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Definizione agevolata: estinzione del giudizio

Un contribuente, dopo aver aderito alla definizione agevolata, ottiene l’estinzione del giudizio tributario in Cassazione. La Corte ha applicato la norma che prevede l’estinzione se, dopo la comunicazione dell’istanza di definizione agevolata, nessuna delle parti chiede la trattazione della causa.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata: Quando il Processo Tributario si Estingue

L’adesione a una procedura di definizione agevolata può avere un impatto decisivo sui contenziosi tributari in corso, fino a determinarne la completa estinzione. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze processuali della scelta del contribuente di avvalersi di un condono fiscale, sottolineando l’importanza della comunicazione tra le parti e il ruolo del silenzio processuale.

I Fatti di Causa: Dal Contenzioso alla Richiesta di Definizione Agevolata

La vicenda trae origine da avvisi di accertamento emessi nei confronti di un contribuente per maggiori redditi relativi a diverse annualità, individuati a seguito di verifiche sui movimenti bancari. Il ricorso del contribuente veniva parzialmente accolto in primo grado. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale, in appello, accoglieva parzialmente il gravame dell’Agenzia delle Entrate.

Il contribuente decideva quindi di ricorrere in Cassazione. Durante la pendenza del giudizio, la causa veniva sospesa in virtù di una normativa che introduceva una forma di definizione agevolata delle liti pendenti. Il contribuente presentava un’istanza per avvalersi di tale procedura, comunicandola all’agente della riscossione e ottenendone l’accettazione con un piano rateale. Tuttavia, emergeva che l’Agenzia delle Entrate non era stata formalmente notificata di tale istanza.

La Corte, con un’ordinanza interlocutoria, assegnava al contribuente un termine per notificare l’istanza e la relativa documentazione all’Amministrazione finanziaria. Nonostante la notifica fosse stata regolarmente eseguita, l’Agenzia delle Entrate non compiva alcuna attività processuale successiva.

L’impatto della Definizione Agevolata sul Processo in Cassazione

La questione centrale affrontata dalla Suprema Corte riguarda l’effetto dell’istanza di definizione agevolata sul giudizio pendente. La normativa di riferimento (art. 6, comma 13, d.l. n. 119/2018) stabilisce un meccanismo preciso: in caso di adesione a una sanatoria, il processo viene dichiarato estinto se nessuna delle parti presenta un’istanza di trattazione della causa.

Questo meccanismo mira a deflazionare il contenzioso, evitando di proseguire processi il cui oggetto è stato di fatto risolto tramite un accordo tra contribuente e Fisco. Il silenzio delle parti, dopo la comunicazione dell’istanza di definizione, viene interpretato dalla legge come una tacita accettazione della chiusura del contenzioso.

La Decisione della Corte: l’Estinzione del Giudizio

La Corte di Cassazione, preso atto dell’avvenuta notifica dell’istanza di definizione all’Agenzia delle Entrate e della successiva inerzia di quest’ultima, ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La mancata richiesta di fissazione dell’udienza di trattazione da parte dell’Amministrazione finanziaria è stata considerata decisiva per integrare la fattispecie estintiva prevista dalla legge.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su una stretta applicazione dell’art. 391 del codice di procedura civile e della normativa speciale sulla definizione agevolata. I giudici hanno sottolineato che, in presenza della dichiarazione del debitore di volersi avvalere della definizione, il giudizio deve essere dichiarato estinto se nessuna delle parti manifesta l’interesse a proseguirlo. La notifica dell’istanza all’Agenzia ha garantito il contraddittorio, mettendola in condizione di scegliere se proseguire o meno la lite. Il suo silenzio ha quindi perfezionato la condizione per l’estinzione.
Inoltre, la Corte ha precisato che, poiché l’estinzione deriva da motivi sopravvenuti legati a una legislazione condonistica e non dal rigetto del ricorso, non sussistono i presupposti per condannare il ricorrente al pagamento del doppio del contributo unificato.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale per la gestione delle liti fiscali in presenza di sanatorie. L’adesione a una definizione agevolata non è solo un atto sostanziale di pagamento, ma innesca precise conseguenze processuali. È cruciale che il contribuente si assicuri di notificare correttamente l’istanza a tutte le parti del processo. Il silenzio della controparte, a seguito della notifica, assume valore legale e può portare direttamente all’estinzione del giudizio, con un notevole risparmio di tempi e costi processuali per entrambe le parti.

Cosa succede a un processo tributario in Cassazione se il contribuente aderisce alla definizione agevolata?
Il processo viene dichiarato estinto, a condizione che, dopo la comunicazione dell’istanza di adesione, nessuna delle parti (né il contribuente né l’Agenzia delle Entrate) presenti una richiesta formale per la trattazione della causa.

È sufficiente comunicare l’istanza di definizione agevolata solo all’agente della riscossione?
No. Come chiarito dalla Corte, è necessario che l’istanza venga notificata anche alla controparte processuale, in questo caso l’Agenzia delle Entrate, per metterla in condizione di decidere se chiedere o meno la prosecuzione del giudizio.

Se il giudizio si estingue per adesione a una sanatoria, il ricorrente deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha specificato che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica quando l’estinzione del giudizio dipende da cause sopravvenute, come gli effetti di una legge di condono, e non dal rigetto o dall’inammissibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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