibilità di un'azione per ingiustificato arricchimento, poiché l'arricchimento della P.A. è considerato "imposto" dalla struttura stessa.
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Massimale pensionabile spettacolo: la Cassazione decide
Un lavoratore del settore dello spettacolo ha richiesto la riliquidazione della sua pensione, sostenendo la non applicabilità del massimale di retribuzione giornaliera alla "quota B". Sebbene la Corte d'Appello avesse accolto la sua tesi, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. Con l'ordinanza in esame, la Suprema Corte ha stabilito che il massimale pensionabile spettacolo rimane pienamente in vigore anche per i contributi versati dopo il 1° gennaio 1993, poiché non è stato tacitamente abrogato dalle riforme successive e rappresenta un elemento essenziale per bilanciare il sistema previdenziale, complessivamente più favorevole, di questa categoria.
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Difetto di procura: sanatoria obbligatoria del giudice
Una fondazione culturale si opponeva a una declaratoria di nullità di un licenziamento. La Corte d'Appello dichiarava l'atto inammissibile per un difetto di procura, senza concedere un termine per la correzione. La Corte di Cassazione ha cassato tale decisione, stabilendo che, in caso di difetto di procura sanabile (nullità e non inesistenza), il giudice ha l'obbligo, ai sensi dell'art. 182 c.p.c., di assegnare alle parti un termine perentorio per la regolarizzazione, con efficacia retroattiva (ex tunc).
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Rinuncia al ricorso: le conseguenze sulle spese legali
Un lavoratore, dopo aver impugnato il proprio licenziamento fino alla Corte di Cassazione, decide di effettuare una rinuncia al ricorso. La società datrice di lavoro non accetta la rinuncia, chiedendo la condanna alle spese. La Suprema Corte dichiara estinto il giudizio ma, chiarendo la natura dell'atto, condanna il lavoratore a pagare le spese legali del procedimento. La decisione sottolinea che la rinuncia al ricorso in Cassazione è efficace anche senza accettazione e, in tal caso, non esclude la condanna alle spese.
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Videosorveglianza e licenziamento: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un licenziamento basato su prove raccolte tramite videosorveglianza aziendale. Il caso riguardava un addetto alla biglietteria licenziato per aver trattenuto il resto destinato ai clienti. La Corte ha stabilito che, se l'impianto è installato per la tutela del patrimonio aziendale in base a un accordo sindacale, le immagini possono essere utilizzate per provare illeciti del dipendente, anche in assenza di un reclamo specifico da parte di un cliente, come invece previsto dall'accordo stesso. La nozione di 'patrimonio aziendale' viene interpretata in senso ampio, includendo anche la reputazione e l'immagine dell'impresa, messe a rischio da comportamenti fraudolenti. La contestazione generica delle prove video da parte del lavoratore è stata inoltre ritenuta inefficace.
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Giudicato interno: appello inammissibile se non si contesta
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un'azienda sanitaria contro una casa di cura. La decisione si fonda sulla formazione di un giudicato interno riguardo la validità dei contratti, punto non specificamente impugnato in appello, e sulla genericità dei motivi di ricorso, che si limitavano a reiterare difese già respinte senza un'adeguata critica alla sentenza impugnata.
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