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Cartella di pagamento, termine di prescrizione breve

La scadenza del termine per impugnare una cartella di pagamento non determina l’effetto della c.d. conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale.

Pubblicato il 21 July 2018 in Diritto Previdenziale, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
LA CORTE D’APPELLO DI PERUGIA
-SEZIONE LAVORO-

ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 104/2018 pubblicata il 19/07/2018

promossa  da

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, ai sensi dell’art. 1 comma 3 del d.l.

22/10/2016 n. 193 convertito in legge dalla l. 1/12/2016 n. 225 subentrata, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, di Equitalia Servizi di riscossione s.p.a., incorporante per fusione Equitalia Sud s.p.a. con atto del 17/06/2016 a rogito Notaio, in qualità di responsabile atti introduttivi del giudizio Campania, in virtù di procura per atti Notaio, rappresentata e difesa dall’avv. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, come da delega apposta in calce all’atto di costituzione in appello in ratifica

a p p e l l a n t e – c o n t r o

XXX, rappresentato e difeso dall’avv. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito, giusta procura apposta in calce al ricorso in opposizione di primo grado

a p p e l l a t o –

n o n c h è

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE INPS, rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avvocati – in virtù di procura generale alle liti a rogito del notaio in Roma – ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura distrettuale dell’Istituto

  • a p p e l l a t o –

n o n c h è

ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL

LAVORO INAIL, in persona del Direttore Regionale per la Campania, in carica p.t., che agisce in virtù dei poteri ad esso spettanti ex artt. 16 e 17 del decreto legge n. 29 del 03.02.1993 e sue successive modificazioni ed integrazioni, elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura Regionale INAIL per l’Umbria, presso gli avvocati che lo rappresentano e difendono giusta procura generale alle liti conferita con atto per Notar

  • a p p e l l a t o –

OGGETTO:     APPELLO     AVVERSO     SENTENZA     DEL     TRIBUNALE     DI     SPOLETO     N.     127/16;

ACCERTAMENTO NEGATIVO OBBLIGO CONTRIBUTIVO DATORE DI LAVORO

Causa decisa all’udienza collegiale del 4 luglio 2018.

CONCLUSIONI DELLE PARTI

PER L’APPELLANTE: “Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello adita, previa fissazione dell’udienza di discussione ex artt. 435 e 422 c.p.c., disattesa ogni avversaria eccezione e difesa, riformare la sentenza n. 127/2016 emessa dal Tribunale di Spoleto in funzione di giudice del lavoro, depositata in data 15 settembre 2016, non notificata, per tutte le ragioni in fatto ed in diritto come sopra esposte e, conseguentemente:

  • In via principale, accertare e dichiarare l’avvenuta regolare notificazione delle cartelle di

pagamento n. e, per l’effetto, dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione avversaria in quanto tardiva, ex artt. 24 e 29 del d.lgs. 46/1999 e, quindi, la piena attività ed esigibilità delle medesime cartelle di pagamento e dei relativi crediti;

  • Sempre in via principale, accertare e dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione avversaria con riferimento alle cartelle di pagamento n. per carenza di interesse ad agire ex art. 100 p.c.;
  • In via subordinata, laddove l’opposizione avversaria dovesse ritenersi ammissibile, accertare e dichiarare l’avvenuta regolare notificazione delle cartelle di pagamento n. e, per l’effetto, rigettare l’eccezione di intervenuta prescrizione dei relativi crediti, con conseguente integrale riattivazione, rispetto ad essi, di dette cartelle di pagamento.

Con vittoria di spese e competenze tutte di lite, di entrambi i gradi di giudizio ovvero, in subordine, con integrale compensazione delle spese di primo grafo nei confronti dell’Agente della riscossione e vittoria delle spese del secondo grado.

Voglia, per l’effetto, l’Ecc.ma Corte d’Appello adita condannare l’opponente XXX e, per lui, l’avv. in qualità di antistatario, alla restituzione di quanto allo stesso già versato dalla Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. a titolo di spese processuali di primo grado”.

PER L’APPELLATO (XXX): “Dichiarare inammissibile e comunque rigettare, siccome destituito di fondamento giuridico e fattuale, l’appello proposto da Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. (già Equitalia Sud s.p.a. ed ora Agenzia Entrate – Riscossione) avverso la sentenza 127/2016 del Tribunale di Spoleto.

In ogni caso condannare parte appellante alla refusione delle spese e competenze professionali difensive, oltre al rimborso forfetario del 15 %, I.V.A. e C.P.A., e con attribuzione in favore dello scrivente difensore anticipatario”.

PER L’APPELLATO (I.N.P.S.): “Piaccia all’Ill.ma Corte di Appello, dichiarare il difetto di legittimazione passiva di I.N.P.S. in giudizio per le causali di cui sopra e, per l’effetto, estromettere l’Istituto dall’odierna opposizione, con vittoria di spese di lite; nel merito comunque rigettare l’opposizione proposta dal sig. XXX in quanto infondata e non provata, con vittoria di spese”.

PER L’APPELLATO (I.N.A.I.L.): “Affinchè l’Ecc.ma Corte di Appello adita, contrariis reiectis, voglia,

  • In accoglimento del proposto appello, rigettare l’opposizione proposta da XXX, nei confronti dell’I.N.A.I.L.;
  • Riformare la sentenza impugnata, confermare la legittimità della cartella emessa e condannare l’opponente a versare all’I.N.A.I.L. le somme ingiunte;
  • Spese come per legge”.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

  1. La controversia concerne la domanda proposta da XXX, con ricorso proposto contro l’I.N.P.S., l’I.N.A.I.L. ed Equitalia sud s.p.a., e depositato dinanzi al Tribunale di Spoleto in data 26 marzo 2015, diretto ad ottenere una pronuncia che dichiarasse la nullità di sei cartelle di pagamento n. afferenti a presunti omessi versamenti di contributi I.N.P.S. e premi I.N.A.I.L., per omessa notifica delle stesse, ovvero per decorrenza del termine di prescrizione quinquennale, ovvero infine, con riferimento alle debenze riguardanti il 2005 e gli anni successivi, per effetto della cessazione dell’attività avvenuta a far tempo dal 2 maggio 2005.
  2. Con sentenza n. 127/16, pubblicata in data 15 settembre 2016, il Tribunale di Spoleto, quale giudice del lavoro, accertava la nullità delle cartelle n., per omessa notifica delle prime due e per la nullità della notifica delle altre due, e dichiarava prescritti i crediti di tutte e sei le cartelle impugnate, condannando i resistenti, in solido tra loro, alla refusione delle spese di lite, liquidate in euro 3.000,00 per compenso professionale, oltre accessori.

Il giudice di primo grado, per quanto ancora di attuale interesse per la decisione:

  1. Respingeva l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, per tardività, ai sensi dell’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46/1999, in quanto il ricorrente aveva contestato l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo per omessa notifica delle cartelle e, quindi, aveva promosso un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 p.c. non sottoposta a termini di decadenza;
  2. Respingeva l’eccezione di carenza di interesse ex art. 100 p.c. in quanto il principio giurisprudenziale secondo il quale l’estratto di ruolo doveva essere impugnato unitamente all’atto impositivo valeva soltanto per il processo tributario e, quindi, trattandosi di giudizio ordinario, era del tutto ammissibile un’azione di accertamento negativo del credito;
  3. Respingeva l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell’I.N.P.S., sollevata con riferimento alla cartella n., non avendo l’I.N.P.S. fornito la prova dell’affidamento ad Equitalia del ruolo inerente alla suddetta cartella;
  4. Accertava l’omessa notifica delle cartelle n., posto che Equitalia non era stata in grado di produrre la documentazione attestante la notifica delle stesse;
  5. Accertava la nullità della notifica delle cartelle n., in quanto le stesse erano state notificate il 7 settembre 2010 ed il 6 ottobre 2010 mediante raccomandate a/r consegnate la portiere dello stabile ove abitava il ricorrente, ma non vi era prova della spedizione dell’avviso, a mezzo raccomandata, dell’avvenuta notifica ex art. 139 comma 3° p.c. all’interessato, da cui conseguiva la nullità delle notificazioni per mancato rispetto delle formalità previste dall’art. 139 comma 4° c.p.c.;
  6. Accertava l’intervenuta prescrizione dei crediti riguardanti le cartelle n., le cui notifiche risultavano perfezionate, per compiuta giacenza, ai sensi dell’art. 140 p.c.; tuttavia, dall’epoca di tali notifiche (perfezionatesi, rispettivamente, l’8 marzo 2008 ed il 23 febbraio 2008) era ampiamente maturata, all’epoca del deposito del ricorso, la prescrizione quinquennale, in difetto di validi atti interruttivi;
  7. Accertava che il termine di prescrizione quinquennale era comunque decorso per tutte e sei le cartelle oggetto di opposizione.
  1. Con ricorso depositato in data 14 marzo 2017 Equitalia Servizi di Riscossione p.a. proponeva appello avverso la sentenza di primo grado, di cui chiedeva l’integrale riforma.

L’appellante si doleva innanzitutto della declaratoria di nullità delle notificazioni riguardanti le cartelle n., in quanto la pronuncia del primo giudice contrastava con l’orientamento giurisprudenziale prevalente venutosi a formare in tema di notificazione delle cartelle di pagamento a mezzo del servizio postale, secondo cui non è necessario, per il perfezionamento della notificazione della cartella di pagamento, regolata dalla norma speciale di cui all’art. 26 del d.p.r. 602/1973, l’invio di una seconda raccomandata che avvisi l’interessato della consegna del plico ad un suo familiare o ad altra persona autorizzata.

La notifica di tali cartelle doveva pertanto ritenersi validamente eseguita il 7 settembre 2010 ed il 6 ottobre 2010, così come era pacifica la validità delle notifiche delle cartelle n., di cui aveva dato atto lo stesso giudice.

Ciò posto, ad avviso dell’appellante, accertata e dichiarata l’avvenuta notificazione delle quattro cartelle di pagamento in questione, le relative contestazioni avrebbero dovuto essere dichiarate tardive e, quindi, inammissibili, in quanto non proposte nei termini di decadenza di 20/40 giorni ex art. 24 del d.lgs. n. 46/99.

Secondo l’appellante, inoltre, il primo giudice era incorso nel vizio di ultrapetizione, con riferimento alle cartelle n., laddove aveva dichiarato in ogni caso prescritti i crediti relativi a dette cartelle per decorso del termine quinquennale dalla notifica delle stesse alla proposizione del ricorso.

Peraltro, una volta accertata la ritualità delle notifiche riguardanti le cartelle in questione, avvenute il 7 settembre 2010 ed il 6 ottobre 2010, a prescindere dalla citata ultrapetizione, non era comunque maturata alcuna prescrizione quinquennale, successivamente alle notifiche, essendo stato depositato il ricorso il 26 marzo 2015.

In definitiva era errata e meritava riforma la pronuncia con cui il giudicante aveva dichiarato prescritti i crediti riguardanti le cartelle n. .

Fermo quanto appena detto, l’appellante censurava la sentenza del giudice di prime cure, sul capo relativo alla declaratoria di prescrizione riguardante tutte e quattro le cartelle, per non aver applicato all’attività posta in essere dall’agente di riscossione il termine ordinario di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c.

Per quanto riguarda le cartelle n., l’appellante ribadiva l’eccezione di carenza di interesse ad agire sollevata in primo grado.

Infine l’appellante censurava la decisione del primo giudice in ordine alla condanna alla refusione delle spese processuali, in favore della controparte, essendosi attivato, quale semplice “adiectus solutionis causa”, per l’assolvimento di un incarico istituzionale, essendo privo di responsabilità e di legittimazione passiva per tutti gli aspetti concernenti la debenza o meno delle somme iscritte a ruolo e la regolarità dell’attività precedente a quella di riscossione vera e propria.

Si costituiva in appello l’I.N.P.S., con memoria depositata in data 11 maggio 2018, ribadendo l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, in quanto solo Equitalia Centro s.p.a., quale concessionario e titolare dell’azione esecutiva, avrebbe potuto essere citato in giudizio ed avrebbe potuto e dovuto dimostrare la regolarità delle cartelle esattoriali in questione.

Nel merito, l’I.N.P.S. ribadiva l’eccezione di inammissibilità dell’azione, avendo l’opponente depositato il ricorso ben oltre il termine di 40 giorni dalla notifica della cartella impugnata, nonché la contestazione in ordine all’eccepita prescrizione quinquennale dei crediti, sia ante che post notifica delle cartelle, dovendo applicarsi il termine decennale di cui all’art. 2946 c.c.

Si costituiva in appello XXX contestando il gravame di cui chiedeva l’integrale rigetto.

Si costituiva in appello l’I.N.A.I.L. il quale, sia pur dichiarando di condividere le censure di Equitalia, si rimetteva alle decisioni della Corte, chiedendo in ogni caso che il XXX venisse condannato al pagamento dell’importo di cui alla cartella esattoriale n. . All’udienza di discussione si costituiva l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, quale soggetto subentrato, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi di Equitalia Servizi di riscossione s.p.a.

  1. L’appello è parzialmente fondato.

Preliminarmente dev’essere respinta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’I.N.P.S. in primo grado e riproposta con l’atto di costituzione in giudizio.

Al riguardo va detto che l’odierno giudizio ha ad oggetto l’accertamento negativo di crediti previdenziali per effetto della notifica inesistente e/o nulla delle cartelle di pagamento ovvero per la prescrizione maturata tra l’epoca dei crediti e la notifica delle cartelle ovvero per il periodo successivo intercorso tra la notifica dei titoli e la proposizione del giudizio.

Pertanto, è evidente l’interesse dell’opponente, attuale appellato, ad un accertamento che faccia stato, con efficacia di giudicato, anche nei confronti degli enti titolari dei rispettivi crediti.

Tanto premesso, al fine di un più ordinato esame della controversia, è opportuno esaminare le questioni che formano oggetto di gravame raggruppandole con riferimento a ciascuna delle tre coppie di cartelle che presentano le stesse problematiche.

4.1. Cartelle n.

Il giudice di primo grado ha dichiarato la nullità di tali cartelle per omessa notifica ed, in ogni caso, la prescrizione dei relativi crediti per decorso del termine quinquennale tra l’epoca in cui sono state formate e la data del ricorso in opposizione.

La pronuncia di primo grado va confermata in quanto, in disparte la declaratoria di prescrizione, che è assorbita dall’accoglimento dell’eccezione di nullità, è pacifica l’omessa notifica di tali cartelle.

Quanto poi all’eccezione di carenza di interesse ad agire riproposta nell’atto di appello da Equitalia (ora Agenzia delle Entrate – Riscossione), per l’asserita assenza di portata lesiva dell’estratto di ruolo, in mancanza dell’atto impositivo, va ribadita l’esistenza di un interesse del contribuente a promuovere azione di accertamento negativo di un credito risultante dall’estratto di ruolo, essendo limitata al processo tributario la preclusione riguardante le azioni di accertamento negativo del tributo, così come statuito dal primo giudice, la cui pronuncia, del resto, non ha formato oggetto di specifiche censure.

4.2. Cartelle n. .

Il giudice di primo grado ha dichiarato la prescrizione dei crediti portati da tali due cartelle, maturata tra l’epoca di notifica delle stesse (rispettivamente l’8 marzo 2008 ed il 23 febbraio 2008) e l’introduzione del giudizio (7 maggio 2015) in accoglimento dell’eccezione sollevata con l’atto di opposizione.

La pronuncia di primo grado va confermata in quanto dev’essere disattesa l’eccezione sollevata in primo grado da Equitalia e dall’I.N.P.S., e riproposta dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione, con un apposito motivo di gravame, di inammissibilità dell’opposizione per mancato rispetto del termine di 40 giorni di cui all’art. 24 comma 5° del d.lgs. n. 46/1999, e dev’essere altresì respinto il motivo di gravame proposto dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione, secondo cui il primo giudice avrebbe erroneamente applicato alla fattispecie il termine di prescrizione quinquennale anziché quello ordinario decennale.

Per quanto riguarda il primo motivo di doglianza, va rilevato che il presente giudizio, con riferimento alle due cartelle in esame, ha ad oggetto un’azione di accertamento negativo di crediti contributivi, in conseguenza della prescrizione intervenuta tra l’epoca in cui il credito si è consolidato, a causa della mancata opposizione, e quella in cui è stata promossa l’azione.

In altri termini, la mancata opposizione nel termine di cui all’art. 24, in presenza di una cartella validamente notificata, comporta l’irretrattabilità del credito contributivo, ma ciò non esclude che, qualora la pretesa non venga fatta valere dall’ente previdenziale, ovvero dal concessionario delegato alla riscossione, nel termine di prescrizione (quinquennale o decennale, come vedremo), il diretto interessato non possa agire di propria iniziativa, con un’azione di accertamento negativo, al fine di far valere il vizio del titolo, sopravvenuto per effetto dell’inerzia del soggetto titolare del credito ovvero del concessionario delegato alla riscossione.

Per quanto riguarda il secondo motivo di censura va detto che, sulla questione di diritto, si sono pronunciate le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23397 del 17 novembre 2016, affermando i seguenti principi di diritto, ai quali questa Corte intende uniformarsi:

“1) la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento, di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della conversione del termine di prescrizione breve (nella specie quinquennale secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’I.N.P.S. che, dal 1° gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (art. 30 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge n. 122 del 2010); 2) è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di far applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”.

Né può ritenersi avvenuta alcuna novazione delle obbligazioni originarie per effetto della formazione del ruolo e della cartella di pagamento, che costituiscono il mezzo attraverso il quale è consentito agli enti previdenziali di riscuotere i propri crediti prima ed al di fuori del giudizio, restando immutata sotto ogni profilo l’obbligazione originaria e neanche verificandosi alcuna modificazione dei soggetti titolari del rapporto, essendo all’Equitalia (ora Agenzia delle Entrate) demandata soltanto l’attività di riscossione del credito di cui restano titolari gli enti previdenziali. Non è pertanto configurabile, in capo all’ente esattore, un autonomo diritto all’esecuzione del titolo soggetto al termine prescrizionale decennale ordinario di cui all’art. 2946 c.c.

Inoltre, deve essere escluso che, per la soluzione della questione, possa farsi riferimento alla disposizione di cui all’art. 20, comma 6, del d.lgs. n. 112 del 1999, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 683, della legge n. 190 del 2014, richiamata dall’appellante alle pagine 8, 9, 10 e 11 dell’atto di gravame, risultando il riferimento alla prescrizione decennale, contenuto nella suddetta disposizione, effettuato nell’ambito di una procedura (di discarico per inesigibilità) di natura pacificamente amministrativa che non ha alcuna attinenza ai rapporti tra contribuente ed ente impositore, ma riguardando i rapporti tra ente impositore ed agente della riscossione (si richiama, al riguardo, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la già citata sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 23397 del 17 novembre 2016, con specifico riferimento alle considerazioni contenute nei paragrafi da 19 a 19.7 della motivazione).

Ne consegue che, in piena adesione al citato arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite, non vi è alcuno spazio per l’applicazione dell’art. 2953 c.c., per la non equiparabilità della cartella non opposta al giudicato, né dell’art. 2946 c.c., norma secondo la quale la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale a meno che la legge disponga diversamente, dato che, nel caso dei contributi previdenziali è appunto la legge (art. 3, comma 9, legge n. 335 del 1995), che prevede la prescrizione quinquennale.

Alla luce di ciò, essendo alla data dell’introduzione del presente giudizio (7 maggio 2015) già ampiamente decorso il termine di cinque anni decorrente dalla notifica delle cartelle di pagamento (8 marzo 2008 e 23 febbraio 2008), il credito contributivo vantato nei confronti dell’appellato deve ritenersi estinto per intervenuta prescrizione, come correttamente dichiarato dal giudice di primo grado, che ha conseguentemente accolto l’eccezione sollevata con riferimento alle due cartelle in oggetto.

Né può essere presa in esame la domanda proposta in via subordinata dall’I.N.A.I.L. di condanna al pagamento dell’importo relativo alla cartella n. , non avendo l’Istituto avanzato appello incidentale e non avendo, del resto, l’I.N.A.I.L. neanche mosso censure nell’atto di costituzione in appello avverso l’omessa pronuncia su tale domanda da parte del primo giudice, che ha evidentemente ritenuto assorbita la stessa nella pronuncia di prescrizione.

4.3. Cartelle n. .

Il giudice di primo grado ha dichiarato la nullità della notifica delle suddette cartelle, perché eseguita il 7 settembre 2010 ed il 6 ottobre 2010, mediante consegna delle raccomandate a/r al portiere dello stabile in cui abitava il ricorrente, senza tuttavia spedire l’avviso dell’avvenuta notifica al diretto interessato.

Il giudicante ha, inoltre, dichiarato prescritti i crediti relativi a tale cartelle, in accoglimento dell’eccezione sollevata dall’opponente, in quanto il termine quinquennale era spirato prima della presunta notifica di tali cartelle, trattandosi di crediti risalenti agli anni 2003, 2004 e 2005.

La declaratoria di nullità della notifica di tali cartelle non può essere condivisa.

Ed infatti, secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale (vedi, tra le molte, Cass. civ. sez. VI – V, ordinanza n. 12083 del 13 giugno 2016) “In tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte del D.P.R. n. 602 del 1973, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n. 890 del 1982”. In applicazione dell’anzidetto principio la Suprema Corte ha cassato la sentenza con cui il giudice di merito ha ritenuto invalida la notifica della cartella sull’erroneo presupposto che, essendo stata ricevuta dal portiere, occorresse, a norma dell’art. 139 c.p.c., l’invio di una seconda raccomandata.

