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Onere della prova TARSU: chi prova il mancato servizio?

Una società ha impugnato un avviso di pagamento per la tassa sui rifiuti (TARSU), sostenendo il mancato svolgimento del servizio di raccolta da parte del Comune. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo un principio chiave: l’onere della prova TARSU, ossia la dimostrazione del disservizio per ottenere un’esenzione o riduzione, spetta sempre al contribuente e non all’ente impositore. La Corte ha inoltre confermato la validità della notifica dell’atto tramite operatore postale privato.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

TARSU e mancato servizio: sul contribuente l’onere della prova

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale in materia di tributi locali, chiarendo definitivamente a chi spetti l’onere della prova TARSU in caso di contestazione del servizio di raccolta rifiuti. La pronuncia stabilisce che è il contribuente, e non il Comune, a dover dimostrare la mancata o inefficiente erogazione del servizio per poter beneficiare di esenzioni o riduzioni della tassa. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa: la controversia sulla TARSU

Una società commerciale si opponeva a un avviso di pagamento relativo alla TARSU per l’anno 2012, emesso da un Comune campano. La contribuente sosteneva, tra le varie ragioni, che il servizio di raccolta dei rifiuti non fosse stato regolarmente svolto nelle aree circostanti i propri locali, chiedendo quindi l’annullamento della pretesa tributaria.

Il contenzioso ha attraversato diversi gradi di giudizio. Inizialmente, i giudici di merito avevano parzialmente accolto le ragioni della società, escludendo dal pagamento alcuni immobili per i quali era stata provata la mancata detenzione. Tuttavia, per gli altri immobili, la richiesta di esenzione era stata respinta, poiché la società non aveva fornito prove sufficienti a dimostrare il sistematico disservizio del Comune. La questione è così giunta all’attenzione della Corte di Cassazione.

L’onere della prova TARSU e la decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando la decisione dei giudici di merito e consolidando alcuni principi fondamentali.

La validità della notifica tramite posta privata

Un primo motivo di ricorso riguardava la presunta nullità della notifica dell’avviso di pagamento, avvenuta tramite un operatore postale privato. La Corte ha respinto questa doglianza, ricordando che, secondo un orientamento ormai consolidato delle Sezioni Unite, la notifica di atti amministrativi e tributari effettuata da operatori privati è pienamente valida e legittima, sanando eventuali vizi procedurali con la stessa impugnazione dell’atto da parte del destinatario.

Il principio sull’onere della prova del mancato servizio

Il punto centrale della decisione riguarda l’onere della prova TARSU. La società lamentava che il Comune non avesse dimostrato di aver effettivamente svolto il servizio di raccolta. La Cassazione ha ribaltato questa prospettiva, affermando che la tassa sui rifiuti si fonda su un presupposto legale: l’occupazione o la detenzione di immobili nel territorio comunale, che sono potenzialmente produttivi di rifiuti. Questa è la regola generale.

L’esenzione o la riduzione della tassa per mancata erogazione del servizio costituisce un’eccezione a tale regola. In base al principio generale sancito dall’art. 2697 del codice civile, chi invoca un’eccezione ha l’obbligo di provarne i presupposti. Di conseguenza, grava sul contribuente l’onere di dimostrare che il servizio di raccolta non è stato istituito o non è stato svolto in modo continuativo nella sua specifica zona. Non è sufficiente una generica contestazione, ma è necessario fornire prove concrete del disservizio, come documentazione fotografica, testimonianze o altri elementi oggettivi.

le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione basandosi sulla natura presuntiva del tributo. La legge presume che chi detiene un immobile produca rifiuti e che il Comune fornisca il relativo servizio di raccolta. Questa presunzione può essere superata, ma solo attraverso una prova contraria fornita dal contribuente. Affermare il contrario significherebbe imporre all’amministrazione comunale una prova estremamente difficile, se non impossibile (la cosiddetta probatio diabolica), ossia dimostrare un fatto positivo (lo svolgimento del servizio) in ogni singola via e in ogni momento.

La decisione è coerente con la logica del sistema tributario, dove il pagamento del tributo è la regola e l’esenzione è l’eccezione. Pertanto, chi intende beneficiare dell’eccezione deve fornire la prova dei fatti che la giustificano. In questo caso, il contribuente non è riuscito a fornire prove adeguate a superare la presunzione di legge, limitandosi a contestare l’operato del Comune senza supportare le proprie affermazioni con elementi concreti.

le conclusioni

Questa ordinanza della Corte di Cassazione rafforza un principio di grande importanza pratica per cittadini e imprese. Chiunque intenda contestare una tassa sui rifiuti (TARSU, TARI, etc.) a causa di un disservizio deve essere consapevole che l’onere di dimostrare tale disservizio ricade interamente su di lui. È fondamentale raccogliere prove concrete e specifiche (foto, video, segnalazioni formali, testimonianze) che attestino la mancata o gravemente carente erogazione del servizio nella zona di interesse. Una semplice affermazione o una generica lamentela non saranno sufficienti a ottenere l’annullamento della pretesa tributaria in un eventuale contenzioso.

A chi spetta dimostrare che il servizio di raccolta rifiuti non funziona in una certa zona per non pagare la TARSU?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere di provare la mancata istituzione o il mancato svolgimento del servizio di raccolta rifiuti grava sul contribuente che intende beneficiare dell’esenzione o della riduzione della tassa, e non sul Comune.

La notifica di un avviso di pagamento fiscale tramite un servizio postale privato è valida?
Sì, la Corte ha confermato che la notifica di atti amministrativi e tributari, eseguita da un operatore di posta privata, è valida. Eventuali vizi formali della notifica sono comunque sanati nel momento in cui il contribuente impugna l’atto, dimostrando di averne avuto piena conoscenza.

Se un ricorso contro un avviso di pagamento viene parzialmente accolto, le spese legali possono essere compensate?
Sì. La Corte ha chiarito che in caso di accoglimento parziale della domanda (ad esempio, se l’imposta viene annullata solo per alcuni degli immobili oggetto del contenzioso), il giudice può legittimamente decidere di compensare, in tutto o in parte, le spese di giudizio tra le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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