Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9656 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9656 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5972/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. dell’ Abruzzo n. 493/2022 depositata il 28/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, con sentenza n. 493/07/2022, depositata in data 28.07.2022, non notificata, in parziale riforma della sentenza di primo grado, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento IMU anno 2013 emesso dalla RAGIONE_SOCIALE per conto del Comune di Francavilla nei confronti della società contribuente RAGIONE_SOCIALE, riformava la sentenza di primo grado quanto alla ritenuta debenza di sanzioni ed interessi, confermando la statuizione relativa alla sussistenza del debito IMU da parte della contribuente, in assenza di riduzione alcuna;
i giudici di appello, ritenevano che la società contribuente non aveva comprovato la sussistenza dei requisiti previsti in materia di IMU per gli immobili inagibili e di fatto inutilizzati e che erano dovuti sia gli interessi che le sanzioni in difetto di un errore scusabile; 3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, la RAGIONE_SOCIALE cui resiste con controricorso
RAGIONE_SOCIALE;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo la società ricorrente denuncia, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 3, d.lgs. n. 211/2011, dell’art. 3, comma 2, del D.M. n. 28/1998 nonché dell’art. 30, comma 1, lett. g) ed h) del d.l. 21/06/2013 n. 69, conv. in legge 98/2013, per avere la C.T.R. escluso la sussistenza del parziale stato di inagibilità dei fabbricati oggetto di accertamento in ragione della mancata denuncia al Comune ed il parziale utilizzo degli stessi;
2. con il secondo motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto oggetto di discussione fra le parti e decisivo ai fini della risoluzione della controversia per avere
la RAGIONE_SOCIALE del tutto pretermesso di considerare che il capannone industriale facente parte del complesso ‘ex RAGIONE_SOCIALE‘ era stato già privato, alla data del 29 marzo 2012, della copertura e che la porzione dell’ ‘ex Fornace’, successivamente frazionata nel subalterno sub 2, già nel 2012 si trovava in situazione di dissesto statico irreversibile ed, altresì, che l’ente impositore era a conoscenza di tali circostanze per averle apprezzate a fini TARES; 3. con il terzo motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 472/1997 per non avere la C.T.R. ritenuto, comunque, illegittima le sanzioni per difetto dell’elemento soggettivo;
il ricorso deve essere respinto per le ragioni appresso specificate;
il primo motivo è infondato;
5.1. va osservato che la normativa applicabile ratione temporis , in tema di IMU, è l’art. 13, comma 3, lett. b), del d.l. n. 201/2011 –
(sostanzialmente coincidente con quella di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 504/1992 contemplata per l’ICI), il quale prevede la riduzione dell’imposta del 50% «per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. L’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente. Agli effetti dell’applicazione della riduzione alla metà della base imponibile, i comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione»;
5.2. la giurisprudenza di questa Corte, formatasi sull’art. 8 d.lgs. n. 504/504 in materia di ICI (come detto formulato in termini
sostanzialmente analoghi alla richiamata disposizione IMU), s’è consolidata nel ritenere che: – «in tema di ICI e nella ipotesi di immobile inagibile, inabitabile e comunque di fatto inutilizzato, l’imposta va ridotta al 50%, ai sensi del art. 8, comma 1, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, e qualora dette condizioni di inagibilità o inabitabilità accertabili dall’ente locale o comunque autocertificabili dal contribuente permangano per l’intero anno, il trattamento agevolato deve estendersi a tutto il relativo arco temporale, nonchè per i periodi successivi, ove sussistano le medesime condizioni di fatto” (Cass. n.28921/2017, 13053/2017 12015/2015; n. 13230/2005)»; «… quando lo stato di inagibilità è perfettamente noto al Comune è da escludersi il pagamento dell’ICI in misura integrale anche se il contribuente non abbia presentato richiesta di usufruire del beneficio della riduzione del 50% tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente (legge n. 212 del 2000, art. 10, comma 1), di cui è espressione anche la regola secondo la quale al contribuente non può essere richiesta la prova dei fatti documentalmente noti all’ente impositore (legge n. 212 del 2000, art. 6, comma 4)» (cosi Cass. n. 1263/2021, che richiama Cass. 18453/2016) e, nello stesso senso, Cass. n. 8592/2021 e Cass. n. 18455/2016);
