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Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato

Improcedibilità Ricorso: l'errore che costa il processo

Un lungo caso di risarcimento danni per una caduta su pavimento bagnato si conclude in Cassazione non per il merito della vicenda, ma per un errore procedurale. La Corte dichiara l’improcedibilità del ricorso perché la parte ricorrente non ha depositato la prova completa della notifica via PEC della sentenza impugnata, sottolineando l’importanza inderogabile degli adempimenti formali.

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Assegno Nucleo Familiare: prova del reddito essenziale

Un cittadino straniero si è visto negare l’assegno nucleo familiare perché non ha fornito prova adeguata del reddito complessivo della sua famiglia, i cui membri risiedevano in parte all’estero. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando che l’onere di dimostrare tutti i requisiti, incluso quello reddituale, spetta interamente al richiedente. La mancanza di questa prova è stata decisiva per il rigetto della domanda.

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Avviso di accertamento motivazione: l'onere del Fisco

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di merito che non aveva valutato la nullità di un avviso di accertamento per l’ICI. Il vizio contestato era la carenza di motivazione, poiché l’atto non specificava i dati catastali e i criteri di calcolo dell’imposta. La Suprema Corte ha ribadito che il giudice deve pronunciarsi su ogni motivo di ricorso e che un’adeguata motivazione dell’avviso di accertamento è un requisito essenziale per garantire il diritto di difesa del contribuente.

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Ripetizione indebito: ricorso inammissibile se errato

Un contribuente paga un debito ritenuto prescritto per ottenere la cancellazione di un’ipoteca e ne chiede la restituzione. La Cassazione dichiara il suo ricorso per la ripetizione indebito inammissibile perché l’atto di appello non contestava tutte le ragioni della decisione di primo grado. L’analisi del caso e le implicazioni procedurali.

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Assegno familiare: la prova del reddito è decisiva

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un cittadino straniero per l’ottenimento dell’assegno per il nucleo familiare. La decisione si fonda sulla mancata e completa prova del reddito dell’intero nucleo familiare, inclusi i componenti residenti all’estero. La Suprema Corte ha sottolineato che la dimostrazione del requisito reddituale è un elemento costitutivo del diritto e non una mera condizione per l’erogazione, confermando così le sentenze dei gradi precedenti.

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Assegno nucleo familiare: onere della prova del reddito

La richiesta di un lavoratore straniero per l’assegno nucleo familiare è stata definitivamente respinta. La Corte di Cassazione ha confermato che il richiedente ha l’onere della prova di dimostrare il reddito complessivo di tutto il nucleo familiare, inclusi i membri residenti all’estero. La mancata fornitura di tale prova impedisce il riconoscimento del diritto, poiché il requisito reddituale è un elemento costitutivo della prestazione.

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Motivazione autonoma: ricorso inammissibile

Una società sanitaria ha citato in giudizio un’Azienda Sanitaria Locale per un presunto pagamento inferiore al dovuto per prestazioni in convenzione. Dopo una vittoria in primo grado, la Corte d’Appello ha respinto la domanda, ritenendo vincolanti i tetti di spesa accettati contrattualmente. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della società, evidenziando che l’impugnazione non aveva contestato una delle ragioni autonome (ratio decidendi) della decisione di secondo grado, rendendo inutile l’esame delle altre censure.

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Test audiometrico non professionale non è giusta causa

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’esecuzione di un test audiometrico non professionale da parte del figlio non laureato di un agente non costituisce giusta causa per il recesso dal contratto di agenzia. La Corte ha ritenuto tale test un’attività meramente esplorativa e promozionale, distinta da quella sanitaria riservata ai tecnici audioprotesisti, confermando la decisione della Corte d’Appello che aveva condannato la società preponente al pagamento di cospicue indennità all’agente.

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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali

Una società finanziaria, condannata in appello per la vendita di una polizza ‘unit linked’, ha presentato ricorso in Cassazione per poi ritirarlo. A seguito della rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte, la Corte Suprema ha dichiarato l’estinzione del giudizio, stabilendo che non vi è luogo a provvedere sulle spese e che non sussistono i presupposti per il pagamento del doppio contributo unificato.

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Requisito reddituale assegno familiare: onere prova

La Corte di Cassazione conferma il diniego dell’assegno per il nucleo familiare a un lavoratore per il mancato assolvimento dell’onere della prova. Il caso evidenzia come il requisito reddituale familiare sia un elemento costitutivo del diritto, la cui dimostrazione, anche per i familiari residenti all’estero, spetta interamente al richiedente. La mancata allegazione e prova di tale requisito rende il ricorso inammissibile, senza possibilità di sanatoria in sede di legittimità.

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Estinzione giudizio: il caso della rinuncia in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato l’estinzione del giudizio a seguito della rinuncia agli atti da parte dei ricorrenti e della conseguente accettazione delle controparti. La decisione si fonda sugli articoli 390 e 391 del Codice di procedura civile. Essendoci stato un accordo tra le parti anche sulle spese legali, la Corte non ha dovuto pronunciarsi in merito, chiudendo definitivamente la controversia.

