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Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato

Accertamento sintetico: vale anche con anno prescritto

Un contribuente ha contestato un accertamento sintetico per il 2008, sostenendo l’illegittimità dell’atto poiché l’anno di riferimento precedente (2007) era prescritto. La Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, stabilendo che la decadenza dei poteri impositivi per un’annualità non inficia la legittimità dell’accertamento sintetico, a condizione che l’atto motivi la non congruità del reddito per entrambi gli anni. La Corte ha anche censurato la motivazione del giudice d’appello sulla prova fornita dal contribuente, ritenendola apparente.

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Rimborso dopo accertamento: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha stabilito che un contribuente può richiedere un rimborso d’imposta per annualità future anche dopo aver definito la propria posizione con un accertamento con adesione. La richiesta è legittima se non contesta l’accordo, ma ne applica le conseguenze legali, come la deduzione di costi in quote pluriennali. In questo caso, una società ha ottenuto il diritto al rimborso della prima quota di spese di manutenzione eccedenti, la cui riqualificazione era stata oggetto dell’accordo con il Fisco.

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Sconto tariffario sanità: quando non è dovuto?

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’applicazione di uno sconto tariffario da parte di un’Azienda Sanitaria Locale non è legittima per periodi non coperti dalla legge, a meno che non esista un accordo contrattuale esplicito. Un semplice richiamo alla normativa nel contratto è stato ritenuto una ‘clausola di stile’ insufficiente a derogare alla legge, confermando il diritto di un centro radiologico alla restituzione delle somme indebitamente trattenute.

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Sanzioni amministrative tributarie: la Cassazione chiarisce

Una società impugna una sanzione per acquisti senza fattura, lamentando vizi procedurali. La Cassazione respinge il ricorso, stabilendo che per le sanzioni amministrative tributarie non è necessario il contraddittorio preventivo. Chiarisce inoltre che la segnalazione da un ufficio diverso da quello competente non invalida l’atto e che l’onere della prova per giustificare un pagamento spetta al contribuente.

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Definizione agevolata: sospensione o estinzione?

Un contribuente, durante un ricorso in Cassazione contro alcune cartelle di pagamento, ha aderito alla definizione agevolata dei debiti (cd. rottamazione quater). Sorge la questione se questa adesione, con il pagamento parziale, comporti l’estinzione immediata del processo o solo la sua sospensione fino al saldo completo. Data l’incertezza e l’importanza della questione, già sollevata in un altro caso, la Corte di Cassazione ha sospeso il giudizio in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite, che forniranno un’interpretazione univoca.

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Visto di conformità infedele: competenza ufficio

Un professionista è stato sanzionato per un visto di conformità infedele apposto sulla dichiarazione di un contribuente. Il caso è giunto in Cassazione per decidere quale ufficio fiscale fosse competente ad emettere l’atto sanzionatorio. La Corte Suprema ha stabilito che la competenza non è dell’ufficio locale del contribuente, ma della Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate del domicilio fiscale del professionista stesso. Di conseguenza, l’atto sanzionatorio emesso dall’ufficio incompetente è stato annullato, evidenziando come un vizio di competenza renda l’atto illegittimo.

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Interruzione prescrizione: prova tardiva è valida?

Una contribuente si opponeva a un’intimazione di pagamento sostenendo che il debito fosse prescritto. La Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso, chiarendo che l’interruzione prescrizione può essere provata anche con documenti prodotti tardivamente in giudizio dall’agente di riscossione, poiché il giudice del lavoro ha il potere di rilevarli d’ufficio. I motivi di ricorso relativi alla conformità dei documenti sono stati giudicati inammissibili per genericità.

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Interessi su rimborso fiscale: la decorrenza corretta

Una società contribuente ha richiesto il rimborso di imposte versate in eccesso. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha risolto la controversia sulla data di decorrenza degli interessi, stabilendo un principio fondamentale: gli interessi su rimborso fiscale maturano dalla data del versamento indebito e non dalla data della successiva richiesta di rimborso. La Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, cassando la sentenza precedente e affermando che la funzione degli interessi è quella di reintegrare il patrimonio del contribuente per il mancato godimento delle somme versate in eccesso.

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Lavoro straordinario: prova dell'autorizzazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 8110/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni dipendenti che chiedevano il pagamento per il lavoro svolto durante le pause. La Corte ha qualificato tale attività come lavoro straordinario, sottolineando che per ottenerne la retribuzione è indispensabile provare la specifica autorizzazione del datore di lavoro. Il ricorso è stato respinto perché criticava la valutazione delle prove effettuata dal giudice di merito, un’attività non sindacabile in sede di legittimità.

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Costi black list: prova dell'interesse economico

Una società si è vista negare la deducibilità di costi per operazioni con partner in paradisi fiscali. La Corte di Cassazione ha parzialmente accolto il suo ricorso, stabilendo che per dedurre i costi black list non basta provare che l’operazione sia avvenuta, ma è necessario dimostrare un effettivo interesse economico a scegliere quel partner specifico. La sentenza ha rinviato il caso al giudice di appello per una nuova valutazione delle prove fornite dalla società in merito ai contratti di trasporto, confermando invece la decisione su altri punti come il principio di competenza e la deducibilità delle perdite su crediti.

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Litispendenza processo tributario: la guida completa

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8015/2025, ha stabilito un principio fondamentale sulla litispendenza nel processo tributario. Se un giudizio per un rimborso fiscale viene dichiarato litispendente perché già pendente altrove, non può proseguire al solo fine di accertare l’esistenza del controcredito opposto in compensazione dall’Agenzia delle Entrate. L’eccezione di compensazione esaurisce la sua funzione e l’Amministrazione dovrà far valere le sue ragioni in un’altra sede. La Corte ha quindi respinto il ricorso principale della società e dichiarato inammissibile quello incidentale dell’Agenzia.

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Lavaggio divise lavoro: spetta al datore di lavoro?

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo del lavaggio divise lavoro spetta al datore quando gli indumenti sono considerati Dispositivi di Protezione Individuale (DPI). Nel caso esaminato, alcuni operatori ecologici avevano chiesto il rimborso per le spese di pulizia delle loro uniformi. La Corte ha annullato la precedente sentenza di rigetto, affermando che il datore di lavoro è tenuto a garantire le condizioni igieniche dei DPI, e quindi a sostenere i costi di manutenzione. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione del danno patrimoniale subito dai lavoratori.

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Contratto collettivo integrativo: il ricorso in Cassazione

Una docente ha contestato il suo trasferimento, sostenendo una violazione delle regole di mobilità previste dal contratto collettivo integrativo. Dopo una vittoria in Appello, il Ministero ha proposto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per motivi procedurali, chiarendo che la violazione di un contratto integrativo non può essere denunciata direttamente e che il ricorrente ha l’onere di depositare il testo integrale del contratto contestato.

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Contributi malattia spettacolo: quando spetta il rimborso

Una società operante nel settore dello spettacolo ha richiesto il rimborso dei contributi malattia spettacolo versati all’ente previdenziale, sostenendo di aver corrisposto direttamente la retribuzione ai propri dipendenti durante i periodi di assenza per malattia. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che la Corte d’Appello aveva errato nel non verificare l’esistenza di una norma, nel regime speciale dei lavoratori dello spettacolo, equivalente a quella del regime generale. Tale norma, individuata in un contratto collettivo del 1934, esonera dal versamento dei contributi il datore di lavoro che si fa carico del trattamento economico di malattia, rendendolo ‘fungibile’ con la prestazione dell’ente. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Onere della prova redditometro: la Cassazione decide

Un contribuente ha impugnato un avviso di accertamento basato sul redditometro. La Corte di Cassazione ha confermato che l’onere della prova redditometro grava sul contribuente, il quale deve documentare non solo la disponibilità di fondi alternativi, ma anche il loro effettivo utilizzo per le spese contestate. Tuttavia, la Corte ha cassato la sentenza d’appello per un vizio procedurale: i giudici non si erano pronunciati sulla questione delle sanzioni, rinviando il caso per un nuovo esame su questo specifico punto.

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Termine di decadenza: il silenzio rigetto lo fa partire

La Corte di Cassazione ha stabilito che il termine di decadenza per impugnare un’ordinanza-ingiunzione decorre dalla formazione del silenzio-rigetto su un precedente ricorso amministrativo. Una successiva e tardiva decisione esplicita dell’amministrazione è irrilevante e non può riaprire i termini, anche se indica la facoltà di proporre opposizione. La Corte ha quindi rigettato il ricorso di un’associazione, confermando l’inammissibilità dell’opposizione perché presentata oltre il termine di decadenza.

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Rimborso sisma: diritto per chi ha pagato le tasse

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8276/2025, ha stabilito che un contribuente residente in un’area colpita dal sisma del 2016 ha diritto al rimborso parziale delle imposte versate, anche se non aveva usufruito della sospensione dei pagamenti. L’Agenzia delle Entrate sosteneva che il pagamento volontario dimostrasse l’assenza di difficoltà economiche, escludendo il diritto al rimborso. La Corte ha respinto questa tesi, affermando che una legge successiva che riduce il debito d’imposta (ius superveniens) rende indebito quanto pagato in eccesso. Negare il rimborso al contribuente diligente violerebbe i principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza rispetto a chi, non pagando, ha beneficiato pienamente della riduzione.

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Credito da fideiussione: no prededuzione nel fallimento

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un istituto finanziario che chiedeva la prededuzione per un credito sorto dal pagamento di una garanzia a favore di una società poi fallita. La Suprema Corte ha confermato che la qualificazione del rapporto come fideiussione, operata dal giudice di merito, non è sindacabile in sede di legittimità se non vengono specificamente contestate le regole di interpretazione contrattuale. Di conseguenza, il credito da fideiussione del garante è un semplice credito di regresso da ammettere al passivo in via chirografaria, senza alcuna priorità.

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Consulenza tecnica d'ufficio: quando è inammissibile?

Un garante si opponeva a un pagamento richiesto da una banca, ma la sua richiesta di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) contabile è stata respinta sia in primo grado che in appello. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando il ricorso inammissibile. La Corte ha ribadito che la consulenza tecnica d’ufficio non può essere utilizzata per sopperire alla mancata prova da parte di chi la richiede e che la sua ammissione è un potere discrezionale del giudice. Inoltre, il ricorso è stato respinto perché non ha impugnato tutte le motivazioni autonome della sentenza d’appello.

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Prova del credito in fallimento: la non contestazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società che chiedeva l’ammissione di un credito al passivo di un fallimento. La Corte ha stabilito che la prova del credito in fallimento deve essere rigorosa e non può basarsi sulla semplice non contestazione da parte del curatore. Il giudice fallimentare ha infatti il dovere di verificare d’ufficio l’esistenza del credito. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché mirava a un riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità.

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