5.3. pervero la motivazione della sentenza l’ impugnata si fonda non soltanto sulla mancanza di una formale dichiarazione di inagibilità ma anche, e soprattutto, su altra concorrente ratio decisoria basata su di un accertamento di fatto non sindacabile nella sede che occupa in quanto pienamente e congruamente motivato;
5.4. la Commissione regionale, pur avendo richiamato delle argomentazioni in ordine all’esigenza, anche in caso di parziale inagibilità e/o inutilizzabilità del bene, di una dichiarazione del contribuente diretta al conseguimento del beneficio fiscale, ha affermato che in assenza di una dichiarazione di inagibilità del bene,
la società non aveva, comunque, provato tale condizione, assumendo testualmente che: « Ha sostenuto la società che il complesso ex RAGIONE_SOCIALE (Fg. 3 Part. 74) era in evidente stato di abbandono fin dal 2010 in quanto il capannone era stato smantellato quasi del tutto per mq. 7.200 restando coperti soltanto i rimanenti 800 mq come risultante sia dalla perizia che dalla documentazione fotografica, situazione per la quale il 17.2.2012 era stata presentata denuncia Tarsu di parziale inagibilità del complesso e di inutilizzabilità della restante parte priva di allacci e di impianti funzionali con la conseguenza che il Comune era comunque a conoscenza del suddetto stato dei luoghi come peraltro dimostrato dagli avvisi Tares per il 2013. La tesi non può essere accolta. Difatti per le particelle d’interesse nn. 4, 5 e 6, accatastate in ctg. D7 deve notarsi che con il DOCFA del 23.10.2013 fu dichiarato che il sub 4 era stato soppresso con costituzione dei sub 5 e 6 con conseguente calcolo dell’imposta in riferimento ai relativi periodi dell’anno. Senonché ai fini Tarsu fu dichiarato che l’immobile si trovava in parziale stato fatiscente e risultava in condizioni di inutilizzabilità di spazi per assenza di impianti ma alcuna comunicazione fu inoltrata a riprova della totale inagibilità che per essere utile ai fini Imu deve consistere in una situazione di fatiscenza talmente grave da non essere superabile se non con intervento di ristrutturazione edilizia, restauro/risanamento conservativo o di ristrutturazione urbanistica. Ne consegue che l’agevolazione ai fini Tarsu basata sulla produzione di rifiuti non ha alcuna refluenza per l’Imu fondata sul diverso presupposto della proprietà. Del resto per il sub 5 era stata dichiarata comunque l’agibilità ai fini Tarsu ed è stata co rrisposta la relativa tassa fino all’anno 2016. Per il sub 6 nulla è stato chiarito neppure nel DOCFA in merito alle predette condizioni di grave ed insuperabile inagibilità utili per l’esenzione Imu. Va comunque aggiunto che circa l’inagibilità di cui si controverte alcun valido supporto risulta fornito dalla perizia atteso che essa riferisce dati
acquisiti ora per allora ma non fondati su elementi oggettivi e non collocabili diacronicamente con precisione all’annualità in questione senza contare che il tecnico ha svolto indagini che non gli competevano fondandole su imprecisate informazioni raccolte. Il materiale fotografico nulla di più apporta atteso che lo stato dei luoghi effigiato non può essere retrodatato al 2013. Con riferimento al fabbricato accatastato al fg. 3, part. 129 deve premettersi che alcuna preventiva comunicazione fu inviata e che con il tentativo di ante datare al 2012 l’iscrizione in Catasto di parte dell’immobile quale collabente effettuata nel 2016 non è stato adeguatamente supportato. Difatti debbono valere le precedenti osservazioni circa la costatazione dello state dei luoghi da parte del tecnico attestata al 2016 e che l’integrazione dell’elaborato fu versata solo successivamente senza comunque sanare le predette inattendibilità di ordine cronologico relativamente allo stato dei luoghi del 2013 tantopiù che viene riferito, in maniera del tutto apodittico e poco credibile, che l’asserito smantellamento sarebbe iniziato nel 2009 e durato numerosi anni. Anche in questo caso possediamo l’elemento di contrasto alla tesi dell’appellante atteso che la società versò la Tari per le annualità 2013, 2014 e 2015 a dimostrazione che la parte dell’immobile era comunque in concreto utilizzata »;
5.5. un simile ricostruzione si basa, quindi, prevalentemente, sulla valutazione della insussistenza del presupposto stesso del riconoscimento del beneficio e cioè la condizione di inagibilità del bene. L’illustrata motivazione dà conto del fatto che il gi udizio della Commissione si è sviluppato ritenendo, ai fini che occupano, da un lato e sul piano dei principi, non sufficiente la circostanza della mera inutilizzabilità del bene, ma necessaria la specifica condizione di degrado nel senso sopra delineato e , dall’altro, non provate le dette condizioni di inagibilità dell’immobile non superabili alla luce delle deduzioni ed allegazioni di parte contribuente;
5.6. invero a fronte dell’affermazione di parte ricorrente secondo cui i giudici di merito avevano errato nell’assegnare portata dirimente ad elementi meramente formali quali, oltre alla mancata presentazione al Comune della denuncia di cui all’art. 13, co mma 3, del d.l. n. 201/2011, il contenuto della DOCFA presentata dalla società per l’immobile fg. 3, p.lla 74 nonchè il versamento della tassa rifiuti ed avevano, altresì, errato nell’attribuire valenza alla circostanza che entrambi i fabbricati fossero in parte utilizzati, non può che ribadirsi che l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è operazione esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Cass. 24155/2017);
5.7. né coglie nel segno la tesi secondo cui con l’art. 30, co. 1, lett. g) ed h) del d.l. 21 giugno 2013 n. 69 (c.d. ‘Decreto del fare’), conv. in legge 9/8/2013 n. 98, è stata prevista la possibilità che venga rilasciato un certificato di agibilità/abitabilità parziale, a condizione che si tratti di porzioni di fabbricato funzionalmente autonome, con la conseguenza che se legislatore aveva ritenuto di introdurre la possibilità del rilascio di certificato di agibilità parziale, nessuna preclusione di tipo concettuale o di principio poteva impedire che anche nella quantificazione dell’IMU si tengano considerazione eventuali inagibilità parziali, come appunto nel caso di specie;
5.8. risulta evidente che l’affermazione secondo cui nella fattispecie era ben evidente l’autonomia funzionale delle superfici agibili ed utilizzate da quelle che non lo erano sin dal 2012, mira a contrastare, in modo palesemente inammissibile, quanto accertato in fatto dai giudici di merito;
5.9. l’inammissibile tentativo di parte ricorrente di rimettere in discussione il merito della vicenda e le valutazioni dei giudici di appello appare, del resto, di tutta evidenza laddove la stessa ha rilevato che i giudici di merito non avevano adeguatamente tenuto
conto delle risultanze della perizia di parte in atti e della documentazione fotografica, con la ulteriore precisazione che le deduzioni di cui al primo motivo oltre ad afferire non già a profili di violazione di legge ma ad aspetti prettamente valutativi si rivelano, sul punto in esame, non specifiche, non essendo state costruite tramite una critica puntuale, precisa e pertinente alle ragioni della decisione (cfr. Cass. n. 7873/2022 e Cass. 22478/2018);
il secondo motivo è inammissibile vertendosi -quanto alla statuizione impugnata- in ipotesi di c.d. doppia conforme;
6.1. invero, nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348ter , comma 5, cod. proc. civ., il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 cod. proc. civ è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse. (Sez. 3 – , Ordinanza n. 5947 del 28/02/2023, Rv. 667202 – 01), carenza certamente riscontrabile nella censura in esame esclusivamente calibrata sulla ricostruzione operata dai giudici di appello;
7. il terzo motivo è infondato;
7.1. va premesso che in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, l’ art. 5 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale dall’ art. 3, legge 24 novembre 1981, n. 689, stabil isce che non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente. Ciò va inteso nel senso della sufficienza della coscienza e della volontà, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa (o di un intento fraudolento), atteso che la norma pone una presunzione di colpa per l’atto vietato a carico di chi lo abbia commesso, lasciando a costui l’onere di provare di aver agito senza colpa (Cass.
22890/2006; conf. 13068/2011; v. 4171/2009, sulla non necessità di un intento fraudolento). Mentre l’esimente della buona fede rileva solo se l’errore sia inevitabile, occorrendo che l’ignoranza dei presupposti dell’illecito sia incolpevole, cioè non superabile con l’uso della normale diligenza;
7.2. nel caso in esame, secondo quanto ricostruito nella sentenza impugnata, parte contribuente non ha né individuato obiettive ragioni di incertezza normativa né ha enucleato, adeguatamente ed in modo specifico, ragioni integranti l’asserita buona fede, ragionamento questo non inficiato dalle generiche contestazioni di parte ricorrente;
stante l’infondatezza dei motivi dedotti, dunque, il ricorso deve essere rigettato;
8.1. le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di euro 5.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge se dovuti; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione