Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11209 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11209 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
TARSU RIFIUTI SPECIALI
sul ricorso iscritto al n. 2414/2019 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in Napoli, al INDIRIZZO, in persona del socio accomandatario, NOME COGNOME, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliati in Roma, al INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
– RICORRENTE –
CONTRO
il RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede alla INDIRIZZO, in persona del Sindaco pro tempore.
– INTIMATO –
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Presidente pro tempore .
– INTIMATA – per la cassazione della sentenza n. 7098/26/2018 della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata il 25 luglio 2018, non notificata;
UDITA la relazione svolta nell’adunanza camerale del 19 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
oggetto di controversia è la pretesa di cui all’avviso di pagamento e del precedente avviso bonario con cui RAGIONE_SOCIALE -quale capogruppo del relativo Raggruppamento Temporaneo di Imprese -aveva richiesto alla contribuente, nell’interesse del Comune di Casoria, il versamento della Tarsu relativamente all’anno di imposta 2012 nella misura di 5.827,00 €;
la Commissione tributaria provinciale di Napoli, con una prima sentenza n.10100/25/2015 del 24 aprile 2015, accoglieva il ricorso della società, annullando l’avviso opposto perché notificato tramite servizio postale privato, ma tale sentenza veniva annullata dalla Commissione tributaria regionale con la pronuncia n. 3918/52/2016 del 2 maggio 2016, in ragione della mancata notifica del ricorso ad RAGIONE_SOCIALE, così rimettendo la causa al primo Giudice;
la Commissione tributaria provinciale di Napoli, quindi, rinnovava il giudizio e, con la pronuncia n. 8370/10/2017, dichiarava inammissibile il ricorso proposto contro RAGIONE_SOCIALE, ritenendo che unico legittimato a contraddire fosse il Comune e rigettando, comunque, l’impugnazione proposta dalla contribuente, considerando che:
-non vi fossero dubbi circa l’istituzione del servizio di raccolta da parte del Comune nei luoghi di causa;
-la contribuente aveva « omesso una dettagliata, specifica e preventiva denuncia avente ad oggetto da una parte, la tipologia dei rifiuti prodotti e dall’altra, la porzione RAGIONE_SOCIALE aree di godimento destinate alla produzione di tale tipologia di rifiuti e la loro percentuale rispetto al totale dei rifiuti prodotti » (così a pagina n. 3 della sentenza impugnata);
-« anche a voler superare il dato formale della mancanza di denuncia preventiva al Comune, la domanda non potrebbe trovare accoglimento. La documentazione prodotta dalla parte ricorrente, infatti, non consente in alcun modo di affermare il diritto all’esenzione del pagamento della TARSU » (così a pagina n. 3 della sentenza impugnata), non essendo stato dimostrato lo smaltimento in proprio dei rifiuti prodotti da parte della società;
con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale della Campania accoglieva parzialmente l’appello proposto dalla contribuente, osservando preliminarmente che la società con il ricorso originario non aveva mai posto la questione della nullità della notifica dell’avviso impugnato perché effettuato tramite posta privata, sicché ogni contestazione sollevata sul punto restava preclusa dalla novità della domanda, negando, per altra via, la sussistenza di un giudicato nei confronti del Comune di Casoria per effetto della pronuncia n. 10100/25/2015 della Commissione tributaria provinciale di Napoli, in quanto detta sentenza era stata annullata dal Giudice regionale;
4.1. nel merito la Commissione regionale accoglieva parzialmente l’impugnazione proposta dalla società, ritenendo che questa non avesse il possesso o la detenzione di immobili ubicati in INDIRIZZO, reputando, invece, dovuta l’imposta in relazione agli altri beni, in quanto non era stato dimostrato lo smaltimento dei rifiuti, considerando insufficiente la documentazione prodotta (planimetria, contratto di appalto, formulario della ditta appaltatrice per il recupero di batterie esauste), mancando una concreta prova circa l’effettivo svolgimento del servizio affidato per l’anno in questione,
non essendo stata, in particolare, documentata la compilazione del registro di carico e scarico dei rifiuti speciali, dei formulari di identificazione dei rifiuti, né prodotte le fatture ed i bonifici di pagamento relativi all’anno di imposta in questione;
RAGIONE_SOCIALE NOME proponeva ricorso per cassazione avverso detta pronuncia con ricorso notificato tramite posta elettronica certificata il 16 gennaio 2019, formulando quattro motivi di impugnazione, successivamente depositando, in data 7 dicembre 2023, memoria ex art. 380bis 1. cod. proc. civ.;
il Comune di Casoria e l’RAGIONE_SOCIALE sono restati intimati;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 157 cod. proc. civ., assumendo che la questione della notifica dell’avviso impugnato eseguita tramite il servizio postale privato costituiva una nullità assoluta rilevabile di ufficio e, quindi, indipendentemente dall’eccezione di parte, per cui erroneamente la Commissione non l’aveva esaminata, reputando la relativa eccezione non proposta;
con la seconda doglianza la contribuente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3 cod. proc. civ., «la violazione dell’art. 2697 cod. civ. sull’onere di espletamento del servizio di pulizia da parte del Comune RAGIONE_SOCIALE Casoria » (v. pagina n. 10 del ricorso), rappresentando di aver chiesto di provare, anche tramite testi, che il Comune RAGIONE_SOCIALE Casoria non aveva svolto, ne aveva documentato di aver svolto regolarmente il servizio di raccolta dei rifiuti nell’area metropolitana circostante gli uffici della società, duolendosi del fatto che «la sentenza impugnata nulla dice in maniera esplicita sul regolare svolgimento del servizio di pulizia » (v. pagina n. 11 del ricorso);
con la terza censura la società ha denunciato, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3 cod. proc. civ., «la violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. in relazione al giudicato della sentenza n. 10100/15 della Commissione tributaria provinciale formatasi nei confronti del Comune di Casoria » (così a pagina n. 11 del ricorso) , ponendo in evidenza che detta pronuncia fu impugnata solo da RAGIONE_SOCIALE, ma non anche dal Comune di Casoria, pur costituito in giudizio e nei confronti del quale, quindi, detta sentenza doveva considerarsi passata in giudicato, sostenendo sul punto che «la declaratoria di nullità della sentenza per non aver correttamente citato in giudizio una parte, non annulla completamente la vicenda di primo grado, ma semmai rimuove gli effetti del procedimento tra le parti interessate» (v. pagina n. 12 del ricorso) e quindi, nel caso che occupa, solo tra RAGIONE_SOCIALE e la contribuente;
con il quarto motivo di impugnazione, l’istante ha contestato, in relazione al paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., assumendo che «l’accoglimento parziale del ricorso doveva comportare una diversa regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese, quanto meno di condanna parziale dell’Ente impositore » (v. pagina n. 13 del ricorso);
il ricorso va rigettato per le seguenti ragioni;
risultato infondato il primo motivo di ricorso;
6.1. le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito, in relazione agli giudiziari, che anche «In tema di notificazione di atti processuali è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva (ndr. direttiva 2008/6/Ce del Parlamento europeo del 20 febbraio 2008) e il regime introdotto dalla legge n. 124 del 2017» (cfr. Cass. Sez. U., 10 gennaio 2020, n. 299), il che significa che -a tacer d’altro – nessuna ipotesi di nullità poteva essere
rilevata di ufficio dal giudice, una volta che il teorico vizio era stato sanato dall’impugnazione della contribuente;
6.2. le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 8416 del 26 marzo 2019 hanno, inoltre, chiarito che le notifiche degli atti amministrativi effettuate tramite raccomandata dalle agenzie private sono del tutto legittime a partire dal 30 aprile 2011, avendo il d.lgs. n. 58/2011 riservato a Poste RAGIONE_SOCIALE solo la notifica degli atti giudiziari e RAGIONE_SOCIALE violazioni del codice della strada, così ribadendo che « quando abbia ad oggetto atti amministrativi e tributari» (così, tra le tante, Cass., Sez. T., 7 aprile 2022, n. 29343 e nello stesso Cass., Sez. V, 7 luglio 2021, n. 19369; Cass. Sez., V, 12 novembre 2020, n. 25521);
6.3. alla luce dei suindicati principi, dunque, la notifica degli avvisi impugnati tramite posta privata non solo non integrava alcuna ipotesi di nullità, meno che mai rilevabile di ufficio, ma la loro impugnazione ha posto nel nulla ed in termini assorbenti ogni questione, appena aggiungendo sul punto che non possono trovare ingresso gli asseriti vizi della notifica degli atti impugnati inammissibilmente dedotti nella memoria ex art. 380bis .1. cod. proc. civ.;
il secondo motivo di ricorso, basato sulla dedotta mancata dimostrazione da parte del Comune del contestato servizio di raccolta dei rifiuti « nell’area metropolitana circostante gli uffici della RAGIONE_SOCIALE (v. pagina n. 11 del ricorso) risulta inammissibile, oltre che infondato;
7.1. sotto il primo profilo, va infatti osservato che la questione dell’effettuazione del servizio di raccolta nella suddetta zona
espressamente riconosciuta dal primo Giudice (secondo cui, come riportato nella sentenza impugnata, non vi erano « dubbi circa la istituzione del servizio di raccolta nei luoghi di causa») aveva costituito specifico motivo di appello avverso la statuizione del primo Giudice, come riportato nel ricorso (v. pagina n. 6, in termini riscontrati dai contenuti del ricorso in appello, prodotto in atti; v. pagine nn. 9 e ss. di tale atto), ma su tale censura – deve rilevarsi il Giudice di appello ha omesso di pronunciarsi;
7.1.a. per tale via, il motivo si presenta inammissibile perché diretto a contestare la violazione dei criteri di riparto dell’onere probatorio in ordine all’espletamento del servizio, laddove nessuna pronuncia è stata resa sul punto dalla Commissione regionale, omissione questa, in realtà, censurabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ. per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., che tuttavia non è stata coltivata dalla contribuente;
7.2. il motivo risulta, in ogni caso, anche infondato sotto l’aspetto censurato;
7.2.a. secondo la tesi della contribuente « in INDIRIZZO e nelle zone limitrofe, rientranti nella competenza del comune di Casoria, non è mai stato attivato alcun servizio di raccolta rifiuti » (v. pagina n. 6 del ricorso in esame);
7.2.b. con tale ragione di contestazione la contribuente non ha dedotto la mancanza di istituzione, organizzazione ed attivazione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani per l’intera estensione del territorio comunale, ma ha censurato tali carenze soltanto in relazione al trattamento dei rifiuti speciali nella predetta zona;
7.2.c. questa Corte ha, anche da ultimo, chiarito (cfr. Cass. Sez. T. 24 febbraio 2023, n. 5766) che, in tema di TARI (ma con valutazione esportabile anche con riferimento alla TARSU, stante, sul punto, la continuità normativa tra le due fattispecie), pur operando il principio secondo cui è l’ente impositore a dover fornire
la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni per beneficiare del diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile o, addirittura, l’esenzione, costituendo questa un’eccezione alla regola del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (Cass., Sez. 5^, 17 settembre 2010, n. 19720; Cass., Sez. 5^, 22 settembre 2017, n. 22130; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2019, n. 14040; Cass., Sez. 5^, 23 aprile 2020, n. 8088; Cass., Sez. 6^-5, 6 luglio 2022, n. 21335), per cui la mancata istituzione o la mancata attivazione del servizio di gestione dei rifiuti speciali assimilabili ed assimilati in una parte o zona del territorio comunale devono essere provate dal contribuente che pretende di avvalersene dinanzi al giudice tributario per l’annullamento dell’atto impositivo, non rilevando in senso ostativo che si tratti di ‘fatti negativi’, potendo la prova essere fornita mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo (tra le tante: Cass., Sez. 2^, 15 aprile 2002, n. 5427; Cass., Sez. 3^, 11 gennaio 2007, n. 384; Cass., Sez. 3^, 13 giugno 2013, n. 14854; Cass., Sez. 5^, 6 febbraio 2020, nn. 2810 e 2811; Cass., Sez. 5^, 23 febbraio 2021, n. 4743);
7.2.d. per tale via, il motivo risente dell’erronea impostazione di fondo, basata sull’ordine di idee secondo cui dovesse essere l’amministrazione comunale a dimostrare il servizio svolto nella citata « INDIRIZZO Ponza e zone limitrofe», incombendo invece alla contribuente l’onere di provare il contrario, prospettiva questa non coltivabile in base alla disciplina processuale vigente con l’articolata prova per testi, tenuto conto del divieto di cui all’art. 7, comma 4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546;
va respinto anche il terzo motivo di doglianza, dovendo osservarsi che la menzionata dichiarazione di nullità della sentenza n. 10100/15 della Commissione tributaria provinciale di Napoli per il ritenuto difetto di contraddittorio (reputato) necessario nei confronti del concessionario, con rimessione RAGIONE_SOCIALE parti innanzi al primo
Giudice ai sensi dell’art. 59 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, preclude ogni giuridica possibilità di riconnettere ad essa l’autorità giudicato nei confronti del Comune di Casoria, siccome inconciliabile con la dichiarata nullità dell’intera pronuncia e non di una sua parte;
non può essere accolta neanche la quarta censura, volta a censurare la sentenza, ai sensi dell’art. 91 ( rectius 92) cod. proc. civ., nella parte in cui ha compensato le spese di giudizio, nonostante l’accoglimento parziale della domanda proposta dalla contribuente;
9.1. la doglianza, invero, non ha fondamento, risultando la decisione del Giudice regionale coerente con il principio di diritto secondo cui «in tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92 c.p.c., comma 2 » (Cass., Sez. U., 31 ottobre 2022, n. 32061), ribadita dalla conforme riflessione secondo cui in caso di accoglimento parziale della domanda articolata in più capi il giudice può, ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ., compensare in tutto o in parte le spese sostenute dalla parte vittoriosa (cfr. Cass., Sez. III, 15 maggio 2023, n. 13212);
9.2. nella specie, risulta dal medesimo contenuto del ricorso e della sentenza impugnata che l’imposta oggetto di contenzioso aveva ad oggetto vari, distinti, beni (quello/i sito/i in INDIRIZZO e quello/i sito/i in INDIRIZZO) e dunque più oggetti su cui commisurare l’imposta, per cui, in tale peculiarità, l’accoglimento dell’impugnazione solo per alcuni di essi ha giustificato la disposta
compensazione, trattandosi di fattispecie riconducibile all’accoglimento di una parte dell’unica domanda articolata in più capi;
per quanto sopra osservato, il ricorso va rigettato; non vi è ragione di statuire sulle spese di lite, stante l’assenza di attività difensiva RAGIONE_SOCIALE controparti;
nondimeno, va, infine, dato atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 dicembre