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Rimborso IVA transfrontaliero: il periodo di riferimento

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9556/2024, ha stabilito un principio cruciale in materia di rimborso IVA transfrontaliero. Il caso riguardava una società belga che si era vista negare un rimborso IVA per l’anno 2016 a causa di operazioni imponibili effettuate in Italia nel 2017. La Corte ha accolto il ricorso della società, chiarendo che le cause ostative al rimborso, come l’effettuazione di operazioni attive, devono essere verificate esclusivamente all’interno del ‘periodo di riferimento’, che coincide con l’anno solare della richiesta e non può estendersi agli anni successivi. La decisione si fonda sull’interpretazione della normativa nazionale alla luce della Direttiva UE 2008/9/CE, riaffermando il principio di neutralità dell’IVA per gli operatori non residenti.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rimborso IVA Transfrontaliero: la Cassazione Delimita il ‘Periodo di Riferimento’

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 9556 del 9 aprile 2024, ha fornito un chiarimento fondamentale per le imprese non residenti che operano in Italia, definendo con precisione i confini temporali per la richiesta di rimborso IVA transfrontaliero. Questa decisione è di vitale importanza perché stabilisce che le operazioni imponibili effettuate in un anno successivo a quello della richiesta non possono precludere il diritto al rimborso, garantendo così maggiore certezza giuridica agli operatori economici internazionali.

I fatti del caso

Una società di diritto belga, attiva nella progettazione e costruzione di impianti, aveva acquistato nel 2016 dei forni industriali da un fornitore turco, pagando la relativa IVA in dogana in Italia. Successivamente, dopo aver sottoposto i beni a lavorazione presso un terzista italiano, li aveva esportati nel 2017 a un cliente cinese. La società belga, non avendo una stabile organizzazione in Italia e avendo effettuato nel 2016 solo operazioni di importazione, ha richiesto il rimborso dell’IVA assolta, avvalendosi della procedura prevista dall’art. 38-bis2 del d.P.R. n. 633/1972.

L’Agenzia delle Entrate negava il rimborso, sostenendo che le vendite effettuate nel 2017 costituissero un’operazione attiva rilevante in Italia, ostativa alla concessione del beneficio. Se in primo grado i giudici avevano dato ragione alla società, la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, accogliendo la tesi dell’Amministrazione finanziaria.

La decisione della Corte sul rimborso IVA transfrontaliero

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, cassando la sentenza d’appello e affermando un principio di diritto decisivo. I giudici hanno chiarito che, per negare un rimborso IVA a un soggetto non residente, è necessario verificare due condizioni ostative: la presenza di una stabile organizzazione in Italia e l’effettuazione di operazioni imponibili diverse da quelle consentite.

Il punto cruciale della sentenza è che entrambe queste verifiche devono essere condotte con esclusivo riguardo al “periodo di riferimento” per cui si chiede il rimborso. Tale periodo, per legge, non può superare l’anno solare.

L’interpretazione alla luce della normativa europea

La Corte ha basato la sua decisione su un’interpretazione della norma nazionale (art. 38-bis2) in armonia con la Direttiva europea 2008/9/CE. La normativa unionale, che disciplina in modo dettagliato i rimborsi IVA, lega inequivocabilmente entrambe le cause ostative (stabile organizzazione e operazioni attive) allo stesso segmento temporale, ovvero il “periodo di riferimento”.

Di conseguenza, un’operazione di vendita effettuata nel 2017 non può avere alcun impatto su una richiesta di rimborso relativa a IVA assolta nel 2016. Le due annualità sono distinte e non possono essere confuse ai fini della valutazione dei requisiti.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio della neutralità dell’IVA. La ratio della disciplina dei rimborsi transfrontalieri è proprio quella di evitare che un soggetto passivo, residente in un altro Stato membro, rimanga inciso in via definitiva dall’imposta assolta in un Paese dove non svolge la propria attività principale. Negare il rimborso per fatti accaduti in un periodo successivo snaturerebbe questa finalità.

I giudici hanno sottolineato come la Direttiva UE tracci un profilo di piena identità del “periodo di riferimento”, collegandolo in modo indefettibile sia all’assenza di stabilimento sia all’assenza di operazioni attive nel medesimo lasso temporale. La normativa europea, proseguono i giudici, è interamente incentrata sul concetto di “anno civile”, che coincide con l’anno solare. Pertanto, l’esistenza di operazioni concretamente effettuate nello Stato membro costituisce elemento ostativo al rimborso solo qualora le stesse si collochino nel recinto dell’anno solare cui è correlata l’istanza di rimborso.

Conclusioni

Questa sentenza rappresenta una vittoria per la certezza del diritto e per le imprese estere che investono e operano in Italia. Le conclusioni pratiche sono chiare:

1. Delimitazione Temporale: Ai fini della richiesta di rimborso IVA, l’Amministrazione finanziaria deve limitare la propria analisi al solo anno solare a cui si riferisce l’istanza.
2. Irrilevanza degli Atti Successivi: Le operazioni commerciali compiute negli anni successivi a quello di riferimento non possono essere utilizzate come motivo per negare un rimborso legittimamente richiesto.
3. Primato del Diritto UE: La normativa interna deve essere interpretata conformemente ai principi stabiliti dalle direttive europee, che mirano a garantire un mercato unico efficiente e fiscalmente neutro.

In definitiva, la Corte di Cassazione ha riaffermato che il diritto al rimborso IVA per i non residenti è subordinato a condizioni che devono sussistere e essere verificate all’interno di un preciso e non estendibile perimetro temporale: l’anno solare di riferimento.

Un’operazione imponibile effettuata nell’anno successivo a quello per cui si chiede il rimborso IVA può precludere il diritto al beneficio?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che le cause ostative al rimborso, come l’effettuazione di operazioni attive, devono essere valutate esclusivamente con riferimento al medesimo ‘periodo di riferimento’ della richiesta, che coincide con l’anno solare. Fatti avvenuti nell’anno successivo sono irrilevanti.

Qual è il ‘periodo di riferimento’ da considerare per la verifica dei requisiti del rimborso IVA transfrontaliero?
Il periodo di riferimento coincide con l’anno civile, ovvero l’anno solare (dal 1° gennaio al 31 dicembre). È all’interno di questo specifico arco temporale che devono essere verificate sia l’assenza di una stabile organizzazione sia l’assenza di operazioni imponibili ostative.

L’Amministrazione finanziaria è obbligata a inviare una comunicazione di preavviso di rigetto prima di negare un’istanza di rimborso IVA transfrontaliero?
No. Secondo la Corte, la specifica disciplina prevista per l’esecuzione di questi rimborsi (art. 38-bis2 d.P.R. n. 633/1972) è una procedura ‘ad hoc’ che non contempla l’obbligo di inviare il preavviso di rigetto previsto in via generale dalla legge sul procedimento amministrativo (art. 10-bis L. 241/1990).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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