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Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato

Calcolo pena residua: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale relativo a un presunto errore nel calcolo pena residua. La Suprema Corte ha stabilito che l’appello era generico e non contestava criticamente le motivazioni del giudice dell’esecuzione, che aveva annullato un ordine di carcerazione basandosi su un corretto ricalcolo della pena già scontata dal condannato.

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Legittima difesa: quando la reazione è sproporzionata

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato per omicidio, il quale sosteneva di aver agito per legittima difesa. La Corte ha stabilito che accoltellare una persona dopo che questa è caduta a terra e non costituisce più una minaccia immediata rappresenta una reazione sproporzionata, escludendo così l’applicabilità della scriminante della legittima difesa.

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Fatture soggettivamente false: quando è reato?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per dichiarazione fraudolenta. Il caso riguardava l’utilizzo di fatture emesse da un’entità per prestazioni in realtà fornite da un’altra. La Corte ha ribadito che le **fatture soggettivamente false**, ovvero quelle in cui l’operazione è reale ma il soggetto emittente non è quello che l’ha eseguita, integrano pienamente il reato, in quanto idonee a consentire l’evasione a terzi. La difesa, basata sulla presunta somiglianza tra i due enti, è stata respinta.

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Lucro di speciale tenuità: quando non si applica

Un soggetto condannato per spaccio di lieve entità ricorre in Cassazione chiedendo l’applicazione dell’attenuante del lucro di speciale tenuità. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, specificando che tale attenuante non può essere concessa se elementi come il possesso di ulteriori dosi, di una somma di denaro non minima e l’operare in una nota piazza di spaccio indicano una finalità di guadagno non marginale.

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Ricorso inammissibile per dichiarazione fraudolenta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti. Il ricorso è stato respinto perché i motivi sono stati giudicati generici, ripetitivi di argomentazioni già esaminate e manifestamente infondati. La decisione sottolinea che un appello in Cassazione deve basarsi su specifiche violazioni di legge e non su una semplice riproposizione dei fatti, rendendo il ricorso inammissibile e la condanna definitiva.

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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in grado d’appello (noto come concordato in appello) e aver rinunciato ad altri motivi, ha tentato di impugnare tale decisione. La Suprema Corte ha ribadito che l’accordo preclude la possibilità di sollevare nuovamente questioni oggetto di rinuncia, confermando la definitività della procedura di concordato.

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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in secondo grado (cosiddetto concordato in appello), aveva impugnato la sentenza lamentando la mancata concessione delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ribadisce che la rinuncia ai motivi di appello, implicita nell’accordo, impedisce di riproporli in sede di legittimità.

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Attenuanti generiche: quando non sono concesse?

Un imputato, condannato per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, ha presentato ricorso in Cassazione per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. È stato stabilito che la sola incensuratezza e la confessione in caso di flagranza di reato non sono sufficienti a giustificare una riduzione della pena, specialmente a fronte dell’oggettiva gravità dei fatti, come la notevole quantità di droga sequestrata.

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Ricorso inammissibile: condanna basata su confessione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, confermando la condanna per traffico di stupefacenti. La decisione si basa sulla confessione dell’imputato, corroborata da prove oggettive come dati cellulari e veicoli utilizzati. La Corte ha ritenuto il motivo di ricorso generico e infondato, sottolineando che la Corte d’Appello aveva ampiamente motivato la sua decisione, non limitandosi alla sola confessione. È stata inoltre confermata la correttezza dell’aumento di pena per la continuazione, data la recidiva qualificata dell’imputato.

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Recidiva qualificata: Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti, il quale contestava l’applicazione della recidiva qualificata. La Suprema Corte ha ritenuto legittima la valutazione della Corte d’Appello, che aveva basato l’aggravante sui numerosi e diversi precedenti penali dell’imputato, considerandoli indicatori di una crescente pericolosità sociale e dell’inefficacia deterrente delle precedenti condanne. Si è ribadito che la valutazione del merito non può essere riconsiderata in sede di legittimità.

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Ricorso inammissibile: la genericità dei motivi

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per detenzione di stupefacenti. Le censure sollevate sono state giudicate generiche e prive di motivazione, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questo caso sottolinea l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e dettagliati.

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Consenso del P.M. nelle pene sostitutive: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che contestava la sostituzione della pena detentiva con la detenzione domiciliare anziché con il lavoro sostitutivo. La Corte ha stabilito che, in assenza di specifiche limitazioni, il consenso del P.M. a una richiesta di patteggiamento si estende a tutte le pene sostitutive proposte, sia in via principale che subordinata, rendendo l’accordo pienamente valido.

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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di patteggiamento. L’imputato lamentava l’eccessività della pena, ma la Corte ha ribadito che tale motivo non rientra tra quelli tassativamente previsti dalla legge per impugnare un accordo di pena. Di conseguenza, il ricorso patteggiamento è stato respinto con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Amministratore di fatto: la Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore, confermando la sua condanna per omessa dichiarazione fiscale. La Corte ha ritenuto provato il suo ruolo di amministratore di fatto della società, basandosi su elementi concreti come la gestione dei rapporti con i fornitori e operazioni societarie strategiche, che dimostravano il suo controllo effettivo al di là della carica formale.

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Detenzione stupefacenti: spaccio o uso personale?

Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i criteri per distinguere la detenzione di stupefacenti per uso personale dallo spaccio. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la condanna per spaccio. La decisione si basa su una serie di indizi, tra cui il numero di dosi, la somma di denaro trovata e la condizione lavorativa precaria dell’individuo, ritenuti incompatibili con un mero consumo personale.

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Lesioni aggravate: quando la fuga accetta il rischio

Un soggetto, inizialmente accusato di tentato omicidio per aver ferito un poliziotto durante una fuga in auto, ha visto il reato riqualificato in lesioni aggravate. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, stabilendo che la guida spericolata durante la fuga implica la piena accettazione del rischio di causare lesioni (dolo eventuale), configurando così il reato. È stato inoltre confermato il diniego delle attenuanti generiche a causa dei gravi precedenti dell’imputato.

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Concordato in appello: limiti al ricorso Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un concordato in appello sulla pena, aveva impugnato la sentenza per la mancata concessione delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ribadisce che l’accordo implica la rinuncia ai motivi non legati alla sanzione, rendendo l’impugnazione successiva inammissibile.

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Ricorso generico stupefacenti: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso in materia di stupefacenti, definendolo generico e reiterativo. L’imputato contestava la mancata applicazione dell’ipotesi di lieve entità e delle attenuanti generiche. La Corte ha stabilito che non ci si può limitare a contestare il solo dato quantitativo della sostanza, ma è necessario confrontarsi con tutti gli elementi probatori, come il possesso di attrezzature per il confezionamento, che indicano un’attività organizzata e non un semplice spaccio di basso livello. Un ricorso generico stupefacenti che ignora tali elementi è destinato all’inammissibilità.

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Concordato in appello: i limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena tramite il ‘concordato in appello’ per reati legati agli stupefacenti, ha tentato di contestarne la congruità. La Corte ha ribadito che il ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di un concordato in appello è consentito solo per vizi relativi alla formazione della volontà o al consenso del P.G., e non per rimettere in discussione la misura della pena pattuita.

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Agevolazione mafiosa: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per acquisto di sostanze stupefacenti, aggravato dall’agevolazione mafiosa. Il ricorso è stato respinto perché mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La Corte ha confermato la ricostruzione dei giudici di merito, che avevano accertato il pieno coinvolgimento dell’imputato nell’informare esponenti di un clan mafioso riguardo al fallimento di un’operazione di droga, consolidando così l’accusa e l’aggravante.

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