Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9654 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9654 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10101/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 28352/2021 depositata il 15/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
questa Corte, con ordinanza n. 28352/2021, dichiarava l’inammissibilità del ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza n. 17551/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma che aveva respinto il ricorso avverso l’ avviso di accertamento per il recupero della TIA dovuta dalla RAGIONE_SOCIALE al Comune di Tivoli, annualità 2008-2011, rilevando che a fronte del deposito della sentenza, non notificata, la notifica del ricorso per cassazione, pur spedita nei termini di legge, risultava non perfezionatasi per irreperibilità del destinatario a seguito del trasferimento della società contribuente, come attestato nell’avviso di ricevimento in atti;
contro detta ordinanza ha proposto ricorso per revocazione la RAGIONE_SOCIALE;
la società contribuente RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata;
CONSIDERATO CHE
parte ricorrente, con il proposto ricorso per revocazione, lamenta che la Corte di cassazione sarebbe incorsa in un errore di fatto in quanto non avrebbe considerato che la notifica, in realtà, doveva ritenersi perfezionata atteso che il plico ed il relativo avviso di ricevimento erano stati notificati in INDIRIZZO presso lo studio del AVV_NOTAIO, difensore domiciliatario della società contribuente;
1.1. assume che la circostanza che l’addetto alla ricezione dello studio aveva dichiarato che la RAGIONE_SOCIALE si era trasferita non assumeva alcun rilievo, trattandosi di notifica eseguita presso il difensore domiciliatario, con la conseguenza che tale dichiarazione doveva equipararsi ad un mero rifiuto di ricevere l’atto, con conseguente ritualità della notificazione;
il ricorso è da ritenere inammissibile per le ragioni appresso specificate;
occorre premettere il discrimine tra l’errore revocatorio e l’errore di diritto risiede nel carattere meramente percettivo del primo e
nell’assenza di quell’attività di valutazione che rappresenta, per contro, l’indefettibile tratto distintivo del secondo (vedi Cass., S.U., 27 novembre 2019, n. 31032);
3.1. ne consegue che l’errore revocatorio «non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche, deve consistere in un errore di percezione e deve avere rilevanza decisiva, oltre a rivestire i caratteri dell’assoluta evidenza e della rilevabilità sulla scorta del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti del giudizio, senza che si debba, perciò, ricorrere all’utilizzazione di argomentazioni induttive o a particolari indagini che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti medesimi» (Cass., 26 gennaio 2022, n. 2236);
3.2. ai fini della revocazione la decisione della Corte dovrà, dunque, essere frutto di una svista, di una errata percezione del fatto (processuale o sostanziale), il fatto dovrà essere decisivo (in sua assenza, la decisione potrebbe essere diversa), evidente ed obiettivo, tale da non richiedere per essere considerato, lo sviluppo di particolari indagini ermeneutiche. L’errore dovrà, quindi, emergere oggettivamente, immediatamente ed incontestabilmente, dal raffronto tra la rappresentazione del fatto, risultante dagli atti e documenti di causa e quella percepita dal Giudice alla loro lettura, e non riguardare l’attività valutativa ed interpretativa del Giudice (non si tratterebbe in tal caso di errore precettivo, ma di giudizio) ed allo stesso modo il fatto non dovrà essere controverso. E’, poi, il caso di precisare che l’errore deve riguardare gli atti interni del giudizio di cassazione, quelli cioè che la Corte esamina direttamente con una propria ed autonoma indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ric orso e delle questioni rilevabili d’ufficio. I profili caratterizzanti l’ esame del ‘fatto decisivo’ vanno considerati con particolare rigore, per evitare che, attraverso il procedimento di revisione, si instauri una sorta di ‘ulteriore’ grado di giudizio. Pertanto la viziata percezione, la supposizione errata della sussistenza o insussistenza
del fatto, dovrà necessariamente essere espressa e mai implicita, posto che in tal caso sussisterebbe piuttosto un vizio di motivazione. In tal senso, ove l’errore del Giudice non sia frutto di una errata supposizione, direttamente desumibile dagli atti e documenti di causa, circa la sussistenza di un fatto decisivo e non contestato, ma di una omessa percezione di tale fatto, essa non potrà integrare gli estremi dell’ errore revocatorio;
3.3. la revocazione della sentenza di cassazione è certamente consentita per vizi del procedimento di cui non si sia tenuto conto per un errore di fatto, ovvero per un errore percettivo che può riguardare anche l’esame degli atti dello stesso processo di cassazione (vedi Cass. 4 gennaio 2006, n. 24). Affinché sia ammissibile il ricorso per revocazione è, tuttavia, necessario che la valutazione di non corretta instaurazione del rapporto processuale, che è quanto corrisponde al caso di specie, sia inficiata non da un errore di diritto, per avere considerato invalida una notificazione asseritamente valida, ma da un errore di fatto, rilevante quale errore percettivo per avere il giudice supposto esistente un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa e viceversa, secondo quanto chiaramente espresso dall’art. 395 n. 4 cod. proc. civ. In tale quadro è stato affermato che nel caso in cui venga denunciato il non essersi avveduta la Corte di cassazione della nullità della notificazione del ricorso perché effettuata presso l’Avvocatura distrettuale e non presso l’Avvocatura generale dello Stato, ciò che viene in rilievo è non già la percezione di un fatto inesistente, affermato come esistente, ma unicamente il mancato apprezzamento in termini di nullità della notificazione del ricorso e, dunque, nella sostanza la denuncia di un errore di giudizio (Cass. 15 novembre 2013, n. 25654). Si, è poi, ritenuto inammissibile il ricorso per revocazione proposto sull’assunto che la Corte avrebbe erroneamente ritenuto validi l’avviso di fissazione dell’udienza dinanzi a sé e la relativa notificazione, trattandosi di prospettato errore di diritto e non di fatto
(Cass. 4 gennaio 2006, n. 24). Si è, pure, affermato che non integra un errore di fatto ex art. 395, n. 4, cod. proc. civ. l’omesso rilievo di un vizio concernente la ritualità della notificazione dell’atto di impugnazione sotto il profilo del luogo in cui è stata eseguita (Cass. 20 dicembre 2016, n. 26278). Infine è stata ritenuta inammissibile la domanda di revocazione della sentenza emessa a conclusione di giudizio in cui l’avviso di udienza sia stato notificato presso la cancelleria, e non all’avvocato domiciliatario, trasferito altrove, quando risulti che questi non aveva comunicato in cancelleria il mutamento di indirizzo dello studio, non assumendo alcun rilievo la conoscenza del nuovo indirizzo, che l’ufficiale giudiziario abbia potuto acquisire in qualsiasi modo (Cass. 31 agosto 2005, n. 17593). Determinante ai fini dell’esistenza dell’errore revocatorio è, dunque, che vi sia stata un’attività percettiva da parte del giudice, la quale si sia tradotta nel supporre esistente un fatto la cui esistenza sia incontrovertibilmente esclusa dagli atti. L’omesso esame di una circostanza processuale non corrisponde alla falsa percezione perché, mentre quest’ultima comporta l’erronea supposizione, esso resta un fatto che non si traduce in alcuna attività ed a cui la legge collega unicamente l’effetto del vizio motivazionale o della violazione processuale. In continuità a tale impostazione è stato pure significativamente affermato che “l’implicita declaratoria di rituale instaurazione del contraddittorio – che questa Corte deve effettuare ex officio -scaturente dall’avere la sentenza …. impugnata ritenuto i lavoratori “intimati” … senza rilevare la pretesa nullità della notificazione del ricorso per cassazione, non costituisce errore di percezione tale da configurare un vizio revocatorio il quale postula che la decisione sia fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa e non sia frutto di valutazione o di giudizio, risultando dagli atti e documenti senza che sia contestata dalle parti e senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche” (vedi Cass. 13 febbraio 2019, n.
4235). E’, per contro, affetta da errore di fatto revocatorio la decisione della Corte di cassazione che si fondi sull’asserita mancanza della notifica del ricorso per cassazione ove questa invece risulti dagli atti (Cass. 10 luglio 2015, n. 14420). Costituisce, pure, una ipotesi di errore revocatorio anche l’erronea individuazione della data di notifica dell’atto (Cass. 30 gennaio 2019, n. 2712). Questa Corte (vedi sentenza 5 novembre 2018, n. 28143) ha ritenuto ammissibile la revocazione della sentenza di cassazione che, senza statuire sulla validità della notifica e sulla tempestività della proposizione del ricorso, abbia ritenuto correttamente instaurato il rapporto processuale per effetto di una falsa percezione della realtà, ma perché nella motivazione della sentenza vi era stata la supposta avvenuta costituzione della parte intimata, smentita con evidenza dagli atti, per difetto di prova dell’avvenuta consegna del piego raccomandato al destinatario indicato nell’atto. In tutti i casi richiamati emerge un’attività percettiva, la quale si sia tradotta nella positiva supposizione in motivazione di un fatto, incontrovertibilmente contraddetta dagli atti, e non la mera difformità a diritto della decisione;
3.4. il motivo di revocazione in esame non denuncia, in realtà, l’esistenza di un’erronea supposizione che sarebbe stata compiuta dalla Corte e che si sarebbe manifestata nella motivazione, ma la mera circostanza della mancata verifica della ritualità della notifica in quanto la dichiarazione dell’addetto alla ricezione dello studio che la società RAGIONE_SOCIALE si era trasferita non avrebbe assunto alcun rilievo, trattandosi di notifica eseguita presso il difensore domiciliatario, con la conseguenza che tale dichiarazione doveva equipararsi ad un mero rifiuto di ricevere l’atto, con correlativa ritualità della notificazione;
3.5. ma, così facendo, la parte ribadisce il fatto processuale della ritualità della notifica al soggetto legittimato, senza denunciare una specifica supposizione che sia stata espressione di un errore di
percezione degli atti processuali. Del resto nella specie, nella sentenza in esame, non vi è alcun riferimento al fatto in questione e non è dato, dunque, ricostruire, al riguardo, l’ iter logico della pronuncia, trattandosi all’ evidenza, di vizio di motivazione, improponibile con il procedimento di revocazione;
3.6. risulta di tutta evidenza che nel caso in questione l’ ipotesi dedotta non attiene ad una mera svista quanto ad una notifica ritenuta non in atti ma in realtà prodotta, ma ad un profilo prettamente valutativa quanto alla rituale instaurazione del contraddittorio;
3.7. in disparte la considerazione che l’asserito errore riguarderebbe la valutazione della ritualità della notifica del ricorso, non può sottacersi che dalla lettura della sentenza n. 7723/7/2017 della C.T.R. del Lazio non emerge, pervero, quanto prospettato dal ricorrente quale vizio revocatorio e cioè l’ elezione del domicilio di parte appellante presso in Tivoli, INDIRIZZO, presso lo studio del difensore AVV_NOTAIO. Difetta, pertanto, la stessa circostanza che, secondo la ricorrente, avrebbe dato luogo al denunciato errore di percezione da parte della Corte di cassazione; 3.8. l’asserito errore della Corte non è, del resto, supportato dalla produzione -necessaria ai fini dell’autosufficienza del ricorso dei documenti attestanti l’intervenuta elezione di domicilio, onde contrastare l’affermazione della sentenza impugnata, essendo stato ribadito che il principio di «autosufficienza» è soddisfatto solo se la parte riproduce il contenuto del documento o degli atti processuali su cui si fonda il ricorso e se sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (così Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950 e successiva giurisprudenza conforme);
3.9. va, pertanto, dichiarata l’inammissibilità del ricorso alla stregua del seguente principio di diritto: « ai fini della revocazione per errore di fatto di una sentenza della Corte di Cassazione, laddove la questione attenga a profili di nullità della notifica del ricorso, l’ errore
dovrà essere decisivo, evidente ed obiettivo, tale da non richiedere, per essere considerato, lo sviluppo di indagini ermeneutiche e dovrà, pertanto, emergere oggettivamente, immediatamente ed incontestabilmente dagli atti interni del giudizio di cassazione, quelli cioè che la Corte esamina direttamente con una propria ed autonoma indagine di fatto, nell’ambito delle questioni rilevabili d’ufficio »;
nulla va disposto in ordine alle spese processuali stante la mancata costituzione della società contribuente RAGIONE_SOCIALE
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione