Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9400 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9400 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21310/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 2905/2022 depositata il 31/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propose ricorso per cassazione della sentenza della CTR della Campania, sezione staccata di Salerno, n. 47/12/13, depositata il 13/02/2013, che ha accolto l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Avellino (n. 360/04/11), di accoglimento del ricorso della contribuente contro l’avviso di accertamento, fondato su metodo sintetico mediante il c.d. ‘redditometro’, che rettificava ai
fini Irpef, per il 2005, il reddito dichiarato, sulla base degli incrementi patrimoniali e del possesso di beni indice.
Con ordinanza n. 2905/2022 depositata il 31/01/2022, la Corte rigettò il ricorso.
Contro tale ordinanza ha proposto ricorso per revocazione la contribuente, sorretto da due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, rubricato «Revocazione della sentenza ai sensi dell’art, 391bis cpc 395 comma 4 per errore materiale nella valutazione di un elemento fondamentale giuridicamente valido e provato nel giudizio, circa l’improcedibilità del quarto e quinto motivo di ricorso per cassazione, errata applicazione dell’art. 360 comma 5 cpc», la ricorrente lamenta che, nella fattispecie in esame, la Corte avrebbe erroneamente dichiarato l’inammissibilità del quarto e del quinto motivo di ricorso «senza entrare nell’analisi nomofilattica del quesito, risolto il quale avrebbe senz’altro cassato la sentenza della commissione tributaria regionale e rinviato ad essa il giudizio per l’applicazione del principio dell’avvenuta prova dell’effettivo valore del reddito prodotto dalla ricorrente negli anni di riferimento, come dimostrato in atti dalle prove evidenziate».
Con il secondo motivo di ricorso, rubricato «Revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 391bis cpc 395 comma 4 per errore materiale nella valutazione di un elemento fondamentale giuridicamente valido e provato nel giudizio, circa la sussistenza degli elementi di fatto e di diritto idonei a verificare l’infondatezza della pretesa erariale, errata applicazione dell’art. 360, comma 5) cpc», la ricorrente deduce che « la Suprema Corte avrebbe dovuto verificare l’esaustività RAGIONE_SOCIALE prove a sostegno RAGIONE_SOCIALE ragioni di parte ricorrente, incorrendo in un errore di fatto facilmente valutabile alla
stregua degli elementi portati in valutazione del supremo consesso.»
L’art. 391bis cod. proc. civ. stabilisce che «Se la sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione è affetta da errore di fatto ai sensi dell’articolo 395, numero 4), la parte interessata può chiederne la revocazione». Quest’ultima disposizione prescrive che «Le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado possono essere impugnate per revocazione se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa» e precisa che «Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare».
3.1. La giurisprudenza di legittimità ha perimetrato l’errore di fatto tracciandone, in primo luogo, il confine rispetto alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto sostanziali o processuali, laddove l’errore di fatto riguarda solo l’erronea presupposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di fatti considerati nella loro dimensione storica di spazio e di tempo, non potendosi far rientrare nella previsione il vizio che, nascendo ad esempio da una falsa percezione di norme che contempli la rilevanza giuridica di questi stessi fatti, integri gli estremi dell’ error iuris , sia che attenga ad obliterazione RAGIONE_SOCIALE norme medesime, riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione, sia che si concreti nella distorsione della loro effettiva portata, riconducibile all’ipotesi della violazione.
Resta, quindi, esclusa dall’area del vizio revocatorio la sindacabilità di errori formatisi sulla base di una pretesa errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico, perché siffatto tipo di errore, se fondato,
costituirebbe un errore di giudizio, e non un errore di fatto (Cass., Sez. U., 27/12/2017, n. 30994; Cass., Sez. U., 11/04/2018, n. 8984; Cass. 14/04/2017, n. 9673, § 4-5).
In sintesi, la combinazione dell’art. 391-bis e dell’art. 395 n. 4 non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto sostanziale o processuale e l’errore di giudizio o di valutazione.
3.2. L’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., poi, deve consistere, al pari dell’errore revocatorio imputabile al giudice di merito, nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece, in modo indiscutibile, esclusa o accertata in base al tenore degli atti o dei documenti di causa; deve essere decisivo, nel senso che deve esistere un necessario nesso di causalità tra l’erronea supposizione e la decisione resa; deve presentare i caratteri della evidenza ed obiettività; infine, non deve cadere su un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata (Cass. 28/02/2007, n. 4640; Cass. 20/02/2006, n. 3652; Cass. 11/04/2001, n. 5369).
In particolare, il punto si può dire controverso quando sia, appunto, oggetto di controversia, ossia incerto e per questo dibattuto. È la contestazione di un fatto a renderlo incerto e a farlo divenire giustiziabile; il che comporta l’assoggettamento di esso al dibattito del processo. Per sciogliere l’incertezza che deriva dalla contestazione proposta da una RAGIONE_SOCIALE parti, il giudice deve quindi valutare la contestazione stessa stabilendo se essa sia fondata, o no. Perciò se vi è valutazione del contrasto tra le parti, non può esservi alcuna svista percettiva.
3.3. Con particolare riferimento alla deduzione di un errore nella lettura degli atti interni al giudizio di cassazione, Cass., Sez. U., 27/11/2019, n. 31032 ha precisato che l’impugnazione per revocazione RAGIONE_SOCIALE sentenze della Corte di cassazione è ammessa nell’ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al
giudizio di legittimità, errore che presuppone l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa; pertanto, è esperibile, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la revocazione per l’errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità che non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso, ma deve escludersi il vizio revocatorio tutte le volte in cui la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile), bensì un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio, in cui la revocazione non è ammissibile essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. 29/03/2022, n. 10040).
3.4. Occorre ancora evidenziare che, con riguardo al sistema RAGIONE_SOCIALE impugnazioni, la Costituzione non impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della ricorribilità per cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, e che non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendone gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione (Cass. 16/09/2011, n. 18897).
3.5. Inoltre, quanto all’effettività della tutela giudiziaria, anche la Corte di giustizia dell’UE riconosce la necessità che le decisioni giurisdizionali, divenute definitive dopo l’esaurimento RAGIONE_SOCIALE vie di ricorso disponibili (o dopo la scadenza dei termini previsti per
questi ricorsi), non possano più essere rimesse in discussione e ciò al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, sia l’ordinata amministrazione della giustizia (Cass., Sez. U., 28/05/2013, n. 13181; cfr. Corte giust., 03/09/2009, in causa C2/08, RAGIONE_SOCIALE; Corte giust., 30/09/2003, in causa C-224/01, COGNOME; Corte giust., 16/03/2006, in causa C-234/04, Kapferer).
3.6. Gli approdi nomofilattici sopra ricostruiti trovano riscontro univoco nella giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. n. 17 del 1986; Corte Cost. n. 36 del 1991; Corte Cost. n. 207 del 2009), laddove essa segue il percorso evolutivo del contenimento del rimedio revocatorio per le decisioni di legittimità ai soli casi di «sviste» o di «puri equivoci» e nega rilievo a pretesi errori di valutazione, così recependo il ristretto ambito dell’errore di fatto previsto dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ.
3.7. Dunque l’interpretazione non solo letterale e sistematica, ma pure quella costituzionalmente e convenzionalmente orientata, degli artt. 391-bis e 395 n. 4 portano a non ammettere la revocazione RAGIONE_SOCIALE decisioni di legittimità della Corte di cassazione per pretesi errori giuridici (sostanziali o processuali) oppure circostanziali, diversi dalla mera svista su fatti non resi oggetto di controversia, rispondendo la «non ulteriore impugnabilità in generale» all’esigenza, tutelata come primaria dalle stesse norme della Carta fondamentale della CEDU, di conseguire l’immutabilità e definitività della pronuncia all’esito di un sistema variamente strutturato (Cass. 29/04/2016, n. 8472).
3.8. Il carattere d’impugnazione eccezionale della revocazione, prevista per i soli motivi tassativamente indicati dalla legge, comporta l’inammissibilità di ogni censura non compresa nel novero di quelle indicate (Cass. 07/05/2014, n. 9865).
Alla luce di tali principi, i motivi sono inammissibili.
4.1. La statuizione della Corte è censurata perché avrebbe erroneamente interpretato il dettato dell’art. 360, comma 1, n, 5
cod. proc. civ., nella formulazione novellata dal comma 1, lett. b), dell’art. 54, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella legge 7 agosto 2012, n. 134, in particolare laddove ha ritenuto denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
4.2. Afferma la ricorrente, con ridondanti argomentazioni, che le asserite lacune dello sviluppo argomentativo della sentenza di appello, laddove non più censurabili per omesso esame ex art. 360, comma 1, n. 5, dovrebbero essere denunciabili sotto il profilo del vizio di violazione di legge e che, di conseguenza, da un lato questa Corte avrebbe dovuto verificare la motivazione della sentenza di appello sotto il profilo della sua sufficienza, dall’altro avrebbe dovuto riconsiderare le valutazioni espresse dalla CTR in ordine al materiale probatorio esaminato.
4.3. Si censurano, con tutta evidenza, operazioni di natura ermeneutica che implicano una tipica attività giuridico-valutativa, nondimeno fondata sui principi affermato dalle Sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053), e non di un errore di fatto previsto dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile, non essendovi da provvedere in merito alle spese di lite alla luce del mancato svolgimento di attività difensiva dell’intimata.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 07/03/2024.