Orbene, la fattispecie esaminata dalla Corte di Cassazione è assolutamente identica a quella oggetto del presente giudizio, avendo il giudicante dichiarato la nullità della notificazione delle due cartelle in questione, per l’omessa effettuazione degli adempimenti di cui all’art. 139 comma 4° c.p.c., non avendo l’ufficiale giudiziario notiziato, con lettera raccomandata, il destinatario della notificazione dell’atto mediante consegna del plico al portiere dello stabile.

Di conseguenza, intendendosi dar seguito al citato indirizzo giurisprudenziale di legittimità, deve affermarsi che le due cartelle sono state validamente notificate al destinatario.

Passando alla prescrizione, va innanzitutto precisato che il giudice di prime cure non è andato “ultra petita”, in quanto ha dichiarato la prescrizione dei crediti portati dalle due cartelle in esame senza specificare se la prescrizione fosse maturata prima o dopo la data della presunta notifica.

Pertanto, avendo l’opponente eccepito per queste due cartelle la prescrizione maturata prima della presunta notifica, l’eccezione deve ritenersi accolta in tal senso.

Ciò posto, la declaratoria di prescrizione dei crediti relativi a queste due cartelle è solo parzialmente condivisibile.

Ed infatti, il termine di prescrizione quinquennale risulta decorso soltanto per i contributi, le somme aggiuntive e gli accessori relativi alle annualità del 2003 e del 2004, ma non anche per quelli inerenti all’annualità del 2005, e ciò in quanto le cartelle di pagamento sono state ritualmente notificate al diretto interessato il 7 settembre 2010 ed il 6 ottobre 2010.

Pertanto i contributi, le somme aggiuntive e gli accessori relativi all’anno 2005 vanno dichiarati non prescritti.

In tal senso la sentenza impugnata deve essere parzialmente riformata con conferma delle restanti statuizioni.

Ovviamente, per quanto riguarda i motivi di gravame comuni a quelli riguardanti le cartelle n. (decadenza ex art. 26 d.lgs. n. 46/1999 e termine decennale di prescrizione) si ribadisce quanto detto al paragrafo 4.2.

  1. Quanto alle spese di lite, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, soccombente in misura prevalente, va condannata alla refusione delle spese di giudizio sostenute dal XXX in misura pari ai tre quarti del totale, liquidate nella misura indicata al dispositivo, con compensazione del residuo un quarto, in ragione della parziale soccombenza del XXX.

Né possono condividersi le ragioni addotte dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione circa l’asserita illegittimità della condanna alla rifusione delle spese pronunciata nei confronti di detto ente in primo grado, posto che è proprio Equitalia (ora Agenzia delle Entrate – Riscossione), quale titolare dell’azione esecutiva, il soggetto a cui deve prevalentemente imputarsi la soccombenza nel presente giudizio in considerazione dei ritardi e delle inerzie successive alla formazione del ruolo relativamente alla riscossione dei crediti degli enti previdenziali.

Ricorrono invece giusti motivi per compensare interamente le spese del grado nei confronti dell’I.N.P.S. e dell’I.N.A.I.L., in considerazione della posizione secondaria rivestita, rispetto all’Agenzia delle Entrate – Riscossione, nel presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE D’APPELLO

In parziale riforma della sentenza impugnata, dichiara che le cartelle n. sono state validamente notificate a XXX rispettivamente in data 7 settembre 2010 e 6 ottobre 2010 e dichiara non prescritti i contributi, le somme aggiuntive e gli interessi di mora relativi alla sola annualità del 2005.

Conferma nel resto l’impugnata sentenza.

Compensa tra Agenzia delle Entrate – Riscossione e XXX le spese del secondo grado di giudizio in ragione di un quarto e condanna Agenzia delle Entrate – Riscossione alla refusione in favore di XXX dei residui tre quarti di dette spese, che liquida nella somma di euro 1.500,00 per compenso professionale, oltre I.V.A., C.A.P. e rimborso delle spese generali pari al 15 % del compenso liquidato, da distrarsi in favore dell’avv. dichiaratosi antistatario.

Compensa interamente le spese del secondo grado tra XXX, I.N.P.S. ed I.N.A.I.L.

Così deciso in camera di consiglio in Perugia il 4 luglio 2018.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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