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Codice Penale

Credito nei confronti del fallimento

Domanda diretta a far valere un credito nei confronti del fallimento soggetta al rito dell’accertamento del passivo in sede endo-fallimentare.

Pubblicato il 10 August 2022 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Ordinario di Pisa

Il Tribunale di Pisa, Sezione Unica Civile, in composizione monocratica ed in persona della dr.ssa Iolanda Golia, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 1037/2022 pubblicata il 03/08/2022

nella causa civile iscritta al n. 412 del ruolo generale degli affari conten- ziosi dell’anno 2018, vertente

TRA

XXXXX XXXXX (C.F. ), rappresentato e difeso dall’Avv.

OPPONENTE

E

FALLIMENTO xxxx (C.F.), rappresentato e difeso dall’Avv.

OPPOSTO

Conclusioni delle parti

Come da verbale di udienza del 28.04.2022.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione, depositato in data 20.01.2018, XXXXX XXXXX conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Pisa la società xxxx, in persona del legale rappresentante pro tempore, rassegnando le seguenti conclusioni: “Voglia l’Ill.mo Giudice adito accogliere la domanda e per l’effetto: 1. In via preliminare disporre la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo esecutivo e del precetto per le ragioni addotte in narrativa; 2. Nel merito dichiarare nullo il contratto preliminare di compravendita di immobile da costruire per sostanziale violazione di cui agli artt. 2 e 3 del d.lgs. 122/2005; In subordine dichiarare l’annullabilità del contratto preliminare di compravendita di immobile per vizi del consenso nella stipula dello stesso, dovuti al dolo della promittente venditrice nonché per la mancanza di legittimazione del rappresentante della società il quale ha sottoscritto l’atto di cui trattasi e per tutte le ragioni esposte in narrativa; o comunque dichiarare non dovuto alla società resistente il pagamento dell’importo portato dal titolo per € 50.000,00, stante l’intervenuta risoluzione per inadempimento imputabile alla stessa convenuta del contratto preliminare sottoscritto, per fatto e colpa/dolo della stessa, con restituzione (del doppio) della caparra confirmatoria e degli acconti/prezzo precedentemente versati; In ogni caso condannare la parte convenuta al pagamento dei risarcimenti per tutti i danni patiti e patiendi dall’odierno opponente derivanti dalle condotte tenute dalla società xxxx e dai suoi rappresentanti nonché alla restituzione delle somme versate, oltre interessi come per legge, nel caso in cui Codesto Ill.mo Tribunale vorrà accogliere le ragioni dell’attore e dichiarare la nullità o annullabilità del contratto preliminare di compravendita”.

A fondamento della pretesa parte opponente sosteneva di aver versato alla xxxx un importo complessivo pari ad € 110.000,00 oltre iva, di cui € 60.000,00 mediante assegno in data 31.05.2017 ed € 50.000,00 mediante altro assegno in data 07.06.2017, il primo tratto su banca Mediolanum ed il secondo su Credito Siciliano spa filiale di Pozzallo, a titolo di acconto e caparra confirmatoria per la compravendita di un immobile sito nel centro residenziale “***” del Comune di Portopalo di Capo Passero (SR).

Questi allegava altresì che in data 08.06.2017 le parti sottoscrivevano un contratto preliminare di compravendita, impegnandosi alla successiva stipula del contratto definitivo entro un anno, ma la xxxx ometteva di fornire al Notaio la documentazione necessaria alla stipula del rogito e non rendeva chiarimenti in merito al sequestro preventivo disposto dalla Procura della Repubblica di Siracusa, che medio tempore aveva interessato l’area sulla quale doveva essere costruito l’immobile oggetto del contratto.

Nelle more delle richieste sequestro preventivo ex art. 321 cpp in relazione ai suddetti titoli di credito, rimaste prive di riscontro, avendo controparte già incassato l’assegno pari ad € 60.000,00, XXXXX XXXXX decideva di revocare la provvista a copertura dell’assegno di € 50.000,00 per evitare la produzione di ulteriori danni patrimoniali derivanti dalle presunte condotte truffaldine della società.

Parte opponente in data 30.12.2017 riceveva, quindi, la notificazione di un atto di precetto, oggetto di opposizione nel presente procedimento, da parte della xxxx, con il quale intimava il pagamento dell’importo di € 50.000,00.

La xxxx si costituiva nei termini contestando la pretesa dell’attrice e rassegnando le seguenti conclusioni: “si chiede quindi il rigetto delle richieste di controparte, con vittoria di spese e compensi di difensore”.

Parte opposta eccepiva infatti l’inadempimento contrattuale di controparte, adducendo la legittimità dell’azionamento del suddetto assegno privo di provvista e posto a fondamento dell’atto di precetto opposto.

La società convenuta allegava la revoca del provvedimento di sequestro penale e la circostanza che, avendo consegnato la documentazione necessaria, il notaio incaricato provvedeva alla redazione del contratto definitivo di compravendita immobiliare e lo sottoponeva al vaglio delle parti contraenti tramite e-mail.

Concessa la sospensiva, vista l’istanza avanzata da parte attrice ai sensi dell’art. 273 cpc di riunione del presente procedimento a quello introdotto di opposizione all’esecuzione mobiliare presso terzi, iscritto al numero RG. 2578/2018, il Giudice Istruttore disponeva la trasmissione degli atti al Presidente che, ravvisando elementi di connessione, disponeva la riunione delle due cause. All’udienza del 03.07.2019 parte convenuta insisteva nell’eccezione di incompetenza territoriale che il Giudice Istruttore riteneva di decidere unitamente al merito.

A seguito della concessione dei termini di cui all’art. 183 co VI cpc, in data 26.03.2020 perveniva istanza di interruzione del processo ai sensi dell’art. 43, comma III, Legge Fallimentare depositata dal curatore della xxxx, il quale allegava l’intervenuta dichiarazione giudiziale di fallimento della società medesima.

Con ordinanza dell’ 08.05.2020 il Giudice Istruttore dichiarava l’interruzione del procedimento, riassunto con ricorso ex artt. 303-305 cpc e 43 Legge Fallimentare, depositato da parte opponente in data 20.05.2020, nel quale chiedeva l’accoglimento delle seguenti conclusioni: “Dichiarare nullo il contratto preliminare di compravendita di immobile da costruire per sostanziale violazione di cui agli artt. 2 e 3 del d.lgs. 122/2005; In subordine dichiarare l’annullabilità del contratto preliminare di compravendita di immobile per vizi del consenso nella stipula dello stesso, dovuti al dolo della promittente venditrice nonché per la mancanza di legittimazione del rappresentante della società il quale ha sottoscritto l’atto di cui trattasi e per tutte le ragioni esposte in narrativa; o comunque dichiarare non dovuto alla società resistente il pagamento dell’importo portato dal titolo per € 50.000,00, stante l’intervenuta risoluzione per inadempimento imputabile alla stessa convenuta del contratto preliminare sottoscritto, per fatto e colpa/dolo della stessa, con restituzione (del doppio) della caparra confirmatoria e degli acconti/prezzo precedentemente versati; In ogni caso condannare la parte convenuta al pagamento dei risarcimenti per tutti i danni patiti e patiendi dall’odierno opponente derivanti dalle condotte tenute dalla società xxxx e dai suoi rappresentanti nonché alla restituzione delle somme versate, oltre interessi come per legge, nel caso in cui Codesto Ill.mo Tribunale vorrà accogliere le ragioni dell’attore e dichiarare la nullità o annullabilità del contratto preliminare di compravendita; Dichiarare inoltre per l’effetto la nullità/invalidità o inefficacia dell’assegno bancario protestato n. 125879760 c/c 1618530 intestato alla xxxx e del sottostante diritto di credito per i motivi meglio espressi negli atti introduttivi, dichiarando l’inesistenza e insussistenza del diritto della società xxxx di procedere ad esecuzione forzata con tutti gli effetti conseguenti in ordine al procedimento esecutivo presso terzi instaurato presso il Tribunale di Pisa che dovrà essere dichiarato improcedibile e/o inammissibile; In ogni caso con vittoria di spese e competenze per tutte le fasi di giudizio ivi comprese le fasi cautelari”.