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Assegno nucleo familiare: prova del reddito essenziale

La richiesta di un cittadino straniero per l’assegno nucleo familiare è stata respinta per non aver fornito prova sufficiente del reddito totale del suo nucleo familiare, compresi i membri residenti all’estero. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei gradi inferiori, sottolineando che la dimostrazione del requisito reddituale è una condizione obbligatoria per ottenere il beneficio e un onere che ricade interamente sul richiedente.

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Promessa di riassunzione: come si calcola il danno?

Un giornalista, licenziato dalla società cessionaria di un ramo d’azienda, si è visto negare il rientro nell’azienda cedente, nonostante una specifica clausola contrattuale. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24016/2025, ha chiarito i criteri per il calcolo del risarcimento del danno derivante dalla violazione di una promessa di riassunzione. Pur respingendo la richiesta di costituzione coattiva del rapporto di lavoro, ha accolto il ricorso del lavoratore sul punto del ‘dies ad quem’ (termine finale) per il risarcimento, stabilendo che la data di conferimento dell’incarico al CTU, scelta dalla Corte d’Appello, era un limite temporale immotivato. La Corte ha rinviato il caso per una nuova determinazione del periodo risarcibile, confermando che il danno deve coprire l’intero pregiudizio patrimoniale subito dal lavoratore a causa dell’inadempimento.

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Rischio locativo: quando il ricorso è inammissibile

Un conduttore di un immobile commerciale adibito a ristorazione, a seguito di un incendio, ha citato in giudizio la propria compagnia assicurativa per ottenere l’indennizzo previsto da una polizza per “rischio locativo”. Le sue richieste sono state respinte sia in primo grado che in appello. La Corte di Cassazione ha dichiarato il successivo ricorso inammissibile, evidenziando gravi carenze procedurali. In particolare, il ricorrente non ha riportato nel suo atto le clausole essenziali del contratto di assicurazione, violando il principio di autosufficienza, e non ha contestato tutte le autonome ragioni giuridiche su cui si fondava la decisione d’appello.

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Modifica domanda processo del lavoro: i limiti

Un’ordinanza della Cassazione chiarisce i rigidi limiti alla modifica della domanda nel processo del lavoro. Il caso riguarda un agente che ha perso la causa per violazione del patto di esclusiva, non solo per non aver provato il suo diritto, ma anche per aver tentato una modifica inammissibile della domanda iniziale. La Corte ha ribadito che qualsiasi cambiamento sostanziale dei fatti a fondamento della richiesta è precluso dopo gli atti introduttivi, salvo gravi motivi autorizzati dal giudice. Questo principio sulla modifica domanda processo del lavoro è stato decisivo per confermare la sentenza di rigetto.

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Responsabilità professionale avvocato: la prescrizione

La Corte di Cassazione chiarisce il momento da cui decorre la prescrizione per l’azione di responsabilità professionale avvocato. La Corte ha stabilito che il termine decennale non parte dalla sentenza definitiva che accerta il danno, ma dal momento in cui il cliente, usando l’ordinaria diligenza, ha la percezione oggettiva dell’inadempimento e del potenziale danno, come nel caso in cui debba avviare una nuova azione legale per rimediare all’errore del precedente legale.

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Equo indennizzo: no al risarcimento per ritardo

Una società ha richiesto un equo indennizzo per il ritardo nel pagamento di un precedente risarcimento ottenuto tramite la Legge Pinto. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che il tempo trascorso tra la fine del processo di cognizione e l’inizio di quello esecutivo non rientra nella nozione di ‘durata irragionevole del processo’. Pertanto, il ritardo nell’adempimento spontaneo di una condanna non è risarcibile con un ulteriore equo indennizzo.

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Abusi edilizi: tutele per chi compra un immobile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24008/2025, ha esaminato il caso di un acquirente che scopriva abusi edilizi su un immobile dopo la compravendita. La Corte ha chiarito che la dichiarazione generica del venditore sull’epoca di costruzione non lo esonera da responsabilità per ampliamenti abusivi successivi. La vicenda, qualificata non come ‘aliud pro alio’ ma come vendita di cosa gravata da oneri, ha portato a una riduzione del prezzo e a un risarcimento parziale del danno, cassando con rinvio la sentenza d’appello per una nuova valutazione di alcuni aspetti del risarcimento.

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Omesso controllo: la responsabilità del superiore

Un responsabile di reparto è stato ritenuto corresponsabile per il 20% del danno causato da un suo sottoposto, che aveva sottratto ingenti somme alla banca datrice di lavoro. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, sottolineando la rilevanza dell’omesso controllo da parte del superiore. L’ordinanza chiarisce anche importanti aspetti procedurali, come la natura confessoria delle dichiarazioni rese agli ispettori interni e la tardività del disconoscimento di copie documentali non contestate tempestivamente.

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Domanda riconvenzionale e eccezione: la Cassazione chiarisce

Un lavoratore ricorre in Cassazione per il riconoscimento di mansioni superiori e contro la condanna alla restituzione di somme. La Corte rigetta la richiesta sulle mansioni, ma accoglie quella sulla restituzione. La decisione si fonda sulla distinzione tra domanda riconvenzionale ed eccezione: una volta che la richiesta di restituzione viene qualificata come mera eccezione e tale qualifica non viene appellata, essa non può più portare a una condanna, ma solo neutralizzare la pretesa avversaria, per effetto del giudicato interno.

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