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Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato

Prescrizione contributi: il differimento si applica?

Un ente previdenziale contesta una decisione che dichiarava estinti per prescrizione i contributi dovuti da una professionista. La Corte di Cassazione ha chiarito che il differimento dei termini di pagamento, previsto da un decreto ministeriale, si applica a tutte le attività professionali oggettivamente riconducibili agli studi di settore, a prescindere dal regime fiscale soggettivamente adottato dal contribuente. Di conseguenza, il termine di prescrizione contributi decorre dalla data posticipata, portando all’accoglimento del ricorso dell’ente.

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Parere pubblico ministero: nullo il cambio di misura

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro il ripristino degli arresti domiciliari. La decisione conferma la nullità di un precedente provvedimento che aveva alleviato la misura cautelare senza acquisire il parere pubblico ministero, come richiesto dalla legge. La Corte ha stabilito che l’omissione di tale parere costituisce una violazione del contraddittorio e una nullità procedurale che giustifica l’annullamento dell’atto.

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Rinuncia al ricorso: conseguenze e inammissibilità

Un’indagata, soggetta a una misura interdittiva temporanea per reati ambientali, presenta ricorso in Cassazione. Prima dell’udienza, tuttavia, effettua una rinuncia al ricorso a causa della scadenza della misura stessa. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, poiché la rinuncia è un atto volontario che determina l’esito del processo.

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Reformatio in peius: la sentenza letta vince su quella scritta

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza d’appello per violazione del divieto di reformatio in peius. Un imputato era stato condannato in primo grado a 6 mesi (pena letta in udienza), ma la sentenza scritta riportava 1 anno. La Corte d’Appello, riducendo la pena a 9 mesi, ha di fatto peggiorato la condanna originaria valida. La Cassazione ha ribadito che il dispositivo letto in udienza prevale sempre, annullando la decisione sulla pena e rinviando per un nuovo giudizio.

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Revisione penale: quando è manifestamente infondata?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7730/2025, ha dichiarato inammissibile un ricorso per revisione penale. Il caso riguardava un uomo condannato per guida con patente revocata, che aveva chiesto la revisione sulla base di sentenze di un altro tribunale relative a fatti diversi. La Corte ha stabilito che la richiesta era manifestamente infondata, poiché le nuove prove addotte erano irrilevanti rispetto alla condanna specifica, confermando così i rigidi criteri di ammissibilità per questo strumento straordinario di impugnazione.

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Custodia cautelare in carcere: quando è legittima?

Un soggetto indagato per associazione finalizzata al narcotraffico ha impugnato il provvedimento che negava la sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la custodia cautelare in carcere è la misura presunta per tale reato. Per ottenere una misura meno grave, è necessario fornire prove concrete della cessazione delle esigenze cautelari, non essendo sufficienti il tempo trascorso o l’allontanamento dal territorio.

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Custodia cautelare: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per traffico di stupefacenti. La Corte ha ritenuto i motivi del ricorso generici, affermando la legittimità della tecnica del ‘copia-incolla’ se supportata da un’autonoma valutazione e sottolineando la solidità delle motivazioni del Tribunale basate sulla caratura criminale dell’indagato e sulla stabilità dei suoi collegamenti.

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Confisca denaro detenzione stupefacenti: i limiti

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza che disponeva la confisca del denaro, del cellulare e l’espulsione di un imputato condannato per mera detenzione di stupefacenti. La Suprema Corte ha chiarito che la confisca del denaro in caso di detenzione di stupefacenti è illegittima se non viene provato un collegamento diretto con l’attività di spaccio. Inoltre, la motivazione del provvedimento di espulsione deve tenere conto delle condizioni familiari e del radicamento sociale dell’imputato, elementi omessi nel caso di specie.

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Gravi indizi di colpevolezza: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare per narcotraffico. La Corte ha stabilito che i gravi indizi di colpevolezza erano solidamente fondati sulle intercettazioni, mentre le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia fungevano solo da elemento di riscontro, confermando la misura detentiva per l’elevato rischio di reiterazione del reato.

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Ordine di demolizione: il tempo non sana l'abuso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino contro un’ordinanza che negava la revoca di un ordine di demolizione per un abuso edilizio, risalente a una sentenza del 2007. La Corte ha stabilito che il lungo tempo trascorso non crea un legittimo affidamento sulla mancata demolizione e che l’ordine di demolizione ha natura amministrativa e ripristinatoria, non penale, escludendo quindi la violazione del principio del ‘ne bis in idem’.

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Presunzione esigenze cautelari: il tempo non basta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, il quale chiedeva la sostituzione della custodia cautelare in carcere. La Corte ha ribadito che la presunzione esigenze cautelari, prevista dall’art. 275 c.p.p. per reati di particolare gravità, non può essere superata dal solo trascorrere del tempo in detenzione, soprattutto di fronte alla gravità dei fatti e all’impossibilità di applicare misure alternative come gli arresti domiciliari.

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Immunità diplomatica: non copre il traffico di droga

Un ex diplomatico ha impugnato un’ordinanza di custodia cautelare per traffico di droga, invocando l’immunità diplomatica. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, specificando che tale immunità per gli atti personali è solo temporanea e cessa con la fine dell’incarico. Poiché il traffico di droga non rientra nelle funzioni ufficiali, la giurisdizione italiana è pienamente applicabile una volta terminata la missione diplomatica.

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Collaboratori di giustizia: la prova nel processo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato contro un’ordinanza di custodia cautelare per associazione a delinquere e narcotraffico. La decisione si fonda sulle dichiarazioni convergenti di più collaboratori di giustizia. La Corte ha stabilito che lievi discrasie su dettagli secondari non inficiano la credibilità del racconto, se il nucleo essenziale della narrazione risulta coerente e omogeneo, confermando così la gravità indiziaria a carico del ricorrente.

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Ricorso inammissibile: no a motivi nuovi in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore contro un sequestro preventivo di prodotti petroliferi. La decisione si fonda su due principi cardine: l’impossibilità di presentare motivi di impugnazione per la prima volta in Cassazione e la carenza di interesse dell’imputato, poiché i beni appartenevano alla società e non a lui personalmente. La sentenza ribadisce che il ricorso inammissibile è la conseguenza della violazione di precise regole procedurali.

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Sequestro preventivo: i limiti del ricorso del terzo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di due soci di una società alberghiera, terzi estranei al reato, avverso un’ordinanza di sequestro preventivo. La sentenza chiarisce che i terzi possono contestare solo la propria titolarità del bene e l’assenza di un loro contributo al reato, ma non possono sindacare nel merito la sussistenza degli indizi a carico dell’indagato principale o l’adeguatezza della motivazione del giudice, se non in caso di vizio radicale. È stata inoltre ribadita la distinzione tra sequestro preventivo ‘impeditivo’ e quello finalizzato alla confisca.

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Atto abnorme: quando l'ordinanza del GIP non lo è

Una persona offesa ha impugnato dinanzi alla Corte di Cassazione l’ordinanza di un Giudice per le indagini preliminari (GIP) che negava l’accesso completo al fascicolo di un procedimento, sostenendo che tale diniego costituisse un atto abnorme. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che il provvedimento del GIP, pur potendo essere errato, rientra nell’esercizio dei suoi poteri e non costituisce un atto abnorme. Inoltre, non determina una stasi procedimentale irrimediabile, poiché la parte offesa ha a disposizione altri rimedi legali per tutelare le proprie ragioni.

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Patteggiamento in appello: e la sospensione?

Un imputato ricorre in Cassazione lamentando la mancata concessione della sospensione condizionale della pena, condizione del suo accordo di patteggiamento in appello. La Corte Suprema rigetta il ricorso, spiegando che, essendo il beneficio già stato concesso in primo grado e non essendo oggetto del nuovo accordo, la Corte d’Appello non doveva pronunciarsi nuovamente sul punto. L’accordo, infatti, verteva unicamente sulla rideterminazione della pena.

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Arresti domiciliari inadeguati se la droga è a casa

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro la custodia in carcere. Ha ritenuto gli arresti domiciliari inadeguati perché l’occultamento di droga nell’abitazione crea un concreto rischio di reiterazione del reato, rendendo logica e corretta la decisione del Tribunale del riesame di mantenere la misura più restrittiva.

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Associazione criminosa: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di associazione criminosa finalizzata al traffico di stupefacenti. L’appello è stato ritenuto generico e volto a un riesame del merito, non consentito in sede di legittimità. La Corte ha confermato la solidità degli indizi e la correttezza della motivazione sulla sussistenza del vincolo associativo e delle esigenze cautelari.

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Pena illegale e patteggiamento: limiti al ricorso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7750/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato tramite patteggiamento per detenzione di un ingente quantitativo di stupefacenti. Il ricorso si basava sulla presunta illegalità della pena detentiva applicata, a seguito del diniego del giudice di concedere una sanzione sostitutiva. La Corte ha chiarito che il concetto di pena illegale, unico motivo valido per impugnare un patteggiamento, non si estende alla mancata applicazione di pene sostitutive, se la pena principale concordata rientra nei limiti edittali previsti dalla legge.

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