Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9639 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9639 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25674/2016 R.G. proposto da NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA TOSCANA n. 598/2016 depositata il 30 marzo 2016
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 7 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE notificava a NOME COGNOME tre distinti avvisi di accertamento mediante i quali: (a)venivano ripresi a tassazione ai fini dell’IRPEF
e dell’IRAP i redditi dichiarati per gli anni 2008, 2009 e 2010 dalla società in accomandita semplice RAGIONE_SOCIALE, alla quale il COGNOME risultava partecipare con una quota dell’1%, ritenuta dall’Ufficio mero soggetto interposto; (b)si procedeva al recupero della maggior IVA dovuta sui ricavi non dichiarati dal contribuente per l’anno 2009, desunti da movimentazioni finanziarie reputate prive di giustificazione; (c)erano irrogate le sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla legge per le contestate violazioni di norme tributarie.
COGNOME impugnava i predetti atti impositivi dinanzi alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE di Massa-Carrara, la quale, con sentenza n. 339/2014 del 4 dicembre 2014, respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, che con sentenza n. 598/2016 del 30 marzo 2016 rigettava l’appello della parte privata.
Rilevava il giudice regionale: – che risultava priva di fondamento la doglianza relativa alla mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente nella fase amministrativa, vertendosi, nel caso di specie, in materia di tributi «non armonizzati»; – che sussistevano indizi gravi, precisi e concordanti dai quali era possibile inferire che i redditi dichiarati dalla RAGIONE_SOCIALE negli anni suindicati fossero in realtà riferibili al COGNOME, sì da doversi ritenere ravvisabile la contestata elusione fiscale realizzata mediante l’interposizione fittizia della società.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., vengono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 12 L. n. 21 del 2000.
1.1 Si rimprovera alla CTR di aver a torto negato che l’inosservanza del contraddittorio nella fase endoprocedimentale comportasse l’illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato.
Con il secondo motivo, pure articolato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono lamentate la violazione dell’art. 37, comma 3, D.P.R. n. 600 del 1973 e la falsa applicazione dell’art. 2727 c.c..
2.1 Si assume che avrebbe errato la Commissione regionale nel ritenere configurabile nel caso di specie la contestata ipotesi di interposizione fittizia a fini di elusione fiscali, in assenza di presunzioni gravi, precise e concordanti.
Il primo motivo è infondato.
3.1 Per costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di tributi «non armonizzati», come l’IRPEF, l’IRAP o l’imposta di registro, non è predicabile l’esistenza di un obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto, a meno che tale obbligo risulti sancito da una specifica norma di legge.
Diverso principio vale, invece, per i tributi «armonizzati», come l’IVA, purchè in giudizio il contribuente assolva l’onere di enunciare le ragioni che avrebbe potuto in concreto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato e sempre che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio) non si riveli meramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede e al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alle finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale per le quali è stato predisposto (cfr. Cass. Sez. Un. n. 24823/2015, Cass. nn. 11283/2016, 11284/2016,
11285/2016 e 11286/2016, Cass. n. 6758/2017, Cass. n. 27421/2018, Cass. n. 15233/2019, Cass. n. 28944/2020, Cass. nn. 41106/2021, 41110/2021, 41116/2021 e 41119/2021, Cass. n. 366/2022, Cass. n. 2585/2023).
3.2 Alle surriferite regulae iuris si è correttamente attenuta la CTR, onde il denunciato error in iudicando si appalesa insussistente.
D’altro canto, se è pur vero che l’accertamento fiscale di cui trattasi riguardava anche l’IVA, è nondimeno vero che nemmeno in questa sede il COGNOME ha esposto eventuali argomenti in suo favore che avrebbe concretamente potuto prospettare nella fase amministrativa in caso di attivazione del contraddittorio ad opera dell’Ufficio.
Il secondo motivo è anch’esso infondato.
4.1 L’ art. 37, comma 3, D.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che «in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona».
4.2 La citata disposizione mira ad imputare al reale percettore il reddito formalmente intestato ad altro soggetto.
La sua funzione è quella di evitare che l’effettivo possessore del reddito si sottragga al prelievo fiscale occultando all’RAGIONE_SOCIALE la propria identità di contribuente.
4.3 La prova dell’interposizione reale o fittizia può essere fornita dall’Ufficio anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, le quali, in caso di reddito d’impresa formalmente attribuito a una società, possono consistere nella gestione uti dominus dell’ente collettivo e RAGIONE_SOCIALE sue risorse finanziarie.
Una volta che essa sia stata offerta, spetta, poi, al contribuente dare la prova contraria dell’assenza di interposizione o della mancata percezione, in tutto o in parte, dei redditi dichiarati dal
soggetto interposto (cfr. Cass. n. 5276/2022, Cass. n. 11135/2023).
4.4 Orbene, nel caso di specie, l’impugnata sentenza ha rilevato che fra l’attività professionale svolta dal COGNOME e quella imprenditoriale facente capo alla RAGIONE_SOCIALE sussisteva un’inestricabile promiscuità dal punto di vista organizzativo, operativo e contabile.
4.5 In particolare, la pronuncia in esame ha accertato: (a)che «nell’anno 2008 la RAGIONE_SOCIALE (veva) sostenuto a favore del COGNOME spese per € 51.123,56 e nell’anno 2009 per € 47.343,34» ; (b)che «di converso il sig. COGNOME a (veva) sostenuto nel 2008 spese a favore della Ge.se.co. di € 47.066,39 e nel 2009 di € 23.714,03» ; (c)che il contribuente aveva provveduto al pagamento RAGIONE_SOCIALE retribuzioni in favore dei dipendenti della società, oltre che alla corresponsione di acconti per l’acquisto di due autovetture da intestare alla stessa; (d)che le fatture relative a prestazioni di elaborazione contabile svolte dalla RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2008, per un importo complessivo di 45.000 euro, erano state intestate al COGNOME, anziché ai clienti che avevano fruito di quelle prestazioni; (e)che risultavano «versamenti effettuati sul conto corrente del contribuente, seppur riferiti a prestazioni della società» , e per contro «versamenti sul c/c della società, seppur riferiti a fatture relative all’attività autonoma» .
4.6 Da tali circostanze la CTR ha tratto la presunzione del possesso da parte del COGNOME dei redditi d’impresa dichiarati dalla società, quale inferenza logica, secondo canoni di probabilità, della circostanza che il contribuente si fosse ingerito nella gestione della società, utilizzandone anche le risorse finanziarie.
4.7 Sulla scorta RAGIONE_SOCIALE suesposte considerazioni, deve escludersi che il collegio di secondo grado sia incorso nella dedotta violazione o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto evocate nella rubrica del motivo.
4.8 D’altro canto, non va dimenticato che nella prova per presunzioni non occorre che tra il fatto noto e quello ignorato sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo invece sufficiente che il secondo sia desumibile dal primo come conseguenza ragionevolmente possibile, alla stregua di un criterio di normalità basato sull’ «id quod plerumque accidit» (cfr. Cass. n. 22824/2022, Cass. n. 21403/2021, Cass. n. 1163/2020, Cass. n. 14762/2019, Cass. n. 23881/2018).
In definitiva, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito del giudizio, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 5.600 euro, oltre ad eventuali spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione