Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20676 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 20676 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 25/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2529/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE), in virtù di procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata presso il proprio indirizzo PEC EMAIL
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura
Oggetto: tributi – IVA – rimborso – minore eccedenza del triennio – presupposti
Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della CTR della Lombardia n. 1020/19/2020 depositata in data 15 giugno 2020
Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME nella pubblica udienza del 12 marzo 2024;
udita la relazione del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso e per l’assorbimento degli altri motivi;
udito per parte ricorrente l’AVV_NOTAIO;
udito per parte controricorrente l’AVV_NOTAIO per l’Avvocatura Generale dello Stato .
FATTI DI CAUSA
1. La società contribuente RAGIONE_SOCIALE ha impugnato un diniego di rimborso di eccedenza IVA, indicata nella dichiarazione del periodo di imposta 2015, credito che si era generato nei periodi di imposta precedenti e, precisamente, nel precedente periodo di imposta 2012. Dalla sentenza impugnata risulta, inoltre, che la dichiarazione del periodo di imposta 2012 era stata depositata tempestivamente, laddove le dichiarazioni dei due periodi di imposta successivi erano risultate omesse, per quanto depositate tardivamente. Il provvedimento di diniego era stato motivato con la omissione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei due periodi di imposta successivi a quello della maturazione dell’eccedenza di imposta , con conseguente azzeramento dei crediti IVA dei suddetti due periodi di imposta. Dalla sentenza impugnata risulta, inoltre, che la dichiarazione del periodo di imposta 2015 aveva riportato una eccedenza di imposta di € 297.896,00, di cui
€ 253.635,00 erano stati chiesti a rimborso quale credito di imposta e la differenza utilizzata in detrazione.
La CTP di Milano ha accolto il ricorso.
La CTR della Lombardia, con sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello dell’Ufficio. Ha osservato il giudice di appello che nel caso di specie l’eccedenza detraibile, maturata nel periodo 2012 e indicata nella dichiarazione Unico 2013, è stata tardivamente riportata nelle dichiarazioni dei due periodi di imposta 2013 e 2014, presentate nel 2016 e chiesta a rimborso nel quadro VX della dichiarazione del periodo di imposta 2015 (rigo VX), il cui riporto a nuovo deve ritenersi omesso (« omesso riporto nella dichiarazione annuale successiva di un credito già esposto nella dichiarazione relativa all’anno in cui esso è sorto (…) ne è stato omesso il riporto nelle successive due dichiarazioni in quanto presentate tardivamente »). Il giudice di appello ha, pertanto, ritenuto che la società contribuente non ha presentato tempestiva istanza di rimborso per la dichiarazione del periodo di imposta 2012, dovendosi ritenere tardiva la domanda presentata con la dichiarazione 2015, in quanto domanda presentata oltre il secondo anno dalla maturazione del credito.
Ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso l’Ufficio. La causa, chiamata all’adunanza camerale del 21 marzo 2023, è stata rimessa in pubblica udienza. Parte ricorrente ha depositato ulteriore memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione dell’art. 30 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e falsa applicazione dell’art. 21 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 2909 cod. civ., nonché falsa applicazione dell’art. 8, terzo comma, d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 e dell’art. 19, primo
comma, d.P.R. n. 633/1972, oltre che del principio di neutralità IVA, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’omesso riporto dell’eccedenza IVA nelle dichiarazioni successive al 2012 comporti (implicitamente) l’azzeramento del credito di imposta. Il ricorrente osserva come la sentenza ha accertato che il credito IVA, relativo al periodo di imposta 2012, sia stato esposto nella relativa dichiarazione e osserva come la decadenza sia stata rilevata di ufficio dal giudice. Deduce il ricorrente che, una volta esposto nella dichiarazione annuale, il credito esposto sia soggetto a ordinaria prescrizione decennale, non essendo applicabile la decadenza biennale di cui all’art. 21, comma 2, d. lgs. n. 546/1992.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., violazione dell’art. 101, secondo comma, cod. proc. civ., per avere il giudice di appello omesso di integrare il contraddittorio sulla questione della decadenza biennale del diritto a detrazione e del diritto a rimborso, sollevata di ufficio dal giudice e non contenuta nelle deduzioni dell’RAGIONE_SOCIALE , così emettendo una pronuncia « a sorpresa ». Al riguardo, parte ricorrente deduce che -ove fosse venuta a conoscenza della questione di decadenza -essa avrebbe prodotto la dichiarazione annuale Unico 2013 relativa al credito formatosi nel periodo di imposta 2012, nel quale risultava che l’imposta era stata chiesta in detrazione.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e violazione del divieto dei nova in appello, nonché, in relazione all’art. 360, primo comma, con 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2969 cod. civ., per avere rilevato di ufficio per la prima volta in appello la decadenza del diritto al rimborso.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. e
falsa applicazione dell’art. 346 cod. proc. civ., nonché violazione del giudicato interno nella parte in cui la sentenza impugnata non ha dichiarato preclusa la questione relativa alla sussistenza di carichi pendenti eccepita genericamente dall’Ufficio ed espressamente rigettata dal giudice di primo grado. Osserva parte ricorrente come il giudice di primo grado ha ritenuto che non fosse stata provata dall’Ufficio l’esistenza di fatti impeditivi al diritto di rimborso, quali la sussistenza di carichi pendenti, introdotti per la prima volta in appello.
I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente, attesi i profili coinvolti. Occorre premettere – come risulta dagli atti che la dichiarazione IVA del periodo di imposta 2012, tempestivamente depositata, aveva presentato una eccedenza di imposta, non richiesta a rimborso ma riportata a nuovo. Risulta, inoltre, che le dichiarazioni IVA dei due periodi di imposta successivi (2013, 2014) sono state omesse e depositate tardivamente nel 2016, dichiarazioni nelle quali è stata riportata altra eccedenza IVA. Il rimborso dell’eccedenza di imposta del periodo 2012 è stato chiesto con la presentazione della dichiarazione IVA del 2015, quale minore eccedenza del triennio ex art. 30, (già) quarto comma d.P.R. n. 633/1972.
Appare utile delineare il rapporto che corre nell’IVA tra detrazione e rimborso. Un’operazione in campo IVA determina l’evoluzione del saldo giornaliero per effetto dell’esercizio di continue operazioni di addebito e di detrazione. Nell’ambito dell’evoluzione quotidiana del saldo non vi è compensazione, ancorché verticale, dell’imposta, in quanto il saldo si evolve per effetto dell’avvicendarsi di operazioni algebriche sia a debito, sia in detrazione. L’imposta viene, poi, liquidata periodicamente e confluisce negli obblighi dichiarativi.
All’avvento di un nuovo periodo di imposta (con insorgenza dei relativi obblighi dichiarativi) , l’eventuale eccedenza di imposta si trasforma in eccedenza computabile a credito nel periodo di imposta
successivo mediante il riporto. Il riporto consente di collocare l’eccedenza di imposta , già liquidata, quale prima posta a credito IVA del periodo di imposta successivo; ragione per cui -si è osservato in dottrina -non c’è differenza tra il riporto a nuovo e la detrazione in corso d’anno, in quanto il saldo continua ad avere rilevanza in campo IVA, salva la cristallizzazione per effetto dell’assolvimento agli obblighi dichiarativi. Il riporto è, pertanto, connaturale all’IVA e al diritto a detrazione, mentre un diverso utilizzo del credito, di natura satisfattiva (per compensazione orizzontale o rimborso), fa fuoriuscire quel saldo dal campo IVA e lo rende disponibile per il contribuente estinguendolo.
8. Il riporto dell’eccedenza IVA è , pertanto, condizione ordinaria e fisiologica di utilizzo del l’eccedenza IVA, rispetto alla quale il rimborso (come anche altre forme di estinzione satisfattiva) risulta succedaneo. Il contribuente ha diritto a riportare l’eccedenza , come ha diritto a esercitare la detrazione, lasciando quella eccedenza a comporre il saldo IVA del periodo di imposta successivo; il diritto al rimborso compete, invece, nei casi previsti dalla legge.
Casi tipici del diritto al rimborso sono quelli indicati dal terzo comma dell’art. 30 d.P.R. n. 633/1972 ( disallineamento strutturale tra aliquote a debito e aliquote a credito, cessioni all’ esportazione in misura rilevante, acquisti di beni a fecondità ripetuta, operazioni non soggette ad imposta), alle quali si aggiunge, quale ipotesi residuale, quella prevista dal comma successivo (« il contribuente anche fuori dai casi previsti nel precedente terzo comma può chiedere il rimborso dell’eccedenza detraib ile, risultante dalla dichiarazione annuale, se dalle dichiarazioni dei due anni precedenti risultano eccedenze detraibili» ), nei limiti della minor eccedenza del triennio ( «in tal caso il rimborso può essere richiesto per un ammontare comunque non superiore al minore degli importi RAGIONE_SOCIALE predette dichiarazioni »).
10. Tale ultima disposizione introdotta dall’art. 4, d.l. 1° marzo 1990, n. 40 – costituisce diretta attuazione del Diritto dell’Unione (già art. 18, par. 4 Dir. 77/388/CEE), che a ll’art. 183, par. 1 Dir. 2006/112/CE, prevede che « qualora, per un periodo d’imposta, l’importo RAGIONE_SOCIALE detrazioni superi quello dell’IVA dovuta, gli Stati membri possono far riportare l’eccedenza al periodo successivo, o procedere al rimborso secondo modalità da essi stabilite ». L’art. 183 cit. disciplina il rimborso IVA in modo autonomo, diversamente dal precedente art. 18, par. 4, Dir. 77/388/CEE, che disciplinava rimborso nell’ambito dell’esercizio del diritto a detrazione . Il rimborso si configura come alternativa al riporto dell’eccedenza e questa alternativa viene demandata (come in passato) ai singoli Stati membri quanto alle relative modalità di esercizio. Dalla formulazione della norma interna di cui all’art. 30, quarto comma, d.P.R. n. 633/1972 (« fuori dai casi previsti nel precedente terzo comma» ), emerge come, in questo caso, la richiesta di rimborso -che costituisce di per sé diritto esercitabile nei casi espressamente previsti dalla legge, alternativo al riporto – deve considerarsi ipotesi residuale; si tratta di norma di chiusura del sistema la quale, avendo ad oggetto un utilizzo dell’eccedenza succedaneo all’esercizio del diritto di detrazione, va intesa in termini restrittivi .
Si conferma, pertanto, la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui « la struttura fisiologica del meccanismo di neutralizzazione dell’eccedenza (…) registra, in primo luogo, il riporto del credito e il suo utilizzo in compensazione e solo in via ulteriore (e a fronte di specifiche condizioni) l’ammissibilità del rimborso, che riguarda, prioritariamente, situazioni caratterizzate da un rilevante squilibrio per il contribuente» (Cass., Sez. V, 18 giugno 2020, n. 11813), tra le quali ipotesi di rimborso rientra a pieno titolo anche la norma di chiusura del l’art. 30, quarto comma, d.P.R. n. 633/1972, diretta attuazione dell’art. 183 Dir. 2006/112/CE. Tale norma legittima solo « in casi eccezionali un più
veloce recupero dell’imposta assolta », nel caso di «reiterata, per un triennio, persistenza di eccedenze d’imposta (regolarmente riportate nelle dichiarazioni)» (Cass., n. 11813/2020, cit.).
12. Nella specie, il requisito richiesto dalla legge ai fini della presentazione della richiesta di rimborso in caso di minore eccedenza detraibile del triennio è l’assolvimento degli obbli ghi dichiarativi in relazione alle dichiarazioni dei tre periodi di imposta in oggetto. Con l’assolvimento degli obblighi dichiarativi viene cristallizzato il riporto del l’eccedenza risultante dal periodo precedente e ciò consente di verificare sia l’esistenza dell’eccedenza di imposta , sia rispetto a quale eccedenza (del triennio) sia maturato il diritto al rimborso in alternativa all’e sercizio del diritto a detrazione. La presentazione della dichiarazione dei tre periodi di imposta e del relativo riporto (a nuovo) costituisce, pertanto, requisito per l’esercizio della domanda di rimborso di cui all’art. 30, quarto comma, d.P.R. n. 633/1972, in assenza del quale la domanda di rimborso non può essere presentata.
Tale interpretazione non appare in contrasto con il Diritto dell’Unione, che pur ponendo sullo stesso piano diritto a detrazione e diritto al rimborso ( ex multis CGUE, 11 giugno 2020, RAGIONE_SOCIALE, C -242/19, punto 53; CGUE, 21 ottobre 2021, RAGIONE_SOCIALE, C-396/20, punto 36) -ritiene che coerente con la disciplina eurounitaria l’assoggettamento della domanda di rimborso a requisiti sia formali, sia sostanziali come in caso di indicazione di un termine di decadenza, che comporta una sorta di sanzione del contribuente non diligente che non lo abbia rispettato (CGUE, 21 ottobre 2021, RAGIONE_SOCIALE, C-80/20, punto 69; CGUE, 25 maggio 2023, RAGIONE_SOCIALE, C-114/22, punto 29); si richiede, tuttavia, che i requisiti imposti dalla norma interna si applichino allo stesso modo ai diritti analoghi in materia fiscale (principio di equivalenza) e, per altro verso, non rendano praticamente impossibile o eccessivamente
difficile l’esercizio del diritto (principio di effettività : CGUE, 10 febbraio 2022, RAGIONE_SOCIALE , C-487/22, punto 25; CGUE, 21 marzo 2018, Volkswagen, C -533/16, EU:C:2018:204, punto 47, CGUE, C-396/20, punto 47; CGUE, 12 maggio 2011, RAGIONE_SOCIALE 3, C-107/10, punto 33).
La questione si sposta, pertanto, sulla valutazione di equivalenza dei requisiti richiesti alla domanda di rimborso in relazione ad altri diritti in materia fiscale e, soprattutto, sulla valutazione di effettività per il contribuente del diritto al rimborso. Effettività che emerge -quanto alla normativa pro tempore -in relazione alla possibilità, per il soggetto passivo che abbia omesso di depositare la dichiarazione IVA del periodo successivo (e, quindi, in assenza dei presupposti di cui all’art. 30, com ma quarto, d.P.R. n. 633/1972), di chiedere il rimborso relativo alla dichiarazione del periodo di imposta precedente ove ricorrano le condizioni di cui al terzo comma dell’art. 30 d.P.R. n. 633/1972, ovvero procedere a termini dell’art. 21, comma 2, d. lgs. n. 546/1992, quale rimborso anomalo, domanda che nel caso di specie -come osservato dall’Avvocatura dello Stato durante la discussione orale – non è stata esperita.
Posta la questione in tali termini, deve ritenersi che la sentenza sia conforme a diritto, ma deve correggersi la motivazione, dovendosi ritenere che il contribuente non avrebbe potuto presentare la domanda di rimborso della minore eccedenza del triennio a termini dell’art. 30, quarto comma, d.P.R. n. 633/1972, non in quanto decaduto dal diritto al rimborso, bensì per assenza del requisito formale della presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei due periodi di imposta successivi, presentate tardivamente e, quindi, omesse.
Il quarto motivo è inammissibile in quanto estraneo alla ratio decidendi della sentenza impugnata, incentrata non sulla sussistenza di carichi pendenti, bensì sulla decadenza dall’istanza di rimborso.
17. Il ricorso va, pertanto, rigettato; le spese processuali del giudizio di legittimità sono integralmente compensate tra le parti per la relativa novità della questione; sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del procedimento; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, in data 12 marzo 2024 e in data 17 aprile 2024