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Imposta unica scommesse: legittima per operatori esteri

Una società di scommesse estera, operante in Italia tramite centri di trasmissione dati senza concessione, ha impugnato avvisi di accertamento per l’imposta unica scommesse relativa agli anni 2013 e 2014. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la piena legittimità del prelievo fiscale. La Corte ha stabilito che l’imposta è compatibile con il diritto dell’Unione Europea, non è discriminatoria e si applica a chiunque gestisca la raccolta di scommesse sul territorio italiano, indipendentemente dalla sede legale o dalla presenza di una concessione statale.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Unica Scommesse: Legittima anche per Operatori Esteri senza Concessione

Con la recente Ordinanza n. 20635/2024, la Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione a lungo dibattuta: la legittimità dell’imposta unica scommesse applicata agli operatori esteri che raccolgono gioco in Italia tramite Centri Trasmissione Dati (CTD), anche se privi di una concessione statale. La Corte ha rigettato integralmente il ricorso di una nota società di scommesse con sede a Malta, confermando la validità degli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per le annualità 2013 e 2014.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da due avvisi di accertamento notificati a una società di scommesse maltese e al suo intermediario italiano. L’Agenzia contestava il mancato versamento dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse per gli anni 2013 e 2014. La società ricorrente, pur operando sul territorio italiano attraverso una rete di CTD, era priva della concessione rilasciata dallo Stato italiano. Dopo la soccombenza sia in primo grado (Commissione Tributaria Provinciale) che in appello (Commissione Tributaria Regionale), la società ha adito la Corte di Cassazione, sollevando numerose questioni di legittimità.

Le Doglianze della Società e la Questione dell’Imposta Unica Scommesse

La società ricorrente ha basato la propria difesa su diversi motivi, tra cui:

1. Violazione del Diritto Europeo: La normativa italiana sull’imposta unica scommesse sarebbe discriminatoria e restrittiva della libera prestazione di servizi (Art. 56 TFUE), penalizzando gli operatori esteri.
2. Mancata Traduzione dell’Atto: L’avviso di accertamento, redatto solo in italiano, avrebbe leso il diritto di difesa della società estera.
3. Insussistenza del Presupposto Soggettivo e Territoriale: La società sosteneva di non essere soggetto passivo d’imposta in Italia, in quanto l’attività di gestione delle scommesse si svolgeva all’estero.
4. Conflitto con la Direttiva IVA: L’imposta unica sarebbe un’imposta sulla cifra d’affari vietata dalla direttiva europea sull’IVA.
5. Inapplicabilità delle Sanzioni: A causa dell’incertezza normativa sulla materia, le sanzioni non avrebbero dovuto essere applicate.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto ogni motivo di ricorso, fornendo una motivazione articolata e in linea con la giurisprudenza consolidata, sia nazionale che europea.

Compatibilità con il Diritto UE: La Corte ha ribadito, richiamando una fondamentale sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-788/18), che la normativa italiana non è discriminatoria. L’imposta unica si applica a chiunque gestisca scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione tra operatori nazionali o esteri, concessionari o meno. Il sistema delle concessioni è giustificato da motivi imperativi di interesse generale, come la tutela dei consumatori e la prevenzione delle infiltrazioni criminali.

Il Presupposto Impositivo: Il presupposto dell’imposta non è la singola giocata, ma l’organizzazione e l’esercizio dell’attività di gioco sul territorio dello Stato. Chiunque, anche un operatore estero tramite un intermediario (CTD), gestisce la raccolta di scommesse in Italia è tenuto al pagamento del tributo. La Corte ha richiamato la sentenza n. 27/2018 della Corte Costituzionale, che ha chiarito come sia il bookmaker (gestore) sia il titolare del CTD (intermediario) partecipino all’attività di gestione e siano quindi solidalmente obbligati al versamento dell’imposta.

Irrilevanza della Concessione (post 2011): La Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità della norma solo per i periodi d’imposta antecedenti al 2011, poiché prima di tale data gli intermediari non avevano la possibilità di rinegoziare le loro commissioni per trasferire parte del carico fiscale sul bookmaker. Per gli anni successivi, come il 2013 e 2014 oggetto del giudizio, la normativa è pienamente legittima e consente alle parti di regolare contrattualmente la ripartizione dell’onere fiscale.

Natura dell’Imposta: La Cassazione ha escluso che l’imposta unica sia un’imposta sul volume d’affari incompatibile con l’IVA. Si tratta di un tributo speciale sui giochi, che la stessa direttiva IVA (art. 401) consente agli Stati membri di mantenere o introdurre.

Altre Questioni: Sono stati respinti anche i motivi relativi alla mancata traduzione dell’atto (la società ha dimostrato di averne compreso il contenuto presentando difese articolate) e all’inapplicabilità delle sanzioni (l’incertezza normativa è cessata con la legge interpretativa del 2010).

Le Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione consolida un principio fondamentale: la territorialità del prelievo fiscale nel settore del gioco. Qualsiasi operatore, a prescindere dalla sua sede legale, che raccolga scommesse in Italia è soggetto alla legislazione fiscale italiana. La mancanza di una concessione non costituisce uno scudo contro il Fisco, ma, al contrario, rappresenta un’operatività ‘al di fuori del sistema’ che la legge intende comunque assoggettare a tassazione per garantire lealtà fiscale ed parità di trattamento tra tutti gli attori del mercato. Per gli operatori del settore, questa pronuncia ribadisce la necessità di conformarsi pienamente alla normativa italiana, sia regolamentare che fiscale, per operare legittimamente nel Paese.

L’imposta unica scommesse italiana è compatibile con il diritto dell’Unione Europea?
Sì. La Corte di Cassazione, in linea con la Corte di Giustizia Europea, ha confermato che la normativa non viola i principi di libera prestazione dei servizi e non è discriminatoria, in quanto si applica a tutte le scommesse raccolte sul territorio italiano, indipendentemente dalla nazionalità o dalla sede dell’operatore.

Un operatore di scommesse estero senza concessione deve pagare le tasse in Italia?
Sì. Il presupposto per l’applicazione dell’imposta unica scommesse è la gestione della raccolta del gioco in Italia. Chiunque svolga tale attività, anche tramite intermediari come i Centri Trasmissione Dati (CTD) e senza concessione statale, è considerato soggetto passivo d’imposta e tenuto al pagamento per le annualità successive al 2011.

Un avviso di accertamento inviato a una società estera è nullo se non è tradotto nella sua lingua?
No, non necessariamente. Secondo la Corte, non esiste un obbligo normativo di tradurre gli atti impositivi. È onere del contribuente dimostrare di non essere stato in grado di comprendere l’atto e di esercitare il proprio diritto di difesa. Se, come nel caso di specie, la società presenta un ricorso dettagliato, dimostra di aver compreso pienamente il contenuto dell’atto, rendendo irrilevante la questione della lingua.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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