Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9556 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 9556 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25531/2020 R.G. proposto da:
COGNOME RAGIONE_SOCIALE NV, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE GENERALE DELLO RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), che la rappresenta e difende
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. dell’Abruzzo SEZ.DIST. di PESCARA n. 28/2020 depositata il 27/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento del terzo motivo di ricorso.
Udito l’AVV_NOTAIO per la ricorrente, che ha concluso come in atti.
Udita l’RAGIONE_SOCIALE GENERALE DELLO RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’AVV_NOTAIO dello Stato AVV_NOTAIO COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La contribuente, società di diritto belga, esercente l’attività di progettazione e costruzione di impianti idrici, biosolidi e per il trattamento dei rifiuti, nel periodo novembre-dicembre 2016, acquistava dal proprio fornitore turco forni industriali, corrispondendo l’IVA in Dogana per un importo di euro 147.708,59. I prodotti acquistati venivano successivamente inviati ad un terzista per sottoporli a lavorazioni, quindi, nel corso del 2017, erano esportate verso la RAGIONE_SOCIALE, cliente cinese.
L’odierna ricorrente si avvaleva della procedura di rimborso prevista dall’art. 38 -bis2 del d.P.R. n. 633 del 1972, quale soggetto non residente e privo di organizzazione in Italia, ove aveva realizzato unicamente operazioni di importazione nell’anno 2016.
L’istanza di rimborso riferita a detta annualità veniva presentata attraverso il portale elettronico dello Stato belga, quindi contestualmente trasmessa all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Pescara.
L’Ufficio negava il diritto al rimborso in quanto la contribuente aveva posto in essere nel 2017 operazioni rilevanti in Italia.
La CTP di Pescara accoglieva il ricorso della contribuente, escludendo sussistessero cause ostative in relazione alla procedura di rimborso esperita.
La CTR dell’Abruzzo accoglieva, invece, l’appello erariale, sottolineando che ‘il periodo di riferimento’ menzionato dall’art. 38-bis2 del d.P.R. n. 633 del 1972 ha rilievo unicamente in relazione alla verifica del presupposto dell’esistenza di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, non per quello della effettuazione di operazioni diverse da quelle imponibili, quale profilo ostativo all’attivazione della procedura di rimborso.
Il ricorso della contribuente è affidato a tre motivi, poi illustrato con memoria.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241 del 1990 in merito alla ‘ motivazione del provvedimento’ , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la CTR trascurato l’eccepita nullità del provvedimento di diniego del rimborso per deficit di motivazione.
Il motivo è infondato.
Dalla stessa prospettazione di parte ricorrente è dato evincere come l’atto di diniego evidenziasse la ragione ostativa alla fruizione del rimborso, correlandola all’effettuazione di operazioni attive nell’anno successivo a quello di pagamento dell’IVA in Dogana ed escludendo che a tal fine rilevasse il ‘periodo di riferimento’.
Appare evidente che il diniego in parola soddisfa l’obbligo di motivazione, avendo posto il contribuente nella condizione di conoscere esattamente le ragioni alla base della pretesa impositiva,
individuata nel “petitum” e nella “causa petendi”, mediante una fedele e chiara ricostruzione degli elementi costitutivi dell’obbligazione tributaria, anche quanto agli elementi di fatto, in ossequio alla necessaria trasparenza dell’attività della Pubblica Amministrazione e in vista di un immediato controllo della stessa.
Con il secondo motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 -bis l. n. 241 del 1990, relativo alla comunicazione di motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la RAGIONE_SOCIALE tralasciato di considerare l’omessa comunicazione alla società contribuente di un ‘ preavviso di rigetto ‘ dell’istanza di rimborso idoneo a consentirle un’idonea tutela RAGIONE_SOCIALE proprie ragioni.
Il motivo è infondato.
La disciplina per l’esecuzione dei rimborsi a favore dei soggetti stabiliti in altri stati UE, in relazione all’imposta assolta sugli acquisti effettuati nel territorio dello Stato, è contemplata dall’art. 38bis 2 del d.P.R. n. 633 del 1972. Detta norma, nel regolare specificamente il rimborso in parola, tratteggiando anche le cause di esclusione, non prevede l’adempimento invocato del preavviso di rigetto. Detta incombenza interlocutoria non rientra, in definitiva, nel novero RAGIONE_SOCIALE precise e dettagliate modalità operative, tese a connotare la procedura ad hoc delineata ai fini del rimborso in esame. Né, avuto riguardo alla specificità della procedura appositamente coniata dal legislatore, può reclamarsi l’applicabilità di una norma -l’art. 10 -bis della L. n. 241 del 1990 -che si palesa dinanzi ad essa eccentrica.
Con il terzo motivo di ricorso viene contestata la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 -bis 2 d.P.R. n. 633 del 1972, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la CTR mancato di considerare che le operazioni di vendita effettuate nel 2017 da RAGIONE_SOCIALE nei confronti del proprio cliente cinese si sono collocate in un periodo posteriore rispetto al 2016, anno in relazione al quale è
stato richiesto il rimborso. Ad avviso della ricorrente l’aver posto in essere nel 2017 operazioni attive non rileverebbe ai fini dell’ottenimento dell’IVA assolta in Dogana ai sensi dell’art. 38 -bis2 d.P.R. n. 633 del 1972, anche in ragione della previsione normativa contenuta nel secondo comma della disposizione in parola secondo cui ‘il periodo di riferimento’ non può oltrepassare l’anno solare.
Il motivo è fondato.
La ratio sottesa ai cd. “rimborsi transfrontalieri” e alle relative discipline è quella di evitare che il soggetto passivo residente all’interno di uno Stato membro sia onerato in via definitiva dell’imposta assolta in altro Stato membro a fronte di acquisti di beni e servizi ivi effettuati. In altri termini, il soggetto passivo d’imposta comunitario è facoltizzato ad ottenere il rimborso dell’IVA versato in un Paese UE diverso da quello di residenza, così da non esserne irrecuperabilmente gravato.
Il rimborso assolve, pertanto, ad una funzione omologa rispetto alla detrazione, consentendo di conseguire il medesimo risultato che si otterrebbe qualora l’acquisto fosse effettuato dal non residente nello stesso Stato in cui dovesse svolgere in ipotesi la propria attività, in tal guisa garantendosi la neutralità del tributo che, in caso contrario, inciderebbe definitivamente sull’operatore estero.
L’art. 17, nn. 3 e 4, della Direttiva 77/388/CE cd. ‘Sesta Direttiva’ prevede la restituzione dell’IVA o mediante detrazione o mediante rimborso, proprio a seconda del luogo in cui è stabilito il soggetto passivo. L’evocato n. 3, al ricorrere RAGIONE_SOCIALE condizioni stabilite dalle lett. a)c) dell’art. 17, attribuisce, infatti, ad « ogni soggetto passivo » la detrazione « o » il rimborso dell’IVA. Il richiamato n. 4 stabilisce che « il rimborso » dell’IVA viene effettuato per i soggetti passivi che non sono stabiliti all’interno del Paese o per quelli che non sono stabiliti nel territorio della Comunità in osservanza RAGIONE_SOCIALE modalità fissate dalla Direttiva 79/1072/CEE, cd. ‘Ottava
Direttiva’, e dalla Direttiva 86/560/CEE, cd. ‘Tredicesima direttiva’.
Sul piano dell’ordinamento interno, l’art. 38 -bis2 del d.P.R. n. 633 del 1972, di cui si adombra la violazione, è intitolato ‘ Esecuzione dei rimborsi a soggetti non residenti stabiliti in un altro Stato membro della Comunità ‘; esso prevede: ‘ 1. I soggetti stabiliti in altri Stati membri della Comunità, assoggettati all’imposta nello Stato in cui hanno il domicilio o la residenza chiedono il rimborso dell’imposta assolta sulle importazioni di beni e sugli acquisti di beni e servizi, sempre che sia detraibile a norma degli articoli 19, 19-bis1 e 19-bis2, secondo le disposizioni del presente articolo. Il rimborso non può essere richiesto dai soggetti che nel periodo di riferimento disponevano di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato ovvero dai soggetti che hanno ivi effettuato operazioni diverse da quelle per le quali debitore dell’imposta è il committente o cessionario, da quelle non imponibili di trasporto o accessorie ai trasporti e da quelle effettuate ai sensi dell’articolo 74septies ‘.