Il Fallimento xxxx si costituiva in giudizio, contestando le pretese avversarie e rassegnando le seguenti conclusioni: “Voglia il Tribunale pregiudizialmente per le ragioni esposte, ritenere e dichiarare inammissibili e/o improcedibili e/o improponibili le domande attoree. In subordine, senza recesso dalle eccezioni di rito, nel merito attribuire al contratto preliminare apparentemente firmato dal sig. *** per xxxx valore secondo giustizia pronunciandosi consequenzialmente su esistenza, consistenza ed esigibilità delle obbligazioni delle parti. In ogni caso, ritenere ritualmente sciolto il contratto preliminare ex art. 72 l.fall. e, per l’effetto, oltre che per le ragioni di cui in narrativa, rigettare le domande di risarcimento di danni e/o restituzione, di caparra o del doppio di essa. In ogni caso ritenere nullo e/o annullare l’articolo 6 del contratto nella parte in cui viene attribuito all’importo asseritamente ‘versato’ dal sig. XXXXX XXXXX il titolo di ‘caparra confirmatoria’ con le relative conseguenze giuridiche, per l’effetto rigettare la domanda di restituzione della caparra o del doppio di essa.

Rigettare le domande di restituzione di somme, qualunque sia il loro titolo, per le ragioni di cui in narrativa.

Rigettare la domanda di spese legali anche per le fasi cautelari. Con vittoria di spese”.

All’udienza del 13.01.2021 tenuta in forma cartolare, ritenuta assorbente l’eccezione sollevata da parte opposta di improcedibilità della domanda proposta ai sensi dell’art. 52 Legge Fallimentare, il Giudice Istruttore fissava udienza per la precisazione delle conclusioni.

All’udienza del 28.04.2022 le parti precisavano le conclusioni ed il Giudice tratteneva la causa in decisione, assegnando i termini di cui all’art. 190 cpc.

Così brevemente ricostruiti i fatti e lo svolgimento del giudizio, preliminarmente si osserva che è infondata l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla società convenuta.

Infatti, l’art. 27 c.p.c testualmente prevede che “per le cause di opposizione all’esecuzione forzata di cui agli artt. 615 e 619 è competente il giudice del luogo dell’esecuzione salva la disposizione dell’art.480 terzo comma”. Ebbene, tenuto che nelle cause di opposizione al precetto- quali quella che ci occupa- è destinato a trovare applicazione l’art. 480 comma terzo c.p.c, cui rinvia il citato art. 27 c.p.c, secondo il quale “ (…)le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso”, la competenza si radica avanti giudice del luogo dove è stato notificato l’atto di precetto e dunque, nel caso di specie, avanti all’adito Tribunale di Pisa

Tanto chiarito in punto di competenza territoriale, risulta assorbente l’eccezione di improcedibilità sollevata da parte opposta in relazione alle domande di accertamento e restitutorie formulate dall’opponente.

Com’è noto l’art. 52 legge fallimentare testualmente sancisce che “Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito. Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o trattato ai sensi dell’articolo 111, primo comma, n. 1), nonché ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V salvo diverse disposizioni della legge. Le disposizioni del secondo comma si applicano anche ai crediti esentati dal divieto di cui all’articolo 51” e l’art. 24 L. F. che “Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano qualunque ne sia il valore.”

Dal combinato disposto delle norme de quibus discende una vis attractiva del Tribunale che ha dichiarato il fallimento di tutte le azioni che ne derivano, qualunque ne sia il valore.

La giurisprudenza della Suprema Corte, sulla base della sentenza delle Sezioni Unite n. 23077 del 2004, ha più volte affermato che la domanda diretta a far valere un credito nei confronti del fallimento è soggetta al rito dell’accertamento del passivo in sede endofallimentare; per cui tale domanda, ove proposta con il rito ordinario, deve essere dichiarata inammissibile o improcedibile.

Inoltre, secondo l’autorevole insegnamento della più recente giurisprudenza di legittimità, “nelle azioni derivanti dal fallimento, sottoposte alla competenza funzionale del tribunale fallimentare, ai sensi dell’art. 24 legge fall., perché incidenti sul patrimonio del fallito, ivi compresi gli accertamenti che siano premessa di una pretesa verso la massa, rientra anche la domanda di risoluzione del contratto finalizzata alla domanda di risarcimento del danno nei confronti della società fallita” (tra le altre: Cass. 25868/11).