La disposizione in effetti non si distingue per nitore letterale e sintattico, rimanendo suscettibile di suggerire l’ancoraggio dell’inciso ‘periodo di riferimento’ solo alla prima RAGIONE_SOCIALE due cause ostative contemplate, id est la sussistenza di una stabile organizzazione.
Rimane, tuttavia, evidente che la rammentata norma interna non possa non esser letta alla luce RAGIONE_SOCIALE ben più chiare e incisive regole unionali, contenute nella Direttiva 2008/9/CE del Consiglio del 12 febbraio 2008. Quest’ultima è finalizzata a stabilire norme dettagliate proprio per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro.
L’art. 3 della Direttiva 2008/9/CE limpidamente riferisce la propria sfera applicativa ‘ ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato
membro di rimborso che soddisfano le seguenti condizioni : a) nel periodo di riferimento non avevano nello Stato membro di rimborso né la sede della propria attività economica né una stabile organizzazione dalla quale fossero effettuate operazioni commerciali, né, in mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il domicilio o la residenza abituale; b) nel periodo di riferimento non hanno effettuato cessioni di beni o prestazioni di servizi il cui luogo di effettuazione si possa considerare situato nello Stato membro di rimborso, fatta eccezione per le seguenti operazioni: i) prestazioni di servizi di trasporto e di servizi ad essi accessori, esenti a norma degli articoli 144, 146, 148, 149, 151, 153, 159 o 160 della direttiva 2006/112/CE; ii) cessioni di beni e prestazioni di servizi al debitore dell’IVA ai sensi degli articoli da 194 a 197 e dell’articolo 199 della direttiva 2006/112/CE ‘.
Il ‘periodo di riferimento’ perimetrato dalla norma unionale abbraccia, pertanto, inequivocabilmente, entrambe le potenziali cause ostative al rimborso, ossia, da un lato, la stabilità variamente strutturata dell’organizzazione; dall’altro lato, la mancata effettuazione nel medesimo segmento temporale -non in uno diverso o in un altro qualsiasi -di cessioni e/o prestazioni.
La Direttiva traccia, in sostanza, un profilo di piena identità del ‘periodo di riferimento’, che è indefettibilmente collegato ad entrambe le cause ostative, rappresentate, per un verso, dall’assenza di stabilimento, per altro verso, dall’assenza nel medesimo lasso temporale di operazioni attive.
I confini temporali del periodo di riferimento sono, a loro volta, perspicuamente evincibili dall’art. 16 della Direttiva 2008/9/CE, a tenore del quale ‘ Il periodo di riferimento non può essere superiore a un anno civile o inferiore a tre mesi civili ‘, ancorché le richieste di rimborso possano riguardare un periodo inferiore a tre mesi qualora questo rappresenti la parte residua (pur sempre) di un ‘ anno civile ‘.
Il periodo di riferimento combacia in buona sostanza con quello ricompreso fra il 1° gennaio e il 31 dicembre del medesimo anno, ossia con l’anno solare.
L’intera disciplina del rimborso risulta, d’altronde incentrata sull” anno civile ‘, invero richiamato più volte nel corpo della Direttiva evocata. L’art. 13, in particolare, prevede: ‘i. Se successivamente alla presentazione della richiesta di rimborso il prorata detraibile dichiarato è adattato a norma dell’articolo 175 della direttiva 2006/112/CE, il richiedente effettua una correzione dell’importo richiesto o già rimborsato . ii. La correzione è effettuata in una richiesta di rimborso durante l’anno civile successivo al periodo di riferimento in questione o, se il richiedente non presenta richieste di rimborso in tale anno civile, trasmettendo una dichiarazione separata attraverso il portale elettronico predisposto dallo Stato membro di stabilimento .’ peraltro in correlazione proprio al ‘ periodo di riferimento ‘. Con ogni evidenza l” anno civile ‘ viene accostato al ‘periodo di riferimento’ finendo per coincidere concettualmente con esso, che non a caso è letteralmente indicato come ‘ tale anno civile ‘ nel secondo comma della norma, in relazione all’ipotesi in cui il richiedente non abbia presentato domande di rimborso.
Anche l’art. 14, nel descrivere l’ambito RAGIONE_SOCIALE operazioni oggetto di rimborso, rimanda testualmente all” anno civile ‘.
Sempre a questo conchiuso segmento temporale richiama il successivo art. 15, che fissa il termine ultimo per l’istanza di rimborso nella data del 30 settembre dell” anno civile successivo al periodo di riferimento ‘, rimarcando significativamente la coincidenza del periodo di riferimento con l’anno solare.
Infine, l’art. 17 si incarica di fissare RAGIONE_SOCIALE soglie monetarie per le ipotesi in cui le richieste di rimborso riguardino frazioni non inferiori ad una frazione trimestrale ancora una volta necessariamente agganciata, non all’anno di imposta, bensì all” anno civile ‘.
L’effettiva realizzazione di operazioni imponibili nel medesimo ‘ anno civile ‘ cui viene agganciata la richiesta di rimborso all’interno dello Stato membro integra, quindi, la causa d’esclusione del diritto al rimborso stesso ex art. 38bis 2 cit.
Nell’impianto eurounitario, al cui lume va interpretata la disciplina interna, in definitiva, l’esistenza di operazioni concretamente effettuate nello Stato membro costituisce elemento ostativo determinante ai fini del rimborso solo qualora le stesse si collochino nel recinto dell’anno solare cui è correlata l’istanza di rimborso.
È la presenza di operazioni imponibili all’interno della cornice dell’anno solare al quale è riferita l’istanza di rimborso ad escludere detta modalità.
In ultima analisi, l’esclusione dal perimetro del rimborso è data, in ogni caso, dall’accertamento della realizzazione effettiva di operazioni imponibili nello Stato di presentazione della domanda di rimborso nell” anno civile’ al quale quest’ultima rimanda, se del caso per il tramite della stabile organizzazione di cui ivi si dispone.
Il diritto al rimborso dell’IVA presuppone, in definitiva, anche il dato concreto dell’assenza di operazioni imponibili attive nello Stato membro in cui viene preteso il rimborso nel medesimo anno solare, a prescindere dalla circostanza della titolarità o meno in capo al soggetto passivo richiedente di un centro di attività stabile o di una stabile organizzazione in tale Stato.
Va affermato, dunque, il seguente principio di diritto:
‘ In tema di rimborsi IVA transfrontalieri, l’art. 38 -bis.2 d.P.R. n. 633 del 1972, che disciplina l’esecuzione di quello in favore dei soggetti non residenti stabiliti in un altro Stato membro, va letto alla luce dell’art. 3 della Direttiva 2008/9/CE del Consiglio del 12 febbraio 2008, sicché rilevano quali cause ostative al rimborso in parola, sia la stabilità dell’organizzazione all’interno dello Stato nel periodo di riferimento, sia l’effettuazione di operazioni attive imponibili necessariamente nel medesimo periodo, coincidente, non
con l’anno di imposta, bensì con l’anno civile, ossia con l’anno solare ‘.
Il terzo motivo di ricorso va, in ultima analisi, accolto, rigettate le prime due censure. La sentenza d’appello va cassata. Non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente.
Sussistono giustificati motivi per la compensazione integrale RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due motivi. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente avverso il provvedimento di diniego della richiesta di rimborso. Compensa le spese del giudizio. Così deciso in Roma il 19 gennaio 2024.