La giurisprudenza di questa Corte è univoca nel ritenere che “in materia di procedure concorsuali, la competenza funzionale inderogabile del tribunale fallimentare, prevista dalla L. Fall., art. 24 e dal D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 13, suo omologo nell’amministrazione straordinaria, opera con riferimento non solo alle controversie  che traggono origine e fondamento dalla dichiarazione dello stato d’insolvenza ma anche a quelle destinate ad incidere sulla procedura concorsuale in quanto l’accertamento del credito verso il fallito costituisca premessa di una pretesa nei confronti della massa” (Cass. 15982/2018; Cass. 20350/2005), sicchè “sono azioni derivanti dal fallimento, ai sensi della L. Fall., art. 24, quelle che comunque incidono sul patrimonio del fallito, compresi gli accertamenti che costituiscono premessa di una pretesa nei confronti della massa, anche quando siano diretti a porre in essere il presupposto di una successiva sentenza di condanna” (Cass. 17279/2010; conf. Cass. 17388/2007; Cass. 7510/2002).

Il tenore letterale del vigente L. Fall., art. 52, nel fare riferimento omnicomprensivo a “ogni credito” e ad “ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare”, ivi compresi i crediti esentati dal divieto di cui all’art. 51″, assoggetta inevitabilmente alla competenza dell’organo giurisdizionale fallimentare e al rito speciale dell’accertamento del passivo (cd. concorso formale) anche la cognizione degli antecedenti logico-giuridici che costituiscono il presupposto delle suddette pretese.

Ebbene nel caso di specie l’attore in riassunzione ha reiterato le richieste di nullità, annullabilità e risoluzione in quanto funzionali all’accoglimento delle domande restitutorie.

Ne discende che detti accertamenti, in quanto presupposti delle pretese restitutorie debbano essere assoggettati -in applicazione delle citate coordinate ermeneutiche- alla competenza dell’organo fallimentare e al rito speciale dell’accertamento del passivo.

Con specifico riferimento alle domande di risoluzione, milita nel senso della competenza del tribunale fallimentare anche la previsione dell’art. 72 co. 5 Legge fallimentare in base alla quale “se il contraente intende ottenere con la pronuncia di risoluzione la restituzione di una somma o di un bene, ovvero il risarcimento del danno, deve proporre la domanda secondo le disposizioni di cui al Capo V””.

Questa integra un comando di carattere processuale che non solo non deroga alla regola della L. Fall., art. 52, ma anzi la conferma espressamente, in base al quale il contraente che abbia proposto domanda di risoluzione del contratto prima del fallimento non può coltivare quella domanda in sede ordinaria ma deve proporla in sede fallimentare tutte le volte in cui con essa intenda far valere i consequenziali effetti restitutori o risarcitori nei confronti della massa dei creditori.

Pertanto, non si rinviene nel sistema concorsuale vigente un indice normativo che giustifichi la deroga al principio del concorso formale sulle pretese restitutorie o risarcitorie derivanti dalla domanda di risoluzione contrattuale proposta prima della dichiarazione di fallimento, ivi compresi i presupposti di quest’ultima, sia essa di natura dichiarativa, in presenza di clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c., o costitutiva, per inadempimento colposo ex art. 1453 c.c. (cfr. Cass. 10294/2018).

Invero occorre dare atto dell’orientamento giurisprudenziale che -pur affermando che la domanda diretta a far valere un credito nei confronti del fallimento è soggetta al rito dell’accertamento del passivo in sede endo-fallimentare; per cui tale domanda, ove proposta con il rito ordinario, deve essere dichiarata inammissibile o improcedibile- ammette una deroga nell’ipotesi in cui il danneggiato dichiari che la richiesta di condanna nei confronti del fallimento deve intendersi eseguibile solo nell’ipotesi di ritorno in bonis.

xxxx

Più precisamente la cassazione ha avuto modo di precisare che la domanda potrebbe ritenersi procedibile solo ove l’attore, dopo che il giudizio è stato interrotto e riassunto nei confronti della curatela, rinunci ad ogni pretesa nei confronti del fallimento, ovvero dichiari formalmente che la richiesta condanna nei confronti del fallito deve intendersi eseguibile solo nell’ipotesi in cui questi dovesse ritornare in bonis (Cass. n. 10640/2012; in senso analogo, già Cass. n. 17035/2011). Ebbene, nel caso di specie, in disparte che siffatta esplicitazione non veniva fatta dall’attore con l’atto di riassunzione ma per la prima volta con le note scritte del 7.1.2021, non si può fare a meno di osservare che la domanda di restituzione dell’importo effettivamente già versato di 60.000,00 – ancorata nel presente giudizio alle domande di nullità/annullabilità/risoluzione- è stata già ammessa al passivo e, dunque, non può che dichiararsi improcedibile non potendo una stessa domanda restitutoria, con i suoi antecedenti logici-giuridici, formare oggetto di disamina nella presente sede, anche ove formulata per l’ipotesi dell’eventuale ritorno in bonis del fallito, e poi essere contestualmente oggetto di insinuazione al passivo.

Invero a parere di chi scrive le uniche domanda suscettibile di disamina nella presente sede sono quella di condanna del fallito eventualmente tornato in bonis al risarcimento e quella relativa alla richiesta di declaratoria della nullità/invalidità o inefficacia dell’assegno bancario protestato n.1 25879760 c/c 1618530 dell’importo pari ad € 50.000,00 intestato alla xxxx e del sottostante diritto di credito per i motivi meglio espressi negli atti introduttivi, dichiarando l’inesistenza e insussistenza del diritto della società di procedere ad esecuzione forzata con tutti gli effetti conseguenti in ordine al procedimento esecutivo presso terzi instaurato presso il Tribunale di Pisa che dovrà essere dichiarato improcedibile e/o inammissibile”.

Ebbene, con riferimento alla prima, la mancata allegazione- prima ancora che dimostrazione-dei danni per i quali si chiede il risarcimento, impone il rigetto della domanda, assorbendo la disamina degli accertamenti che ne costituiscono la premessa.

Gravava, infatti, in capo all’attore indicare in cosa siano consistiti i pregiudizi patrimoniali e non patrimoniali, fornendone dimostrazione.

Tanto non è stato fatto, atteso che i pregiudizi lamentati sono stati solo genericamente prospettati e la relativa dimostrazione non è stata coltivata neppure in sede memorie ex art. 183 co VI cpc ove non venivano formulate istanze istanza istruttorie.

Né in assenza di siffatta dimostrazione e quantificazione può procedersi ad una liquidazione in via equitativa.

In proposito si ricordi, infatti, che la liquidazione equitativa non può sopperire al difetto di prova del danno, giacchè essa presuppone che il pregiudizio del quale si reclama il risarcimento sia stato accertato nella sua consistenza ontologica; se tale certezza non sussiste, il giudice non può procedere alla quantificazione del danno in via equitativa, non sottraendosi tale ipotesi all’applicazione del principio dell’onere della prova quale regola del giudizio, secondo il quale se l’attore non ha fornito la prova del suo diritto in giudizio la sua domanda deve essere rigettata, atteso che il potere del giudice di liquidare equitativamente il danno ha la sola funzione di colmare le lacune insuperabili ai fini della sua precisa determinazione (Cass. 14/05/2018, n. 11698). Con riferimento alla seconda delle indicate domande (declaratoria della nullità/invalidità o inefficacia dell’assegno bancario protestato) non vi sono motivi ostativi alla relativa disamina nella presente sede, atteso che ad essa non è collegata alcuna richiesta di condanna della controparte e non è stata veicolata in sede fallimentare, ove è stata richiesta la restituzione- meramente materiale- dell’assegno (poi rigettata in ragione soltanto dell’irreperibilità dell’assegno)( “L’improseguibilità del processo esecutivo segue alla dichiarazione di fallimento del debitore fallito, non già del creditore istante. Quanto poi alla sorte dei processi di opposizione nessuna norma ne sancisce l’improseguibilità, la quale sarebbe rimedio assolutamente distonico rispetto al sistema, atteso che in caso di perdita della capacità di stare in giudizio della parte questo prevede solo l’interruzione del processo, con conseguente necessità di operarne la riassunzione (nella specie puntualmente intervenuta). Cassazione civile sez. III, 01/04/2010, n.7991).

Ebbene la disamina della predetta domanda non può prescindere dalla circostanza sopravvenuta del fallimento del creditore procedente e dalla conseguente scelta del Curatore di sciogliersi dal contratto in relazione al quale era stata prevista la corresponsione dell’assegno bancario, costituente il titolo esecutivo oggetto della presente opposizione.

Com’è noto, ai fini della legittimità dell’esecuzione forzata non è sufficiente che il titolo esecutivo esista nel momento in cui questa viene iniziata ma è necessario che esso permanga durante tutto il corso della fase esecutiva, cosicchè in sede di opposizione all’esecuzione si deve accertare l’attuale esistenza del titolo e, quindi, verificare che lo stesso non sia venuto meno per fatti sopravvenuti alla sua formazione.

Sopravvenuta caducazione del titolo che è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio e importa l’illegittimità dell’esecuzione con effetti ex tunc.

Allo scioglimento dal contratto da parte del curatore consegue, infatti, la restituzione delle prestazioni eventualmente già eseguite e preclude allo stesso di agire per quelle rimaste ineseguite, manifestando con detta scelta la volontà di liberarsi dal vincolo negoziale.

Ne consegue che il sopravvenuto scioglimento del contratto in ragione del quale era stata prevista la corresponsione dell’assegno, determina l’inefficacia del titolo azionato e l’impossibilità del creditore, oggi fallito, di agire per il recupero della somma corrispondente, atteso che la scelta di scioglimento fa venire meno il vincolo contrattuale con effetto ex tunc sicché va ripristinata la situazione anteriore alla stipula del contratto (Cassazione civile , sez. VI , 25/07/2019 , n. 20215). Inoltre non può fare a meno di rilevarsi che l’assegno azionato con il precetto de quo rappresenta una mera fotocopia del titolo (assegni bancario) il cui originale- come dimostrato anche dalle comunicazioni versate in atti dal Fallimento- è andato in corso di causa smarrito.

Esso non è, pertanto, idoneo ad integrare alcun valido titolo esecutivo ai fini dell’esecuzione, essendo l’originale del titolo di credito a tali effetti indispensabile ed insostituibile, salvo l’ammortamento e tranne l’ipotesi in cui si tratti di copia autentica rilasciata, ai sensi dell’art 343 cod proc pen, dopo il sequestro penale del titolo di credito (Cassazione civile sez. III, 18/07/1980,  n.4696 Ai fini dell’esecuzione forzata in base a un titolo di credito, l’originale di tale documento è indispensabile ed insostituibile, salvo l’ammortamento, e pertanto, tranne l’ipotesi, di natura eccezionale, in cui si tratta di copia autentica rilasciata ai sensi dell’art. 343 c.p.p., dopo il sequestro penale del titolo di credito, non è possibile procedere esecutivamente in base ad una copia autentica anziché dell’originale, (…) Ne consegue che, senza l’eventuale preliminare procedura di ammortamento per smarrimento dell’assegno in esame, questo non potrebbe comunque essere validamente azionato come titolo esecutivo, con derivante nullità del precetto intimato su suo fondamento”, “che un titolo esecutivo valido ed efficace esista sin dall’inizio dell’esecuzione e permanga per tutta la durata dello stesso”; “il giudice dell’opposizione all’esecuzione è tenuto a compiere d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, anche in sede di legittimità, la verifica sull’esistenza del titolo esecutivo, rilevandone l’eventuale sopravvenuta carenza”, Cassazione civile sez. un., 21/09/2021, n.25478)

Per tutto, va accolta nei limiti di quanto esposto la domanda proposta da XXXXX XXXXX e dichiarata la nullità del titolo esecutivo rappresentato dall’assegno bancario protestato n.1 25879760 c/c 1618530 dell’importo pari ad € 50.000,00 intestato alla xxxx.

Non può nella presente sede, nonostante la declaratoria di nullità del titolo esecutivo, essere esaminata la domanda di cancellazione del protesto elevato nei confronti del Dott. XXXXX, soggetta per espressa previsione normativa ad un rito suo proprio, destinato a concludersi nelle forme del decreto, suscettibile di impugnazione mediante opposizione da esperirsi nelle forme dall’articolo 13 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.

In conclusione, va accolto per quanto di ragione l’opposizione proposta e, dunque, dichiarata la nullità del titolo esecutivo mentre vanno dichiarate improcedibili le restanti domande proposte dall’attore, intendendosi assorbita ogni altra domanda ed eccezione proposta dalle parti e non espressamente esaminata.

Le spese di lite, tenuto conto dell’esito del giudizio, vanno compensate.

PQM

Il Tribunale in composizione monocratica sulla domanda in epigrafe definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda ed eccezione disattesa, così provvede;

ACCOGLIE per quanto di ragione l’opposizione e, per l’effetto, dichiara la nullità del titolo esecutivo rappresentato dall’assegno bancario n.1 25879760 c/c 1618530 dell’importo pari ad € 50.000,00 intestato alla xxxx;

RIGETTA la domanda risarcitoria;

DICHIARA l’improcedibilità delle restanti domande proposte dall’opponente; DICHIARA compensate le spese di lite.

Pisa, 3.8.2022

IL GIUDICE

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